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Polvere alla Polvere
Erano in tre di fronte ad una lussuosa cappella mortuaria, il recinto che delimitava i loculi era alto, quasi completamente occultato da siepi perfettamente curate. Il terreno compreso nell'area, solcato da stretti vialetti di pietre levigate, era riservato alle inumazioni. Era inverno e nella notte una lieve nevicata aveva lasciato rade spolverature di bianco. Non c'erano altre persone nel cimitero, oltre al becchino; dopo il funerale il piccolissimo corteo non aveva accompagnato la salma nel suo ultimo viaggio. Il defunto non doveva proprio godere di quello che si definisce il favore delle masse.
"Questa volta l'abbiamo fatta proprio grossa." Disse Giovanni.
"Non mi sembra che sia poi molto più grossa delle altre volte. Delle molte altre volte." Rispose Pietro, subito prima di dare un lungo bacio alla sua fiaschetta d'argento.
"E che diavolo, un po' di rispetto." Disse Maria stringendosi nel suo pesante cappotto dopo una raffica di vento particolarmente gelida. "Praticamente siamo ancora ad un funerale."
"Andiamo cuginetta, non farmi la predica." Rispose Pietro. "Mi sto solo tenendo caldo. Non sto festeggiando... non ancora almeno."
Giovanni sorrise sfregandosi le mani guantate, cercando di non farsi vedere da sua sorella.
"Probabilmente se non ti fossi tenuto tanto caldo ora non saremmo in questa situazione." Ribatté Maria, il freddo le faceva uscire del vapore dalla bocca.
"È vero, sono un po' ubriaco." Ammise Pietro allargando le braccia con un sorriso liquido. "Ma... guardandoti in faccia... non potrei giurare che tu non ti sia fatta una tiratina della tua bella polverina bianca da snob nelle ultime ore. E comunque c'eravamo tutti e tre qui, quindi se ho sbagliato non ho sbagliato da solo."
"Ma tu eri l'unico che sapeva quali erano le ultime volontà dello zio." Intervenne Giovanni.
"E va bene, è colpa mia, solo colpa mia." Rispose Pietro. "Prendetevela con me se vi fa stare bene. Mea culpa, mea culpa, mia... come proseguiva?" Aggiunse il giovane uomo battendosi platealmente il petto.
"Dai qua." Disse Maria strappandogli la fiaschetta dalle mani e portandola alle labbra.
"Alcool e coca." Osservò ironico Pietro. "Un mix che può rivelarsi letale." Maria lo guardò gelida senza staccare le labbra dalla fiaschetta.
"Dobbiamo decidere cosa fare." Disse Giovanni per evitare ulteriori battibecchi.
"Credo che ormai ci sia ben poco da fare." Rispose Pietro, riprese la fiaschetta e la capovolse, guardando corrucciato Maria quando si accorse che era completamente vuota.
"Ma vuoi scherzare?" Chiese incredula la donna.
"Senti, se vuoi farlo prendi la pala ed accomodati." Ribatté Pietro. "Non so tu ma io ho altro da fare, e sono un pochino impaziente di farlo."
"Ma come puoi parlare in questo modo? Dopo tutto quello che lui ha fatto per noi."
"Dopo tutto quello che lui ha fatto per noi?" Ripeté Pietro. "Che cosa avrebbe fatto? È morto... capirai. Sono sicuro che se avesse potuto portarsi tutto nella tomba lo avrebbe fatto, pur di non lasciarci niente. C'eri anche tu al funerale; non mi sembra che si sia trattato della dipartita di un pilastro della società."
Giovanni guardò ai suoi piedi la terra battuta con la quale il becchino aveva appena ricoperto la bara, poi cercò gli occhi di sua sorella. "In fondo ha ragione, cara. Dopotutto che cosa siamo dopo la morte? Prima carne per i vermi, poi polvere. Sotto terra o in un altro posto che cosa cambia?"
"Cazzo! Ma voi proprio non ci arrivate." Esclamò Maria. "Lo so che siamo solo polvere e polvere ritorneremo. Ma non è questo il punto. L'unica cosa che nostro zio ci aveva chiesto era di passare il resto dell'eternità vicino alla sola donna che lui abbia mai amato."
"Bella frase cuginetta, dove l'hai letta? Sull'involto di un cioccolatino?"
"Vaffanculo, Pietro." Sbottò Maria ficcando le mani nelle tasche del cappotto.
"Senti, mi parlò di quella puttana solo una volta, quando mi disse che avrebbe voluto essere tumulato vicino a lei, nei loculi comunali, e non nella cappella di famiglia. Me ne sono dimenticato. È successo."
"Cristo... stai parlando dell'amore della sua vita." Disse Maria.
"L'amore della sua vita?" Chiese Pietro. "Ma se sono stati insieme pochissimo, più di trent'anni fa, e lui non le ha nemmeno chiesto di sposarlo."
"Lo avrebbe sicuramente fatto se quel male non se la fosse portata via." Ribatté Maria.
"Senti, possiamo starcene qui a parlare in eterno di romanzi Harmony, ma quello che abbiamo è un cadavere che tra pochi giorni sarà ridotto ad un mucchio d'ossa, e che tra pochi anni ad un pugno di polvere. Non so voi ma io sono ansioso di tornarmene a casa. Sapete, ho una certa eredità su cui mi piacerebbe mettere le mani." Disse Pietro.
"Sta arrivando il becchino." Intervenne Giovanni indicando con un cenno della testa un uomo enorme che si avvicinava con sorprendente agilità, facendo lo slalom tra lapidi consumate e scheggiate ed aiuole più o meno ben curate. "Vediamo che cosa ha da dire prima di continuare a litigare." In mano aveva un polveroso registro, quando lo aprì rivelò fogli ingialliti e mezzo staccati, le pagine erano coperte di parole che sembravano nomi con accanto cifre, alcune cancellate, altre con affianco appunti che con qualche difficoltà si potevano immaginare leggibili anche da chi li aveva scritti. "È come dicevate," Disse ansimando per la corsa. "il signore aveva comprato un loculo nelle arcate pubbliche, ed adesso che me lo ricordo una volta ci ritrovammo a parlare davanti alla lapide di quella bella signora e mi disse che aveva voluto proprio quella vicina perché voleva essere tumulato lì, dopo la sua morte. Mi disse che si erano amati molto in vita, anche se per un periodo breve, e che, quando sarebbe stato il momento, avrebbe voluto trascorrere tutta l'eternità della morte vicino a lei."
"E perché non lo ha detto subito," Chiese Maria. "prima che lo seppellissimo sotto tre metri di terra."
"Questo posto è più grande di quello che sembra" Rispose il becchino mettendo il logoro registro sotto il suo enorme braccio. "Non posso ricordare tutte le conversazioni che avvengono tra queste lapidi. E poi di solito sono i famigliari di chi muore ad occuparsi di queste cose."
"Non ha senso discutere di chi sia la colpa, ormai." Intervenne Giovanni. "Cerchiamo di pensare a che cosa possiamo fare per risolvere la questione."
"Io dico di lasciare tutto com'è." Disse Pietro, il custode assunse una strana espressione ma non disse niente, aspettando forse di sentire quello che gli altri avevano da dire.
"Ma non possiamo farlo." Disse Maria cercando in Giovanni un alleato, il fratello si strinse nelle spalle e guardò il terreno. Allora la ragazza si rivolse al custode. "Senta, lei è disposto a fare un lavoro extra, dietro un lauto compenso, si capisce."
"Che genere di lavoro?" Chiese il becchino con un sorriso sornione.
"Del genere di riscavare la buca che ha appena riempito, recuperare la bara e metterla nel loculo."
"Io non posso farlo." Rispose il custode.
"Magari potrà chiamare qualche amico che le dia una mano, o magari può richiamare l'impresa funebre che è appena andata via."
"Non mi sono spiegato," Ribatté il custode. "Non posso farlo per legge."
"Che cosa intende dire?" Chiese Giovanni.
"Tecnicamente la salma è stata inumata ormai." Cominciò a dire il custode, dava l'impressione di non avere letto nemmeno la copertina di un libro in tutta la sua vita, ma evidentemente quando parlava di quelle cose si considerava un esperto. "E come voi certo sapete per procedere ad una riesumazione è necessaria la presenza di un medico sanitario."
"Ed allora lo chiami." Disse Maria.
"Non è così semplice," Rispose il becchino. "è necessaria domanda in bollo da parte dei famigliari, il Comune deve rilasciare un'autorizzazione, bisogna prendere appuntamento con il medico che sicuramente avrà impegni precedenti, stabilire il giorno dell'operazione. Ci vorrà almeno una settimana."
"Ma sta scherzando." Sbottò Pietro. "Abbiamo affari importanti da sbrigare... dobbiamo essere nei nostri uffici al massimo domani per l'ora di pranzo."
"Lo capisco," Disse il custode allargando le braccia e stringendosi nelle spalle. "ma non possiamo lasciare la salma dov'è nemmeno se lo volessimo."
"Che intende dire?" Chiese Giovanni allarmato.
"Nel registro del cimitero risulta che vostro zio aveva comprato per sé quel loculo, io non potrei spiegare il motivo per cui invece si trova sottoterra."
"Non aveva altri parenti oltre a noi," Intervenne Pietro. "quindi non vedo proprio chi possa venire a chiederle conto di qualcosa."
"Non si scherza su queste cose; si va in galera." Disse il becchino ostentando un'espressione preoccupata. "Potrebbe arrivare un controllo da chicchessia in qualsiasi momento, potrebbero chiedermi di controllare i registri, specie le pratiche delle ultime inumazioni, senza contare che potrebbe scapparmi detto qualcosa senza che io me ne renda conto." Aggiunse con un ghigno che si intonava perfettamente alla situazione.
"Ho capito." Disse Pietro trascinando le parole, portò la mano destra alla tasca interna del cappotto e ne trasse il libretto degli assegni.
"Mio Dio." Mormorò Maria stringendosi ancora nel suo cappotto, come se volesse farne uno scudo contro la malvagità di quella situazione. "Andiamo," Disse Pietro compilando l'assegno. "so che nemmeno tu vorresti stare qui una settimana, non credo che in questo paese sia molto facile procurarsi la coca." Il custode fece finta di non sentire, o non sentì veramente, troppo concentrato ad osservare la preziosa stilografica che si muoveva agile sul lungo foglietto azzurro. Giovanni fu accanto alla sorella e le serrò le spalle con un braccio. "Andiamo sorellina," Disse con tono pacato. "in fondo quel che conta è l'anima, il corpo va presto in rovina, cenere alla cenere, polvere alla polvere. La sua anima le sarà accanto per sempre." La donna annuì rassegnata mentre Pietro consegnava l'assegno al becchino che con la velocità di un fulmine lo fece sparire nella tasca della sua giacca a vento.
"In quasi trent'anni anni che faccio questo mestiere ne ho viste di tutti i colori," Disse il maresciallo dei carabinieri scrivendo velocemente qualcosa sul suo taccuino. "ma questo senza dubbio le batte tutte." Cercò di dare forza alle sue parole, per fare coraggio al giovane appuntato che gli stava accanto bianco come un lenzuolo.
Intorno era tutto un brulicare di poliziotti, carabinieri, infermieri, vigili urbani e curiosi attratti irresistibilmente dal fascino del macabro e tenuti alla larga con sempre maggiore fatica dalle forze dell'ordine. Dopotutto anche uno scrittore di romanzi dell'orrore avrebbe potuto difficilmente immaginare qualcosa di più orripilante e dal fascino cupo di un omicidio commesso all'interno di un cimitero, con annesso un cadavere rimosso dalla tomba e non ancora ritrovato.
"Certo però che è strano." Disse ad un tratto il maresciallo chinandosi ad osservare la terra smossa della recente dissepoltura.
"Che cosa, signor maresciallo?" Chiese il giovane appuntato, il maresciallo ebbe l'impressione che la sola parola strano, pronunciata in quel frangente, lo avesse fatto impallidire ulteriormente. "Tu sei stato l'unico a venire sul posto non appena ricevuta la chiamata."
"Si," Confermò il giovane carabiniere. "le prime persone che sono venute in visita hanno trovato i cancelli chiusi, così sono andati a lamentarsi al Comune, pare che il becchino non fosse nuovo a richiami perché faceva tardi al lavoro. Un impiegato è venuto qui con un duplicato delle chiavi, lo ha trovato morto nel suo ufficio ed ha chiamato la caserma. A quell'ora ero io l'unico di piantone e sono venuto subito. Come le ho detto non ho ancora trovato l'arma del delitto, ma deve trattarsi di qualcosa di grosso e pesante a giudicare dalle ferite, qualcosa tipo una pala o un piccone." Il maresciallo pensò che se fosse diventato ancora più bianco sarebbe stato possibile guardarci attraverso. "Sei sicuro che nessun'altro si sia avvicinato alla fossa nel frattempo?"
"Si," Rispose il giovane. "le persone che hanno trovato il cadavere non avevano visto la fossa, sono stato io a scoprirla, mentre davo un'occhiata in giro aspettando che arrivassero i rinforzi, l'istinto mi ha detto che le due cose potessero essere collegate e mi sono assicurato che nessun altro si avvicinasse."
"Bene, hai fatto bene." Disse il maresciallo. "Quindi queste sono le tue impronte," Aggiunse indicando una serie di orme nella neve che si interrompevano poco prima dell'orlo della fossa. "e queste sono quelle dell'assassino," Disse indicandone altre che invece arrivavano alla buca dai contorni slabbrati ed irregolari, con dentro i frammenti di una bara nuova di zecca, anche se dalla fattura abbastanza dozzinale, prima di sparire tra ciuffi d'erba e zone di terra dove la neve non aveva attecchito. "dando per scontato che chi ha ucciso il becchino e chi ha sottratto il cadavere siano la stessa persona, ovviamente."
"Beh, si, credo di si." Disse il carabiniere con la faccia di chi sta correndo il rischio di commettere uno sbaglio da un momento all'altro.
"Non noti niente di strano in queste orme?" Chiese il maresciallo, il carabiniere si limitò a scuotere lentamente la testa.
"Sono rivolte al di fuori della fossa." Si ritrovò a reprimere un sorriso involontario quando vide il corpo del ragazzone scosso da un brivido che gli corse lungo la schiena.
"B... b... beh, magari è nevicato ulteriormente dopo l'omicidio e la neve caduta ha confuso le orme senza riempirle." Riuscì a bofonchiare.
"O magari l'assassino è arrivato qui camminando all'indietro." Disse il maresciallo.
"Io questo non lo cred..." Iniziò a dire l'appuntato prima di aggiungere imbarazzato. "Ah, stava scherzando, signor maresciallo." L'anziano carabiniere si alzò senza rispondere, in quel momento arrivò un altro carabiniere, aveva nelle mani coperte da guanti di lattice un vecchio registro. "Avete scoperto di chi è il cadavere sottratto?" Chiese il maresciallo.
"Volevo parlarle proprio di questo." Disse il nuovo arrivato. "Deve trattarsi del dottor Del Vecchio, in Comune dicono che il suo è stato l'unico funerale della settimana e questa è la cappella di famiglia."
"Lo conoscevo," Disse il maresciallo. "era un tipo molto riservato ma sempre cordiale, si faceva vedere poco in paese, che io sappia non era sposato e non aveva figli. Era molto ricco."
"Pare che il becchino stesse lavorando a questo registro quando qualcuno lo ha colpito alla testa arrivandogli alle spalle." Disse mostrandogli la pagina coperta da schizzi di sangue, il maresciallo la osservò da vicino senza toccarlo, poi indossò anch'egli dei guanti di lattice e prese il registro, ne osservò il bordo superiore poi disse. "Sembra che avesse iniziato a strappare questa pagina quando ha ricevuto il primo colpo."
"Il cancello ed il recinto sono molto bassi, facilissimi da scavalcare, ma perché avrebbe dovuto farlo?" Chiese uno dei carabinieri, il maresciallo sembrò non sentire nemmeno la domanda. "Sei sicuro che si tratti proprio del cadavere del dottore?" Chiese invece.
"Le ho riferito che cosa mi hanno detto in comune," Rispose il carabiniere. "e poi è l'unica tomba a non avere ancora la lapide."
"Da questo registro risulta che Del Vecchio aveva comprato uno dei loculi delle arcate pubbliche."
"Magari l'aveva comprato per qualcun altro." Ipotizzò uno dei carabinieri.
"Ti ho detto che non aveva nessuno al mondo." Rispose il maresciallo. "Venite con me." Aggiunse secco, i due carabinieri seguirono il loro anziano superiore che si muoveva con inaspettata agilità sulla neve, malgrado l'età e la stazza considerevole. Entrarono in una cappella di forma circolare che poteva accogliere ad occhio e croce venti salme.
"Ma... in nome di Dio." Mormorò il più giovane dei carabinieri, il maresciallo osservava l'incredibile scena che si presentava ai suoi occhi fermo come la roccia, non lasciando trasparire minimamente le emozioni che gli stavano scuotendo le viscere. Una delle lapidi provvisorie che chiudevano i loculi non ancora occupati era stata distrutta e giaceva a pezzi sul pavimento di marmo bianco, presumibilmente era stata infranta con il piccone insanguinato che giaceva lì vicino, poi qualcuno aveva messo il cadavere del dottor Del Vecchio nella loggia. La salma giaceva distesa in precario equilibrio sul fianco destro, la parte superiore della fronte quasi poggiata alla parete di lato, una gamba penzolava inerte dall'apertura. Il maresciallo fu l'unico ad avvicinarsi, osservò il viso del morto e lo riconobbe subito, nonostante non lo vedesse da tempo e la decomposizione avesse iniziato a deturpargli il volto. Notò che il vestito che avrebbe dovuto ridursi in polvere insieme a lui negli anni infiniti della morte era coperto di sangue. Troppo sangue per essere risultato del solo trasferimento dal corpo dell'assassino.
Il maresciallo si ritrovò a guardare la foto che ornava la lapide accanto; era quella di un bella signora, morta troppo giovane. Aveva lunghi capelli neri che le ricadevano sulle spalle, profondi occhi dello stesso colore ed un volto rotondo, caratteristico delle signore del luogo. Forse fu solo un effetto del sole che fece capolino tra le nuvole e dei riflessi della neve, ma al maresciallo parve che uno degli occhi della donna nella foto scintillò per un istante.
In quel momento i tre carabinieri sentirono dei passi rapidi che si avvicinavano scricchiolando sulla ghiaia e sul ghiaccio; si trattava dell'altro collega che completava l'organico nella minuscola caserma del paese. "Qualcuno deve aver aperto le porte dell'inferno stanotte." Disse giungendo trafelato. "Maron r'o Carmn." Esclamò Schettino vedendo quello che c'era nella cappella. "Ma che cazzo è successo in questo paese stanotte?"
"Ci sono novità?" Chiese il maresciallo guardando i fogli che il giovane carabiniere aveva in mano. Uscirono tutti dalla cappella, con un improvviso bisogno d'aria fresca.
"Roba grossa," Disse ansimando il carabiniere. "da farci finire sul notiziario nazionale, come minimo. In paese ci sono stati altri tre omicidi."
"Tre?" Domandò incredulo uno dei carabinieri. "A memoria d'uomo qui non se ne ricorda nemmeno uno ed adesso quattro in una notte."
"Di chi si tratta?" Chiese il maresciallo come se non avesse nemmeno sentito le parole del suo sottoposto.
"Dei fratelli Giovanni e Maria Del Vecchio e del loro cugino Pietro."
"Del Vecchio?" Chiese il maresciallo corrugando la fronte.
"Si." Rispose il carabiniere dopo essersi sincerato del nome con una rapida occhiata ai suoi appunti. "Pare che fossero in paese solo per assistere al funerale del loro zio. Infatti sono stati uccisi nella sua villa, a due passi da qui, abbiamo trovato tre biglietti per il treno delle sei di questa mattina. Evidentemente avevano in programma di ripartire subito dopo la sepoltura, sembra che il dottore non avesse altri parenti e che avesse lasciato a loro tutto il suo ingente patrimonio, compresa la villa in paese e parecchi ettari di terreno. Avevano affittato un'auto che li avrebbe accompagnati alla stazione in città, l'autista è arrivato all'alba ed ha trovato la porta della villa aperta, ha chiamato senza ottenere risposta così è entrato. Dalla faccia che aveva quando sono arrivato credo che non mangerà e non dormirà per almeno un mese."
"Come sono stati uccisi?" Chiese il maresciallo, ma credeva di conoscere già la risposta.
"Il medico legale ha appena iniziato i rilievi, ma ad occhio ha detto che deve trattarsi di qualcosa di grosso e metallico, probabilmente qualche grosso attrezzo agricolo." Rispose il carabiniere, proprio in quel momento diede un altro sguardo all'interno della cappella e vide il grosso piccone ricoperto di sangue e polvere di marmo, di colpo fissò gli occhi in quelli del maresciallo. All'improvviso tutti e quattro sentirono il bisogno di allontanarsi da quel posto, non poterono vedere così il sorriso che per un attimo si disegnò sul volto della donna nella foto.
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