Verso le quattro del pomeriggio di quella domenica, d'improvviso, il cielo si squarciò in uno di quei temporali estivi, brevi e violenti, che ricordiamo in tutte le nostre estati.
Il carro, maestoso e solitario, sostava nella piazza, davanti alla Chiesa, a fianco al campanile: si era sciolta da ore la processione, affollata e festosa, che in mattinata aveva accompagnato la statua della Madonna della Neve lungo le strade di Ponticelli; e non ancora si erano accese le luci della festa che, in serata, avrebbe animato il paese.
Era il 10 agosto 1953.
Angelina fu sorpresa dall'acquazzone in Corso Ponticelli ("ma San Lorenzo non dovrebbe essere il giorno più bello e caldo?") e non ebbe altra opportunità, per ripararsi, che entrare in chiesa.
Era stanca e si fermò a lungo. Forse pregò la Madonna, o più probabilmente S. Antonio, di cui era da sempre devotissima, o li ringraziò. O soltanto si riposò un poco.
Era un giorno particolarissimo per lei: avuta notizia, pochi giorni prima, che avevano assegnato al marito ed a lei un alloggio popolare a Ponticelli, era voluta venire, da Napoli, a vederlo.
Era sposata da quattro anni, Angelina, ed ancora non aveva figli; il marito, operaio turnista, di Padova (come non pensare ad un segno di S. Antonio?) quel giorno lavorava e lei, con il tram, da sola, era venuta a vedere.
A Ponticelli non era mai stata e non ne sapeva quasi nulla, se non un remoto racconto del padre che, forse ai primi del secolo, veniva da queste parti, al fiume, a pescare anguille.
Questa casa, dove avrebbe poi vissuto per sempre, dal gennaio dell'anno successivo, fu una grazia tanto a lungo implorata.
Tornò a Napoli, quando il temporale era finito, nella stanza ammobiliata dove abitavano; dovette ripensare a lungo alla sua nuova casa, ma anche alla chiesa, al carro, alla storia di questa tradizione di cui una donna, in chiesa, le aveva parlato.
All'unico figlio, Antonio (naturalmente), nato dieci mesi dopo, Angelina avrebbe raccontato molte volte del carro sotto la pioggia.