"Si parla con noi stessi nel silenzio della notte rintanandoci nel nostro io più nascosto".
Disse Nico mentre osservava il soffitto della sua camera straiato supino sul letto.
Fuori i lampioni illuminavano l'asfalto, mentre i sogni vagabondavano lungo il marciapiede della strada.
I ricordi si erano riversati in strada a passeggiare insieme ai sogni di ieri.
Donne, amici, amori e fatti lontani, riempivano la stanza di pensieri.
Spiriti di ieri e fantasmi di domani martellavano la mente di Nico.
Nel suo cuore traboccava la malinconia.
Quanti ricordi riempivano quella stanza vuota.
Stanze di vita quotidiana: un lavoro musicale di Francesco Guccini
era stato il suo album preferito in una fase delicata del suo cammino.
In quell'istante della sua vita, lui aveva provato le stesse amarezze e le stesse delusioni del suo maestro...
Era il 1974 e, dopo il capolavoro di Radici, Francesco Guccini continuava l'esplorazione dell'animo umano spostando la sua analisi nel presente facendo un bilancio di tutto ciò che l'autore aveva fatto sinora, rammentandolo con sei lunghe composizioni di cui faceva parte l'album. Un album definito Leopardiano dalla critica di allora.
È uno dei dischi meno ricordati della produzione Gucciniana, lo stesso autore pare che lo abbia indicato come il meno riuscito, la famosa critica cui gli rivolgeva Bertoccelli partiva da qui... eppure Guccini rispose a tutte le critiche con L'avvelenata.
Allora Nico era un diciannovenne, agli albori della vita.
Vita dura per i troppo buoni di allora...