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Uno scambio conveniente
Il mese prossimo sarà il secolo nuovo, il millenovecento, pieno di
promesse.
"Domani è domenica, c'è la messa ma cosa ci andiamo a fare? Non è con
le preghiere che arriverà l'acqua. Io non ce la faccio più, con la poca che
abbiamo la terra ha sete, proprio come me, guarda."
E in un colpo solo beve un grosso bicchiere di vino. È un gran bevitore
mio marito, di vino, i liquori non possiamo permetterceli.
"I bambini?" ha già la voce impastata.
"Sono a letto, hanno cenato tutti."
Abbiamo quattro figli, divisi tra maschi e femmine, due e due. Difficile
tirare avanti. Non sono i campi che ci mancano ma l'acqua. Una frana tre
anni fa, una voragine e il canale maestro sparì, e con lui il nostro
avvenire. Ma la nostra sfortuna fu provvidenza per i Giannini, Maria e
Antonio, i nostri confinanti. Quello smottamento provocò un aumento
della portata dell'acqua nel loro fosso, con benefici per i loro raccolti.
"E non bestemmiare. A messa ci andremo, e poi cosa c'entrano le
preghiere. Se solo volesse, Antonio potrebbe farci arrivare un po' della
sua, di acqua. Basterebbe una deviazione a monte, ma tu non vuoi
abbassarti a chiedere."
"Mai, a quel ladro e al ramo secco di sua moglie." Alza la voce fuori
controllo, e nella stanza accanto il piccolino si sveglia e comincia a
piangere.
"Almeno non urlare, non con me."
Vado a coccolare l'ultimo arrivato, mentre lo cullo osservo la tranquillità
nel sonno dei nostri figli. Una benedizione di Dio, la specie che ci
sopravviverà rendendo sicura la nostra memoria, almeno per qualche
generazione. Cosa negata ai nostri vicini. Dopo tanti anni di matrimonio
sono ancora soli. Il ventre di Maria è secco come il pane di un mese
prima, inutile, incapace di dare eredi e, ormai, anche di dare piacere.
Antonio non la ripudia solo per evitare scandali.
Ecco, dormono tutti. Non ne ho voglia ma torno da mio marito, ha
bevuto ancora, la bottiglia è vuota, riversa sul tavolo.
"Fai presto tu, sei una donna" va avanti con quella discussione stantia
"ma io con che faccia mi abbasso a chiedere? Ho una dignità."
"La tua è superbia non dignità, dovresti essere più umile e lasciare da
parte l'amor proprio."
Non mi lascia finire, si alza e barcollando si avvicina:
"Ma cosa stai dicendo? Non ti capisco, che paroloni che usi. Ma già, la
signora ha studiato, non come me, a lavorare i campi da bambino. Mai
visto una scuola io, ma altre cose le so fare bene vero?"
Mi s'incolla addosso, le sue mani alzano la mia lunga vestaglia, mi sdraia
sul tavolo con violenza. La bottiglia rotola e va a spaccarsi per terra. Mi
toglie la sottogonna e tutto il resto, lavora con le mani nei suoi
pantaloni, si libera e mi prende. Pigia la sua bocca sulla mia, mi scanso
per non respirare da quella latrina. Non è un uomo piacevole quando si
ubriaca. Singhiozza il proprio piacere dopo pochi secondi, per fortuna.
Si alza, bofonchia qualcosa che non capisco, spero siano scuse, ho fretta
di andarmi a lavare.
L'acqua del catino mi rinfresca ma non riesce a togliere la sporcizia di
quei rapporti forzati e sempre più frequenti. Non è un cattivo marito
Valerio ma, con l'acqua del canale maestro, ha perso anche la fiducia in
se stesso, oltre che la mia. Quando torno, i suoi resti russano sulla
piccola poltrona davanti al camino, lo lascio lì mentre rigoverno.
Asciugo le mani, guardo la cucina sistemata alla meglio, lui non si è
svegliato e lo lascio dormire. Vado a letto da sola, ravvivo un po' il fuoco
perché non voglio che prenda freddo. Tolgo dal letto lo scaldino e poi il
prete, lo scheletro ovale di legno che lo agganciava. Le lenzuola tiepide
mi aiutano ad assopirmi. Domattina andrò a messa, e mi chiedo se
incontrerò ancora lo sguardo di Antonio Giannini. Domenica scorsa non
mi ha tolto gli occhi di dosso, spero accada ancora, indosserò qualcosa
che gli piacerà.
La luce del mattino passa attraverso le persiane e illumina la stanza, mi
concentro, come sempre, ma non ricordo alcun sogno. Mi alzo, distendo
sul letto il mio vestito più bello, è azzurro, un bel contrasto con i miei
capelli biondi. Le trine sul petto lo fanno risaltare e la gonna, lunga fino
a terra, nasconde gli anni delle scarpe. È domenica ma le mucche vanno
munte lo stesso. Vado alla stalla con il secchio grande, e uno piccolo da
riempire per la colazione. Valerio è già lì, ha pulito e rigovernato le
bestie, spero si lavi prima di andare.
Un saluto e mi siedo sullo sgabello. I miei pensieri vanno alla Messa e
alla Chiesa. Devo arrivare un po' prima e scegliere un posto da cui posso
facilmente vedere, ed essere vista. Chissà se Antonio starà pensando le
stesse cose, tra poco lo saprò.
Mio marito ha finito, se voglio far presto ho bisogno che mi aiuti.
"Valerio" lo fermo sulla porta "sveglia i bambini e comincia a prepararli,
che arrivo con il latte, non voglio essere ultima a entrare in Chiesa, il
prete le nota queste cose."
"Il prete farebbe bene a pensare ad altro."
"Sì, però tu aiutami lo stesso."
"Certo, ma devo sistemarmi anch'io, e lavarmi."
Grazie a Dio, penso, e mi concentro sulle mammelle, schizzando il latte
nel secchio.
Riesco a far tutto in tempo: colazione, bambini, marito e anche a
infilarmi un fiore tra i capelli
"E quello?" lo indica mentre usciamo.
"È finto."
"Lo so che è finto, ci voleva per la messa? Magari il prete..."
"Voglia di primavera e di aria nuova" lo interrompo.
"Mah" fa lui "siamo a dicembre, hai tempo di levarti altre voglie prima."
Si tira la porta dietro e ci avviamo verso la chiesa. L'ultimo arrivato è nel
passeggino, lo stesso servito prima agli altri figli, che ora, le poche volte
che usciamo, fanno a turno per spingerlo. Scendiamo lungo la strada che
dopo due curve arriva alla piazzetta della Chiesa. Sulla prima, a sinistra,
c'è un pozzo ma la sua acqua serve solo a dissetarci e a sciacquare le
brocche di rame, raschiate prima con la rena della strada. Quando
arriviamo c'è poca gente. Appena dentro cambio idea e ci sistemiamo un
po' nascosti, coperti. Troverà ugualmente il modo di cercare i mie occhi?
Il nostro è un paese piccolo, un gruppo di case sopra una collina, e i vari
poderi intorno e giù nella piana. La domenica ci si ripulisce e si prende
la messa come scusa per mettere il vestito buono, chi ce l'ha. La chiesa
si riempie, un po' per volta. Sono tesa e preoccupata, forse dovevo
mettermi in vista, come avevo deciso prima, sono stata stupida. Le
campane suonano l'ultimo richiamo, la messa sta per cominciare. Mi
guardo in giro; stanno entrando adesso, Antonio e Maria. Mi giro di
colpo, non voglio cercarlo per prima, devo già trovare il suo sguardo su
di me, condividerlo e sostenerlo. Ecco come deve andare. La porta si
chiude, uno scampanellio annuncia l'arrivo del prete, preceduto da due
chierichetti. Comincia la messa, e anche il mio gioco. Dove si sarà
messo? Riuscirà a vedermi bene? Il vestito che indosso e il fiore tra i
capelli sono per lui, per compiacerlo.
"Scusa Lucia" un sussurro.
Oddio, la sua voce che mi chiama. Mi giro, è proprio dietro di me. Mi
indica un breviario, vuole che glielo passi e mentre lo faccio mi
maledico, ho sbagliato tutto. Pochi attimi e me lo ripassa.
"Scusa, ne ho uno qui e non lo avevo visto, usalo tu, e usalo bene."
Prendo il libro di preghiere dalle sue mani. Mi ha invitato a usarlo, lo
apro piano, tra le sue pagine un foglietto; ho un balzo al cuore e lo
richiudo. Devo leggerlo subito, mi giro verso mio marito.
"Vado a confessarmi, lasciami passare."
"E che cos'hai da farti assolvere? Peccati grossi?"
"Lasciamolo decidere al prete."
Si scansa ed io vado, col breviario ben stretto nelle mani.
M'inginocchio al confessionale, sfilo il foglio, è scritto solo da una parte.
Poche parole "domattina alle dieci nel vecchio fienile dello Storpio" e
l'implorazione di non mancare. Mi fa piacere, specialmente la preghiera.
Lo piego più volte prima di nasconderlo in tasca, appena in tempo. Il
pretino, l'aiutante del parroco, apre lo sportello e mi chiede se ho
peccato. "Ancora no" vorrei rispondere ma mi adeguo alla sacralità del
luogo. Avuta l'assoluzione torno indietro e, guardando Antonio negli
occhi, gli faccio capire che ci sarò.
Il fienile dello Storpio è una vecchia costruzione al confine tra le nostre
terre. Oltre alla zona per il ricovero dei mezzi e del fieno c'è anche una
piccola stanza attrezzata con il camino, un tavolo, tre sedie, una vecchia
stufa e un pagliericcio. Sono seduta in una di quelle sedie, di fronte a me
Antonio. Siamo nascosti, una sensazione nuova per me. Ci siamo appena
salutati e ora non so cosa potrà succedere.
"Grazie ancora per essere venuta."
"Ho visto come mi guardavi l'altra domenica, e anche quando ci
incrociamo per strada."
"Sì, è un po' di tempo che penso a te."
"Mi fa piacere."
Sto tremando e non per il freddo, perché il camino rende accogliente
quella stanza. Forse ho sbagliato, non dovevo venire. Speriamo non mi
abbia visto nessuno; solo adesso mi sorge questo timore.
"Ora finalmente posso parlarti con tranquillità."
Non capisco, non mi pare siano parole d'amore.
"Sono qui Antonio, dimmi tutto ma non ho molto tempo con quattro
figli da accudire, un marito, la casa, le bestie..."
"Quattro figli, appunto, e io neanche uno. Sai... il problema di Maria."
Parla con la voce bassa e non mi guarda negli occhi.
"Conosco la tua situazione, noi abbiamo avuto la benedizione di Dio."
"E io ho l'acqua" dice alzando la testa e fissandomi.
"Anche quella è un dono di Dio, forse lo sono anche le frane che la
tolgono agli altri, ma di questo sarei meno sicura."
La voce mi esce sicura e forte, che piega sta prendendo quest'incontro?
Si alza e va vicino al camino, poi dà le spalle al fuoco.
"Però possiamo rimettere le cose a posto." Adesso ho il suo sguardo su
di me.
"La deviazione?"
"Certo."
"E noi potremo riavere l'acqua?"
"Quanta ne vorrete, da affogarvici, da sprecarla perfino."
"E da noi cosa vuoi?"
"Non da voi, da te. Voglio un figlio."
Sono sbalordita, sconvolta, l'emozione per l'incontro è svanita, ma gli
sguardi, i colpi al cuore, quelli ci sono ancora. Sono ancora persa per lui.
"Uno dei quattro?" la butto là con indifferenza "e chi lo sceglie?"
"No, uno mio, o se preferisci nostro. Lascia stare tutto, io non sono
capace a parlare, non sono come te. Tu sei andata a scuola, sei istruita,
io sono solo un contadino ma c'è di più. Mi piaci, e sento qualcosa
quando ti penso; per questo mi è venuta l'idea, però ti capisco se adesso
te ne vai."
"E Valerio?"
"Potrà credere che sia suo e che facciamo un cambio con l'acqua. Sono
andato in città, un avvocato mi ha detto che possiamo... ma tu mi
assicuri che... insomma, che sarà mio?"
Mi alzo, so che sto per mentire ma quello che dico mentre mi avvicino è
esattamente ciò che lui vuol sentire:
"Certo, anch'io voglio un figlio da te."
Gli butto le braccia al collo e lo bacio, sa di buono e mentre risponde mi
spinge verso il pagliericcio.
Il ritorno a casa ha il sapore del tradimento, per me è nuovo e gradevole.
Mi immaginavo preda dei sensi di colpa e invece nulla. Il piacere provato
mi invogliava a riprovarlo. Antonio era stato dolcissimo, di una
tenerezza inaspettata, addirittura impacciato nell'organizzare un nuovo
appuntamento. Poi mi sono sentita importante, per la prima volta un
uomo mi crede interessante, al di là del volere un figlio. Per merito mio
avremmo avuto di nuovo l'acqua e sarebbe tornato il benessere. Adesso
devo solo convincere Valerio, come la prenderà? Ho tempo fino a sera
per pensare a come dirglielo. Il bello dei bambini piccoli è che appena
cenato giocano un po', poi li metti a letto e te li puoi scordare fino al
mattino, se non sono malati. Non li sento più da qualche minuto quando
affronto il problema.
"Ci sono delle novità importanti, oggi è venuto Antonio."
Una prima bugia, ho deciso di non contarle.
"A fare cosa? Non siamo sulla strada per i suoi campi" non mi guarda,
gli occhi fissi sul piatto.
"È venuto apposta, per parlare dell'acqua."
Si ferma, versa un bicchiere di vino, lo beve, poi mi guarda fisso.
"E da quando di questi problemi si parla con le donne? Perché è venuto
quando sapeva che non c'ero?"
"Vuole fare un cambio, un nostro figlio per l'acqua."
Diretta, nessun giro di parole, deve capire subito.
"Uno dei maschi? O si accontenta di una femmina?"
Tutto lì? Rimane tranquillo e va avanti a mangiare.
"Non di questi, vuole il prossimo che partorirò, un uomo di legge gli ha
detto che è possibile."
"Tu che dici?" Quanta responsabilità mi dà, una cosa nuova.
"Perché no? Ne abbiamo già, e poi rimarrebbe in paese, sotto i nostri
occhi e noi andremo a stare meglio. Ma devi essere sicuro, dopo non si
può riprenderlo."
Aspetto una sua decisione già da qualche minuto, mi chiede ancora del
cibo, gli do il mio. Non riesco a mangiare e neanche a bere. Ha finito,
ancora un bicchiere, si alza, si stira, pare voglia prendere tempo, invece
mi prende tra le braccia e mi sussurra:
"Va bene, sono d'accordo, diamoglielo, anzi cominciamo a metterlo in
cantiere subito."
Mi stringe più forte mentre mi sdraia sul tavolo. Come è diverso dal
pomeriggio. Avrò un figlio ma chi sarà il padre? È questo che penso
quando Valerio comincia ad ansimare.
È la notte di Natale, tutto il paese è in chiesa. Il prete ha portato uno
nuovo a cantare, riccioli biondi intorno a un bel viso e occhi azzurri;
sembra uno di quei putti dei dipinti sulle pareti, e canta pure bene. Tre
panche avanti c'è Antonio con Maria, non ci guardiamo più, abbiamo
avuto e avremo altri incontri, perché rischiare per un sorriso? Cantiamo
tutti, insieme all'angelo sull'altare. Se avrò una nuova maternità lo saprò
tra una settimana, forse dieci giorni, nel secolo nuovo. Sono giorni di
festa, la campagna ha sempre bisogno ma in questi giorni particolari ci
si diverte e si mangia un po' di più. L'ultimo dell'anno, il prete come
sempre ha organizzato una festa nel salone grande dietro la chiesa, c'è
anche il cantante bello. Ognuno ha portato qualcosa, chi da bere chi da
mangiare.
Dopo un quarto d'ora cerco velocemente la porta.
"Perché scappi?" chiede mio marito vedendomi correre fuori.
"Dopo" faccio in tempo a rispondergli uscendo.
E appena fuori, dietro gli alberi nell'orto della Parrocchia, piegata per lo
sforzo inutile, vomito. Mi sistemo meglio che posso e mi incammino per
rientrare, pochi metri e scopro la seconda sensazionale notizia del
nuovo secolo: Maria e il bel cantante sono avvinghiati dietro un albero.
Non mi vedono, impegnati come sono in un abbraccio che non lascia
dubbi, ma un ramo secco che si spezza sotto i piedi mi tradisce. Mi
fermo, immobile. Non serve, incrocio gli occhi di Maria, le faccio un
gesto con la mano e mi avvio per rientrare alla festa.
I giorni del nuovo secolo sono uguali a quelli del vecchio, ogni tanto
rimetto e non può essere un caso. Antonio e Valerio sono in
apprensione, per lo stesso motivo, ma per cause diverse.
È il dieci gennaio, sono quattro giorni di ritardo, un'eternità per me. Non
ho dubbi, sono incinta e qui, nel vecchio fienile, lo sto dicendo ad
Antonio.
"Ne sono felicissimo, hai fatto di me un vero uomo. Avrò un erede, e
Valerio?"
"Lui è convinto che sia suo e non mi pare il caso di smuoverlo dalle sue
idee, non sa dei nostri incontri amorosi."
"E come fai a dire con sicurezza che è mio?"
"L'ho fatto solo con te. L'ultima volta con Valerio è stata prima che
avessi... beh hai capito. Il mese scorso è successo due volte, ma ho preso
qualche precauzione. Ora però basta con queste domande, mi metti in
imbarazzo."
"Va bene, ma senti" ecco ancora l'Antonio timido "credi che i nostri
incontri qui al fienile debbano finire?"
Che bella domanda. Lo guardo negli occhi, sono lucidi. Certo che mi
piace fare l'amore con lui, più bello che con mio marito, e allora mi
butto.
"Non vedo perché, stiamo bene insieme. Basta che però non mi chiedi di
evitare Valerio, come il mese passato."
Per me lo ha convinto più questa frase che tutto il resto, lo sento da
come mi stringe e mi bacia.
Il carnevale arriva anche nel nostro piccolo paese. Le cose tra Antonio e
Valerio si sono sistemate, l'avvocato sta preparando i contratti e sono
iniziati i progetti per la deviazione che ci riporterà l'acqua. Per il
momento sono in pochi a sapere e non abbiamo voglia di raccontarlo. Mi
è giunta voce che il prete non è d'accordo e che forse non vuole
battezzare il bambino, vedremo. È un pomeriggio di sole, le galline mi
circondano beccando il granturco che lascio cadere, dalla piccola salita
vedo arrivare Maria. Non ricordo sia mai venuta a trovarmi, forse una
volta, anni fa, ma con Antonio.
"Ciao Lucia, che bella giornata, eh? Non sembra febbraio."
"Vero, è quasi caldo." Non so cosa dire, chissà cosa vuole, che abbia
scoperto qualcosa sugli incontri al fienile? "Mi fa piacere vederti."
"Ho un problema Lucia, grosso, ci ho pensato e tu sei la sola con cui ne
posso parlare. Anche perché ne sai già qualcosa."
"Io? Cosa mai posso sapere, non mi muovo di qui." Adesso ho paura.
"Sì che lo sai, anche se ti ringrazio di non aver parlato con nessuno. Ti
ricordi a Capodanno, dentro l'orto della parrocchia? Mi hai visto
baciarmi con un uomo."
"Sì, il cantante." Ora sono sollevata, è davvero un suo problema.
"Giorgio, si chiama così, e tra noi non è finita quella notte, ci siamo visti
ancora, tante volte. Antonio andava spesso a sistemare delle cose al
vecchio fienile dello Storpio e noi avevamo tempo per vederci."
Mi scappa quasi da ridere, quando il marito la tradiva con me, lei faceva
altrettanto col ricciolino. Che storia buffa.
"E adesso sono incinta" e comincia a singhiozzare, gettandomi le
braccia al collo.
"Incinta? Ma com'è possibile? Tu non puoi avere figli."
"Così sembrava" si stacca da me e con un fazzoletto si asciuga il viso,
"cosa vuoi che ti dica, figli non ne arrivavano e la colpa doveva essere
per forza mia. Come puoi pensare che un uomo possa essere incapace,
meglio addossare tutto alla moglie."
In effetti, lo avrebbero preso in giro.
"E adesso cosa faccio? Sei la sola di cui mi fido, sai tenere la bocca
chiusa ma quando la mia pancia s'ingrosserà? Tra l'altro Antonio non mi
tocca da mesi, dimmi qualcosa."
"Un po' di tempo lo abbiamo, qualcosa penseremo, ma l'importante è
che tu e il tuo Giorgio stiate zitti, nessuno deve saperne nulla, capito?"
"Sì, questo lo avevamo capito e non lo sa nessuno. Grazie Lucia, sapevo
di poter contare su di te."
"Bene, adesso torna a casa, ci vediamo qui domani alla stessa ora."
Piano piano riprende la strada per casa sua. Che situazione! Questa
novità porterà una serie di conseguenze, il figlio che porto è di Valerio,
Antonio non può averne e quando vedrà Maria incinta capirà che l'ho
ingannato, e addio acqua.
Non posso permetterlo.
Non è neanche il caso di parlarne con Valerio, quando è ubriaco diventa
imprevedibile. È una faccenda che devo sbrogliare da sola. La notte a
letto, nel silenzio, cerco una soluzione. Quando sorge il sole, ne ho
trovate due: la prima è quella di liberarsi, e io conosco chi può farlo;
mentre la seconda devo ancora studiarla bene.
Sembra la scena di ieri, con meno sole e più freddo. Maria, di fronte a
me, con la speranza che tutto si appiani.
"Forse qualcosa possiamo fare, ci vorrà del coraggio però." Non voglio
illuderla che sia una cosa semplice.
"Non sono mai stata coraggiosa, anzi."
"Beh, non sminuirti, bisogna avere fegato anche per quello che hai fatto,
intendo la tresca col cantante."
"Giorgio, sì ma non è coraggio, solo incoscienza. Cosa hai pensato?"
"Te ne devi liberare, e al più presto. Io so come."
"Ma è peccato, di quelli mortali, non ci sarà nessun perdono, mai, niente
vita eterna."
"Non ne sono sicura ma credo sia peggio farsi ammazzare di botte in
questa, di vita, Antonio non la prenderà troppo bene."
Comincia a piangere in maniera convulsa, cerco di calmarla senza
successo, e allora aspetto che finisca le lacrime. Poi appena riottengo la
sua attenzione le faccio una domanda:
"Cosa sa Giorgio?"
"Tutto, come facevo a non dirglielo?"
"Anche di me? Che mi hai chiesto aiuto?"
"Sì, ho sbagliato?"
"No, però sarà meglio che venga anche lui quando andiamo a... hai
capito dove."
Ancora singhiozzi, mi sembra impossibile vederla in quella relazione,
con un carattere così debole. Aspetto ancora che termini la sua lagna,
poi mi accordo.
"Allora, ci vorrà tutta la mattina e sarà bene farlo subito, è più semplice.
Meglio già domani, va bene?"
"Per forza, se non c'è altro da fare."
Mi guarda con gli occhi imploranti, spera che le suggerisca un
alternativa.
"Fattene una ragione, vi aspetto domattina alle nove, dobbiamo andare
di là dalla collina."
Giorgio sarà anche un imbecille, non so come definire un amante così
irresponsabile, però è veramente bello e aitante. Sale per il sentiero
liberandolo dai rami per facilitarci il passaggio, e quegli occhi... mamma
mia. Se non fosse che... lasciamo perdere.
"Ma non era meglio la strada che costeggia il cimitero per andare di là?"
domanda girandosi dalla cima di un greppo. "E si farebbe prima."
Avrà fretta, penso.
"Sì, si farebbe sicuramente prima ma è frequentata, e noi non vogliamo
compagni di viaggio, di qui non passa mai nessuno."
Maria non aveva più parlato, sentivo che tirava su col naso e ogni tanto
si asciugava gli occhi, mi piangeva il cuore ma era una cosa che andava
fatta. Inutile cercare di consolarla. Giorgio, al contrario, ogni tanto si
girava per incitarci.
"Allora pigrone, volete sbrigarvi?"
Non vede l'ora di arrivare, o almeno è quella l'impressione. Dopo un'ora
di cammino sbuchiamo su un piccolo pianoro con un vecchio pozzo
diroccato e, nascosto dall'avanzare indisturbato del bosco, un rudere, un
antico casolare. Lo chiamano il Boscaccio, abbandonato anni prima
proprio col prosciugarsi del pozzo. Hanno anche provato a venderlo, lo
hanno proposto sia a noi che ad Antonio ma senza successo. Poi più
nulla. Mi fermo.
"È meglio riposarsi qualche minuto" propongo sedendomi su una pietra.
"Sì, mi sento stanca" dice Maria.
Mentre Giorgio conferma la sua fretta: "Sì, ma non stiamo tanto."
Tiro fuori dal sacco una bottiglia.
"Volete?"
"Cos'è?" domanda Giorgio.
"Acqua mista ad aceto, è dissetante, prendi."
Giorgio l'afferra e ne manda giù un paio di sorsi, prima di accorgersi che
Maria aveva già allungato un braccio, gliela porge. Tra tutti e due ne
bevono più di mezza prima di riconsegnarmela. Adesso devo solo
aspettare, dovrebbe trattarsi di minuti. Maria si sposta un po' per
riuscire ad appoggiarsi a un albero.
"Mi sento veramente stanca, vi dispiace se vi faccio perdere un minuto?"
"Non preoccuparti" risponde Giorgio "anzi, mi sdraio un pochino
anch'io. Tu Maria sei stanca?"
"Certo, facciamoci un sonnellino, poi, riposati, faremo prima."
Si addormentano, non devo fare altro che aspettare.
La prima soluzione poteva funzionare, ma c'era sempre il rischio che
succedesse ancora, o che qualcuno parlasse. Con la seconda ero sicura
che la storia sarebbe morta con loro, e finita nel vecchio pozzo. Dove
getto i corpi appena non respirano più. Ci butto anche la bottiglia
d'acqua con l'aceto e il veleno. Faccio tutto con calma e un po' di fatica,
poi riprendo la strada di casa.
La scomparsa di Maria prende molto tempo nelle chiacchiere del paese.
Di Giorgio non ne parla nessuno, qualche volta il prete. Antonio mi
confida che non gliene frega nulla, anche perché continuiamo a
frequentare il vecchio fienile dello Storpio.
È arrivata la primavera, tutti sanno che sono ancora incinta e di Maria
parlano solo per compiangere Antonio, abbandonato da quella inutile
"prugna secca". I lavori per la deviazione sono finiti e domani è il gran
giorno, tornerà l'acqua per irrigare i nostri campi, siamo tutti
impazienti.
Finalmente il Canale Maestro rivive e con lui la nostra terra.
Antonio è venuto a mangiare a casa nostra, e a bere, sia lui che Valerio
sono ebbri di vino.
"Allora Antonio, vogliamo finirla questa bottiglia?"
"Ma sì, finiamola. Quanta acqua ti ho fatto arrivare, ancora più di prima,
abbiamo agito più in alto, c'è voluto solo un po' più di lavoro, ma che
risultato."
Hanno la bocca impastata tutti e due, ma continuano a buttare giù vino,
sono proprio contenti, hanno ottenuto il loro scopo.
"Un risultato inaspettato" va avanti Antonio "pensa, arriverà l'acqua
anche al vecchio pozzo del Boscaccio: un miracolo."
Mi prende un colpo, ma se l'ha detto deve essere vero, da stasera
comincio a convincere Valerio che è un affare comprare quel posto, non
sarà difficile adesso che potremo finalmente contare sui raccolti di una
volta.
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- Grazie Stan, mi ha fatto molto piacere il tuo commento, anche per la difficolltà che hai avuto nel firmarti. In ogni caso non so come funziona qui, ma domenica scorsa ne ho inviato un altro per la pubblicazione ma non l'ho ancora visto, un po' diverso da questo, ma credo piacevole. Ci sono sempre i soliti ad intasare il sito.
Grazie ancora e a presto
- Chi la dura la vince, come nel tuo racconto!
- accidenti! voglio comparire!
Anonimo il 24/07/2015 20:24
Il commento è mio: STAN
Anonimo il 24/07/2015 20:24
Il commento è mio: STAN
Anonimo il 24/07/2015 20:24
Il commento è mio: STAN
Anonimo il 24/07/2015 20:24
Mi era sfuggito, questo tuo, ma per fortuna, casualmente, l'ho recuperato.
A parte l'impaginazione, che è penosa e rende antipatica la lettura, il contenuto mi è piaciuto molto. Un giallo originale per l'ambientazione verista-bucolica. Complimenti.
Opera pubblicata sotto una licenza Creative Commons 3.0