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Era il giorno di Pasqua 1944

Era il giorno di Pasqua, la nonna mi teneva per mano ed insieme andavamo alla Santa Messa.
C'era un sole sfolgorante, era Primavera inoltrata e l'aria profumava di fiori.
Uscimmo dalla cancellata che circondava la nostra casa e ci inoltrammo verso la Chiesa.
"Nonna, guarda, lo vedi quel soldato che è uscito dal ponte con il grosso zaino sulle spalle? Lo conosci?"
"No, sono molti i soldati che circolano per la città."
La voce della nonna era incrinata, sentii la sua mano stringere forte la mia e dai suoi occhi celesti e dolci, vidi cadere lacrime che sapevo cocenti: aveva cinque figli al fronte, erano stati citati sul giornale della città come esempio glorioso.
Sapevamo che uno di essi, lo zio Giacomo, era stato fatto prigioniero e deportato in Germania. Lo avevano prelevato mentre stava facendo il servizio di Leva Militare, senza un perché.
Non sapevamo dove lo avessero portato e per quanto tempo.
Fummo rassicurati perché lo zio non era ebreo; tutta la nostra famiglia non lo era.
"Vedrà Signora che suo figlio tornerà, non pianga, lui non è ebreo!"
Il cuore mi si strinse di vergogna e ad un tempo si dilatò per il sollievo che provavo. Poteva esserci una differenza tra un ragazzo ebreo ed uno che non lo era? Capii che era così!
Non vedi che ha la testa abbassata? Porta l'elmetto, il volto non si vede. Lo zaino lo sbilancia, cammina tutto curvo, deve essere pesante.
Nonna, guarda, ha alzato la testa, nonna a me pare..., sì nonna, è lo zio Giacomo!
"E'proprio lui! vero nonna?"
La nonna ebbe un fremito; socchiuse gli occhi e ficcò lo sguardo presbite sulla faccia del giovane che si stava avvicinando col volto sorridente.
"Giacomo!"
Gridò: "È lui, è proprio lui!!! "Signore, grazie per questa Pasqua, perdonami se non veniamo alla Messa; mio figlio, uno dei miei figli è tornato!
"Giacomo, sei tu, sei davvero mio figlio che torna? " E guardando me: "Sì, sì, sì!"
Lo zaino fu lasciato cadere a terra lentamente senza che lo zio cessasse di sorridere. Strinse la sua mamma forte, talmente forte che pareva volesse strizzarle l'anima tanto da provocarle una esplosione di gioia gridata, fragorosa, mescolata al singhiozzo del pianto, mentre a me nel petto il cuore faceva capriole.
Ero molto agitata. Li lasciai e corsi a ritroso verso casa per dare a tutti la grande notizia.
Rimanemmo seduti intorno alla tavola per alcune ore, in silenzio assoluto, ad ascoltare la voce stanca di quel giovane zio di vent'anni che era ritornato a piedi dal campo di concentramento di Mathausen.
Come era stato possibile varcare le Alpi, a piedi?

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2 recensioni:

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  • Glauco Ballantini il 05/11/2014 10:31
    Bel racconto d'epoca, mi ricorda mio nonno che scappò dai tedeschi rifugiandosi in un rovo di more. Una vera Pasqua...
  • Rocco Michele LETTINI il 28/10/2014 07:30
    Un'esperienza che non cadrà nell'oblio... una piaga che non rimarginerà... una Pasqua da ricordare... Solo il Signore perdona... verità ineccepibile Ver...

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