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L'adolescenza
In questo tempo i corsi scolastici stanno cambiando ma, finora con la conclusione della scuola elementare e l'inizio della scuola media, i bambini passano dall'infanzia all'adolescenza, il primo grande passo consapevole verso la vita, coincidente con la trasformazione biologica del loro corpo.
Per certi aspetti, sentendosi proiettato nell'ambiente nuovo dove tutti i ragazzi sono più grandi di lui, fa l'esperienza di una euforia mista ad inquietudine.
La prima sensazione sarà d'accorgersi molto presto di essere ancora piccolo; incominciano le incertezze, le sconfitte e molta confusione all'interno del suo animo poiché scopre di dover cambiare i suoi punti d'appoggio che andrà a trovare fuori dalla famiglia e si sentirà costretto a crescere nella responsabilità: primo fra tutti quella relativa allo studio che sarà tutta affidata alla sua capacità di diligenza e d'impegno.
Non meno importante sarà il rapporto che si instaurerà con i compagni, con i quali si misurerà sia per le sue capacità di allievo che per quella di amico. Farà l'esperienza della solidarietà, della cattiveria; riceverà dispetti e ne farà a sua volta, incomincerà a sentire da vicino l'eco della vita che si sviluppa e che gli rivelerà tutte le trasformazioni fisiologiche che ancora non sa e che i genitori ancora non gli hanno detto.
Mentre il suo corpo cambia e cresce, cambiano e crescono anche i suoi pensieri ma il trattamento dei grandi di casa soffre invece un'inerzia, un ritardo impercettibile però sufficiente ad orientare la sua fiducia altrove.
Capisce che da lui ora ci si aspetta qualcosa di nuovo: una autonomia, una capacità di gestirsi da solo, dei risultati! Lo si controlla di meno ma lo si corregge di più perché il ragazzino porta a casa ciò che impara nell'ambiente esterno e che di solito non coincide con quanto papà e mamma pensano. E le diversità appaiono sempre come qualcosa da cui doversi difendere ancor prima che qualcosa da imparare.
Il salto generazionale solitamente è così alto e portatore di tali cambiamenti, che i genitori se ne lasciano cogliere sempre impreparati, del tutto incapaci ad assimilarsi alle nuove idee, alle nuove proposte che velocissime premono da ogni dove sulla loro mentalità.
Quando il ragazzo se ne avvede, prova una sorta di superiorità e si pone su quel piedistallo composto di novità che egli conosce e che i genitori invece ancora ignorano.
L'incomunicabilità con gli adulti inizia proprio a causa di ciò e si elevano vere barriere per linguaggio diverso, diversi criteri con cui giudicare ogni cosa.
Non è mai facile riportare "i remi in barca" se non si è più che vigilanti ed attenti alla vita del figlio con il quale il dialogo dovrà essere sempre portato avanti, anche se più difficile e, non di rado, inquietante. Un varco aperto che potrà servire per un momento di sfogo o soltanto per essere ascoltato quando ha voglia di parlare; quel varco avaro potrà far perdurare quel rapporto che permetterà ai genitori di essere sempre presenti in ogni evenienza, con il rispetto dovuto alla vita del figlio che cresce, alla sua persona ed alla sua sempre più ampia autonomia con la quale cammina verso l'età adulta.
La famiglia e gli amici fidati costituiscono comunque l'ambito privilegiato che inconfessatamente il ragazzo comunque sceglie e che tratterrà quale base sicura, al di là dei pro e dei contro, che in ogni suo bisogno lo faranno sentire tranquillo ben poggiato sulle certezze che hanno strutturato la sua personalità.
L'amico del babbo, l'amica della mamma, i nonni finché vivono, sono le persone di primario valore e quanto più saranno presenti, per il ragazzo che cresce, tanto più saranno preziosi poiché rappresentano la sicurezza affettiva, la conferma vivente di quanto essi hanno assorbito tra le pareti di casa.
Ciò di cui maggiormente l'adolescente necessita, sono le positività e le realtà affettive sulle quali potrà crescere la sua formazione. Ovviamente ciò avviene entro i limiti relativi al tipo di persona, all'ambiente in cui vive, agli stimoli che in tale ambiente riceve.
Nell'età delle scuole medie i ragazzi fanno sfoggio delle informazioni inerenti le novità della crescita; chi li sa ammantare di mistero suscita l'interesse dei suoi compagni e ne stimola la curiosità guadagnandosi una stima ed un credito importanti per quell'età; fa sentire coloro che ancora "non sanno", piccoli e poco affidabili.
Chi ha già fumato la prima sigaretta, chi ha già provato a sfiorare le labbra di una bambina e ne conosce già la sua nudità, ottiene consensi e l'indiscussa credulità di tutti gli altri.
Le bambine hanno quella cosa in più che è il ciclo mestruale e che consente loro di pareggiare con i maschi. E spesso accade che, anche quando siano state preparate al caso dalle proprie mamme, con tanto di seduta speciale alla presenza di papà, esse piangono a dirotto fra i compagni, nel bel mezzo della lezione, ottenendo come minimo di essere accompagnate a casa dal bidello e ricevendo il permesso di almeno un giorno di vacanza.
Oggigiorno anche i bambini sanno tutto subito e prima; soltanto mio figlio, il primo giorno di scuola, non sapendone nulla, tornò a casa infuriato. Aprì l'uscio di casa bruscamente ed ancora con la cartella sulle spalle, mi apostrofò gridando: "Perché mamma non mi hai avvertito che le bambine hanno le mestruazioni? Tutti i miei compagni lo sapevano ed io ho fatto una "magra"... ed è tutta colpa tua!"
Io infatti non gli avevo spiegato nulla a quel proposito ritenendo che per il momento il fatto non lo riguardasse.
È giusto prevedere quando possano essere date le necessarie spiegazioni relative alla crescita, affinché non accada che, con malizia e con minor verità, i bambini vengano informati dai compagni.
Serve anche a spegnere la curiosità, a smorzare le competizioni nel cruciale ed iniziale rapporto tra i maschietti e le bambine.
Agli albori della vita la persona è così delicata, così fragile che la possibilità di sbagliare è frequente. Troppo presto o troppo tardi, a volte determina crisi anche gravi e ciò per tutti gli argomenti riguardanti la vita e la morte, in un crescendo inarrestabile, così come inarrestabile è il decorso del tempo e l'uomo, durante il suo cammino, non cessa mai di chiedere e di chiedersi il perché del suo esser nato.
Una delle prime cose che il ragazzo impara a fare è cercare di discolparsi, anche quando viene colto in errore evidente. Anzi, quanto più è evidente il suo errore, tanto più agguerrita è la sua discolpa, perché il ragazzo soffre il disagio di una lontananza tra ciò che vorrebbe essere e ciò che di fatto ancora è: piccolo ed acerbo! Perché il modello offertogli è da sempre l'adulto che è la sua intima, massima aspirazione.
Inoltre egli ha bisogno di esprimersi e di sentirsi approvato e se è capace di esprimere una opinione, vuole poterla dire fino in fondo, essere insomma ascoltato.
Se l'ambiente è inibente o distratto, egli eviterà ogni reazione ma cercherà altrove una maggiore attenzione.
Coloro che gli daranno credito e gli dimostreranno fiducia, potranno anche essere i suoi consolatori, avranno la sua confidenza ed egli recupererà le risorse personali anche nei casi di shock improvviso, riguadagnandosi la stima perduta.
L'adolescente è il futuro giovane nel quale si potranno coltivare tutti i grandi valori esistenziali, purché il terreno della sua personalità sia stato preparato a dovere, cioè sgombrato dall'inquinamento morale dovuto alle esperienze negative e traumatizzanti.
L'adulto continua a rimanere il modello a cui tendere e se il ragazzo capisce che egli "predica bene ma..." ne riceve un danno in quanto non saprà a cosa o a chi omologarsi. Ne deriva un disorientamento che lo isola e lo alienerebbe qualora non trovasse delle alternative adeguate poiché l'adolescente ormai ha imparato a scegliere e continuerà a farlo anche all'interno di una proposta globale quale può essere ad esempio la scuola: sceglierà l'insegnante che lo saprà capire di più, il compagno con il quale sentirsi più a suo agio, il modo di vestire e di pettinarsi, se dire o tacere ciò che conosce ecc. Non basteranno le direttive verbali, ha bisogno di esempi concreti sia che gli vengano proposti con maniere forti sia con maniere comprensive.
Se l'adulto saprà chiedere perdono per un errore compiuto, anche il ragazzo lo farà; se saprà accogliere le diversità, anche lui si impegnerà a farlo; se l'educatore mostrerà pazienza, il ragazzo pure imparerà ad averne; se sarà conciliante là dove vi fossero delle divergenze, anche il ragazzo saprà moderare le proprie pretese ed imparerà a cambiare opinione.
Quando l'adulto pretende, deve poter dimostrare che quanto vuole è già stato realizzato da lui stesso. Se così non è, il ragazzo ha diritto a delle spiegazioni. Intendo dire che con gli adolescenti è importante essere coerenti ed il rapporto con essi dovrà essere leale e rispettoso, non come avveniva nei Collegi dei secoli scorsi dove gli insegnanti si rivolgevano al ragazzo parlandogli in terza persona, come fossero adulti, senza tuttavia risparmiargli crudeltà e punizioni corporali ad ogni errore...
Se l'errore del ragazzo viene redarguito ogni volta, rilevato e dichiarato in presenza d'altri, rimproverato e punito, egli imparerà a difendersi da ciò piuttosto che correggersi perché l'umiliazione subita non è positiva per la sua persona, non lo aiuta a divenire migliore; serve soltanto a scoraggiarlo ulteriormente. Si preoccuperà di nascondere meglio l'errore e cercherà sollievo altrove dove qualcuno saprà dimostrare fiducia nelle sue capacità.
È invece più utile intervenire nelle mancanze rilevanti, possibilmente con un peso proporzionato e rimandando ad un altro momento più distanziato, l'osservazione.
Il più delle volte le parole correttive dell'adulto non suscitano una reale attenzione; il ragazzo le ascolta ma di fatto è attratto da qualcosa che lo interessa di più, soprattutto se l'adulto che gli sta parlando non gode più della sua incondizionata fiducia.
Ogni genitore se ne accorge e quando ciò accade, inizia a preoccuparsene cercando nel bambino il motivo della sua distrazione e del suo disimpegno.
Un possibile cambiamento è favorito più da occasioni che gli diano l'esempio, piuttosto che una insistenza nel predicozzo fatto dall'uno e dall'altro genitore. Il ragazzo capisce subito e il suo bisogno di evitarlo raddoppia; escogiterà qualunque pretesto per non sottoporsi al giudizio di entrambi, perché nelle malefatte il giovane abbisogna di poter contare su almeno uno dei due, che sappia essere incondizionatamente dalla sua parte, errori o non errori. Diversamente l'impalcatura della famiglia crollerà e la sua personalità sarà costruita con la facilissima e purtroppo sempre rischiosa interferenza esterna.
Durante una mia lezione di catechismo, ricordo d'aver avuto in classe un bambino assolutamente incapace di seguire una lezione, di stare fermo ad ascoltarla. Saltava tra i banchi come un grillo, sordo ad ogni richiamo, rendendo impossibile a me di farmi ascoltare ed accentrando su di sé l'attenzione generale dei compagni. Questo comportamento, unito al totale disimpegno, lo avevano fatto ritenere alienato e ritardato nello sviluppo intellettivo.
Proprio per la specificità delle lezioni che facevo, lo scopo mio non era di indottrinare dei bambini ma di riuscire a far fare loro una iniziale e spiegata esperienza di vita cristiana.
La sola cosa che potei fare per quel bambino fu di prenderlo in braccio sebbene non fosse piccolo; lo feci sedere sulle ginocchia e lo posi di fronte ai suoi compagni i quali ne divennero gelosi ma accettarono il gesto rendendosi conto che avevo trovato il modo di tenerlo quieto. Il ragazzo rimase con noi fino alla fine delle lezioni.
Venne il prete alla fine del corso per fare qualche domanda di verifica sugli argomenti principali e capire quanto avessero imparato.
Per i ragazzini fu più facile esprimere la realtà dei fatti da cui poi se ne traeva un giudizio cristiano, piuttosto che elencarne a memoria le norme.
Il ragazzo che era considerato handicappato, espresse di sua iniziativa una sola frase: "Io qui sto bene, Gesù mi vuole bene e non ho voglia di andare a casa."
Il prete mi bisbigliò che quello era un grosso risultato del mio insegnamento ma che ora bisognava fargli comprendere l'importanza di ritornare a casa, con i suoi genitori.
Durante il corso successivo, il ragazzo continuò a saltare tra i banchi ma ormai era considerato "il picchiatello" della classe ed i suoi compagni non si lasciavano distrarre. Spesso lo ammonivano.
Me ne preoccupai e cercai di organizzare qualcosa di nuovo, una iniziativa che lo coinvolgesse in prima persona e che lo facesse sentire protagonista.
Decisi e proposi una visita con tutti gli allievi a casa sua. Andammo e venimmo accolti dalla sua mamma con molta cortesia. I ragazzi apprezzarono tutto quanto il piccolo possedeva nella sua camera ma egli mostrava di non aver alcun interesse per i giochi ed i pupazzi di peluche sparsi nel locale. Tutte quelle cose non lo interessavano, mostrava disinteresse, non guardava quegli oggetti, non li usava mai; nessun bambino era mai andato a giocare con lui per creare con la fantasia un gioco qualsiasi nel quale animare i balocchi pur belli che possedeva.
Quel giorno i ragazzi del Catechismo lo fecero; giocarono con lui, gli domandarono informazioni relative ai regali e pian piano riuscirono a muovere la sua partecipazione. La madre entrò nella camera e lo trovò affannato e sudato mentre mostrava le sue piccole cose agli amici. Era nuovo il suo comportamento ed era nuovo anche il suo tono di voce: la madre sentì il calore di chi prova interesse e piacere per la prima volta ed era davvero la prima volta che il fanciullo godeva di stare con altri bambini. Aveva sempre evitato di lasciarsi coinvolgere, di intrattenersi con chiunque; aveva eluso ogni iniziativa, se ne era sempre andato via correndo e ridendo, scappando dietro un immaginario paravento che sarebbe potuto divenire un muro insormontabile e definitivo.
Io fui lieta d'aver visto aprirsi una breccia nelle sua difese che erano già divenute coriacee, pur in così tenera età. Si era costruito uno scudo di difesa dalla volontà dei genitori i quali mostravano sempre scontento e delusione per quel loro bambino che non sapeva dar loro soddisfazione, che li faceva sentire incapaci e quindi umiliati; quel figlioletto già tanto responsabile del fallimento della loro unione.
Non capirono i suoi genitori che egli abbisognava soprattutto della loro fiducia, del loro credito per poter esprimere qualcosa di sé; quel qualcosa che se ne stava nascosto nel profondo del suo animo e che non sapeva farsi strada tra le confusioni e le in comprensioni dei grandi.
Quando lo rividi ormai cresciuto, constatai che era diventato un ragazzo tranquillo e non vi era più traccia di quella terribile frenata della sua formazione nell'età adolescenziale; quel gesto che feci fu poca cosa, ma gratuito e tempestivo e fu l'inizio di una faticosa ripresa, aiutata da un esperto psicologo al quale lo raccomandai.
I suoi grandi occhi scuri nel volto magro, esprimevano una serietà ed una maturità inconsuete, resasi possibile attraverso un'unica iniziativa amorosamente vera.
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1 recensioni:
- Rocco sei tanto caro e ti ringrazio di cuore.
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