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Lessico moderno
La gente assiepata nel bus su cui Angela saliva ogni giorno per recarsi al lavoro, cercava di aderire il meno possibile al corpo del vicino, evitando di alitargli sul viso, sforzandosi di non incontrare lo sguardo volgendo gli occhi altrove anche se lo spazio tra i due era meno di dieci centimetri. Improbo e vano sforzo. Ad ogni fermata l'onda della ressa si piegava ora a destra ora a sinistra ed il vago sorriso di sopportazione si mutava in urlo di paura per l'improvvisa ed assai probabile intera caduta.
IL corpo di Angela era serrato in un alto busto rigido per la rottura di due vertebre e non le era facile rimanere in piedi sopportando i forti dolori guizzanti che le percorrevano la schiena. Sperava che qualcuno se ne accorgesse ma ognuno era talmente preoccupato di mantenere una propria dignitosa posizione, che ostentava una imperturbabile espressione indifferente.
Il braccio nudo di un giovane appoggiato al palo d'acciaio lungo la corsia dei passeggeri, premeva sul lato del suo collo come cosa ovvia, inevitabile data la situazione. Il corpo del ragazzo spingeva contro quello di Angela in un continuo movimento che Angela non capiva se fosse di infastidito rifiuto o di pretesa.
Con un piccolo gesto di insofferenza, Angela cercò di recuperare una posizione meno incresciosa ma si sentì apostrofare:
"Signora, lei mi ha rotto...!" ed all'amico che gli era accanto: "M'intriga", sogghignò ad alta voce.
Mentre lo guardava diritto negli occhi s'accorse del volto piatto del giovane Down.
L'ira sparì di colpo lasciandole il bisogno urgente di togliersi da quella situazione.
"Venga signora, venga avanti, qui c'è libero un posto per invalidi. "Cerchiamo un attimino di avere rispetto per gli ammalati!"
Sospinta dalla ressa e con le guance avvampate Angela si lanciò in avanti per guadagnare il posto dove con mossa un po' scomposta riuscì a sedersi. Si ricompose e sorrise alla signora che l'aveva aiutata.
Si sentì rilassata "tra virgolette".
"La lira, rivoglio la Lira, ci devono ridare la Lira" Che ne pensa lei? Eh?... Eh?... La provocò l'uomo appena salito puntandole il dito contro.
Angela ingoiò la sua reazione ed impallidì, non perché fosse totalmente contraria a discutere della cosa ma perché quello non era proprio né il momento me il luogo adatto.
"Ci sei? Sei connesso? Lo sai io ci sono sempre per te...! Amore la callista mi ha fatto un male boia? Meno male che era l'ultimo!"
"Un attimino signora, devo scendere prima io! "
"Ma Prego!" Rispose Angela tra l'indignato ed il divertito, alla giovane e bella ragazza che avanzava verso l'uscita.
Dietro di lei, il ragazzo dai bicipiti arabescati di fresco la salutò:
"Ciao Carla, stasera vado da Jessica, vieni anche tu! Ci facciamo lo spaghetto veloce e poi andiamo all'Eldorado"
"Non posso, torna mio padre da Santo Domingo e lo devo andare a ritirare a Orio."
"Ma dai? Perché non ci va tua madre? Non sai cosa ti perdi!"
"Ha la seduta dalla maga. Mio padre non lo deve sapere perché per questa cosa è sempre al verde e lui deve cacciare una valanga di soldi pensando che occorrano per le spese di casa, scuola e quant'altro. Lei lo frega ma lui non se ne accorge!"
"Io preferirei che parlasse dei suoi problemi con la sua amica oppure con sua sorella; ma lei s'è fissata con quella ciarlatana e non la vuole mollare". La vedessi: ha i capelli come la barba del granoturco, gli occhi sporgenti e la bocca che sembra un pomodoro.
"Sono basito: Grande! Sei grande! Ok, senti, tua madre è adulta e vaccinata e se si fa sfruttare e strutturare la vita da una così, scusa ma a me sembra scema. Si renderà conto che quello che le dicono è aria fritta.
Il ragazzo fece sfoggio della sua saggezza.
"Vado dalla Mike a studiare perché domani ho il compito in classe. Mi accompagni?"
"No, vado a farmi il capello, ho l'appuntamento. In bocca al lupo!"
"Crepi"
"Ci vediamo domani, cia-cia-ciao!"
Angela lasciò scendere anche il ragazzo e si trovò sola e sconcertata sulla via di casa. L'ombelico di tante giovani fanciulle le scorreva nella coda dell'occhio.
E "il capello"? Angela ricordava una antica pubblicità di matite colorate tutte disposte a raggera sul capo. "Stabilo" le parve di ricordare; sì proprio Stabilo. Guardando bene, anche gli uomini d'età avanzata avevano iniziato ad incollare col gel il capello tagliato a balze, con ciocche suddivise in forme estrose, ritte, oblique, orizzontali e verticali, capelli verdi, azzurri, rosa come le due grassocce signore anziane e straniere che erano salite poco prima sull'autobus.
Si distrasse dai suoi pensieri quando arrivò sotto casa sua. Suonò il campanello:
"Waw!!! che bello, sei già qui? Sei morta, lo vedo! Non dirmi che stai bene perché non ci credo; hai una faccia... da luna piena. Dai, vieni a sederti. T'ho preparato "la pizza a domicilio". Oggi è venuto il Preside e ci ha fatto un discorso a trecentosessantagradi: Ma che vuole? Non possiamo parlare neanche col telefonino nelle ore dell'intervallo! Basta bivacchi, guai a chi lascia per terra le cose. Altrimenti dobbiamo fermarci tutti a pulire.
Mi chiama col dito: "Tu! Sei pronta per l'interrogazione di Filologia Romanza?"
"Assolutamente sì! ho risposto."
"Quello faceva sul serio; m'è andata di culo perché combinazione ieri con la Terry avevo ripassato. Mi ha fatto alcune domande feroci, non è stata una passeggiata!
"Bene, meglio così! Grazie Vera, so che te la cavi sempre perché dove manca la buona volontà arriva la tua furbizia. Ora però non ho appetito, forse più tardi... Tienimi in caldo la pizza perché prima mi voglio sdraiare. Non ne posso più! Ho un gran male alla schiena!"
Dopo un quarto d'ora: "Mamma, hai riposato? Ti preparo la tavola? Ti farcisco la pizza a modo mio? Ok! Allora andiamo a mettere del prosciutto crudo, della rucola e qualche oliva verde denocciolata. Andiamo ad infornare per 7/8 minuti a 70 gradi ed: "Ecco, assaggia!"
I ragazzi si esprimevano tutti allo stesso modo senza alcuna distinzione di preparazione scolastica, di ceto, di intelligenza. Non riusciva ad abituarsi Angela e s'accorgeva che anche non volendo lei pure, spesso si esprimeva così.
Si alzò lentamente e si avviò al desco apparecchiato con un rettangolo di plastica a fiori gialli, con tovagliolo, posate e bicchiere "usa e getta", una lattina di Coca Cola e una bella arancia grande con la buccia leggermente floscia per via della aspirazione con siringa che alla produzione i contadini operano per dare succo alla produzione delle aranciate; di quelle che hanno all'interno l'arancino precocemente sviluppato e che impedisce la formazione degli spicchi distinti cosicché l'arancia deve essere sbocconcellata e portata alla bocca con le mani gocciolanti.
Squillò il campanello:
"Mamma non ti preoccupare, è Alex che viene a studiare con me. Lo porto in camera mia. Tu continua pure a mangiare."
Un muro invisibile si era già eretto tra lei e i suoi due ragazzi: Vera e Filippo. La conversazione tra loro si era fatta sempre più breve e capiva che i suoi figli stavano andando velocemente verso il distacco, verso l'autonomia, verso quella estraneità che si crea fra una generazione e l'altra proprio a partire dal linguaggio. Più avanti sarebbero stati diversi anche gli orientamenti, i gusti, i modi di valutare i fatti della vita. Già ora in età di liceo i problemi venivano affrontati partendo da presupposti totalmente diversi. Argomenti mai trattati venivano ampiamente messi a nudo a qualunque età, in qualunque ambiente e con chiunque. Appositi incontri venivano organizzati anche nelle scuole per spiegare ai ragazzi l'uso dei contraccettivi, della pillola, condannando i metodi delle nonne che si limitavano alla lavanda, alla protezione dell'utero con il mezzo limone finendo poi regolarmente dalle mammane per procurarsi l'aborto del figlio sbadatamente concepito.
Immaginò sua figlia sdraiata sul letto col suo amico e si sentì impotente, piena di tristezza.
La sua amica già divenuta nonna, si era sentita dire dal nipotino di otto anni: "nonna, come mai hai la pancia così grossa? Tu sei troppo vecchia per fare l'amore e per avere un bambino!" Quelle parole risuonarono nella mente di Angela procurandole sbigottimento e una amarezza infinitamente dolorosa. L'infanzia è sacra, pensò; un'età assai delicata e andrebbe protetta come cosa preziosa da qualunque ingerenza inadeguata che ne possa alterarne la purezza, l'innocenza. Ma tant'è, il mondo cambia, cambiano gli usi ed i costumi. Speriamo che l'uomo continui a progredire vigilando su sé stesso perché non accada che d'improvviso si avveda di essere regredito e che il dover ricominciare da capo sarebbe una inutile faticosa risalita perché già si saprebbe che non ne vale la pena. Non si tratta di perdita di valori, sono valori misconosciuti, rifiutati, disprezzati e che inutilmente le popolazioni della Terra con essi hanno costruito la civiltà.
"Filippo come mai sei già qui? Non dovresti essere in palestra? "
"Non ci sono andato!"
"E perché? Non ti senti bene?"
"Mamma, non rompere, sto benissimo ma ho altro da fare! Scusa ma devo riuscire subito. "
"Come non studi?"
"Mamma! Che palle! Studierò più tardi" e già chiudeva la porta alle sue spalle scavalcando lo zaino che aveva posato per terra.
Malinconicamente Angela si mise al computer cercando qualcuno a cui mandare le ultime foto fatte ai suoi fiori all'occhiello, tanto amati quanto capaci di gravare sul suo cuore di mamma con parole pungenti e comportamenti allarmanti.
La stanchezza l'aiutò ad addormentarsi sul divano e rimase quieta nel sonno, sperando che i suoi ragazzi non l'avrebbero delusa perché le poche cose importanti che contano nella vita lei le aveva insegnate a dovere.
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- UN RACCONTO CHE PARLA REALE... PASSI DILIGENTEMENTE LASCIATI PER UN DOVEROSA MEDITAZIONE... FELICE SETTIMANA DORELLA.
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