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Claire
"... ti avevo chiuso dietro una delle tante porte del mio cuore".
In realtà... pensavo di averti sepolto in un posto più profondo, un posto da dove mai saresti riuscita a riemergere"... e invece... erano bastate due note, due... fottutissime note di una vecchia canzone perché quella porta si riaprisse,... anzi,... sarebbe più giusto dire, si frantumasse.
Quanti anni erano passati? 10? 15?... in realtà erano già passati 21 anni.
Migliaia di ricordi iniziarono ad uscire, senza un preciso ordine temporale ma, così, alla rinfusa, accavallandosi, rincorrendosi, incrociandosi come una mandria di cavalli selvaggi chiusi da troppo tempo dentro uno stretto recinto.
Sembrava che essere finalmente liberi gli avesse dato una gioia o meglio, una voglia di vita, irrefrenabile, quasi umana; così, era come... essere al cinema, anzi, mi sembrava di essere il protagonista di Arancia Meccanica, in un certo senso anch'io ero quasi costretto a guardare e a rivivere cose che vigliaccamente avevo rimosso.
È strano ma il tempo a volte sa essere bastardo, salva i bei ricordi, magari ingigantendoli e nasconde i dolori, i pianti, le urla, i litigi ma, non era questo il caso perché, quello che stavo rivedendo, in realtà, era veramente accaduto... tutto era meraviglioso... una scarica di adrenalina mi stava attraversando, regalandomi un piacere che non provavo da tanto tempo.
Tutto ciò che era bello, o lo era stato, mi dava però una sensazione di paura mista a terrore... quello che avevo perso era in realtà reso più doloroso da quella miriade di splendidi ricordi che avevo vissuto... era per quello che avevo deciso di archiviarli nel mio cuore e di buttar via la chiave!
Un'ondata di rabbia iniziò a montarmi dentro, ero furioso con la radio, con me stesso, col mondo intero,... con Dio. La notte fu travagliata, in realtà non so neanche se ero riuscito a chiudere gli occhi. Mi alzai un paio di volte, tutto sudato poi alle 5. 00 ero davanti allo specchio del bagno... mi guardavo, senza vedermi.
Alle 10. 00 stavo uscendo dal O'hare Chicago Airport. Giuro, non so come c'ero arrivato, ma stavo andando là, dove tutto era cominciato e... ahimè, finito.
Il tempo era pessimo, sicuramente aveva piovuto tutta la notte, c'erano pozzanghere dappertutto e, guardando il cielo, di li a poco avrebbe ricominciato.
Mi avviai verso la fila di taxi al lato dell'entrata principale dell'aeroporto, ma la fila di persone che erano in attesa mi scoraggiò e, rallentando, iniziai a guardarmi intorno. Dall'altro lato della strada incrociai lo sguardo di una persona. Era in piedi di fianco ad una vecchia Ford di un colore tra il grigio e il bianco sporco con una grossa ammaccatura sulla portiera. Appena mi vide, iniziò a chiamarmi con ampi gesti. Era sicuramente un tassista abusivo, dalla faccia, direi un pakistano. Riguardai la fila e mi diressi verso di lui.
Appena entrato in quella macchina mi maledissi. Non so se erano i sedili di pelle o era la pelle del pakistano ma, c'era un odore di montone bollito e, anche se non credo di aver mai mangiato in vita mia del montone bollito, ero sicuro che l'odore fosse quello. Mi guardò con due occhi grandi e scuri, probabilmente anche lui si stava maledicendo per avermi chiamato... non so che strano sguardo avessi ma, lui, aveva paura di me. Finalmente gli diedi l'indirizzo e i lineamenti del suo viso si ammorbidirono, si girò, mise in moto l'auto e partimmo.
Aveva ripreso a piovere, alcune gocce bagnavano il bracciolo della portiera entrando dal vetro che avevo abbassato di circa 3 dita, ma avrei preferito rischiare l'annegamento piuttosto che morire asfissiato da quella terribile puzza!
La pioggia ha un pregio, amplifica gli odori e così, quasi per miracolo, quell'odore acre e pesante, venne a breve coperto dal profumo di Chicago. Forse era solo autosuggestione ma mi sembrava di rientrare in un mondo che conoscevo. Stavo tornando a casa.
Erano 21 anni che Claire se n'era andata. Era stato il mio unico amore. Non sono mai stato bravo con i sentimenti, e se non fosse stato per la sua testardaggine, sicuramente non avremmo iniziato quello che per me fu il momento più bello, più pieno e più importante della mia vita. Nonostante questo, ero capace di dar per scontato tutto ciò, non per cattiveria o per altri motivi, ero solo fatto così... fatto così male!! Lei però era così piena d'amore e di comprensione che non mi fece mai pesare questa mia stupidità. Sono sempre stato uno senza mezze misure, tutto era bianco o nero, sapevo Amare ma, forse fino a quando non l'avevo incontrata in quella libreria, sapevo sicuramente più Odiare.
Quando afferrando un libro in maniera distratta, le avevo sfiorato la mano, le chiesi scusa e lei si girò... rimasi affascinato dalla perfezione del suo viso, dall'armonico dondolare della sua coda di cavallo, ma soprattutto restai folgorato dal suo sorriso dolce e divertente allo stesso tempo.
La mia reazione fu sicuramente goffa ma lei, inspiegabilmente, la trovo buffa... non mi ricordo neanche cosa dissi ma ci ritrovammo seduti davanti a due tazze fumanti di caffè e da quel giorno non ci lasciammo più. Purtroppo tutte le cose belle, così come erano arrivate, improvvisamente, il destino te le porta via e così, dopo 5 anni di matrimonio, un giorno, Claire mori.
Stavo tornando a casa ma, guardando fuori dal finestrino, dei luoghi in cui avevo vissuto tanti anni fa non era rimasto praticamente nulla. Proprio per questo, più ci stavamo avvicinando alla meta, più il mio respiro accelerava. Avevo paura. Una gigantesca e terrificante paura. Tutto era cambiato? Che cosa avrei trovato e come avrei reagito? Mi ci volle un po' a cancellare questi pensieri. Mi rivolsi al pakistano e, con un po' di fatica riuscii a spiegargli che volevo scendere un paio di isolati prima... non capiva perché volessi scendere sotto una pioggia che stava diventando sempre più fitta... alla fine però si fermò... pagai la corsa e mi salutò con uno sguardo che la diceva lunga su quello che stava pensando di me.
Ma non poteva capire... avevo bisogno di tempo... bisogno di arrivarci piano piano... quei 21 anni dovevano essere percorsi lentamente.
Chiusi la portiera di quella sottospecie di taxi e mi girai, pronto per quel breve viaggio pieno di incognite. Per fortuna la pioggia stava rallentando.
Col bavero del cappotto tirato su e la testa incassata tra le spalle iniziai ad incamminarmi. Dopo un po', non pioveva più, e la gente che aveva aspettato ad uscire, si era subito precipitata fuori. Come sempre, nessuno guardava nessuno, tutti presi solo da se stessi e dalla propria vita... solo io, come un drogato in astinenza da troppi giorni, venivo distratto da ogni cosa che mi camminava vicino. Il freddo si era fatto più pungente e Chicago, la città del vento, non voleva smentirsi neanche quella volta. Dai tombini fuoriuscivano piccole nuvole di vapore... e io, come un bambino, volevo nutrirmi di tutto quello che i miei occhi potevano vedere... volevo recuperare il tempo perduto... che stupido!!!!!! L'autista mi aveva lasciato in W Division St. All'incrocio girai a destra in N Damen Ave, poi a sinistra in W Thomas St., poi ancora a destra in N Walcott Ave, attraversai un prato quindi, ero arrivato! Dietro l'angolo c'era la mia vecchia casa.
Erano quasi 21 anni che non la vedevo. Subito dopo la morte di Claire, mi ero trasferito a Milwaukee e avevo dato l'incarico al mio avvocato e mio miglior amico Peter di occuparsi di tutto, compreso del trasloco. Ero scappato, non riuscivo a restare in quella casa dove la mia Claire era morta e, in un certo senso, dove ero morto anch'io.
Prima di girare l'angolo, mi fermai probabilmente solo qualche secondo, ma mi sembrò davvero un'eternità, i piedi si erano appesantiti come se fossero diventati di piombo, le labbra erano secche... la paura si stava prendendo gioco di me.
Poi, come se uno che mi aveva trattenuto fino a qualche secondo prima e improvvisamente mi aveva lasciato andare, di colpo, girai l'angolo.
Lo spettacolo mi lasciò di sasso, tutte le ipotesi, anche le più fantasiose, che la mia testa aveva immaginato, da quando avevo deciso di ritornare, erano ben poca cosa rispetto a quello che i miei occhi si trovarono davanti.
Di quello che ricordavo di lei, non restava quasi nulla... sembrava che la Morte ne avesse fatto la propria dimora... gran parte della casa era fatiscente, metà del portico era crollato, il giardino, fiore all'occhiello di Claire, sembrava una foresta equatoriale bonsai, quasi tutti i vetri delle finestre del piano superiore erano rotti mentre le finestre del piano terra erano sprangate da assi di legno su cui apparivano orrendi graffiti di artisti di strada... ma la cosa che saltava più agli occhi erano due grandi cartelli appesi su un recinto metallico che la circondava tutta...
" Non attraversare!! Pericolo di crollo!! " e " Prossima demolizione. "
Dio!!! perché ho fatto questa cazzata!!!... perché sono stato così debole!!!!
Lo sapevo, lo avevo sempre saputo... lasciarmi trasportare dai ricordi, ritornare in questi posti mi avrebbe lacerato il cuore, mi si sarebbero riaperte delle ferite che il tempo non era riuscito a cicatrizzare... non si può smettere di amare, quando si è amato davvero ma non si può smettere di soffrire quando la vita ti ha portato via quello che avevi sempre cercato e, forse immeritatamente, eri riuscito ad afferrare.
Non riuscivo a sentire più i rumori della strada, era come se, vedendo quello scempio, avessi premuto il tasto Mute del telecomando della mia vita.
Mi accorsi che stavo digrignando i denti e stringendo i pugni... il mio corpo stava usando tutti i mezzi per non farmi cedere, non volevo piangere... sapevo che una lacrima avrebbe avuto lo stesso effetto di un piccolissimo foro in una diga... sarebbe stato solo una questione di tempo e, insieme alla diga, sarebbe crollato quel muro che, con immensa fatica, avevo eretto attorno a me, per proteggermi da quel mondo che per me aveva perso ogni minima importanza e per restare comunque, in un certo senso, legato a un passato che avevo nascosto sotto un lenzuolo, come un mobile pronto per il trasloco.
Il suono di un clacson mi riportò alla realtà e forse mi salvò da quel pericolo, la diga, a fatica, aveva retto... ma ancora per quanto?!
Attraversai la strada e mi trovai faccia a faccia con il mio "Uomo Nero"... e, come un gatto che, attraversando la strada, si ferma affascinato a guardare i fari dell'auto che lo travolgerà, così, io lo ero da quella casa. Una parte di me avrebbe voluto coprirsi gli occhi, come chi guarda un film horror, ben sapendo che poi non riuscirà a dormire... ero lì... non sarei più riuscito a scappare... il mio dado era tratto.
Cosa mi sarebbe toccato? Pronto o non pronto, questa volta non sarei tornato indietro!
Una cosa saltava all'occhio di chiunque fosse passato lì davanti; cosa ci faceva una casa in quelle condizioni, tra belle villette, in un quartiere residenziale nella zona sud di Chicago. A quella domanda però era davvero difficile dare una risposta plausibile.
Iniziai a girare intorno... sembravo un ladro che studiava il luogo prima di una rapina... ma appena girai l'angolo venni travolto da qualcosa. L'urto fu più improvviso che violento ma venni comunque sbattuto contro la recinzione. Tenendomi una mano sullo stomaco alzai lo sguardo, pronto letteralmente a mangiarmi chiunque fosse stato. Davanti avevo un ragazzino di 15/16anni col suo skateboard, berretto in testa, una maglia in cui ci sarei potuto entrare anch'io e forse non ci saremmo neanche sfiorati, un paio di pantaloni, quelli che piacciono tanto a loro, con un cavallo basso che arrivava alle ginocchia e delle bratelle che, invece di tenerli su, erano lasciate a penzoloni. Odiavo quei ragazzi, non capivo che cosa poteva servire avere dei pantaloni come quelli... forse ci tenevano un kit di pronto soccorso, per tutte le volte che cadevano da quel "coso" o che investivano qualcuno, come era capitato a me. Mi aspettavo che si sarebbe arrabbiato e che mi avrebbe apostrofato, magari dandomi del vecchio e invece, con mia sorpresa, si precipitò ad aiutarmi, scusandosi e dandosi dell'idiota mentre si toglieva il cappello e le cuffie. Ora capivo perché non mi aveva sentito. Da quelle cuffie usciva una musica che avrebbero sentito ad un isolato di distanza. Mentre mi aiutava, si accorse che continuavo a fissarle... e subito spense l'IPhone scusandosi ancora una volta. Non ero pronto a trovarmi difronte un ragazzino educato e a quel punto iniziai a scusarmi io, dicendo che la colpa era mia... che mi ero distratto a guardare la casa. Gli sorrisi... erano anni che non lo facevo e lui, allungandomi una mano, si presentò. Si chiamava Aaron. Mi chiese se ero del quartiere ma oltre ad essere educato ebbi l'impressione che fosse particolarmente sveglio e quindi, preferii non prenderlo in giro. Gli dissi che avevo vissuto in quella casa tanti anni fa ed ero tornato li, per una sorta di curiosità. Anche lui sorrise. Aveva capito quello che avrei voluto fare e, dandomi le spalle, mi fece cenno di seguirlo. Mentre si girava, con un calcetto fece saltare lo skateboard, afferrandolo al volo... quel semplice gesto che non sarei riuscito a fare nemmeno con 100 tentativi a disposizione mi divertì. Iniziammo a costeggiare la casa, eravamo davvero una strana coppia, difficilmente saremmo passati inosservati ma, per fortuna, nessuno era lì nei paraggi. A un certo punto si fermò così bruscamente che quasi gli finii addosso. Lo vidi guardarsi attorno, accertandosi che nessuno lo vedesse poi s'infilò dietro un grosso cespuglio, da cui riemerse una mano che mi invitava a fare lo stesso. Mi sentivo un po' ridicolo, anch'io mi guardai attorno e lo seguii. Dietro a quel cespuglio erano state accatastate delle assi abbastanza larghe... lo vidi spostarne una su cui era stata disegnata, con una bomboletta, una grande "A"... lui si girò quasi schernendosi, la "A" naturalmente era la sua firma... era lui il graffittaro e ne fui certo quando vidi spuntare dallo zainetto che aveva sulle spalle, un paio di bombolette spray.
Quando si spostò, notai che, nascosto dalle assi, era stato fatto un foro nella recinzione... Aaron mi aveva fatto vedere la sua porta d'ingresso... il suo segreto!!!
Come un perfetto padrone di casa, mi fece strada, ed io lo seguii... mi ritrovai in un altro mondo, in un altro universo!!!
L'erba arrivava alle ginocchia, mi sembrava di essere ad una battuta di caccia... avanzavo cercando di far meno rumore possibile... e, avanzando, con i pantaloni oramai bagnati, arrivai così, quasi fossi un Marine, davanti all'ingresso. Rimasi impietrito non so per quanto tempo; lì, il tempo aveva perso ogni suo valore... ero come in religioso silenzio davanti ad una chiesa... era la Mia Chiesa, la Mia Casa!!!! Tre gradini mi separavano da quella porta... ma non erano tre gradini, ognuno era un monte... ognuno era un viaggio di 7 anni!!!
Non sapevo se ridere o piangere... e, senza rendermene conto, ero lì a un metro da quella porta... non me n'ero accorto, li avevo già saliti.
Stavo per fare quell'ultimo passo ma, nella mia mente apparve qualcosa che in trance avevo visto con la coda dell'occhio mentre salivo verso la porta... il mio cuore aveva ripreso a battere all'impazzata, sembrava una locomotiva lanciata a tutta velocità che stava accelerando ancora... grandi brividi iniziarono a a risalirmi la schiena, una sorta di panico mi assalì!!!! Mi girai di scatto e corsi indietro, scesi con un salto i gradini e mi trovai davanti a quei graffiti che avevo visto prima da lontano. Fra le scritte e i disegni, c'era qualcosa che non avevo notato, un volto famigliare... un volto bellissimo... i capelli raccolti in una lunga coda di cavallo... un sorriso dolce e divertente... un volto che non vedevo da 21 anni. Era Claire,... la Mia Claire!!!!!!
Lo shock fu devastante!! Sembrava che il mio sangue si fosse congelato, non respiravo più!!!!! Pensavo di essere morto!!!!! Lentamente alzai lo sguardo verso la finestra. Era come se qualcuno avesse visto quel viso affacciarsi e lo avesse ritratto!!!!
Quasi al rallentatore girai la testa urlando ma senza sentirmi: "Aaron!! Aaron!!"
Ma Aaron non c'era, non c'era più... se n'era andato!!!!
Il freddo rendeva visibile il mio respiro. No, non ero morto ma ero rimasto solo. Non si sentiva alcun rumore, niente. Sembrava che quella casa fosse sotto una campana di vetro e io con lei... era come essere dentro una di quelle palle che se le agiti, puoi vedere scendere la neve. In effetti, l'unica cosa che mancava a quell'immagine, era proprio la neve. Già, la neve. Mi tornarono in mente tutte le volte che d'inverno, Claire si divertiva a nascondersi, poco prima che rientrassi dal lavoro, per poi uscire all'improvviso, lanciandomi una montagna di palle di neve che nel frattempo aveva preparato e seminato per tutto il giardino. Era la nostra "Terza Guerra Mondiale", una guerra senza morti e la cui pace era sancita da una valanga di coccole di fronte al camino acceso! Non so se era il freddo o il pensiero di quello che non era più, ma la vista iniziò ad offuscarsi, avevo gli occhi umidi!! Li chiusi. Smettere di guardare quel viso era l'unico modo per tornare alla realtà. Ma era quello che volevo veramente?? Per troppo tempo avevo cercato di dimenticarlo, e ora, che lo avevo ritrovato e con esso ricordi che mi riempivano ancora il cuore di gioia, ora, volevo privarmene nuovamente?!!! Chi ha detto che la vita è dolce e bella, quando ti mette davanti a scelte così dolorose!! Mi girai e ritornai verso l'ingresso, salii i gradini e fui di nuovo davanti a quella porta. Lentamente, quasi avessi paura che quella maniglia potesse bruciare, allungai la mano, l'afferrai e la ruotai. La porta era chiusa, forse avrei potuto sfondarla con un calcio ma non volevo profanare quel religioso silenzio che mi circondava. In realtà avevo notato che, una parte del portico, crollando, aveva aperto un breccia nel muro, rendendo quella facciata come un volto sfigurato da una lunga cicatrice. Forse, proprio da quella cicatrice, sarei potuto entrare nel Mio passato. La vita è un'insieme di passi, questa mattina ne avevo già fatti tanti, tutti a loro modo importanti e mai avrei pensato di poterci riuscire ma, come sempre, quelli più importanti, erano quelli che ancora dovevo fare.
Ora però io ero pronto. Mi girai un'ultima volta, quasi a ricordarmi di ciò che lasciavo. Guardai il cielo, avevo ancora due o tre ore prima che facesse buio, era ora di entrare ed entrai. Entrare in quell'ingresso fu un colpo al cuore ma non poteva essere altrimenti. Sembrava che fosse scoppiata una bomba. Quell'enorme sala era resa ancora più grande dalla mancanza di mobili. L'odore di muffa e di polvere mi entrò nel naso, la carta da parati non c'era più, calcinacci si erano staccati dal soffitto e cadendo, ricoprivano gran parte del pavimento. La luce, che filtrava tra le assi che sigillavano le finestre del piano terra, rendeva la sala spettrale. Sembrava che nessuno fosse entrato lì da tantissimo tempo. Disperatamente cercavo qualcosa che potesse avere un senso per me. Ma non era rimasto nulla. Non ero riuscito a fare più di tre passi, solo i miei occhi avevano vagato in quella stanza, centimetro dopo centimetro. Mi sarebbe davvero bastato trovare anche un solo miserissimo chiodo. Avevo bisogno di un oggetto, un qualcosa di reale da poter toccare, da stringere, da abbracciare, una specie di porta spazio/temporale per tornare indietro nel tempo, un qualcosa a cui aggrapparmi che non fossero solo ricordi, per quanto bellissimi. Iniziai a muovermi toccando ad ogni passo col palmo della mano tutto quello che vedevo, lo stipite della porta, il bordo delle finestre, delicatamente, quasi sfiorandoli, come se così facendo fossi in grado di poter vedere e sentire le persone che lo avevano toccato, di sentire la Mia Claire. Che stupido!!! Ma non poteva esserci rimasto nulla di mio. La casa era stata venduta pochi mesi dopo che ero andato via, avevo accettato un'offerta veramente bassa, ma volevo togliermi qualunque possibilità di ritornarci. Eppure, ora, ero di nuovo li!!! Capita che giri e giri per non arrivare in un posto poi, senza nemmeno saper come, giri l'angolo e ci sei. La vita spesso sembra divertirsi a prendersi gioco di te.
Avevo nel frattempo attraversato tutta la sala. Sulla destra c'era la scala che portava al piano superiore, nella zona notte, mentre sulla sinistra si apriva un'ampia apertura che univa la sala alla grande cucina. Decisi d'ispezionare prima tutto il piano terra. Entrai nella cucina. La testa cominciava a pesarmi, ero stanco, tanto stanco e mi sentivo vecchio, terribilmente vecchio. Chiusi gli occhi come a cercare le ultime energie. Quando li riaprii, la cucina era avvolta nel buio più completo. Mi ero addormento. Un attacco di panico mi attraversò tutto, ebbi paura, paura di non essere solo. Mi alzai in fretta, aggrappandomi a qualcosa che avevo di fianco. Il cuore era a 1000. Il buio aveva svolto ottimamente il suo compitino. Con un certo affanno cercai nelle tasche il cellulare. Quando lo sentii con le dita, fui la persona più felice del mondo. Lo afferrai e, tirandolo fuori e premendo un tasto a caso, fu luce!!! Dio che coglione ero, un vero fifone. Neanche fossi stato un bimbo piccolo a cui avevano raccontato storie di mostri, vampiri e fantasmi. Rivolsi la luce difronte a me, non c'era nessuno, a parte il vapore del mio respiro. Sorrisi. Uscii dalla cucina cercando di non inciampare sui detriti che erano sparsi un po' dappertutto. Aprii la porta del bagno del piano terra con una certa circospezione. La paura non mi aveva abbandonato completamente. Era stato tutto rifatto. Ritornai sui miei passi, vagai per tutte le altre stanza ma non trovai nulla. Quando mi fermai, ero ai piedi della scala. Con il cellulare illuminai l'orologio. Erano quasi le 21. Chissà quanto avevo dormito!! Per un istante pensai di uscire, magari di ritornare domani. Ma non c'è l'avrei fatta!! Alcune cose vanno fatte in quel preciso momento, non ce ne sono altri. Questa era una di quelle!!
Alzai lo sguardo, come un alpinista prima della scalata, feci un lungo respiro e salii il primo gradino, poi il secondo, poi il terzo. La luce illuminava quello successivo mentre le orecchie erano pronte a captare qualunque minimo rumore. Pregavo che il cellulare non si scaricasse!! Arrivai alla fine delle scale. Mi girai illuminando sotto. Nulla. Bene. Tenendomi aggrappato alla balaustra feci i primi passi. Davanti avevo un lungo corridoio sul quale si affacciavano 5 porte e, in fondo, una finestra che dava sul giardino. Un po' di luce rischiarava il pavimento sotto di essa. Era la Luna. In quel momento l'amai come mai avevo fatto prima. Sempre facendomi scudo del mio piccolo cellulare entrai nella prima stanza. Mi fermai sulla soglia. Avrebbe dovuto essere una delle due stanza dei bambini. Ebbi un flash! Una specie di scritta luminosa mi passò ripetutamente davanti agli occhi. C'era scritto solo una parola: "Bambini". Ripensai a tutti i progetti che avevamo fatto, le discussioni, io inizialmente non li volevo, non volevo dividere il suo amore con nessuno, nemmeno con un figlio, lei, il suo sguardo, le sue lacrime... mi sentii un verme e quando le dissi che mi ero sbagliato, che ero stato egoista, che anch'io ora li volevo, la vidi così felice che mi sentii l'uomo più fortunato del mondo. Non sempre però volere è potere e questo fu uno di quei casi. Odiai la vita con tutto me stesso! Claire si dimostrò ancora una volta più forte di me!
Il cellulare si spense e mi riportò alla realtà. Per fortuna era solo il timer. Lo riaccesi subito e mi diressi verso la porta difronte che era aperta. Era la seconda stanza dei bambini. Mi accorsi solo allora che eravamo sopra a quella parte del portico che era crollata. Una trave del soffitto era venuta parzialmente giù. Forse era stata quella a provocare il crollo. Per il resto la stanza era vuota, c'era solo una vecchia sedia rovesciata nel mezzo. Così fatiscente, quella stanza aveva un ché di sinistro che però non riuscivo a capire. Ripresi a percorrere il corridoio. Restavano tre camere. La prima era quella dello studio. Mi affacciai. Sembrava che la finestra facesse da cornice alla Luna. La stanza era illuminata quasi a giorno ma era vuota. "Quanta luce sprecata per quel triste spettacolo!!" Mi girai, passai davanti al bagno, lo illuminai col cellulare ma tirai diritto. Ero davanti all'ultima porta, l'ultima camera, la Nostra Camera, forse quella che più di ogni altra aveva raccolto la maggior parte del nostro Amore. Non osavo entrare. Mi sembrava di sentire ancora il calore e la forza di quel sentimento come se fosse penetrato in quelle pareti mescolandosi con i mattoni, la malta, l'intonaco così da conservarsi per sempre. Lentamente spinsi la porta che era socchiusa e, trattenendo il respiro, varcai la soglia. Mi chiusi lentamente la porta alle spalle, il cellulare illuminava i miei piedi... poi, si spense. Si era scaricato.
Come sempre il buio aguzza la vista e in questo la Luna stava dandomi una grossa mano. Mi guardi attorno. Il mio cuore si era fermato. Non riuscivo a muovere un muscolo, solo gli occhi erano spalancati. Dio, Dio ti prego, aiutami... non lasciarmi solo!! Ti prego!!
LA STANZA ERA ESATTAMENTE COME 21 ANNI PRIMA!!!
Ero paralizzato dalla paura!!! Grosse gocce di sudore mi scendevano dalla fronte!!! Forse stavo ancora dormendo! Forse stavo sognando. Nessun viaggio, nessun tassista, nessun Aaron, nessuna casa, nessuna camera. Poi d'un tratto sentii una musica... quelle due note... quella canzone. Dio, stavo impazzando!!! Poi..."John,... puoi venire un attimo"... quella voce, quella voce!! In un istante mi girai e uscii dalla porta, corsi lungo il corridoio e scesi di corsa i gradini fino a metà della scala. Solo allora mi accorsi che le luci della casa erano tutte accese, così il camino, i mobili nella sala erano ancora al loro posto, né calcinacci, né muffa e in cucina, di spalle, c'era una figura familiare, una donna che stava davanti al lavello, un grembiule allacciato dietro e i lunghi capelli neri legati in una coda di cavallo, era lei, era Claire!!!
La testa mi pulsava, il cuore sembrava scoppiarmi. Non capivo, non riuscivo a capire! Che cosa mi stava succedendo?! Con la coda dell'occhio vidi una persona avvicinarsi. Sorrideva. Le arrivò dietro. Lei fece finta di non averlo sentito arrivare e, quando lui la baciò lentamente dietro il collo, lei si girò con fare arrabbiato, agitandogli il cucchiaio di legno che aveva in mano ma, sorrideva anche lei. Lui entrò nei suoi occhi, e lei lo chiuse dentro, poi lui, lentamente, la tirò a se e la baciò. In quel momento erano un'unica cosa!!
Avevo la bocca spalancata, gli occhi sbarrati, quell'uomo lo avevo riconosciuto!!!
Ero... IO!!!
Lei poi lo allontanò e dicendogli che aveva bisogno di pomodori e di pinoli per preparare l'insalata. "Subito!!" Altrimenti niente "Dopo Cena!!" Mi vidi sbuffare, ma sempre col sorriso sulle labbra, mettermi la giacca e uscire chiudendomi la porta alle spalle!!! Volevo fermarlo, fermarmi ma non riuscivo a muovermi. Erano passati forse due minuti, la porta si aprì lentamente, un uomo entrò nella sala, aveva una calza sul viso, lo vedevo, era lì difronte a me. Una delle assi del pavimento sotto il suo peso fece un piccolo rumore. Claire lo sentì, si girò e dirigendosi verso di lui, disse: "Sei già qui, Tesoro?" Urlai con tutto il fiato che avevo in gola "Noooo! Fermati! Fermati!" Ma dalla mia bocca non uscì nulla!! Era troppo tardi. Claire fece un altro passo. Si trovarono uno di fronte all'altra. Claire fu la prima a reagire, iniziò ad urlare, cercò anche di colpirlo. Lui l'afferrò per le braccia e con forza la spinse via.
Da li, vidi la scena come al rallentatore. Claire iniziò a cadere all'indietro, cercando di aggrapparsi a qualcosa di solido che non fosse l'aria ma, non trovò nulla e dalla sua bocca uscì un lunghissimo ultimo grido. Poi un forte e sordo rumore. La sua testa aveva colpito i gradini della scala, a due passi da me. Claire non si muoveva più. Era morta. Un fiume di sangue si stava riversando sul pavimento. Questa volta ero lì, ma non ero riuscito a far nulla, non ero riuscito a cambiare il passato!!! Vidi il ladro inginocchiarsi su di lei, cercò di tirarla su, le sentì il polso... poi, lentamente, l'appoggiò nuovamente sui gradini. Si lasciò scivolare contro la parete e si sedette a terra. Mentre lo faceva, si sfilò la calza che gli copriva il viso. Stava piangendo!!!!
Dopo un po' quell'uomo si alzò e corse verso il retro della casa. Mentre mi passava di fianco, a neanche un metro di distanza, alzò gli occhi, come se si fosse accorto di me, poi sparì. Non dimenticherò mai quello sguardo, quegli occhi!!! Ma io quegli occhi li avevo già visti!! Dopo un po' sentii le chiavi girare nella toppa e la porta si aprì. Ero io. I pomodori mi caddero dalle mani, iniziai ad urlare, mi buttai su di lei, la sollevai prendendola tra le braccia, la sua coda di cavallo era come un pennello intinto nel sangue. Fu allora che, con gli occhi pieni di pianto, risentii la mia voce. Finalmente un urlo straziante riuscì ad uscire dalla mia bocca. Quando riaprii gli occhi, la sala era nel buio più profondo, piena di calcinacci, la polvere e la muffa erano tornati e Claire, la mia Claire non c'era più. Chinai il capo e iniziai a singhiozzare, più forte, sempre più forte, le lacrime mi rigavano il viso inzuppandomi il colletto della camicia, il respiro era sempre più affannoso e concitato, ero in piena crisi... poi mi fermai e, dopo un'istante, lasciai andare un altro urlo, lancinante, carico di rabbia, dolore, rammarico, odio. Non riuscivo a smettere. Alla fine, appoggiando la testa al vetro dell'unica finestra non sbarrata del piano terra, richiusi gli occhi e, quasi in trance, aspettai che il respiro sì normalizzasse. Dopo un po', li riaprii. Il vetro era tutto appannato e, allontanandomi, vidi l'impronta della mia mano che lentamente stava scomparendo. Da lontano una voce attirò la mia attenzione: "Signore?"..."Signore?"..."È lì?"..."Ha bisogno di aiuto?"
Seguii quella voce fin fuori dalla casa. Era Aaron. Mi venne incontro, fermandosi proprio difronte a me. Si percepiva il suo imbarazzo e la sua paura. Dovevo avere un aspetto allucinante. Lo guardai, guardai i suoi occhi impauriti. Li avevo già visti pochi istanti fa, li avevo riconosciuti!!!! Fu il primo a rompere quel silenzio inquietante. "Posso aiutarla?" E mentre lo diceva mi afferrò la mano, quasi si rendesse conto che non sarei riuscito a muovermi da solo. Ero svuotato! Mi girò le spalle, come per condurmi via da lì. Lo trattenni. Allora lui si girò. Guardandolo negli occhi gli chiesi: "Dov'è tuo Padre?" I suoi occhi diventarono lucidi e guardò la casa dietro di me. Avevo capito. Iniziò il suo racconto. Le sue parole erano senza peso, mi galleggiavano nella testa ma le sentivo, non ne perdevo una.
Suo Padre era morto, o meglio si era tolto la vita tre anni fa. Lo avevano trovato impiccato ad una trave in una delle camere del piano di sopra. Erano anni che era triste e depresso, nessuno aveva potuto aiutarlo, nemmeno lui col suo amore di figlio. Lo guardai, eravamo molto simili. Due sopravvissuti. Sopravvissuti a un dolore violento, ai nostri sensi di colpa, ai nostri stessi ricordi e alla giornata di oggi.
Era un bravo ragazzo, non meritava il mio odio... forse neanche il padre, nonostante tutto. Avevamo solo bisogno di ricominciare, di ricominciare a vivere. Non sarebbe stato facile, però dentro di me sentivo che ce l'avremmo fatta. Magari, in questo, ci saremmo potuti aiutare. Forse non subito. Quel ragazzo però l'avrei rivisto, oramai eravamo, nostro malgrado, troppo legati da tutta questa storia. Non gli avrei mai detto quello che suo padre mi aveva fatto e quello che aveva fatto a Claire. Non era necessario che lo scoprisse.
Mi voltai per un'ultima volta, le lacrime si mescolavano con la pioggia che aveva ripreso a cadere. Di li a poco, tutta quella brutta storia sarebbe stata sepolta dalle macerie di quella casa. Sarebbero rimasti solo i bei ricordi, d'altronde, era solo da quelli che si poteva ripartire verso una nuova vita.
La Luna, come un faro, illuminava il ritratto di Claire e la finestra. Osservai la casa per un ultimo istante. Poi guardai Aaron e lo seguii.
Se fossi rimasto un altro po', avrei visto il vetro della finestra che si appannava nuovamente, avrei rivisto l'impronta della mia mano e poi, su quell'impronta, avrei visto quella di una mano più piccola dalle lunghe dita, una mano di donna.
Fu lì che io e Claire ci toccammo per l'ultima volta.
Era stata davvero una lunghissima giornata, una giornata pazzesca, strana, magica.
Voi credete nel destino?
Io?
Ora, SI!!
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0 recensioni:
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- wow, lasciami tirare il fiato ed asciugarmi qualche lacrimuccia per la bellezza del tuo racconto a per la maturità con cui hai gestito l'intelaiatura complessiva, solo su un punto avrei da obiettare, la figura di Claire ' è chiaramente vaga e un tantino indeterminata sommersa dalla graniticità ed ampiezza dei tuoi stati d'animo che dipingi magistralmente. nulla di strano anche io sono così e lo trovo del tutto naturale in chi si fa carico attraverso la scrittura della descrizione di vicende.
- sono arrivato al capitolo 5, non una virgola fuori posto nella descrizione degli stati d'animo di una persona che ha icontrato e poi perso il suo amore
- bravo, ne ho letti solo 2 capitoli ma ti dico già che mi piace il tuo stile narrativo fresco e creativo. domani leggo altri 2 capitoli
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