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“Perduto nei ricordi di Samanta”
Non sembrava un vero pomeriggio, Frank almeno, non credeva che lo fosse. Era troppo morto il sole dietro le nubi mentre guardava il cielo infittirsi di grigio. Stava sdraiato sulla panchina del parco e... credeva di pensare. Solo, immerso in quella fredda atmosfera dove gli alberi e le cose sembravano dormire, aveva un braccio penzolante fuori dalla panchina e sfiorava l'erba inumidita.
Nulla era ormai più come prima ma un sol pensiero lo rendeva veramente vivo; un ricordo... Samanta, la sua tenera bambina.
Era successa qualcosa, lui... non era come prima pensare a lei, ricordare di lei, adesso sembrava tutto più misterioso; c'era un chiodo nella sua testa ed i pensieri di Frank non riuscivano a smettere di batterci sopra: L'aveva sentita, la notte prima, nella stanza. Frank l'aveva sentita cantare ma come fidarsi? Samanta era morta da quattro giorni, ormai non v'era più nulla di lei... Un'illusione?... Forse. Eppure gli aveva donato tanta speranza e angoscia allo stesso tempo...
Ma Frank, nel parco, su quella panchina annebbiata sapeva con certezza solo di vedere dentro sè scorrere ricordi e ricordi, che forse non avevano neanche una vera origine...
Erano sulla strada, quella che porta a casa loro, Samanta era nata da poche settimane e Frank la teneva fra le braccia mentre costeggiava il marciapiede di ritorno da una passeggiata. C'era un sole caldo e rassicurante e tutto intorno il mondo sembrava voler dare un senso ancor più vivo alla sua paternità; ma Frank, nel rammentare, non si sentiva come allora, no: adesso lui era l'acqua assorbita dall'asfalto durante la pioggerella della notte, si sentiva come quelle piccole pozzanghere e vedeva le scarpe di un padre felice affogarvi dentro e portare in braccio la propria... vita. E la guardava, nello splendore che può serbarsi negli occhi di una creatura tanto giovane, nei suoi movimenti incerti, nella sicurezza che nei primi giorni di vita, una bambina può trasmettere.
Tra un passo e l’altro Frank si rendeva conto della fortuna che aveva avuto e, domandandosi una cosa, forse già pensava a quando l’avrebbe persa:
Si chiedeva: Che cos’è?
Cosa significa questo sentore, questo splendido universo dentro il mio cuore?
Perché si ama? E perché in tanti modi differenti?
Ma poi, gli passò per la testa un desiderio, che purtroppo mai trovò modo di materializzarsi, sì: lo voleva:
(Dio mio, fa che possa vederla crescere, realizzarsi e dopo tutto, rassegnarsi all’idea che non potrò stare con lei per sempre!) Eppure…
Si riprese da quel cammino all’improvviso, forse perché nel suo ricordo ormai aveva raggiunto casa e non v’era più acqua da calpestare; ma adesso sapeva solo di essere di nuovo lì, in quel parco vuoto come lo sarebbe qualsiasi parco del mondo in un pomeriggio d'inverno, quando il cielo preannuncia un temporale; quel senso di solitudine, quasi come se il mondo intero fosse scappato, ormai lo perseguitava da quando sua moglie era fuggita via per il dolore, supponeva lui, della scomparsa della loro bambina.
Ma il tempo di questo pensiero non bastò a dargliene una ragione che già socchiuse nuovamente gli occhi per tornare con la mente da qualche parte...
Questo ricordo non era tanto lontano nel tempo: vecchio solo di tre o quattro anni...
Frank stava parlando con la sua bella moglie in salotto e da lei aveva saputo che Samanta era stata lasciata fuori per il saggio della scuola; il ballo per quella bambina di soli nove anni, era importante, lo era davvero.
Samanta quel pomeriggio, tornata dagli studi, era stata tutto il tempo chiusa in camera, lo era stata per troppo e suo padre lo sapeva. La giovane moglie di Frank diceva che era tutto normale, ma lui voleva parlarle, perchè semmai la sua vita fosse finita quel giorno e lui non lo avesse, Frank sentiva che avrebbe lasciato dietro di sé una cosa troppo importante, dunque la raggiunse in camera.
Quando arrivò da lei, la trovò sopra una sedia, non seduta ma accovacciata, con le gambe raccolte tra le braccia come per dire: “In questo modo sento di poter proteggere me stessa, perché ho paura, ma mi fido delle mie forze. “ Guardava fuori, guardava il vento scorrere sulle cose e lasciare strani odori dietro di sè. Era un autunno molto freddo e Frank teneva ancora addosso il cappotto nonostante fosse tornato già da un po' dal lavoro.
Samanta si era accorta della sua presenza nella stanza ma non si era ancora voltata; sembrava... incantata. Lui la guardava di profilo e gli pareva che il mondo le morisse intorno tanto era bella; ma quelle lacrime, non potevano durare ancora molto perchè gli facevano male.
- Samanta, bambina mia... non devi prenderla così, infondo eri la più piccola di tutte. Magari l'anno prossimo... -
- Claudia ha la mia stessa età Papà, non dire sciocchezze! Io non dico di essere più brava di lei..- il pianto le faceva tremare la voce. -... ma... lascia stare. Non mi capiresti. -
- No Samanta, davvero: parla. Papà ti ascolta. -
Lei cominciò ad arrabbiarsi perchè credeva di avere ragione e forse l'aveva:
- Papà, la maestra ha fatto passare Claudia solo perchè è la figlia del preside, io non credo che questo sia giusto, non lo so, pensa quello che vuoi ma a me non va bene. -
Frank si commosse troppo nel vedere il faccino della sua bambina arricciarsi e tremare tanto per una ingiusta causa, quasi piangeva anche lui mentre si alzava dal letto e la raggiungeva a braccia tese.
La stringeva forte ed ora lei gli si abbandonava addosso; da dove arrivava quel morboso amore? Non gli era mai capitato in vita di bramare tanto la felicità di qualcuno prima che lei nascesse; aveva cominciato a sussurrarle delle cose all'orecchio mentre il ricordo si sfumava e lui, dalla panchina del parco, si rendeva conto di non essere mai stato sè stesso in quel viaggio, ma solo quei sussurri, lui era stato solo quelli:
- La tua maestra non sa cosa si perde a tenerti fuori da questa cosa, tu Samanta eri l'angelo di quel balletto e... sai? Ho parlato con le tue amiche, anche con Claudia, sono tutte invidiose della tua stravolgente bravura. Un giorno le straccerai tutte... -
- Tu non hai parlato con le mie amiche, mi dici solo bugie. ?"
- Oh, anima mia, ma tu forse non ti rendi conto di quanto sei fortunata, lascia perdere adesso il pensiero del balletto, tu hai me ed io ho te angelo e, sai? Forse è giusto che questo resti il nostro più grande dono. Un giorno lo capirai. ?"
Eppure…. lo avrebbe capito? O forse il destino glie l’avrebbe portata via dalla vita prima che fosse stato possibile? Forse sì. Forse fu così, o forse Samanta comprese il senso di quelle parole quel pomeriggio stesso.
Di nuovo! Quella sensazione di morte nel cuore, come se si fosse risvegliato da un come e ancora... il parco, la panchina e i salici piangenti che bramavano toccare il suolo accarezzando l'erba umida del prato. Frank non capiva bene se fosse colpa sua, i ricordi... arrivavano da soli o li chiamava lui? E perché quando vi si perdeva dentro, gli passava del tutto la concezione del posto in cui si trovava, di quella triste realtà?...
No, non sembravano solo dei ricordi: era come smettere per un attimo di esistere in quel parco e poi…d’improvviso, esistere nei ricordi, sì…non c’è modo migliore per spiegarlo ed anche lui lo pensava.
Le risposte a queste domande comunque non gli si presentarono nella mente, al loro posto sopraggiunse un nuovo segnale, un altro ricordo, ormai ci era abituato e socchiuse gli occhi per vedere, per tornare lì...
Era molto recente questa... ferita. Frank stava tornando dal bar del suo migliore amico; la domenica andavano lì per seguire le partite. Aveva bevuto qualche birra, e la strada era bagnata... una notte di pioggia non si dimentica prima della sera del giorno dopo.
Nel cielo si affollavano ancora fitte nubi e Frank le guardava, chiedendosi se pure la pioggia nella vita di un uomo potesse avere un senso... era quasi arrivato e voleva lasciare l'auto nel giardino prima che piovesse; affrettò dunque il passo.
Ora la vedeva, casa sua, non era tanto contento di tornarvi quel giorno, la domenica lui preferiva stare fuori e già stava pensando di portare moglie e figlia a trovare il fratello. Ora doveva solo sterzare a sinistra e lasciare l'acceleratore per fermarsi, proprio dove si fermava sempre. Ma quella volta, lui voleva avvicinarsi un po' di più alla casa prima di frenare, non ne conosceva neppure il perchè, lo voleva e basta, un giochetto della mente che ti costringe a fare qualcosa che vorresti ignorare. Aveva gli occhi spenti e il viso stanco di una settimana intera di lavoro, guardava il cielo ed il tetto della propria casa mentre l'auto girava per posteggiarsi nel giardino...
Quel cespuglio, adesso lui nel ricordare lo vedeva chiaro prosperare nel grigio del pomeriggio, ma allora, allora non ci aveva proprio fatto caso, così come non aveva fatto caso a Samanta che v'era nascosta dietro per fargli una sorpresa; lei...
apparse dalla schiena di quell'arbusto così velocemente
e lui...
Aveva tanto sincerato il suo cuore di correre fino alla fine...
Ora Samanta era caduta, irrimediabilmente... non si muoveva, l'auto di Frank l'aveva... stesa nel giardino di casa e lui cominciava a sincerarsi che la sua bambina non dormisse lì per terra. Frank in pochi istanti aveva fermato ormai troppo tardi la sua macchina e si era precipitato sulla piccola bambina, inginocchio le parlava:
- Samanta, parlami Samanta, ti prego, piccola rispondi. -
Guardava ancora il cielo sperando che da lassù qualcuno lo aiutasse, si tirava con violenza i capelli e continuava:
- Mio Dio, che cosa ho fatto. Non l'ho vista, come ho potuto…? non l’ho vista. -
Era così piccola nelle sue mani; ora Frank aveva capito: non c'era più nulla che potesse fare per lei, o forse sì? Ma certo, poteva imprecare. Mentre si chinava delicatamente su di lei, le stringeva nella mano i capelli castani, schiacciandola quasi, affogava la propria faccia sulla sua, di profilo, nel morbido terreno e allora, dal parco, si rese conto che per tutto il tempo, in quel ricordo quasi rivissuto, lui era stato il terreno del suo giardino, null'altro, solo quel terreno; aveva visto le scarpe di Samanta giocarvi sopra prima che arrivasse e poi i pneumatici dell'auto e ancora: la caduta di una fragile creature, i passi di un padre che credeva al peggio ed ora... il suo respiro smorzato nel fango, parole affogate e lacrime incredule:
- Non posso averlo fatto, non posso santo Dio, non posso... Tu hai solo dodici anni io.. che cosa ho fatto bambina mia? che cosa ti ho fatto angelo m... -
Un tuono questa volta lo svegliò e sentiva dentro l'animo che adesso era finita; l'aveva ancora amata, ancora rincuorata e poi uccisa, di nuovo. Ma aveva un senso tutto questo. Era cominciato la notte prima, quando la voce di Samanta si era perduta nel corridoio di casa sua, lui l'aveva sentita, non s'era sbagliato, l'aveva sentita cantare.
Respirava tranquillamente adesso, dalla bocca gli venivano fuori leggere nuvole di vapore caldo e il suo corpo... ancora abbandonato alla panchina.
Voleva che qualcuno gli dicesse la verità su quella voce e dunque se la ripeteva in mente, quella domanda:
"Era davvero il tuo canto?"
E poi ancora...
"Eri tu Samanta? Eri tu stanotte?"
Non se ne rese conto, ma poi, lo disse ad alta voce:
- Eri davvero tu anima mia? -
Dei passi, qualcuno corse rapidamente alle sue spalle senza dir nulla, il rumore fu inconfondibile, ma quando vi guardò con il cuore in gola, nulla, nulla più v'era lì intorno, solo nebbia ed erba.
Frank decise di andar via da quel posto, lui doveva stare il più vicino possibile alla sua bambina e parlarle, dirle delle cose.
Aveva lo stesso vestito addosso da tre giorni ormai, dal funerale di sua figlia e non voleva più levarlo perchè... nemmeno lui lo sapeva.
Attraversava con le mani in tasca il sentiero costeggiato da querce che conducevano all'uscita del parco, guardava i propri passi alternarsi il turno molto regolarmente, l'uno dopo l'altro... prima che se ne potesse accorgere era fuori.
Prese l'auto e si incamminò; era deciso, doveva andare al cimitero.
Mentre guidava, ormai era quasi giunto a destinazione, si accorse di qualcosa di molto strano: come potevano trovarsi lì quelle scarpette da ballo? sul sedile destro della sua macchina... chi voleva che fossero proprio lì, proprio allora? Non poteva che chiederlo a lei e in tutto questo, la pioggia venne giù.
Ormai era sceso dalla macchina, aveva quelle scarpette strette in una sola mano e sembrava volesse strozzarle sempre di più per annegare il dolore mentre la tomba di sua figlia, sotto un lenzuolo d'acqua gli si avvicinava e lo sguardo metteva a fuoco quella foto. Il vento gli faceva muovere i lembi della giacca e i capelli bagnati sulla fronte; stringeva le braccia l'una intorno all'altra e piangeva, inevitabilmente piangeva.
Era solo, non si trova tanta gente in un posto simile di giovedì, ma lui... lui c'era. Si chinò lentamente sulla lapide della piccola Samanta, lesse di nuovo quella scritta per cercare di trovarvi un altro nome, ma...
(Samanta Sandri- Novembre 1991 - Dicembre 2003)
Le mise le sue scarpette ben in vista e poi sedette, come farebbe un bambino sul pavimento della propria camera per giocare.
La guardava, stringeva occhi e denti, storceva lo sguardo e poi, la riguardava.
Questo finchè trovò modo di parlarle insieme al fruscio del vento:
- Mi.. a…mi ascolti picc.. piccola? Io ho una cosa importante da dirti: Ormai sono un uomo solo sai?. Tua madre, lei mi ha abbandonato martedì notte. È andata via bambina, la nostra principessa non ha sopportato il dolore della tua… - Cominciò a piangere come un bambino capriccioso, -…non ha sopportato questa idea, ques…questa dannata solitudine infernale. Senza di te la nostra casa era come…senza luce e…ed ora, anche lei mi ha lasciato; è stato l’altro ieri, dopo il funerale…da allora vago nel buio e non dormo mai e... ti ho sentita angelo mio... - Quanto piangeva! È difficile spiegare il modo in cui lo faceva, ma si può rendere l’idea di quanto lo facesse intensamente…era impressionante. Non aveva mai pianto così supplichevolmente in vita. - Io ti ho sentita cantare. Ti prego, dimmi che non sono pazzo Samanta, io non riesco più a vivere senza di te ed ora... il dolore di tua madre l'ha portata a scappar via, io credo di sapere dove sia ma devo chiarire prima delle cose con te. Eri tu bambina? Eri tu stanotte? -
Cominciò a piangere ancora più forte e il vento gli faceva scorrere velocemente le lacrime sul volto, poi prese ad urlare:
- Ti prego Samanta io ho bisogno di te per vivere, parlami, parlami adesso... -
Che silenzio straziante! Lui con il capo chino, gli uccelli che non cantavano, il mondo intero gli dormiva intorno e poi, una strana sensazione; rialzò lo sguardo e... Le scarpette, dov'erano finite? perchè non erano più al loro posto, sulla lapide, dove le aveva riposte? Poteva essere stato solo il vento?
Lui credeva di no:
- No, non può essere stato il vento, le ha prese lei, la mia bambina. Ma adesso dove sei? -
- Sono qui papà, dietro di te. -
Aveva un senso tutto questo? Samanta gli aveva parlato... era la sua voce, la voce che più aveva saputo amare al mondo, in vita…o forse era stato solo il suo disperato desiderio di non averla mai lasciata andare via?
Doveva voltarsi per scoprirlo e... lo fece, lentamente ma lo fece...
Quanto era bella! Vestita come una vera ballerina. E aveva le scarpette!... I suoi capelli chiari e ricci le abbracciavano il volto con l'amore di un padre; se ne stava lì, seduta a guardare quell'uomo che ormai quasi non credeva più di vivere.
Lo sguardo di Frank sembrava raccontare l'infinito all'aria gelata del cimitero, mentre fissava la cosa più stupende che avesse mai creato e alla quale lui stesso aveva dato la fine. Ma adesso era di nuovo lì, il suo angelo era seduto di fronte a lui e lo guardava con amore illimitato piangere di gioia, attraverso occhi giovani e azzurri.
Non ebbe la forza di abbracciarla, stettero zitti a guardarsi per qualche minuto, poi lui le parlò:
- Io voglio stare con te Samanta, per sempre, non andartene mai, ti prego. -
- Io me ne sono già andata papà, tu... tu non puoi più stare con me, ora siamo diversi, qualcuno direbbe perfino che non sei più mio padre adesso. -
- No, no questo non è vero, tu mi ami ancora, tu sei mia figlia. -
- Papà, io non posso che capire... solo questo. Ora è tutto diverso. -
- Che cosa mi è successo? Ho perduto la fiducia nella mia stessa vita da quando sei scomparsa, e poi tua madre... -
- Tu non rammenti papà, quello che hai fatto? Ora non puoi più ricordare di me. -
Frank stava capendo, la sua bambina ora non era più sua, faceva parte di qualcos'altro; anche di sè stesso aveva un'idea sfocata adesso e neppure la testardaggine del proprio amore gli fece credere che potesse recuperare ciò che aveva perduto. Ma questo lo fece rattristare, troppo:
- Allora eri davvero tu stanotte? Se potessi tenerti ancora un po' con me bambina mia.. sai? io ti amo ancora, per noi vivi le cose sono diverse, lo sai questo? -
- Capisco. Posso capire, ma tu…tu devi capire a tua volta. -
- Aiutami tu. - Piangeva come un bimbo: - Ti prego Samanta, aiutami amore mio. -
- Cerca di chiarire, cerca di capire. -
- Non capisco Samanta, cosa stai cercando di dirmi? Sono un uomo finito senza la mia famiglia, io devo stare con voi. -
- Sono venuta da te perchè tu non puoi accettare. Sei intrappolato nei tuoi ricordi papà perchè hai deciso di abbandonarli ma non lo volevi veramente. -
- Io... non ho deciso di abbandonare i miei ricordi. -
- Questo lo dici perchè lo hai fatto quando in realtà non lo volevi e allora ci sei rimasto dentro per metà. Ma ormai, la decisione, quella vera, l'hai presa. Non puoi tornare indietro e... quanto può durare tutto questo? Questa tua... illusione? Ricordare di me, sentire la mia voce, perderti nei ricordi di Samanta? Dagli modo di finire, è tutto inutile. -
- Dimmi come faccio ad uscirne. Dimmelo Samanta, dimmelo. -
- Devi accettare quello che sei adesso e capire. -
- Ma cosa? Che cosa? -
- Che la mamma non è mai andata via, sei tu che lo hai fatto, con quella corda, e lei sta soffrendo ancora. -
- La corda... - Lo sguardo di Frank si scurì in un sol secondo, guardava nel vuoto come farebbe un cieco davanti ad un muro; scuoteva la testa ed ora... ora capiva:
- L'ho legata da qualche parte nel garage... -
- È quello che hai fatto dopo che conta papà, non ti chiedo il perchè, ma solo di accettarlo. -
- Sì, mi sono... Io ti volevo trovare, ti volevo raggiungere con quella corda, per farmi perdonare da te, io mi sono... -
- Certo, lo hai fatto, ma quando poi non mi hai trovata, allora hai deciso di rimanere nella sola cosa che mi assomigliasse: i ricordi che avevi di me... la mia voce, le mie scarpette... Ora però devi smetterla di prenderti in giro. Perché non puoi più e allo stesso tempo, neppure adesso che lo hai fatto puoi stare con me. -
Ora Frank non parlava più e Samanta... lei forse non c'era mai stata davanti a lui. Ma qualcosa era cambiato: lui aveva capito e soprattutto aveva accettato, aveva accettato il fatto che sua figlia ora fosse in un posto dove non era più possibile raggiungerla, che sua moglie non era mai andata via di casa ma che lui l'aveva abbandonata per sempre con un disperato gesto, capiva, sì: capiva che aveva cominciato e vagare nel buio solo da quando aveva smesso di credere nella vita.
Adesso era in piedi, intorno a lui non c'era nulla, ma qualsiasi cosa ci fosse stata, lì avrebbe avuto un senso; non era più in quel cimitero, non ci era mai andato veramente, era semplicemente dove doveva essere, il senso di colpa e quello del dolore, sembravano avere una ragione, sembravano sfumarsi giustamente e mentre capiva, mormorò qualcosa:
- Tanto maniacale era il dolore per ciò che stava scappando via da me, che ho dimenticato l'importanza di quello che non avevo ancora perduto. E adesso... Capisco?... -
Fine.
Ciro La Ferola^^
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