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Epistola
Seduti uno di fronte all'altro; sembriamo degli estranei, non abbiamo niente da dirci. Ho consumato troppo il mio lascito verso la vita, l'ho strappato, reso impalpabile, non riesco ad essere né penitente né completamente a mio agio nei panni dell'eterna menefreghista. Maledettamente arrivano quelle immagini a trafiggermi, nascosta dietro un'ombra che mi ha tradito mostrandomi in completo disfacimento e incapace di trattenermi, un'emozione mi ha travalicato. Non ho potuto fermare la stretta che soffocava la mia volontà, una carica di cavalli al galoppo mi ha schiacciato; rendendo vane le mie difese. Adesso ci guardiamo senza nulla da scambiarci, neanche un pezzetto di pane. A chi non lo si darebbe! É il minimo concesso. Ma noi nemmeno quello! Una breve durata di patetici raffronti. No! siamo troppo duri o fin troppo sinceri. Parole vane: non servono a nulla se non a destabilizzare con ingiuriose formule l'unione o per trascorrere delle giornate altrimenti uguali e noiose; ma effettivamente noi non né abbiamo mai abusato. E quando il litigio si frappone, il silenzio diventa parola, e non c'è niente che possa farci cambiare idea.
Un quadro attaccato alla parete; conosciuto: stranamente mi rivela un'altra parte di sé, un valico verso altre terre; eppure non si é spostato, qualcuno non ha dato una mano di vernice, o l'ha cambiato per renderlo una verità, una rivelazione. É una stampa di un quadro famoso; abusato; possibile che mi abbia comunicato un significato nascosto? É stato un attimo fuggevole, scappato via all'istante, senza avere il tempo, tempo spergiuro! Di tradurre il senso di quella breve scansione.
Abbassi lo sguardo, nel frattempo sembri penitente eppure vuoi addossarmi tutte le colpe; io cerco di rimanere statica, immune, insensibile. Mi riesce bene, indurisco la mandibola, e ad ogni colpo rispondo con un colpo ancora più duro. "Cos'hai da dire, allora?", questa é una bella domanda retorica, credo di capire dove vuoi arrivare! Tentare di stravolgere i fatti per farmi credere che tu sei in buona fede! Ti conosco sai! Ma non dico nulla, almeno per il momento, meglio non compromettersi, quando si parla a ruota libera si rischia di tradirsi, e tu sei capace di trasformare una frase in una difesa alta come muri di cinta. Ti conosco, e ti direi, beh! Senti, se pensi questo, credimi mi stai fottendo, per pura voglia di vincere in modo sporco, perché sei stato tu ad iniziare, non prendiamoci in giro! Io finisco con l'avere torto perché é difficile smetterla una volta iniziata la lite. Ma dai!! Tu vuoi farmi credere che non hai risposto malamente, che non sei stato il primo ad alterati, poi per cosa, vorrei capire!! Parli a bassa voce come i topi, sgattaioli come un gatto furtivo, non capisci che non tutti stiamo nella tua testa. E allora che pensi di fare?! Non ti capisco perché é come parlare in una tomba dove ha pronunciare la parola ad alta voce ci sarebbe un bel ritorno d'eco mentre tu la sussurri appena; sì!! nemmeno stando su una vallata scoscesa riusciresti a urlare per far arrivare dei soccorsi a chi magari ne ha bisogno: a dei poveri alpinisti finiti in un crepaccio a rigirarsi per il dolore della caduta, nemmeno una parola di consolazione! Ehi! non ti sente nessuno se non chiedi soccorso con la giusta intonazione e la voglia di salvare quelle vite; così sei tu quando comunichi verbalmente; ne faresti volentieri a meno. Meglio le immagini si!! Con quelle forse ti esprimi meglio. Ma lasciamo pure stare la ragione, a chi serve tanto se nessuno vuole darla, cederla neanche per un favore dato e poi ripreso. Adesso aspetto... abbiamo indugiato come al solito e siamo colpevoli entrambi. Si! Alla fine dei fatti siamo entrambi colpevoli di una colpa. Ma non vogliamo dirlo. I giorni passano con una certa lentezza, provo a lasciarmi andare a inutili passatempi che mi portano via delle ore che altrimenti sarebbero lunghe e penose, ma non perché non ci sei, non vantarti tanto, narcisista impenitente, no! Perché la mia é una condizione, una lunga e lenta discesa verso i giardini dolenti. E allora mi riempio di vuoto, cado abbandonata a sonnolenti dormi veglia; strappo via dalla mia testa il ragionevole, lo sfilo come carta contorta, accartocciata nel rotolo di una stampante vecchia, e divento muta, instabile, vigliacca della vita, sardonica e cinica con la gente. Cosa c'entra con me la gentilezza in momenti in cui non voglio nemmeno respirare, ma lasciarmi andare in caduta libera su cielo e mare, nuvole e terra! E allora mi guardo attorno, nemmeno tanto in realtà, per il disinteresse premuto sulla ferita aperta.
Tu risiedi su una sedia io su un'altra, sono due mondi equidistanti che abbiamo voluto far coincidere. Che strano! Siamo così diversi eppure siamo noi, non abbiamo mai modificato il nostro essere per appellarci a quell'amore insensato, pruriginoso, che si mortifica davanti agli occhi di molti. Noi la dignità l'abbiamo sempre o quasi sempre, magari non ricordo proprio tutto, rispettata, alimentata. Eppure restando aggrappati l'uno all'altra a volte senza una ragione diretta, che non si esprimesse solitamente in amore, ma che in alcuni casi avrebbe dovuto fare la sua comparsa. Invecchieremo come due tartarughe rugose, l'uno raggiante, l'altro a chiedersi ma se... Eppure siamo rimasti in piedi e il vento non ci ha spezzato. Dove sei in questo momento? Sarei disposta a giurare che sei come al solito, incontrastato a combattere la noia, per te che non l'hai mai provata: quell'asfissia di un vivere sul confine di tutto; attaccato alle tue abitudini, alla razionalità che non conosce abbattimento, ma si invita ogni volta a nuovi incontri quotidiani; come un passaggio di testimone. Una mano sempre pronta a prendere ciò che é suo.
Siamo diversi perché per me é degrado mentale quando non trovo senso alle parole che escono via dalla bocca senza che abbia la voglia di farlo. Perché mi perdo in un limbo, perché sono affetta da una malattia che non mi abbandonerà mai, a prescindere da tutto probabilmente. Ma ci sono quegli istanti dove non riesco a vedere una via d'uscita e si blocca tutto dentro, un groviglio di nodi conficcato nella parte bassa del mio corpo che ad ogni singolo respiro mi blocca l'aria in entrata arrivando a sentire un'ostruzione che non mi permette nemmeno di ingoiare la saliva che sembra calce e un soffocamento latente e lì che si preannuncia. E ritorno la sera a casa e tutto é fermo ed io sono lì in mezzo alla notte, al silenzio, all'aria leggera, alle auto che scendono, poche, sulla strada, solo una breve scia di rumore arriva e si conclude nel giro di qualche secondo. Mi volto, lo vedo, lo sento, mi sfugge, mi trattiene ad un bivio, ad una insensata voglia di scappare, di andare lontano da tutto, da tutti. Ed invece poi si fa giorno, ti sento, mi arriva all'orecchio quel suono familiare, di sempre, dacché sono nata, non ricordo altro suono che mi tranquillizzi perché sei una parte grande di me. Solo la fanciullezza ero io, ed il mio sentire, le mie gioie, le mia famiglia. C'ero io piccola, incapace di qualsiasi rapporto, sola come sempre lo sono stata, in un continuo rapporto con ignote forze. Io e la mia ombra che vagava solitaria anch'essa, si accorgevano appena di me. Ero una presenza silenziosa che quando si azzardava a parlare era di incomodo. Vaghezza! io ero e sono tutt'ora vaghezza. Forse ci ho provato con scarsi risultati a rapportarmi, ma con poca convinzione.
Dove e quando sei arrivato? All'improvviso, eri il mio guardiano, la mia spada, il mio e solo mio, perché non mi hai mai lasciato e non né hai mai avuto l'intenzione. É stato grandioso vedere abbattere ogni mia incertezza, che purtroppo si riaffaccia: é nella mia natura, mi dispiace. Io vorrei imbarcarmi alla scoperta di nuovi mondi, ho uno spirito temerario che per debilitazione e codardia e paura non riuscirà mai a conquistare nuove terre. Eppure viaggio, viaggio tanto con la mente, l'ho sempre fatto e spero che lo farò sempre. Quella malinconia nostalgica che mi ha sempre inseguito, era sempre accanto a me, in ogni respiro, immagine che albergava in me.
Un nuovo giorno é in attesa di essere partorito.
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