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Il cielo è pieno di stelle
Sono qui, solo, in questa fredda, inquietante astronave ormai da troppo tempo per ricordarmi per quale motivo sono stato mandato quassù.
Fuori solo un cielo nero.
Il tempo scorre, monotono come un orologio fermo.
Sto scrivendo il diario di bordo, nessun fatto da segnalare.
Io non so chi sono.
L'astronave è enorme, la sto ispezionando da tempo immemorabile. Ogni giorno un settore nuovo. Non ho ancora finito.
Non so quando finirò.
Non so se finirò.
C'è da impazzire.
Forse sono già pazzo, e questa follia è generata dalla mia mente.
Forse sto sognando, ma un sogno non può durare all'infinito.
Credo.
Spero.
Guardo fuori. Mio Dio, è pieno di stelle!
Questa enorme macchina va avanti da anni, secoli... millenni!?
Ci deve essere un motivo per il quale sono qui, diretto verso un luogo che non conosco, in un tempo che non capisco, proveniente da un mondo che non ricordo.
Forse il senso è che non c'è un senso.
Questo è il mio mondo, anzi: il mondo. Tutto il resto è ornamento, decorazione.
Forse è stato creato per me.
Forse io sono il fine della creazione.
Forse io sono Dio.
Giulio gridò a lungo nel tentativo di espellere insieme all'aria anche la disperazione. Si ritrovò in un luogo sconosciuto, seduto su un letto disfatto dal quale non poteva scendere. Nessuno che lo impedisse, al di fuori della sua volontà o, forse, della sua mancanza. L'oscurità della stanza che lo ospitava era interrotta da una vetrata affacciata sul nero spazio siderale. L'incubo dal quale si era risvegliato urlando non lo aveva abbandonato, anzi sembrava tenacemente ancorato alla sua coscienza, tanto da renderlo incapace di distinguere tra sogno e realtà. Forse la sua stessa vita era il sogno di un altro, e al risveglio di questi di lui e delle sue angosce sarebbe rimasta solo qualche sinapsi residua in una mente estranea.
Sospirando per il doloroso distacco dalla sua amata poltrona, il professor Arconti si avvicinò alla finestra per scostarne il tendino, come sempre faceva prima di concludere l'esposizione delle sue teorie. Dopo alcuni attimi di contemplazione del panorama, riprese il discorso.
- Posso sostenere quindi che l'improvvisa scomparsa di suo fratello Giulio sia avvenuta a causa di forze la cui reale entità non c'è dato ancora di conoscere. Sto parlando di meccanismi mentali d'inaudita potenza, che s'innescano solo nel caso di totale utilizzo delle potenzialità della propria mente. Meccanismi difficili da governare, che potrebbero aver imprigionato suo fratello in un luogo e in un tempo sì reali ma governati da leggi a noi ancora ignote.
Antonio, che era approdato per disperazione allo studio di parapsicologia di Arconti dopo la scomparsa del fratello Giulio, si lasciò sfuggire un'esclamazione di meraviglia. Arconti, senza riuscire a nascondere un moto di fastidio per l'interruzione, proseguì nell'esposizione della sua teoria sul potere della mente umana, per poi liquidare velocemente Antonio, dicendogli che voleva essere avvertito di ogni possibile sviluppo.
Arconti stava scrutando il volto di Antonio, che era tornato nel suo studio per raccontare quelli che aveva definito al telefono "gli ultimi, incredibili fatti".
- Mi trovavo a casa. Ero solo e stavo pensando a Giulio. Poi, l'ho visto. La stanza ha cominciato a trasformarsi, e Giulio era lì, seduto su un letto sfatto, che mi stava guardando. Aveva la bocca chiusa, ma lo sentivo parlare. Mi ha raccontato di un sogno strano, dal quale si è risvegliato per trovarsi sopra quel letto. Poi quello strano luogo è scomparso nel nulla, così come dal nulla si era materializzato.
Antonio fece una pausa interrompendo il racconto, come sopraffatto dal ricordo di quegli avvenimenti. Arconti tentò di calmarlo con il suo fluente eloquio.
- Vede, Antonio, Giulio parla di stanze, ma si tratta di una creazione dalla sua stessa mente. La "trasformazione", per usare le sue parole, avviene quando cerca di fuggire dalle barriere che ha costruito.
- Non capisco come tutto ciò sia potuto accadere. Voglio dire, prima ero a casa, poi quel luogo così strano...
- Ascolti. Giulio si trova a casa sua. Non è mai andato via. Lei non lo vede e non lo sente con i suoi normali sensi, ma egli è lì. Si ricorda quello che le dicevo? Un luogo e un tempo reali anche se obbedienti a leggi a noi ignote. Per qualche motivo, questi due mondi paralleli sono entrati in contatto, e lei ha potuto vedere suo fratello. Mi diceva che le ha parlato. Che cosa le ha detto?
Ignorando la domanda Antonio si alzò in piedi e, contrariamente al solito fissò il suo sguardo con decisione su quello di Arconti che, pur senza comprenderne il motivo, cominciò ad avvertire una certa agitazione.
- Professore, vuole vederlo?
- Chi?
- Giulio, naturalmente.
Arconti afferrò la fotografia con riluttanza, dandogli un'occhiata di sfuggita. Ciò che vide lo lasciò interdetto. La riconsegnò all'altro mentre questi continuava a parlare.
- Nella mia famiglia si ripete ormai da tre generazioni. Sembra sia diventata una tradizione. Mi dispiace, forse avrei dovuto dirglielo subito.
Il professor Arconti capì di essere stato vittima di un inganno. Decise di affrontare la questione.
- La prima volta, però, ho parlato con Antonio, vero?
- Sì.
- Che cosa vuole da me, Giulio?
- Niente che lei non possa darmi.
Inquieto, Arconti si avvicinò alla consueta finestra, scostandone la tenda. Non riuscì a trattenere un'esclamazione.
- Mio Dio! È pieno di stelle!
Improvvisamente le pareti dello studio si annichilirono per lasciare che nuove mura in pietra ne prendessero il posto. Giulio stava trascinando Arconti nella sua prigione.
- Vede, professore, per uscire da quel mondo, bisogna essere sostituiti da un'altra persona. In questo momento al mio posto c'è Antonio, abbastanza spaventato direi, ma lui si fida di me. Antonio è mio fratello gemello. È questa la caratteristica che si ripete da tre generazioni, nella mia famiglia. Un parto gemellare. Gemelli omozigoti, per la precisione. L'ha detto lei stesso che quelle forze eccezionali di cui parlava possono essere governate solo in rari casi, come, evidentemente, provenire da un parto gemellare. Solo uno della coppia però. In questo frangente, io. Per il resto, è come diceva lei, professore.
- Perché io? -
- Purtroppo per lei, quel mondo in cui sta entrando ha bisogno di un parametro fondamentale per esistere.
- Quale? -
- Bisogna crederci.
Arconti aveva la sensazione di precipitare in un pozzo, a una velocità sempre maggiore. L'universo stellato gli scorreva accanto, mentre un'astronave si stava avvicinando.
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- Ineccepibilmente scritto, un po' borgesiano, forse. Un saluto
- fantasioso, ben scritto, piaciuto
Chira il 11/10/2014 14:52
Fantastico racconto, in tutti i sensi... eppure questi mondi paralleli in contatto, le leggi ignote che li regolano, questa spirale di sogno nel sogno e di vite identiche per nascita che s'intrecciano e rincorrono... che goduria per la mia parte razionale che vuole evadere! Magnifico Nunzio.
Chiara
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