racconti » Racconti brevi » L'Appuntamento - monologo
L'Appuntamento - monologo
È più di un'ora che sono qui seduta ed ancora non ho sentito suonare il campanello.
L'appuntamento è sacro, deve essere rispettato; non si può lasciare una persona ad attendere col fiato sospeso, sobbalzando ad ogni rumore di passi sulla scala.
No, ma che succede? Chi lancia sassi contro i vetri della finestra? Ora mi alzo e mi faccio sentire! Ma non vedo nessuno! Eppure ho sentito un chiaro rumore di sassolino contro il vetro. Però se non c'è nessuno di sotto, devo essermelo immaginato.
Solo il rumore di quella motoretta che continua a girare intorno all'isolato e mi innervosisce parecchio. Ora gli lancio un secchio d'acqua così la smette e si decide a chiudere il tubo di scappamento.
È meglio che mi sieda e mi metta tranquilla ad aspettare Veramente tranquilla non lo sono affatto, anzi, ho il batticuore, sento che mi sta venendo un attacco d'ansia: ... E se non venisse? Se mi avesse presa in giro divertendosi alle mie spalle?
No, non lo credo proprio. Una persona così ammodo, così gentile, ben vestita...! E poi le sue parole erano chiare:
"Possiamo vederci domani verso le 19, prima di cena? Io fino a quell'ora lavoro e non posso uscire prima dell'orario. Se vuoi possiamo cenare insieme, ti va?"
Senza molto riflettere gli ho sorriso ed ho subito accettato.
Lo guardavo e lo trovavo così interessante: capelli leggermente brizzolati, volto scolpito, corporatura longilinea con due occhi chiari e azzurri come i laghetti alpini.
Però il tempo passa ed ancora il campanello non suona.
Mi sono vestita con l'abito migliore, quello per le belle occasioni. Semi-lungo
nero, di crèpe georgette, con la scollatura posteriore molto profonda e le anche fasciate dal tessuto drappeggiato che arriva sciolto sul davanti.
Tacchi altissimi e capelli raccolti. I miei capelli mi ornano molto; neri, lucenti e lunghi. Ieri mi sono accorta che li ha guardati indugiando con un lieve sorriso.
Perché non arriva? Per fortuna mi ha lasciato il suo numero di telefono ma io non lo chiamo. È lui che deve giustificare il suo ritardo.
Mi metto sul sofà e mi distraggo guardando la televisione. No è meglio che stia in silenzio nel caso non riuscissi a sentire il toc del suo arrivo.
Ma perché mi agito? I ritardi sono sempre causati da qualche imprevisto: il traffico sulla strada, qualche amico incontrato per caso che dialogando prolisso lo ha trattenuto più di quanto potesse.
Non può avermi dimenticata, non è possibile che abbia scordato l'appuntamento! Era così vero nel suo amabile invito. Non avevo nessun motivo per esitare né tantomeno per rifiutare.
È una serata così chiara; la luna è piena e il suo faccione bianco illumina tutta la zona.
Si potrebbe andare sul viale del parco a vedere le fontane, oppure in centro città, in un ristorante elegante. Oppure ancora in una caratteristica trattoria fuori città dove quella volta, incontrai e vidi da vicino, lontana dalle scene, Maria Callas.
Com'era bella, sembrava giovanissima, smagrita ogni oltre previsione, con la coda di cavallo ed una camicetta morbidamente scollata che le lasciava nude le spalle.
Il locandiere aveva provveduto, per l'occasione, anche a distruggere tutte le zanzare o qualunque altro insetto avesse voluto disturbare la signora.
Ricordavo la musica che faceva da sottofondo e il profumo dei gelsomini che a siepe, contornavano il locale.
Che cos'è questo vociare sulle scale? Si avvicinano, sì sono sul pianerottolo.
Hanno suonato! Sì hanno suonato! Ma chi sono? Cosa vogliono da me? Perché mi disturbano proprio a quest'ora mentre sono in attesa del mio affascinante amico?
Mi devo decidere ad aprire, vado.
"Signori chi siete?"... Gli occhi caddero subito sull'uomo che subito le sorrise
arrossendo leggermente.
"Non è solo" Ma che significa? Chi è quella bellissima ragazza che sta accanto a lui davanti alla mia porta?
"Carissima, ho pensato che ti avrebbe fatto piacere trascorrere la serata in compagnia e quindi ho invitato anche la mia fidanzata! Abita un po' lontano da qui e così ecco spiegato il ritardo. Ho fatto tardi e me ne dispiaccio. Mi scusi vero?"
Fidanzata, si ha detto proprio fidanzata! Perché mi gira la testa? Ho la nausea, mi viene da vomitare!
"Scusate mi devo sedere un momento. Entrate, entrate."
Come ho potuto essere tanto sprovveduta? Perché non ho neppure pensato che un uomo non più giovanissimo, di aspetto tanto attraente ed elegante, fosse solo? Che aspettasse me per cenare in compagnia? Che potessi io, l'ultima arrivata, occupare i suoi pensieri in quella giornata?
Non ho voglia d'uscire; ora lo dico. No aspetto, non devo fare anche la figura della maleducata oltre che della cretina.
Però ho le gambe che mi sembrano di legno, il sudore mi ha appiccicato le ciocche del capelli sul collo ed essendomi buttata sul sofà l'abito si è tutto gualcito.
Però un po' di ragione l'ho anch'io, anzi credo di avere tutta la ragione e questo gentiluomo è in realtà un mascalzone che si è preso gioco di me.
Mi sento derubata, relegata in un angolo buio di una serata che avrebbe dovuto essere splendente. Non sento musica, non vedo il plenilunio.
Vedo davanti a me i volti di due persone scialbe, scostumate ed odiose.
Per favore lasciatemi riposare, sono stanca e non mi sento d'uscire.
Sì, sì, grazie, andate, andate via. Sciò!!"!
È meglio che chiuda la porta a chiave chissà mai che non accada qualcos'altro ad impedirmi il sonno di questa notte.
D. Dignola
123
un altro testo di questo autore un'altro testo casuale
3 recensioni:
- la vita riserva delusioni così... a volte è meglio se Godot non arriva... ahahah
- Mi è piaciuto molto e mi ricorda un monologo che scrissi da ragazza ma che non ho mai pubblicato... era simile.. ma quel ragazzo non si presento' all'appuntamento ed io trovai scuse e lo aspettai per ore...
Brava...
Opera pubblicata sotto una licenza Creative Commons 3.0