Pensiamo alla morte come un evento preciso e ben delineato da particolari e cerimonie senza senso. La morte di un individuo la si determina e la si rende concreta in base ad un'epigrafe ufficiale, in base ad un funerale presenziato da un sacerdote, a cui magari l'individuo in questione da vivo non si sarebbe mai rivolto, in base a più persone che più o meno sinceramente piangono il defunto. Ma serve veramente che il cuore smetta di battere per porre fine ad una vita? La mia è una risposta negativa. Sono viva, sto clinicamente bene, ma in cuor mio sono morta più volte. Sono morta alla fine di film strazianti, sono morta quando le urla in casa si facevano sempre più forti e spaventose, sono morta quando mi hanno detto che la mia nonna era morta e che non mi avrebbe protetta più nessuno. Ci sono poi le persone che ti regalano la gioia di comparire nella tua vita, ma è il destino a intervenire per divederci, seppur vivi e abitanti di questo stesso pianeta. Considero morti gli amori passati, i miei sogni infranti, l'anno scorso è morto. È cambiato tutto. Il mondo non è così piccolo infondo, ci si perde e non ci si ritrova più. Non sono credente e non spero in un aldilà. La mia dimensione trascendentale è viva fino al punto in cui avrò una testa pensante e fervida, anche se a volte l'ansia e la tristezza mi soffocano e mi fanno un po' morire. Un altro te e un'altra me.