racconti » Saggi » Anzianità
Anzianità
Il tempo maggiormente valorizzato è quello in cui l'uomo è considerato per la sua utilità; è il tempo dell'età giovane fino alla maturità. Andando verso l'età anziana, insieme con lo scadimento fisico, insorgono una sempre minor fiducia in sé stessi ed il conseguente disconoscimento nella società di quanto la persona sia. Spesso rimane soltanto il riconoscimento di ciò che la persona sia stata e non sempre questo riconoscimento è adeguato e benevolo.
È invece vero che il valore della persona è duraturo e va oltre lo scadimento fisico, inevitabile ed inesorabile della vecchiaia.
Il pensionamento dal lavoro, pur sacrosanto, ha tuttavia prodotto il luogo comune che sia finito il tempo attivo, produttivo e creativo della persona, con la conseguente cessazione della sua utilità comune. E se tutto va bene, si ritorna ad occupare un posto di aggregamento all'interno della propria famiglia, per eseguire a puntino tutti i programmi stabiliti dai figli che affidano loro i nipoti.
La creatività della persona non ha età ed ognuno con la propria, permea e cambia la società, in ogni momento della vita.
La sua operosità potrà essere attenuata dalla diminuzione delle energie o rallentata da una fisicità cagionevole; ma la creatività rimane anche se operativamente e produttivamente diminuisce. La creatività è l'espressione del nostro "Io", la nostra vitalità e finché l'Io vive, vivrà anche la sua espressività.
A motivo del permanere di questo valore intrinseco, il valore dell'uomo si accompagna a lui, alla sua presenza, in ogni età della vita.
La vita sociale non è ancora sufficientemente strutturata in modo adatto per coloro che sono in età anziana. Negli ultimi decenni alcune lodevoli iniziative sono sorte nel nostro Paese, come ad es: Le Università della Terza Età, i gruppi delle Parrocchie, i circoli culturali, ricreativi con l'organizzazione di giochi e feste e le moltissime scuole per ogni tipo d'attività. E non è poco!
Ma ancora non sono corrispondenti alla stima dovuta al valore imprescindibile dell'uomo perché in vecchiaia la persona non è un "di meno", lo specifico del suo valore è inalienabile, qualunque sia il grado d'espressività. L'anziano ha bisogno di sentirsi socialmente utile e non allegramente inutile.
È ovvio che una malattia possa impedire l'esplicazione del valore, ma sappiamo che ciò può accadere anche in gioventù a causa di un qualunque incidente e quindi l'anziano, sebbene ammalato ed infermo, dovrà godere del rispetto che gli è dovuto; mai dovrà essere trattato come un bambino, neppure oltre i cento anni. Avrà il luogo dove la sua persona, non soltanto sarà accolta in modo adeguato al suo stato, ma anche dove la sua personalità potrà trovare modo di esprimersi: intellettualmente, materialmente, creativamente, al di fuori di ogni schematismo od incasellamento.
A partire dalla famiglia ed in ogni luogo dove l'anziano avrà le energie per recarsi, non dovrà essere considerato un peso "in pensione" ma potrà esprimere, senza soluzione di continuità, tutta la sua personalità. L'ambiente esterno non dovrà inibirlo per il suo più lento modo di muoversi e di agire; i servizi pubblici dovranno tener conto del mutato livello di vita perciò si dovranno offrire agli anziani tutti gli aiuti necessari alla sua ridotta prestanza, mettendo, ad esempio, sedili agli sportelli, per consentire d'attendere senza il rischio di stramazzare a terra per lo sforzo causato dallo stare in piedi anche per delle ore; inviando accompagnatori per una vita sana all'aria aperta quando l'anziano è malsicuro nel camminare e vive solo, installando condizionatori d'aria negli ambienti in cui è costretto a rimanere d'estate perché lasciato solo o a motivo di malattie.
Quando parlo di incasellamento intendo quel voler suddividere in categorie d'età la realtà umana: l'età infantile in cui si deve imparare tutto, la gioventù e la maturità in cui si può fare tutto e l'età anziana in cui si è finito di poter fare quasi tutto.
Come sappiamo ci sono già delle eccezioni e sono nella politica, nell'ambiente intellettuale e artistico ed anche in quello ecclesiale. In questi luoghi eccezionali la vecchiaia non porta variazioni di rilievo.
Ma alla stragrande maggioranza delle persone, con il pensionamento, rimangono le panchine del parco o le Case di Riposo.
Nelle Case di riposo ho visto vivere persone di appena sessant'anni, soltanto perché mancanti di una assistenza alla loro malattia o perché costretti ad una insopportabile solitudine. Nell'Isolamento si genera lo stato depressivo che facilmente si accompagna ad un mutamento radicale della vita: una improvvisa vedovanza, la perdita precoce della salute o dei luoghi dove si è vissuto a lungo. Anche il pensionamento è spesso causa di depressione perché non è soltanto lo Stato a mandare in pensione; mandano a riposo anche i propri familiari i quali trovano posto all'anziano quasi esclusivamente per farsi sostituire nella cura dei figli, durante le loro assenze.
Io penso che sia giunto il momento di rivedere radicalmente tale comportamento proprio a partire dal giusto riconoscimento di chi sia l'anziano. Le porte gli dovranno essere mantenute aperte in ogni settore dell'ambito in cui vive, dalla famiglia ai luoghi di attiva utilità e che l'età pensionabile sia facoltativa ossia in dipendenza dallo stato di salute e dalla volontà della persona. Dovrà essere loro adeguata e potenziata la qualità della vita, poiché essi sono ancora vivi e ricchi di quei valori che hanno ereditato, che si sono guadagnati durante l'esistenza; e ciò senza pretendere da essi il rendimento pari a quello di chi è più giovane.
Con ciò intendo precisare che nonostante il rendimento dell'anziano sia cambiato, divenuto lento e più impreciso, occorrerà ricordare che non è meno valido.
Come se il testo di un libro venisse scritto in un anno, anziché in un mese e si ritenesse che il suo contenuto fosse peggiore. È vero invece che il contenuto rimane uguale perché ciò che fa la differenza non è il tempo impiegato per scriverlo bensì la qualità del lavoro e della persona che lo ha fatto.
Ridiamo dunque all'anziano la sua dignità, restituiamogli il posto che gli spetta perché egli, anche quando sorride ai più giovani quando si sente trattato con modi duri e ad un tempo sdolcinati, intimamente si sente derubato della sua personalità, del suo valore di persona, della sua identità, poiché l'anziano non è mai un bambino. Il suo mesto sorriso spesso dipende dal timore ed anche dalla paura dovuti alla sua fragile condizione; egli teme di non essere aiutato, teme d'essere lasciato solo nella sua fatica, teme di morire.
Quando poi l'impudenza dei giovani lo offende, allora usa tutti gli strumenti che possiede divenendo diffidente e caparbio, creando problemi a chi, con sincera buona volontà, lo vuole aiutare.
Egli tuttavia non sa affidarsi completamente perché non è lontano il tempo in cui aveva le energie per dirigere la propria vita ed allora diviene sospettoso, poco benevolo verso i più giovani che hanno smesso di stimarlo e di rispettarlo.
L'anziano ha bisogno di continuare a vivere con gli altri e per gli altri, per una continuità del sentirsi utile e d'avere ancora un posto nella società, non ai margini prendendo sgomitate da chi pretende per sé spazi maggiori; ma al giusto posto, nella famiglia, fra gli amici, e, finché sarà in grado, anche sul posto di lavoro.
Nell'età moderna, per una lunga serie di motivazioni che vanno dalle occupazioni nel mondo del lavoro, le aumentate esigenze di attività extra domestiche, come la pratica dello sport, i viaggi, le vacanze in luoghi lontani ecc., si sono erette delle barriere invisibili che hanno relegato gli anziani in una realtà di terza categoria, cittadini non produttivi e quindi abusivi ed invadenti di quegli ambiti guidati dai più giovani. Una categoria di persone bollate dalla loro età, classificate omogeneamente scadenti, già fortunate se ricevono qualche visita e qualche parola di comprensione. Sono mal sopportate quando si ostinano a "voler fare", ormai disistimati e, il più delle volte non voluti poiché ritenuti mortificanti della personalità di chi è più giovane e che necessita di emergere.
Ovvio che in tale categoria siano finiti tutti: gli assi dello sport, i grandi cantanti ed attori, i dirigenti d'industria, ed anche tutte le persone di ceto più povero e meno acculturato.
I vari centri sorti a supporto della categoria degli anziani, sono essenzialmente ricreativi ed istruttivi, quasi dimenticando che l'aspetto che più regge e mantiene l'amore alla vita è quello di potersi sentire utili, ossia d'avere uno scopo. È pur vero che durante l'intera vita è importante imparare e crescere, ma è anche vero che la crescita, la maturità di chi ha vissuto prima devono essere riconosciute e rispettate, altrimenti la crescita, lo sforzo di una vita sarebbero vani, senza un perché.
È bello poter ancora ballare, giocare alle carte, incontrare gente nuova con cui andare in gita, ecc.; resta tuttavia evidente che l'ultimo tempo dell'esistenza si tende a riempirlo di vaghi passatempi, ossia di attività create per fare trascorrere serenamente il tempo che rimane da vivere, e ciò è più che lodevole. Però all'anziano occorre che lo si aiuti a non soffrire il senso d'inutilità che non gli permette di rimanere sereno anche quando le suddette organizzazioni non sono possibili per lui.
Su questo tema io credo non sia male andare a riattingere saggezza nel tempo in cui l'età del pensionamento non esisteva ed i vecchi, negli ambiti familiari e dell'amicizia, proseguivano il loro vivere fino alla fine, rimanendo al loro posto, esercitando la loro autorevolezza sui più giovani, perché non è possibile che una persona viva attiva, laboriosa, amorosa per un arco di circa ottant'anni, finisca imbecille. L'anziano diviene puerile quando subisce maltrattamenti morali e psichici perché non ha più le forze per reagire e rimproverare la protervia di chi lo vuole tacitare.
Il "morbo di Alzheimer" riduce la persona ad uno stato di totale annientamento; altre malattie producono delle infermità e tolgono alla persona parziali attitudini; ciò non toglie che gli sia dovuto tutto il rispetto ed il riconoscimento per ciò che ha vissuto, per ciò che è diventato, per i sacrifici che ha fatto, per i torti che ha subito e le sofferenze che ha sopportato.
L'impegno scientifico di ridare vitalità al corpo con farmaci che ne riaccendano la funzionalità sessuale, non è ancora centrato come intervento nell'uomo anziano, poiché non basta sentirsi attivi, occorre essere attivi.
Io credo che ad essi occorra un prolungamento ed un ampliamento degli spazi di vita attiva nella famiglia e nella società, e non ai margini. Penso che il poter ritrovare la gioia di vivere con un compagno od una compagna, in tarda età, sia di aiuto e talvolta persino esaltante; tuttavia ritengo sia troppo effimero ciò che può accadere tra due persone che non si conoscono. L'esperienza ci insegna che se è breve e caduca la felicità nell'età giovane, quanto potrà esserlo nell'età anziana, quando la vita si fa breve ed il domani tanto incerto?
Nel panorama vasto dei bisogni umani deve trovar posto anche l'anziano che non è più in grado di fare grandi cose ma che ha vitale necessità di dare un perché alle sue giornate, altrimenti prive di significato; un non senso capace talvolta di togliere la capacità di vivere.
Una signora, madre di un'unica figlia, era divenuta cieca e viveva sola perché in casa della figliuola non v'era posto per lei. Bastò un piano rialzato ad ucciderla; era minuta ed ormai consumata nell'anima e nel corpo. Non seppe vivere, non le bastava la visita settimanale che la figlia le faceva così come la disperavano i ricordi del suo passato di moglie, di madre, di persona laboriosissima.
Potrei citare altri casi di disperazioni finiti con il suicidio ma a me preme mettere in luce l'aspetto essenziale del problema e cioè che le "terapie" in atto, pur lodevoli, non sono sufficienti. Occorre un cambiamento di mentalità, un rinnovato giudizio di valore che permetta di intervenire nelle cause del male del vivere in età anziana.
Quanto ho suggerito e quant'altro potrà venire in mente a chiunque, potrà essere l'impegno di ognuno, affinché, attraverso il dialogo serio e responsabile, si riesca ad attirare l'attenzione per convincere la società ad educarsi anzi, a rieducarsi nel considerare presente, operante ed a pieno titolo di espressività, la persona anziana, fino alla fine della vita, rispettandone i valori dell'esperienza vissuta, quanto ha costruito e raggiunto, valorizzando tutto ciò che è stato, di giusto ha compiuto e prodotto nella sua esistenza. Così come già avviene per taluni grandi personaggi della nostra società, ciascuno al proprio livello, nel proprio ambito, ma con il medesimo criterio.
Se il mondo non avesse fatto tesoro del bene antico attuato dall'uomo in tutto il suo abitare la Terra, la civiltà moderna non esisterebbe.
12345
un altro testo di questo autore un'altro testo casuale
2 recensioni:
- Vi ringrazio di cuore.
- Grazie Rocco


Opera pubblicata sotto una licenza Creative Commons 3.0