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Il Mentecatto
Nella grande cucina della casa di campagna, la signora Elisa se ne stava seduta al tavolo a mondare le verdure, dando di tanto in tanto un'occhiata al piccolo Manlio che le trotterellava intorno. Sarebbero venuti per la cena, invitati di suo marito l'Avvocato Manuele Rosati, alcuni coloni che coltivavano i loro terreni.
I signori Rosati abitavano in città, dove l'avvocato esercitava la propria professione. D'estate erano soliti trascorrere un periodo di vacanza nell'antica casa dei nonni.
I coloni invitati abitavano in paesi vicini ed ognuno di loro aveva famiglia numerosa con genitori anziani e un discreto numero di figli.
Quella sera aveva in programma di prendere insieme tutte le decisioni relative al raccolto dei cereali e della frutta stabilendo il compenso per ognuno sia nella quantità di denaro che sarebbe stato distribuito equamente, sia nelle dosi di prodotti da suddividere. Era stato un anno proficuo, grazie al tempo favorevole con il sole e la pioggia a tempo debito; erano più che soddisfatti del loro lavoro e ora attendevano in allegria il giusto compenso.
Stapparono alcune bottiglie di buon vino e non ne fecero risparmio. Si abbandonarono tutti insieme all'euforia creando un gran baccano. Tanto nessuno poteva essere disturbato. Gli abitanti del vicinato quella sera erano tutti in quella grande casa.
I loro figlioli andavano alle scuole della vicina città ed alcuni di loro frequentavano già il Liceo. I più grandi erano in grado d'aiutare la famiglia durante i mesi del raccolto.
L'avvocato Manuele si fidava dei suoi coloni, erano stati sempre fedeli e puntuali nelle consegne, così come lo erano stati i loro genitori con suo padre. Il podere era molto vasto coltivato a grano, riso e vite. Intorno alle coltivazioni svettavano lunghi filari di gelsi, di pioppi ed olmi. Una porzione del terreno era riservata agli alberi da frutta con peschi, albicocchi e peri.
Nel periodo dell'Estate le sue figlie, Mara e Angelica di diciassette e quindici anni, erano sempre contente di partire per la campagna dove, ogni anno, ritrovavano gli amici di sempre. Manlio era nato da poco più di un anno e, quando fosse diventato grande, avrebbero avuto anche lui gli amici dell'estate.
Mara e Angelica erano cresciute in città ed avevano molti amici anche nel quartiere poiché avevano sempre frequentato la Parrocchia, e compagni di scuola con i quali si ritrovavano a gruppi per lo studio, andando ora in casa dell'uno ora dell'altro.
La casa dei signori Rosati era grande e antica e l'Avvocato l'aveva acquistata nel centro della città per essere vicino allo studio. Ogni mattina vi si recava in un quarto d'ora di strada a piedi e la sera era contenta di rientrare presto a casa per poter rivedere i propri amici qualche volta invitati a cena oppure anche soltanto per intrattenersi a parlare dei fatti della giornata.
L'Estate al podere era per la famiglia l'oasi del riposo, del divertimento, della quiete. Erano persone semplici, sapevano mettere a proprio agio chiunque li incontrasse e non disdegnava d'esprimersi anche nel dialetto locale che le ragazze parlavano fin dall'infanzia. Trascorrevano le giornate facendo visite e passeggiate nei campi, portando a ognuno dei contadini il loro familiare saluto.
In paese viveva un giovane mentecatto che era tenuto nascosto dalla famiglia. Era una creatura con una quasi normale capacità d'intendere, ma con un fisico orribilmente deturpato, storpio e con un volto dove tutto era fuori posto, tutto era storto, tutto era sbagliato. Era un essere difficile da guardare e quando qualcuno riusciva a posare lo sguardo su di lui, ne rimaneva molto impressionato.
Non se ne parlava mai; l'infelice non aveva neppure un nome, lo chiamavano Nilo; il nome del fiume qualcuno glielo aveva affibbiato per scherzo alla nascita. C'era chi andava dicendo che quella creatura fosse lo scotto della vita felice degli altri ragazzi.
Il poverino si muoveva a piccoli balzi, ricurvo in avanti, ed emetteva suoni di tono animalesco.
I genitori, onesti contadini, lo proteggevano, lo difendevano, lo nutrivano e lo lavavano ma impedivano tassativamente che uscisse e si facesse vedere. Era un'onta da celare nel cuore della famiglia e la vergogna che ne provava non doveva essere esposta al ludibrio della gente.
Mara e Angelica parlavano spesso tra loro di questo giovane che non poteva veder nessuno e che in nessun modo poteva vivere la sua vita di ragazzino come loro. Nascondevano in segreto il loro desiderio di conoscerlo un giorno, ma con i genitori non avevano mai avuto il coraggio di parlarne.
Intanto il tempo trascorreva in città durante i mesi della scuola e ogni estate arrivavano al podere pieni di gioia per l'accoglienza che ricevevano dai loro amici.
Amavano andare a incontrare gli amici per giocare la sera sulla piazza del paese e sulle strade circostanti dove potevano ammirare il cielo interamente stellato e le lucciole che rincorrevano senza sosta affascinati dalla magica lucina che ritmicamente si accendeva e si spegneva. Con i giovani più grandi si avventuravano anche nel bosco per sentire il silenzio dei nidi con qualche frullio provocato dalle loro voci sommesse rispettose delle creature del bosco che a quell'ora dormivano.
In onore del loro arrivo veniva ogni volta organizzato qualcosa di bello e di nuovo che fosse di divertimento e di svago.
Il divertimento che li appassionava e li impegnava maggiormente era il teatro con la recitazione di alcune opere, opportunamente ridotte e adattate.
La signora Elisa aveva l'incarico di allestire il comitato che avrebbe poi preso tutte le decisioni del caso. La distribuzione delle parti e la scelta degli interpreti, era affidata al signor Pietro, fratello dell'Avvocato che aveva conoscenza discreta degli autori ed anche un personale talento in poiché aveva sempre desiderato fare l'attore ma senza mai essere riuscito ad intraprendere quella professione. Era rimasto il suo sogno chiuso nel cassetto dell'età giovane e ora con molto piacere si dedicava al teatro estivo durante le vacanze dei nipoti.
Era costruito un palcoscenico con cavalletti ed assi prestati dalla falegnameria del paese. Il falegname ne aveva sempre in abbondanza poiché tagliava tronchi, ne formava delle assi che lasciava essiccare per lungo tempo, fino alla stagionatura necessaria per la vendita ai costruttori di mobili.
Il palcoscenico era allestito sotto un grande pergolato che alla data della recita era solitamente ricoperto di rose e di grappoli d'uva ancora acerbi. Dietro il pergolato vi era un terreno scosceso e nel chiarore della sera, quando le luci delle case erano accese e l'ombra cupa dei cipressi si stagliava contro la luce del tramonto, costituiva un naturale scenario molto spettacolare per le loro rappresentazioni.
Portavano poi all'esterno delle case alcuni cavi elettrici che servivano per l'illuminazione delle scene. Sulla sommità di due tronchi di legno erano poste delle lampade a forte voltaggio che potevano essere orientate a piacimento in modo da ottenere sulla scena l'effetto di luce desiderato.
Normalmente si organizzava un'unica opera per stagione che era recitata con certezza il giorno della festa di ferragosto e, il più delle volte, anche una seconda volta nei primi giorni di settembre, un po' prima dell'apertura delle scuole ed anche prima della vendemmia.
Via- via che i ragazzi crescevano, alla commedia o al dramma che preparavano, si aggiungevano alcune esibizioni di bambini che durante l'anno scolastico avevano imparato a suonare strumenti o a fare danza. La cosa stava diventando interessante e alla rappresentazione veniva ormai gente da ogni dove.
Gloria ad esempio aveva voce molto bella e alta, di tono lirico e profondo, sapeva cantare brani della tradizione popolare in modo semplice ed ogni volta riusciva a provocare emozioni ed applausi.. Luciano prendeva lezioni di fisarmonica ed era già capace di accompagnare Gloria al canto oltre che ad eseguire brani da solista.
Tutto il ricavato era regolarmente versato alla Parrocchia che lo destinava alle Missioni del Sud America.
Quell'anno scelsero la Locandiera di Goldoni e la parte principale venne affidata a Mara.
Per la festa di Ferragosto le funzioni parrocchiali prevedevano, oltre alla processione con la statua di Maria Ausiliatrice, anche una cena che era allestita su una tavola a forma quadrata che girava tutta intorno alla piazza, alla quale erano invitati sempre il parroco, i suoi coadiutori: sacrestano, chierichetti ed anche tutte le suore del convento di Maria Bambina.
Alla processione e alla cena partecipavano tutti; ogni famiglia preparava le vivande che risultavano sempre abbondanti nonostante i partecipanti fossero molto numerosi.. Dopo la cena l'invito era di recarsi al teatro che veniva allestito alle spalle della chiesa. Quell'anno i preparativi erano stati febbrili per l'audacia di mettere in scena La Locandiera di Goldoni ed esibizioni di singoli solisti.
Le madri avevano iniziato molto tempo prima dell'estate a preparare i costumi con velluti e sete donati dal signor Carlo che era proprietario di una seteria, in una cittadina vicina.
Corsetti di velluto, camicie di seta color avorio, gonne dai colori bellissimi, erano state ricamate ed orlate di perline con alte cinture anch'esse ricamate secondo le fogge degli antichi costumi della zona che qualcuno ancora conservava giacenti nei vecchi bauli delle nonne..
Angelica e Mara avevano badato a procurare portandole dalla città, tutte le perline e le strisce di passamaneria colorata necessarie. Il lavoro era stato molto lungo ma il risultato era molto bello e soddisfacente e le mamme che si erano impegnate per questo lavoro furono molto elogiate.
Un'anziana signora, forse l'ultima persona rimasta a saperle fare e che abitava in una delle valli vicine, aveva confezionato le scarpette con i velluti colorati e che i ragazzi le avevano portato commissionandone una ventina di paia e andando da lei con le biciclette in tutta fretta.
L'anziana signora si era detta molto in difficoltà a doverne preparare così tante. Disse però che si sarebbe fatta aiutare da una cugina che avrebbe invitato. Ovviamente però il prezzo sarebbe stato superiore a quello pattuito in precedenza.
I ragazzi si consultarono brevemente e poi le ordinarono la confezione. Uscirono salutando garbatamente e dicendo che sarebbero tornati dopo una settimana. La donna annuì ed essi la lasciarono.
I costumi quindi sarebbero stati pronti a tempo per la prova principale che sarebbe avvenuta dopo dieci giorni circa.
Dovendo provvedere al raccolto, molti dei giovani faticavano a trovare il tempo necessario, sia per studiare la parte, sia per recarsi alle prove di ogni giorno.
Quella sera la signora Elisa, pregò suo marito di dare un giorno di libertà agli attori in modo che potessero preparare le parti a dovere.
Quando i coloni arrivarono per la cena, trovarono la tavola preparata per loro ma le giovani figlie dell'avvocato erano assenti. Si sedettero attorno alla grande tavola bianca che era già imbandita di tutte le buone cose che la signora Elisa sapeva fare e che essi conoscevano molto bene; zuppa di legumi, frittate di vario tipo, i formaggi saporitissimi delle valli vicine e verdure fresche di ogni genere condite con la salsa di girasole che esse sapeva cucinare in modo del tutto personale. Il tutto con il buon vino della loro casa.
L'annata era stata buona e il raccolto abbondante; i coloni erano soddisfatti sebbene mancassero ancora le uve e il granturco. Potevano già tuttavia sperare in un buon raccolto anche di questi poiché, quell'anno, il tempo era stato davvero buono.
Ognuno di loro traeva dalla lavorazione del podere, tanto denaro e tanti prodotti da poter soddisfare il fabbisogno di un anno dell'intero parentado.
Manuele ed Elisa avevano la possibilità di donare in città, ai propri parenti e amici, sacchetti di riso, di farina, damigiane di vino, verdure e frutta a volontà.
Con il denaro essi avevano programmato l'acquisto di appartamenti per i figli; uno per ciascuno. Non avrebbero atteso la crescita di Manlio, erano certi che in quegli anni in cui nulla impediva il godimento della loro proprietà, fosse il momento adatto per fare giusti investimenti.
Le loro figlie si stavano avvicinando all'età adulta per cui non era presto per pensare alla loro dote.
Mara era una dall'aspetto particolarmente attraente e bello tanto che per la via non passava inosservata. Di alta statura aveva lunghi capelli ricci, la carnagione rosea e gli occhi scuri dal taglio leggermente orientale.
Aveva mani e piedi molto piccoli rispetto alla statura e l'acquisto delle scarpe era per lei, ogni volta, un problema.
Angelica aveva invece i capelli lisci e neri, come suo padre ed era anch'essa molto alta. Essendo ancora adolescente aveva movenze un po' goffe e il peso un po' troppo abbondante. Oltre agli occhi simili a quelli di Mara, Angelica aveva lo stesso bellissimo sorriso di sua madre, la signora Elisa.
I giovani del paese le amavano molto ma nessuno di loro osava provare sentimenti diversi dall'amicizia. Molto forte era tra loro il vincolo chiaro e semplice dell'infanzia. Non c'era ombra alcuna di fisica attrazione; si sentivano sempre e ancora compagni di giochi.
Nessuno di loro era ad esempio geloso; non c'erano rivalità, non c'erano mai animosità nel loro stare insieme.
Regnava un'armonia speciale che pareva fosse frutto di un'educazione severa ed era invece l'esito semplice e spontaneo dell'amicizia vera.
Il pensiero del povero mentecatto non era mai uscito dalla mente di Mara e Angelica, non avevano di lui neppure il ricordo perché mai lo avevano visto. Bastava però il sapere della sua esistenza per non farlo dimenticare come non fosse mai nato. Il desiderio di conoscerlo non le aveva mai abbandonate proprio perché tacitamente speravano di riuscire un giorno a rompere quella omertà causata da una sorta di vergogna e che nessuno osava confessare.
Di sorpresa e senza alcun motivo esplicito, l'Avvocato Rosati dichiarò all'ora di pranzo, quando tutta la famiglia era riunita, che sarebbe andato a fare visita alla casa dei vicini genitori del ragazzo mentecatto, per invitarli alla rappresentazione. Non lo aveva mai fatto e tutti si stupirono di questa decisione.
Le ragazze pensarono a un accordo tra padri perché si accorsero che anche la madre non ne sapeva niente. Si sentirono prese di sorpresa e persino un po' allarmate.
Angelica era tutta eccitata e molto incuriosita per l'eventualità che potesse accompagnare il padre in quella visita. Glielo avrebbe chiesto di sicuro sebbene ne paventasse l'incontro. Domandò il giorno stesso a suo padre il permesso di andare con lui a conoscere il ragazzo e l'avvocato sorridendo non disse di no. Le promise che il giorno seguente sarebbero andati insieme loro tre a far visita alla famiglia e a esprimere il desiderio di vederli a teatro.
Vi andarono di pomeriggio e volle accompagnarli anche la signora Elisa; Mara invece preferì rimanere a casa con il piccolo Manlio.
Quando arrivarono c'era ad aspettarli un bracciante che svolgeva nella casa dei signori Maggi anche la funzione di cameriere. Li avvisò che l'infelice si trovava con i genitori nella stanza del bagno e che due donne, con le indicazioni della mamma, lo stavano lavando. Ciò avveniva quando il ragazzo comprendendone la ragione, di sua iniziativa faceva capire alla madre di voler essere lavato. Aveva la sua tinozza personale e si lasciava preparare docilmente.
Quel giorno aveva capito che la giovane Angelica avrebbe accompagnato l'avvocato che sarebbe venuto in visita a casa loro.
Fu vestito e pettinato a dovere; gli fecero indossare degli abiti speciali confezionati apposta per le sue forme contorte.
Gli ospiti comunque conoscevano bene la situazione e non si aspettavano nulla di diverso da ciò che videro.
Non potevano però aspettarsi, nessuno di loro l'avrebbe mai potuto prevedere che, all'ingresso di Angelica egli si alzasse, ballonzolando le andasse davanti e che pronunciasse con discreta chiarezza il suo nome: "Angelica".
Al che Angelica si strinse a suo padre e ruppe in lacrime. Subito le venne spontaneo il bisogno, l'idea di chiamarlo a sua volta con un nome quel povero essere e di darglielo lì, lei, in quel momento, di fronte ai suoi genitori che glielo avevano sempre negato.
Essi si agitarono, si vergognarono, piansero cercando confusamente di spiegare il perché. Angelica, con un gesto deciso, rifiutò di ascoltarli. Si portò più d'appresso al ragazzo, lo guardò e pronunciò chiaro un nome: "Berto!". Le salì alle labbra spontaneo quel nome incompleto ma comune, assai diffuso nelle campagne abitate dai contadini. Un nome che senza averlo voluto, diceva bene chi era il fanciullo: incompleto!
Lo ripeté ancora alcune volte assicurandosi d'essere stata capita; e l'infelice comprese: ripeté il proprio nome con la stessa voce con cui aveva chiamato Angelica all'arrivo.
E ripetendo il proprio nome balzava qua e là per la casa mostrandosi contento.
Angelica si sentiva stranamente forte ed ebbe l'ardire di comunicare ai signori Maggi che per la festa del quindici agosto, Berto era invitato a teatro e che un gruppo di giovani amici sarebbero venuti a prenderlo.
L'avvocato rivolse subito anche a loro l'invito, aggiungendo che il ricavato dello spettacolo questa volta sarebbe andato a favore di una visita specialistica alla quale sottoporre Berto per sapere se vi fossero delle possibilità di miglioramento per la sua socializzazione.
La sera della festa, dopo la cena sulla piazza, ancor prima che facesse buio, furono sparati i fuochi d'artificio che, con il cielo ancora chiaro, risultarono meno luminosi ma molto belli di colore. Gli artificieri erano venuti dalla vicina cittadina senza alcun invito; fu un omaggio speciale al paese in occasione della festa e della recita.
Berto arrivò presto con i ragazzi che erano andati a prenderlo, accompagnato dal suo bracciante - cameriere. I genitori erano invece rimasti a casa.
Il poverino non riusciva a stare seduto sulle panche; Angelica gli indicò una zona erbosa dalla quale avrebbe potuto vedere lo spettacolo. Il giovane vi si buttò ciondoloni e ubbidiente.
La recita iniziò tra applausi scroscianti ed anche a scena aperta continuarono a rilevare la gradevolissima ed accattivante interpretazione di Mara, con forti battimani. Mara era una Mirandolina deliziosa, civettuola e furba che strappava gli applausi ad ogni battuta. Tutti i presenti, durante l'intervallo, furono generosi di soldi, lodi e complimenti; ammirarono i costumi; la scenografia e la bravura degli attori.
Berto camminando a quattro mani si avvicinò e con una smorfia che mostrava qualche dente del suo sorriso, riuscì a far capire che era contento anche lui e che voleva che Angelica lo capisse, mettendole la mano sul braccio. Angelica senza sforzo coprì a sua volta la mano del ragazzo restituendogli il sorriso.
Fu incassato parecchio denaro.
A settembre, dopo la seconda recita, Berto ebbe subito l'appuntamento dal medico specialista il quale disse che, con certezza, c'erano molte possibilità di miglioramento: Berto avrebbe imparato a parlare, a camminare in posizione eretta, a nutrirsi da solo, a socializzare con altri giovani colpiti anch'essi da handicap come il suo.
I genitori di Berto dissero ad Angelica che avrebbero messo Berto nelle mani del professore ma che, ancor prima, avrebbero chiesto al Parroco il Santo Battesimo con il conferimento del nome che Angelica gli aveva scelto.
Angelica ritornò a casa a riferire ai genitori e a tutti gli amici, l'esito della giornata.
Un grido unanime di gioia accompagnò i saluti per il ritorno a casa, perché l'estate era finita.
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1 recensioni:
- Ringrazio Fabrizio Costa per la recensione del mio racconto. È sempre interessante conoscere il punto di vista di altri autori. Mi sono di grande aiuto. Non hai sbagliato nel ritenermi metodica e pragmatica. Non lo sono di temperamento ma la vita mi ha insegnato che è meglio essere così: tutto scorre più facilmente se ci si preoccupa di organizzare il tempo del giorno, per quanto riguarda rapporti, doveri, lavoro ecc.
- Beh, cosa dire di questo racconto. È sicuramente molto ben scritto e senza una virgola fuori posto; viene resa bene l'atmosfera agreste che si respira tuttavia mi è sembrati uno stile letterario forse troppo cadenzato e monocorde pur con delle giuste pause. Denota a mio avviso una personalità pragmatica e metodica. La trama comunque è del tutto originale e ben costruita anche se il finale è un filino minimalista.
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