racconti » Racconti amore » Lui e la Notte
Lui e la Notte
Era notte. Fuori era freddo e tirava vento. Elettricità era nell'aria, un'elettricità strana quanto piacevole, ma sinistra, quasi una piccola sensazione che qualcosa di importante sarebbe cambiato improvvisamente, un evento che, anche se piccolo e scomodo, si sarebbe insinuato nella normalità e l'avrebbe resa più... succosa. Ma erano solo sensazioni, vibrazioni, suggestioni. Sciocche elucubrazioni di chi non ha meglio da fare il sabato sera che leggersi un libro davanti al camino.
Accendersi una sigaretta, sentire il crepitio della cenere, non era mai stato così piacevole come in quel momento davanti al fuoco, con i piedi al caldo, infagottata in un bel maglione di lana spessa. proprio in quel momento, quando tutto era al suo posto per iniziare una serata tranquilla e rilassata, con il camino, Stephen King sul tavolinetto accanto al fuoco, una tazza di latte caldo ed una coperta pesante, la sigaretta tra le labbra a crepitare silenziosa, ricevetti una chiamata. Ricevetti una chiamata...
"Pronto?..."
"Sì? casa Bianco." Dopo che ebbi finito di pronunciare quelle semplici parole, che per me erano così automatiche, mi resi conto chi c'era dall'altra parte della cornetta.
"Ciao, scusami, sai l'abitudine. Come mai hai chiamato?"
"Puoi uscire di casa?"
"Io... sì, credo di sì. Dove andiamo e chi siamo?"
"Non lo so. Per adesso ho chiamato solo te. ci vediamo tra mezz'oretta al boschetto dietro casa tua, io sono già lì."
"Ma..."
Aveva attaccato. Sicuramente la telefonata più strana che avessi mai ricevuto. L'orologio segnava le 00. 01 e la mia sigaretta ormai stava diventando un mucchio di cenere, senza che io me la fossi realmente goduta. Ora quelle strane elucubrazioni sembravano quasi prendere corpo e ne avevo terrore. La sua voce, quella voce che non sentivo da così tanto tempo e che mi era proibito sentire. Immaginavo il ghiaccio fuso dei suoi occhi penetrarmi i pensieri e leggerli come un libro aperto. Sarei andata. Volevo vederlo.
Il vento si era calmato e gli alberi del bosco erano quieti e guardiani della notte. Come sempre. Era piacevole passeggiare tra le loro fronde, anche se di notte e con un notevole freddo da gelare le ossa. Avevano un nonsochè di rassicurante e antico. Io continuavo a camminare ed intorno a me solo silenzio. Non un passo, non un soffio di vento, non un sussurro. Il nulla. Cominciavo ad avere i brividi e non per il freddo: mi ha sempre fatto una gran paura il silenzio, soprattutto in un luogo dove dovrebbero esserci miliardi di microrumori. Ormai ero pietrificata, quando all'improvviso sbucò dal nulla una figura nera che mi agguantò per i fianchi ridendo. Presa alla sprovvista cominciai ad urlare sempre più forte, lottando con tutte le mie forze, finchè la figura non si mostrò per chi era davvero. Lui. Perdeva sangue dal labbro.
"oh Dio scusami! Mi hai preso alla sprovvista"
"Non pensavo avresti reagito così, mi dispiace, volevo solo farti una sorpresa."
"Sei tu quello che sta sanguinando, ho la prerogativa delle scuse."
Un sorriso. Quel sorriso. é impressionante pensare a quanto possa scaldare il cuore un semplice innalzamento dell'angolo destro di una bocca; quanto sia incredibile che dei piccoli muscoli facciali riescano a far girare la testa di un'altra persona, e perdere la cognizione del tempo e dello spazio. La follia. Il suo sorriso era la Follia. Era lì con sciarpa e giacca a sorridermi e arrivò : mi abbracciò dal nulla. Mi stringeva forte a sè e mi resi conto che anche lui aveva i brividi, ma non sono sicura che neanche i suoi fossero per il freddo.
"Mi sei mancata."
"anche tu, e non sai quanto."
"Lo so..."
Io non mi ero resa davvero conto di quello che avevo detto. Ero rimasta completamente spiazzata dalla sua chiamata, dal suo sorriso e poi dal suo abbraccio per comprendere davvero appieno quello che mi accadeva intorno. Non avrei mai dovuto pronunciare quelle parole. Eravamo sempre abbracciati. Nessuno dei due aveva il coraggio di alzare gli occhi e fissarli in quelli dell'altro. Ma poi, lui lo fece. E le sue mani mi tenevano le guance, quasi a non lasciarle cadere, perchè era quella la sensazione che mi trasmettevano le ginocchia.
"Lo so. Davvero." I suoi occhi erano più grandi e non solo perchè erano vicinissimi al mio viso. L'emozione che gli si aggrovigliava nelle viscere aveva raggiunto miracolosamente quelle pozze di acqua cristallina, che adesso si spandevano per cercare comprensione. Senza parlare. Le uniche parole furono quelle che uscirono dalla mia bocca, incontrollate.
"Sei l'amore della vita della mia migliore amica. Io non..." Ecco le lacrime, le sentivo prepotenti nella mia gola, che pulsavano per uscire, per scorrere. Era troppo tempo che aspettavano non ascoltate. Cercai di divincolarmi per asciugarle non vista. Non ci riuscii.
"Non piangere, andrà tutto bene." La sua voce era soffice, dolce, il fiato caldo. Ma non potevo sopportare ancora quelle parole, avevano scavato un solco troppo profondo nella mia pazienza. Ero stanca di sentirmele ripetere dalle uniche persone a cui potevo confessare i miei sentimenti. Nulla si sarebbe aggiustato, nulla sarebbe più andato al suo posto, nulla sarebbe stato più semplice. Nulla. Riuscii a divincolarmi, ma le lacrime scendevano.
"Non è vero! Per te è facile, non hai più questo gran rapporto con lei, io sì! E non è vero che andrà tutto bene, nulla potrebbe andare bene! Ogni volta che sono con te, io non sono più io, non mi controllo. Vorrei starti vicina sempre, vorrei poterti abbracciare, prenderti la mano, regalarti quei sorrisi che mi fanno... lasciamo stare. Io non posso."
Lui ascoltava. Attento. L'espressione del viso più angelica e dolce del mondo, come se stesse gustando la pietanza più buona che avesse mai assaggiato, mentre io ero furibonda.
"Si può sapere perchè ridi?"
"Hai appena detto che vorresti stare con me." Il sorriso era più largo.
Sentii l'imbarazzo corrermi sulla schiena. Nell'ira non me ne ero nemmeno accorta.
"Ho... anche detto che non posso."
"Ma vuoi."
"Non posso."
Adesso si avvicinava a passo spedito, per un momento ho pensato mi volesse attraversare da parte a parte, per quanto era deciso.
"Ma vuoi." Tre centimetri."Lo so che è la tua migliore amica, ma lei per me non è l'amore della vita. Lei per me è una grande amica, una ragazza simpatica, che appartiene al passato. Io vorrei davvero che tu rappresentassi il mio futuro." Mi aveva afferrato le mani e le accarezzava dolcemente, anche se la stretta era forte, mentre ormai il suo naso quasi toccava il mio.
Silenzio. Ma stavolta non avevo paura. Del resto so solo che non ho mai assaggiato labbra più buone, nonostante il suo sangue e le mie lacrime.
Quella notte era successo qualcosa. Quella notte qualcosa era cambiato, qualcosa di piccolo, che il futuro avrebbe rivelato se importante o meno, ma il cambiamento principale ero io. Io ero diversa, io avevo deciso di prendere a due mani il destino e costruirci su un incontro di box, anche se non sapevo se avrei vinto. Mi prendevo la responsabilità della mia felicità, e Dio, come ci si sentiva vivi.
123
un altro testo di questo autore un'altro testo casuale
0 recensioni:
- Per poter lasciare un commento devi essere un utente registrato.
Effettua il login o registrati
Opera pubblicata sotto una licenza Creative Commons 3.0