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Il pastorello Alex
Tutte le mattine il sole spuntava tra i monti di Riego, un piccolo paesino situato alle pendici del monte Lilà. Con il suo splendore, radiava sui tetti rosseggianti delle case e la luce dei suoi raggi attraversava la finestra della stanza di Alex, sfiorava i suoi occhi e gli donava un dolce risveglio.
Alex era un bambino di dieci anni, molto vivace e solare e sempre pronto ad aiutare gli altri.
Era figlio di due contadini, Joseph e July. Essi possedevano un gregge di buoi e di pecore. Tutti i giorni si alzavano di buon'ora e come gli altri abitanti del paese si recavano nei campi per raccogliere i buoni frutti. Anche il ragazzo si svegliava all'alba e prima di recarsi a scuola aiutava il padre a guidare il gregge fino al monte, tornava poi a casa giusto in tempo per gustare la buona colazione che la mamma preparava per tutti i suoi cari. Alex assaporava con delizia i biscotti appena sfornati e sorseggiava il cappuccino bollente che a lui piaceva tanto. Dopo questo buon inizio di giornata, afferrava lo zaino e andava a scuola. Ogni tanto si addormentava sul banco di scuola perchè era molto stanco. Nonostante tutto, riusciva ad apprendere tutto ciò che gli veniva insegnato con molta facilità e i suoi professori si congratulavano con lui per il buon apprendimento. Dopo le ore trascorse in classe, si avviava lungo il sentiero che lo riportava a casa. Mentre si incamminava per il viale della sua abitazione fischiettando, veniva distratto dal buon profumo di minestra che proveniva dalla cucina e si diffondeva nell'aria. Non vedeva l'ora di varcare la porta di casa, dove la sua famiglia lo attendeva per pranzare insieme.
Si riunivano intorno alla tavola e mentre la mamma serviva il pranzo, Alex scherzava con sua sorella Elisa, una bimba di appena tre anni. L'allegria che regnava in casa era così festosa da far ridere a crepapelle la loro mamma e il loro papà , a tal punto da far scivolare dai loro occhi lacrime di gioia. Alex a volte, dopo aver pranzato si recava al monte portando con sé la sua sorellina. La piccola montava sulla groppa del loro cane Bubi, un gran Maremmano guardiano che la portava fino in cima alla montagna tenendola a bada dai pericoli.
In un batter baleno arrivavano lassù dove i due fratellini si divertivano a far capriole nei prati e a rincorrere le pecore. Dopo aver giocato un pò, si arrampicavano su di un albero dai rami ben robusti, dove il padre aveva costruito per loro una casetta di legno. Ai due piccoli piaceva ammirare da lassù l'arcobaleno che compariva dopo una fitta pioggia e rimanevano un bel po' ad osservarlo. La bimba lo paragonava ad uno scivolo, immaginava di esserci sopra e di scivolare in un prato dai mille fiori variopinti che avrebbe raccolto per regalerli alla madre.
Dal folto albero s'intravedeva anche il campanile e il suono delle campane si diffondeva fino ad arrivare alla vetta dove si trovavano i ragazzi. Grazie a questa dolce melodia, i ragazzi si addormentavano come due angioletti. Dopo aver dormito abbastanza si risvegliavano sobbalzando e si ritrovavano abbracciati, senza rendersi conto che il tempo era trascorso in fretta. Frastornati, scendevano dalla casetta e si dividevano per recuperare il bestiame. Dovevano riportare il gregge nel loro recinto prima che tramontasse il sole; ogni tanto qualche pecorella si soffermava per i sentieri, ma il loro Bubi le rincorreva riportandole insieme alle altre.
Arrivati in paese, riportavano il bestiame nel loro recinto che si trovava dietro la loro abitazione, contavano ogni singolo animale e poi dopo aver terminato il loro lavoro rientravano in casa.
Prima di cenare, facevano un bel bagno caldo e poi si riunivano tutti intorno alla tavola per gustare il buon formaggio che il padre ricavava dal latte di pecora. Insieme al formaggio e al salame mangiavano anche il pane che la mamma preparava per loro con le proprie mani, formando tanti piccoli panetti che venivano cotti nel forno a legna.
Insomma, era proprio una cena squisita.
Più tardi, Alex raggiungeva i suoi amici per giocare almeno per qualche ora, dopo tornava a casa per svolgere i compiti, in seguito indossava il pigiama e s'infilava sotto le coperte; in un attimo si addormentava come un ghiro in letargo.
Joseph, tutte le sere rimboccava le coperte ai suoi figli, ma rimaneva a guardare quell' ometto, quell'angelo sceso dal cielo e lo accarezzava.
Il padre sapeva bene che il figlio lo avrebbe seguito ovunque pur di prendere un buon esempio che lo avrebbe aiutato a diventare grande. Alex era straordinario, era già capace di gestire le sue giornate in un modo eccezionale; si occupava del gregge, andava a scuola, ma comunque non rinunciava alla sua fanciullezza, ai suoi compagni di gioco.
Di sicuro quel piccolo ometto, da grande sarebbe diventato un uomo pronto ad affrontare le avversità, quelle che avrebbe potuto incontrare lungo il sentiero della propria vita.
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- Un racconto idilliaco che evoca la magia di un'infanzia da fiaba e mi fa pensare che se anche un solo bambino, di tanto in tanto, potesse avere la fortuna di vivere la sua fanciullezza come Alex il futuro del nostro mondo martoriato sarebbe davvero più roseo...
- Salve a tutti coloro che leggono il mio racconto, spero che qualcuno mi commenterà ancora, visto che con questa storia ho vinto un concorso letterario nella sezione racconti brevi, mi sono classificata al secondo posto e ne sono contentissima. Ho ritirato il premio Domenica 31-o9-08, un abbraccio a tutti.
- Confesso che ho cercato fino alla fine la... disgrazia, qualcosa che rovinasse quel clima da fiaba, insmma il colpo di teatro che strappa il wow di sorpresa; la vera sorpresa é l'epilogo, bello, positivo, poetico, un inno di speranza (per il papà é di certezza), bellissimo, davvero. Brava, a volte basta essere normali per sorprendere.
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