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Tutto è finzione (pseudo racconto d'amore)
Odio questo genere di cose. Situazioni. Odio questo genere di feste. Periferia ovest. Ai bordi del degrado cittadino sorge un quartiere discretamente "bene".
Palazzina da poco costruita. Un mostro di cemento con le pretese di essere un attico superlusso.
Non mi piacciono questo genere di feste. Ma il mio nuovo status m'impone di frequentarle. Schiene sudate. Fiumi, non troppo sotterranei, di alcool. Istinti animaleschi malcelati. Loro parlano d'arte e di cultura ma alla fine sono solo porci a caccia di troiette e viceversa.
Qualcuno mi avvicina. Un tizio che mai e poi mai mi tromberei nella vita. Mi confessa che l'ultimo articolo che ho scritto su "Gentes" gli è piaciuto molto. Io nella vita scrivo poesie.
Il mio editore ci tiene tanto che io sia qui, e allora io simulo, simulo e simulo. Tutto è finzione dal mio nuovo colore di capelli ('sta volta sono scuri!), al mio vestito che oltre ad essere costato un occhio della testa dovrebbe essere elegante, ma che a me pare solo noiosamente volgare, ai miei sorrisi di circostanza.
Credevo che con l'età avrei imparato a scendere a compromessi. Invece più divento "vecchia" e più le mezze misure mi vanno strette. Vorrei tutto o niente. E la maggior parte delle volte opto per il niente.
Odio essere qui perché so che lui è qui. E mentre lo scorgo tra la gente so che andrà a finire male. Per me, per lui, per entrambi. Lui sarà come un'onda che mi spingerà in mare aperto lontano dalla mia isola della salvezza che si chiama: dimenticarlo.
Conosco già l'intensità del suo sguardo quando mi avrà focalizzata. La piega delle sue labbra quando inizierà a parlarmi, le rughe d'espressione che oggi più che mai, lo rendono così interessante.
Mi dice "ciao". Io gli dico "ciao". È proprio più bello che mai. Lui sì che campa scrivendo articoli sui quotidiani. Io, tra l'altro, li trovo pure mediocri i suoi articoli.
E tra un drink e l'altro mi tornano in mente i flash dei primi giorni della nostra storia.
Ci siamo conosciuti al mare qualche inverno fa. Eravamo entrambi molto più giovani. Quella giovinezza lo rendeva un galletto invincibile. Invece a me rendeva fragile e insicura.
È bello innamorarsi di qualcuno. Solo che quando i fumi dell'incantesimo d'amore iniziano a svanire e guardi tutto da una certa distanza, anche di tempo, quel linguaggio amoroso ti sembra ridicolo.
Così quel "sei mia!", ad esempio, che lui pronunciava "nei vostri momenti" mentre tu smaniavi per sentirtelo dire ti appare ora così stupido. Perché l'amore dev'essere per forza possesso?
Ecco perché è finita tra noi, forse perché tu ti eri dimenticato che l'amore è anche libertà.
E così i primi baci, la prima volta, ti appaiono come degli incivili riti antichi che non ti sono mai appartenuti.
"Che vuoi? L'età rende cinici!" gli dico io.
"No, tu sei sempre stata stronza!" mi risponde lui.
Costruire una relazione è come fare un puzzle. Devi stare bene attento ad incastrare i pezzi giusti al posto giusto. Con te io non ce la facevo. Rimanevano sempre buchi scoperti!
Ricordi i nostri tentativi di convivenza? Io ero troppo dipendente. E tu recintavi i tuoi spazi con il filo spinato. Io facevo di tutto per compiacerti e tu non facevi altro che umiliare i miei sforzi.
Ma non è tutta colpa tua. O mia. No, è che semplicemente non eravamo fatti per la convivenza.
Però tu la volevi lo stesso. Volevi anche formare una famiglia tu. Volevi la "normalità" tu.
Per questo ci siamo lasciati. Perché tu volevi la "normalità" e io, invece, volevo solo amarti e basta.
"Sei una stupida!" mi dici.
"Ho sofferto come una cagna!" dico io.
Ed è vero. "I giorni dell'abbandono" sono stati i più terribili tra i giorni "più terribili" della mia vita.
Quando sapevo che la tua pelle non sarebbe più stata mia, e nemmeno il suo odore... e lo so che sono contradditoria. Lo so, lo so, LO SO!
Ma io sto parlando di mancanza, non di possesso. Mi mancava la tua pelle, l'odore della tua pelle, perché mi piaceva il modo in cui esso si mischiava con il mio.
Dopo che te ne sei andato via ho colorato le pareti di camera color thè verde per calmarmi i nervi. È durato pochi giorni quel colore. Poi l'ho fatta arancione. Insomma dopo molti passaggi di colore sono passata al grigio.
Rappresentava il mio interno. Le lacrime che mi piovevano dentro.
Non so come sei stato tu, Io ti ho lasciato e tu sei sparito.
"No, tu mi hai ferito!" dice lui.
"Ti piaceva scopare con me?"
So di stupirti. Questa domanda starebbe meglio nella bocca di un maschio. In una bocca come la tua.
Tu mi sorridi con complicità. Poverino! Sei completamente ignaro del fatto che noi siamo ormai lontani anni luce dal pianeta "complicità".
Mi sei mancato un po'. Ma non ho provato nessuna nostalgia o rimpianto. Sono onesta. Perché alla fine sentivo che era veramente finita. Che era giusto così. Che anche tu lo sapevi ed eri d'accordo.
Io sono contro l'accanimento terapeutico. Mi stavo portando dentro un seme marcio. Ho dovuto recidere il cordone. Non volevo partorire un mostro.
"L'acquario" attorno a noi si muove, cambia forma e colore. È quasi rassicurante. Forse questa stupida festa sta finendo.
Tu hai la faccia da cane bastonato, implorante.
"Ho letto il tuo romanzo erotico... davvero niente male... Lara!" tu, mi confessi.
Ho scritto un romanzo erotico e ho venduto bene, okay, molto, ma io nella vita scrivo poesie.
"Vieni da me, allora stasera?"
Odio questo genere di cose, situazioni...
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1 recensioni:
- La protagonista mi ricorda Margherita Buy e lui Luca Zingaretti... scherzi a parte, un gran bel racconto... un saluto anche ad Antonino.
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