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Abbi cura di tuo figlio è un bravo ragazzo
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Da moltissimo tempo Cesare Murolo è diventato un barbone, di origini siciliane ma residente a Carpi da oltre quarant' anni, ha probabilmente una cinquantina d'anni anche se ne dimostra molti di più. Sicuramente provato e affaticato dalle avversità della vita.
Negli anni ottanta aveva creato una piccola azienda di trasporti che procedeva speditamente, aveva otto dipendenti e faceva le consegne in tutta l'Emilia Romagna. Aveva sposato Claudia, una ragazza conosciuta a Parma e dal loro matrimonio era nato Emanuele, l'unico figlio.
Era riuscito ad acquistare una villetta alla periferia di Carpi, una bella casetta a due piani, con il tetto di coppi e le pareti esterne in pietra lavorata, aveva persino un bel giardinetto con gli alberi da frutta.
Per diverso tempo le cose andarono bene ma verso la fine degli anni novanta un gravissimo incidente sul lavoro fece perdere la vita a due suoi dipendenti. Un carico di grossi tubi di cemento si sganciò da un'autocarro e gli cadde addosso schiacciandoli e uccidendoli sul colpo. I familiari dei lavoratori gli fecero causa e dopo un paio d'anni venne condannato al risarcimento danni, una somma talmente consistente che portò in rovina l'azienda e che lo costrinse a vendere la casa. Non aveva messo mai in atto un piano di sicurezza e non essendo assolutamente in regola venne condannato anche a scontare due anni di reclusione.
La moglie vedendo che la propria esistenza stava subendo un cambiamento in negativo, per cercare di mantenere quel tenore di vita acquisito e non più possibile, incominciò a tradirlo spudoratamente con la gente bene del paese. Era riuscita persino a plagiare suo figlio fino a fargli odiare il padre.
Cesare uscito dal carcere provò a cercarli ma fu inutile, si erano trasferiti e nessuno sapeva dove. Non capiva più cosa fare, non aveva più nulla, né una famiglia né una casa e incominciò a girovagare per il paese chiedendo l'elemosina per cibarsi e dormendo tra le panchine della stazione. Iniziò a bere e spesso lo si vedeva steso in qualche angolo ubriaco fradicio.
Da alcuni giorni chiede l'elemosina, seduto su una panchetta di legno, vicino al portone di un lussuoso palazzo. Lo stabile di tre piani è abitato da tre fratelli, titolari di una delle più grosse aziende della città .
Essendo situato su una delle più importanti e trafficate vie Cesare riesce a racimolare diverse monetine.
Enrico Palma, il più grande dei fratelli, amministratore della società, ogni mattina scende dal suo appartamento con Flavio, l'unico figlio. Lo accompagna a scuola, frequenta la terza elementare.
Cesare non piace a Enrico, un barbone non può rovinare l'immagine di un tale prestigioso stabile. Non gli ha mai dato un cent e anzi molte volte ha cercato di cacciarlo.
A Flavio invece gli è simpatico e tutte le mattine prima di salire in macchina lo saluta chiamandolo per nome. Anche a Cesare piace quel bambino, gli ricorda molto suo figlio.
Fa molto freddo questa mattina di gennaio e c'è qualcosa di strano sulla via, un furgone nero ed una macchina di grossa cilindrata sono posteggiati sul lato opposto della strada. Pare vi siano seduti due uomini su ogni mezzo, hanno tutti gli occhiali scuri ed il viso semicoperto dai baveri dei cappotti e dalle sciarpe.
Enrico è appena sceso tenendo per mano Flavio, Le autovetture aprono gli sportelli all'unisono, i quattro uomini scendono velocemente e si avvicinano, sono armati. Urlando cercando di strappare il bambino dalle mani del padre, sono attimi concitati, il piccolo è terrorizzato. Uno dei banditi punta la pistola verso Enrico e gli dice: " mollalo, mollalo o ti ammazzo"
È tutto un attimo, Cesare si lancia tra il bandito e il bambino, riesce a prendere Flavio, cerca di salire gli scalini del palazzo coprendolo. Uno dei banditi fa fuoco, lo colpisce alle spalle per due volte. Gli altri lo guardano confusi e dopo qualche secondo d'esitazione quello che sembra il capo strillando ordina di. andare via.
Salgono velocemente sulle auto e fuggono mentre Enrico dopo un attimo di stordimento corre dal figlio.
Cesare lo copre con il corpo ed Enrico deve spostarlo per tirare fuori Flavio. Il barbone è in fin di vita, i proiettili lo hanno colpito in parti vitali e mentre lo poggia delicatamente sulle scale girandolo d'un fianco lo guarda con gli occhi grati, gonfi di pianto, non sa come ringraziarlo. Cesare con un rantolo, chiudendo gli occhi e con un filo di voce gli dice: " Abbi cura di tuo figlio è un bravo ragazzo"
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