1 aprile 1999
Lo guardo sorridere mentre parla, è bello come gli attori nelle vecchie fotografie ancora in bianco e nero, lo stesso sguardo intenso, sognante che guarda lontano ma non nello spazio né nel tempo, il sorriso indefinito, più una smorfia, ma lieve.
Ripensavo a quando lo conobbi, due anni prima. Correva verso casa sua, sotto la pioggia senza ombrello, gli offrii un riparo sotto il mio, all'inizio era titubante, è sempre stato timido ho scoperto poi. In quei pochi minuti che trascorrevamo vicini, il suo volto mi si scolpiva in mente, si stampava ovunque nella mia memoria e occupava ogni mio pensiero, sentivo il desiderio di stringere la sua mano, di accarezzarne le dita.. quando si fermò. Eravamo ormai giunti nella via di casa sua, compresi avrei potuto non rivederlo mai più e mi era insopportabile l'idea di dovermi accontentare per sempre della sua immagine, anche se vivida e fresca, e l'idea che mai mi avrebbe baciato le labbra mi tormentava incessante. Al momento del saluto un'angoscia mi prese al collo, un nodo mi bloccava la gola, quasi non riuscii a parlare e salutarlo, così con timidezza travestita da coraggio lo baciai sulla guancia liscia, avrei voluto sentire il tocco morbido della sua pelle sulle labbra in eterno, ma mi scostai. Lui suonò il campanello, stavo per andarmene quando mi disse che non c'era nessuno e aveva scordato le chiavi. Fui pervaso da una gioia impetuosa che mi fece quasi esultare nel vedere il suo sguardo posato su di me come a chiedermi : "Dove andiamo ora? Dove vuoi trascorrere altro tempo con me?". Vicino alla casa c'era un un parco, da poco avevano sistemato le onde e costruito una fontana, all'ombra di un salice c'erano alcune panchine, su una di queste ci sedemmo a parlare. Mi perdevo in quegli occhi verdi e non sentii una parola di quello che disse seppure la sua voce mi appariva come una meravigliosa serie di suoni che scandivano al ritmo delle sue labbra il crescere imperioso della dolcissima passione. Non resistetti più e lo presi, gli baciai le guance e le labbra e poi il collo e di nuovo le labbra. Accarezzavo ovunque il suo corpo, lo sentivo sotto le mie dita e il mio infinito amore non si saziava più della pelle e del profumo. La passione esplose nel mio corpo e lo presi per mano e corremmo, io trascinando, lui trascinato, ci buttammo su un prato con qualche margherita sparsa e lì al riparo dal mondo il mio amore si riversò sul suo volto sul collo sulle labbra ancora e le mani correvano sulle sue gambe e poi nel mezzo. Lo masturbai delicatamente e poi più forte e poi l'aiutai a prendersi cura di ciò che ho direttamente sotto l'ombelico. Fu ciò che mi riservò il destino, un amore improvviso e tremendamente potente, non potevo contrastarlo né fermare le mie mani pervase da una forza feroce.
Ora lo guardo tacere, lo sguardo fisso nel nulla, non parla più coi suoi compagni d'asilo, non vive più i suoi sei anni, a volte piango e mi chiedo se mai diventerà uomo lui che non è stato bambino.