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Un delitto imperfetto
Gioacchino Ribotti, un vecchio barbone che per vivere raccoglieva metallo e cartoni, come ogni mattina presto, con l'inseparabile carrellino dalle ruote sgangherate, stava facendo il solito giro alla ricerca di quei materiali. Era arrivato sulla spiaggia di Pontedusa, una distesa di sabbia e ciottoli che certamente aveva conosciuto giorni migliori.
Negli ultimi anni erano sorti, con la compiacenza e la complicità del comune che aveva rilasciato con estrema facilità diverse licenze edilizie, alcuni fabbricati per la lavorazione di materiali edili. Gli scarichi delle fabbriche ed il mancato funzionamento dei depuratori avevano fatto diventare non balneabile tutta la zona che serviva, ormai, solo da ricettacolo di svariati tipi di rifiuti.
Vide due autovetture di grossa cilindrata, una audi e una bmw posteggiate al lato della strada che confinava con la spiaggia. Pensò subito che fossero le autovetture di due amanti, era domenica mattina ed era appena sorta l'alba, anche se stranamente non era il luogo solitamente frequentato dalle coppiette.
Si avvicinò alle vetture e vide che all'interno non c' era nessuno, avevano tutte e due le chiavi infilate nel cruscotto. Provò a tirare la maniglia della bmw riuscendo ad aprire lo sportello che poi richiuse, fece lo stesso con l'audi ma non riuscì ad aprirla.
Si guardò intorno, nelle vicinanze non vide nessuno, guardò ancora per un attimo le due macchine e continuò nel suo cammino. Dopo una trentina di metri, ad una decina metri dalla riva, vide i corpi di due uomini distesi a pochi passi uno dall'altro, entrambi con il volto rivolto al cielo. Erano molto giovani, dall'apparente età di una trentina d'anni. Uno dei due era in jeans e con una camicia bianca tutta macchiata di sangue, l'altro anch' egli in jeans ed una magliettina di colore verde aveva invece un grosso foro qualche centimetro sopra l'occhio destro ed un rivolo di sangue gli aveva sporcato la tempia e la guancia scendendo verso il naso e lambendogli le labbra. l'alta marea non era riuscita a sfiorarli per pochi centimetri. il vecchio era terrorizzato, non sapeva cosa fare, ritornò sulla strada prese il vecchio carrello e decise di rientrare, più tardi avrebbe pensato al da farsi.
Sulla strada del ritorno vide una vecchia cabina telefonica, infilò le mani nelle tasche e tirò fuori una monetina. Compose il 113 e non appena senti: " Polizia di Stato mi dica" vomitò le parole tutte d'un fiato.
Mantenendo l'anonimato, nonostante la centralinista gli avesse chiesto diverse volte le generalità, raccontò, sintetizzando, quello che aveva visto.
Le sirene squarciarono il silenzio della mattina domenicale, le due pantere posteggiarono a pochi metri dalle due auto segnalate. Subito dopo arrivò con la sua auto di servizio il commissario Pedrini.
Alcuni poliziotti incominciarono a delimitare la zona mentre altri appartenenti alla scientifica iniziarono a fare i rilievi.
Il commissario chiese al dr Mansueto, il medico legale, dell'ora del decesso, ed egli gli rispose che ne sarebbe stato certo solo dopo l'autopsia ma che comunque poteva stimarla in circa quattro, cinque ore prima, probabilmente tra la mezzanotte e l'una.
Dopo l'arrivo del magistrato di turno ed espletato tutte le formalità i cadaveri vennero rimossi e trasportati all'obitorio. Nella giornata sicuramente avrebbero subito l'autopsia.
Ritornato in questura Petrini chiamò a rapporto il suo vice, l'ispettore Giousè, chiedendogli il rapporto del gravissimo fatto di sangue. L'ispettore inizio una dettagliata esposizione dei fatti: le due vittime erano amici di infanzia, avevano tutti e due vent' otto anni e sembrava appartenessero allo stesso clan, quello dei Pasadesi. I loro nomi erano: Liberio Cossolino e Francesco Occhipinti, tutte e due nativi di Capasena.
Erano conosciuti alle forze dell'ordine per vari reati, dal favoreggiamento della prostituzione allo spaccio di droga, ed erano stati in galera per quasi una decina d'anni. Erano in libertà da pochissimi mesi.
Il commissario ascoltò attentamente e appena l'ispettore terminò gli disse: " a te non sembra strano che due amici, due che si spartiscono il sonno, si sfidano a duello su una spiaggia? "
Poi chiese se fossero arrivati gli esami delle perizie balistiche delle due pistole, tutte due a tamburo con matricola abrasa. Gli esami confermarono che i proiettili appartenevano a quelle armi.
Le autovetture erano intestate ai parenti delle vittime e sulle stesse non vennero trovate impronte rintracciabili, il barbone non era schedato. Era molto strano pensava Petrini che Liberio avesse lasciato le chiavi dentro l'Audi sapendo che dopo alcuni minuti le portiere si sarebbero chiuse automaticamente.
Era un delitto imperfetto, qualcosa non quadrava, ma cosa? Le armi avevano sparato con certezza ed i proiettili, due avevano colpito Liberio, al polmone sinistro ed al cuore, uno invece quello conficcato sulla fronte di Francesco, erano delle stesse armi. Sulla spiaggia non avevano trovato segni e tanto meno impronte, ma non era difficile poterle cancellare e tra l'altro neanche sulla strada avevano trovato indizi utili. Decise di andare all'obitorio. Il dr Mansueto aveva appena finito l'autopsia sui cadaveri ed incontrando il commissario gli confermò l'ora del decesso ed alcuni particolari delle ferite. Erano entrambi morti sul colpo, quasi nello stesso momento. Il commissario guardò il cadavere di Francesco ed ebbe come un flash Quel cranio ricucito parve dargli una illuminazione. Prese il cellulare e chiamò in centrale, al suo arrivo avrebbe voluto trovare le foto dei due cadaveri sulla scrivania.
Osservò il volto di Francesco nella foto , poi chiamò l'ispettore e gli chiese: " Giouse, qualcuno ha toccato il volto di Francesco prima delle foto?" - " no commissario " rispose l'ispettore " assolutamente"
" Caro Giousè, lo vedi il rivolo di sangue che scende sul naso e sulle labbra della vittima" e l'ispettore stupito: " Certo che lo vedo e che mi viene a dire Commissario?".
" Ti vengo a dire mio caro amico che con la testa in quella posizione come vedi, probabilmente per un accavallamento della sabbia, la sua fronte risulta in discesa rispetto al mento ed il sangue sarebbe dovuto defluire verso i capelli e magari verso la tempia, ma non certamente verso il naso e le labbra, caro ispettore il morto non è morto sulla spiaggia, scusa il gioco di parole, e credo pure che non sia stato ammazzato sicuramente dall'amico suo "
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1 recensioni:
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- Molto apprezzato e piaciuto questo tuo stupendo. Complimenti assai!
- piaciuto molto Andrea si legge bene.. pensavo che continuasse in terza pagina..
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