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Un ragazzo non amato

Di lì a poco il caldo sarebbe stato eccessivo ma Antonio quel giorno era uscito prima dalla scuola ed era già morto da più di un'ora.
Quel ragazzo con i capelli scomposti, il collo taurino, le cosce tonde come prosciutti, che ogni giorno tornando da scuola sbucava dal ponte nero della ferrovia, con lo zaino in spalla, era morto!
Sorrideva timidamente quando incontrava qualcuno e salutava a bassa voce; era abituato a essere guardato a causa della sua obesità e il suo saluto appena mormorato, pareva chiedere scusa per l'incontro obbligato dovendo passare di lì per tornare a casa.
Era morto quel ciccione di ragazzo che se ne stava sempre in disparte mentre gli amici si raggruppavano a parlare e ridere tra loro in cortile.
Antonio sapeva che non lo avrebbero chiamato a far parte della compagnia, lo ignoravano; talvolta gli lanciavano qualche occhiata indifferente, come guardassero nel vuoto.
Lui non c'era, lui non era desiderato nel gruppo.
Il ragazzo si metteva accovacciato poco distante e li guardava sorridendo mestamente, senza alcun rancore poiché il suo senso d'inutilità era totale. Dentro di sé non sorgeva neppure il dubbio che quei ragazzi stessero sbagliando, che il loro rifiuto fosse grave.
All'improvviso gli facevano un cenno perché si avvicinasse e si esibisse comicamente, come qualche volta aveva tentato di fare, per attirare la loro attenzione. Ci era riuscito.
Allora saliva sulla scarpata vicina e si buttava giù rotoloni, abbassando la testa fra le ginocchia e tenendosi strette le gambe per apparire un grosso pallone che sarebbe andato a cadere ai loro piedi se non si fossero prontamente scostati. Riusciva a farli ridere a crepapelle.
Una volta rotolò talmente velocemente che per l'inerzia andò a finire contro la cancellata che cingeva le case di una periferia. Gli si ruppero due costole, rimase fermo e arrotolato su sé stesso fino all'arrivo del padre il quale, dopo averlo insolentito e preso a calci, chiamò l'ambulanza.
Ci vollero mesi d'immobilità per guarire e non soffrire gli atroci dolori delle ossa rotte. Ciò non fece che peggiorare la sua obesità e la fame era insaziabile.
Aumentarono in proporzione anche le urla e le malevolenze del padre, ma dagli occhi di Antonio non era mai uscita una sola lacrima. Il suo cuore si era fatto di pietra, insensibile, inaccessibile.
Quando guarì cercò di attirare l'attenzione dei compagni che lo avevano ignorato e dimenticato per tutto quel tempo della malattia. Sebbene si sentisse dissimile, desiderava la loro presenza, li cercava.
Aveva imparato a fare delle smorfie e ad assumere atteggiamenti irridenti, caricaturando sé stesso, il professore di matematica, il prete che ogni domenica diceva l'omelia nella chiesa del quartiere.
Riusciva ancora a far ridere quei ragazzi ed egli si accontentava, provava piacere nel vederli contenti anche nel loro scherno divertito.
La gente del caseggiato andò in casa di Antonio a tutte le ore per portare una parola di cordoglio alla madre e ai fratelli. Il padre era assente.
Sotto quel ponte, di tanto in tanto, transitava un treno che trasportava le merci; tra il binario e la parete del cavalcavia c'era una strada abbastanza larga per il passaggio degli abitanti delle case dove Antonio abitava.
Lo avevano trovato steso lungo la palizzata, con il capo schiacciato da una grossa pietra. Furono chiamati subito i carabinieri e dopo di loro arrivò anche una rumorosa quanto inutile ambulanza.

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4 commenti     4 recensioni    

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4 recensioni:

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  • Don Pompeo Mongiello il 23/03/2015 11:51
    Molto ben scritto e scorrevole, ma come ha già detto Stanislao è un dramma e non un Horror. Complimenti comunque e di vero cuore.
  • Stanislao Mounlisky il 23/03/2015 05:45
    errata attribuzione della categoria "horror" a questo racconto che rientra nella categoria "drammatico", al di là dei sentimenti che può suscitare
  • ivano51 il 22/03/2015 09:21
    Estremanente crudele l'egoismo del padre, purtroppo ne esistono di peggio nella realtà, nel silenzio delle mura domestiche, a volte prigione
  • Vincenzo Capitanucci il 22/03/2015 07:03
    chi è Ciccio... chi è Rossomalpelo.. ma la cattiveria e la discriminazione è sempre la stessa...

4 commenti:

  • Stanislao Mounlisky il 23/03/2015 15:58
    Se non vuoi che ti legga dimmelo chiaramente... non è la prima volta che ti risenti per una mia considerazione sacrosanta.
    Mi riferivo alla letteratura horror, a cui hanno contribuito autori come Edgar Allan Poe, Arthur Conan Doyle e Stoker.
    Ho qui utilizzato adeguatamente e non solo per far punti lo spazio "recensioni": poche parole, è vero, ma nessuna fuori posto. Ossequi
  • Verbena il 23/03/2015 12:25
    Non andando mai al cinema a vedere film Horror, hoi ritenuto che la categoria potesse comprendere anche l'orrore e ovviamente anche tanto sconcerto che suscita un padre nell'uccidere un figlio per fatui motivi. Mi avvedo che persino al di fuori del testo si vanno a cercare le pagliuzze... Mettetevi il cuore in pace, non ho niente contro nessuno. Un bel saluto a tutti.
  • Stanislao Mounlisky il 23/03/2015 05:46
    ben scritto, apprezzata la misura corta, complimenti
  • Ugo Mastrogiovanni il 22/03/2015 10:33
    Commovente il tema, impeccabile la stesura.

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