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E poi che Sirenetta sarei se morissi in mare?
"Secondo te gay si nasce o si diventa?" Chiedo a bruciapelo alla mia migliore amica di sempre Nadia, mentre, in mezzo a una tempesta di pioggia scrosciante, mi sta portando a casa con la sua auto.
"Ma che domande mi fai?" Risponde la mia bionda amica concentratissima alla guida.
"Ma così, per dire! Dai rispondi!" mi giustifico io con il solito tono da "educanda maliziosa" che da sempre mi contraddistingue.
"Mmm... fammi pensare, io credo che ci si diventi... nel senso che la società secondo me, in qualche modo "ci imponga" di diventare gay o etero perché non tollera la nostra bisessualità "
"Nadia?! Ma vaffanculo!"
È stata Nadia a farmi notare che forse io ero un "omosessuale ego-distonico". Immaginarsi! Quando me lo disse io andai su tutte le furie. E invece come al solito aveva ragione lei, io non solo ero e sono omosessuale ma, in quanto tale, non mi accettavo per nulla.
Questo durante l'adolescenza perché dai quattro ai nove anni io sapevo benissimo cos'ero, io ero una donna e il fatto di avere altro in mezzo alle gambe invece che la patata, per me era solo un dettaglio che non mi faceva soffrire affatto.
Ma anche questo non è vero. Io soffrivo, e soffrivo perché mia madre l'unica donna che abbia mai veramente amato nella mia vita, aveva notato che io mi comportavo in modo diverso da come avrei dovuto in quanto maschietto, ovvero: mi comportavo e a volte vestivo come una femmina, i miei modelli e miti erano tutti esclusivamente di sesso opposto al mio, odiavo tutte le tipiche attività da "maschio", su tutte il calcio, e nei giochi di fantasia facevo sempre personaggi femminili e per questo gli altri ragazzi un po' mi emarginavano. E lei per questo mi prendeva in giro. Mi umiliava, e io sapevo di deluderla e questo, vista la mia adorazione verso di lei, mi faceva un male indicibile.
Così iniziarono gli anni della "grande auto repressione", e soprattutto i goffi tentativi di e per sembrare "maschio". Questa eccessiva schematizzazione dei ruoli di genere mi portò ad avere enormi problemi comunicativi con quelle stesse ragazze che io volevo tanto conquistare, possedere.
Nadia è proprio una brava ragazza. Come al solito mi schiocca un bacio sulla fronte prima di lasciarmi scendere dalla sua vecchia Polo rossa, e poi io esco e nel tragitto dal cancello a casa mia e mi bagno come un pulcino. Entro in casa e mi spoglio. Mi piaccio nudo. Mi asciugo e indosso qualcosa di caldo, poi mi posiziono davanti alla TV, distratto, molto distratto perché invece di concentrarmi sulle immagini televisive mi metto a pensare a cosa mi è successo qualche giorno fa. Un fatto che non mi so spiegare; strana, preziosa, sensazione che mi fa "ballare" il cuore.
Rivedo tutto, nitidamente nella mia testa, come se fosse un film. Io in biblioteca a studiare, io che non ho niente a che fare con l'immagine da sfigatello che in genere hanno tutti i frequentatori delle biblioteche civiche dei piccoli paesi di provincia come il mio, anzi io mi ci impegno ad andare lì con un'immagine "diversa", mi metto in tiro per andare in biblioteca, più del solito, più di quanto farei per andare in discoteca, per dire. Stavo studiando per un esame quel giorno ma non riuscivo a concentrarmi come dovevo, così decisi di uscire un attimo per fumarmi una sigaretta.
Lui l'avevo notato all'interno della biblioteca. Stava solo qualche tavolo più in là del mio. Un bel ragazzo moro con un accenno di barba sul volto abbronzato. A dire il vero continuavo a fissarlo, per questo non riuscivo a concentrarmi sui libri, era per me di una bellezza ipnotica. Mi sembrava di non averlo mai visto prima, e questo mi eccitava ancora di più.
Così sono uscito, ho acceso la mia bella sigaretta e... e me lo sono ritrovato davanti. Io ho continuato a fumare, più nervoso che mai, e ho iniziato a "torturare" il mio lungo ciuffo che mi ricadeva inerme sulla bianca fronte.
Quattro stupide chiacchiere di circostanza. Lui aveva un sorriso proprio magnetico. Poi lui di punto in bianco mi ha chiesto: " Quindi non ti ricordi di me?", io a quel punto poggiavo contro il muro con la schiena, lui mi si è fatto vicinissimo reggendosi con un braccio e spingendo il proprio busto pericolosamente verso il mio corpo. Le labbra quasi, per pochissimo, un soffio, si stavano per incontrare, ma questo, purtroppo, non è avvenuto.
A quel punto io, un poco deluso, l'ho guardato in faccia intensamente. "Ti ricordi di me?", avrei dovuto? Ho cercato di ripescare un qualche ricordo nella mia memoria, ma a vuoto, figurarsi io non sono mai stato un fisionomista! Lui ha aspettato un po' in silenzio, sorridendomi però quasi beffardo. E dopo attimi di silenzio, che per per me sono sembrati eterni, lui con una voce sicura e maschia, con accento, non certo di queste parti, mi ha detto: "Sirenetta!!! Non dirmi che non ti ricordi di me, del Simone..." .
Ecco, devo dire che quando lui mi ha detto questa cosa mi si è letteralmente gelato il sangue nelle vene, e non avete nemmeno una minima idea dei ricordi terribili che una frase del genere sia riuscita a riattivare in me, tutti d'un colpo. Lui, Simone, compagno d'asilo, che tutti qui in paese, in primis mia madre, avevamo dato per disperso, e che, appunto, ai tempi dell'asilo mi chiamava "la Sirenetta".
"Sai quando è stata usata per la prima volta al cinema la parola gay?" Mi chiede lui con una faccia da saputello davvero sexy, mentre stiamo degustando un piatto di ottime linguine allo scoglio in un esclusivo ristorantino della riviera ligure. Io con un ampio sorriso, a rana, faccio di no con la testolina. Allora con un tono più da saputello di quanto non potesse esserlo la sua faccia prima, mi delucida al riguardo: " "Bringing up baby" del 1939 con uno splendido Cary Grant, che a un certo punto entra in scena in abiti femminili esclamando davanti tutti che " diventato gay"". E sorride con una faccia inequivocabile, la faccia di uno che mi vuole "rubare" un bacio.
La complicità tra me e lui stasera è davvero alta, stiamo anche bevendo molto, e le chiacchiere sono a fiume. E così lui mi parla di una commedia di Aristofane in cui il protagonista pare esclamare: " Ne combini delle belle a mio figlio, fanfarone! Lo incontri che esce ancora tutto sudato dal ginnasio, e non un bacio, un complimento, un abbraccio! Non gli hai nemmeno accarezzato i testicoli, tu, un amico di famiglia!" la sa lunga Simone, ne sa più di me.
Ma stasera ha esagerato con il rosso, usciamo e lui non riesce a smettere di ghignare. C'è vento, il mare mosso. Io gli stringo la vita, e mi sembra una cosa così buffa da fare, visto che dei due sarei io quello più fragile!
La mia amica Nadia, che è la mia migliore amica ormai da una vita, mi ha detto una sera, mentre eravamo nella baita di montagna dei suoi genitori: "Sono lesbica!" io ricordo di non averle risposto niente, solo di averla stretta forte a me. Lei tremava tutta e frenetica si è messa a dire: "No, non lo sono! Cioè non lo so...".
Non so nemmeno io perché le ho detto di stare zitta, che non era niente, niente di grave, ma detto ci mi sono messo a cullarla tra le mie braccia.
Ma lei era un vero e proprio fiume in piena, così mi ha chiesto se mi ricordavo di Clara la sua coinquilina all'uni, e io le ho risposto che certo che me la ricordavo... e lei insicura più che mai mi ha confessato di essersene innamorata. "Però ti giuro Manu, non sento il desiderio di fare all'amore con lei, di toccarla... tutta una roba platonica capisci?", io mi sono messo a ridere e gli ho detto di no, che non riuscivo a capire, che per noi "froci", noi maschi in genere, era davvero difficile immaginare la vita senza sesso, figurati l'amore, allora lei si è sciolta, e si messa un po' ridere anche lei. E io ho aggiunto: "È il bello di voi donne, non siete così legate alla fisicità; potete e riuscite ad amare a prescindere dal sesso...".
Nadia in realtà è bisex, tutti lo sanno, anche qui in paese. Anni fa stava con un ragazzo che a un certo punto della relazione si presentò da lei con un ragazzo che le disse essere il "suo ragazzo". Nadia a dir la verità non si è mai fatta troppi problemi, di alcuna natura, figurarsi se si li potesse fare sul sesso delle persone che si portava a letto! Poteva farsi per una settimana Susanna e per quella dopo Giovanni, per lei era una cosa del tutto normale. Solo che dirlo, ammetterlo, proprio non è mai riuscita, e poi accusava me di essere una "velata"!
Anche Simone è bisex. L'ho scoperto qualche giorno dopo il nostro fortuito incontro in biblioteca. dopo quell'incontro ho davvero scoperto tante cose sul suo conto. Ho scoperto che dopo il liceo si era trasferito in un piccolo paese della provincia di Savona, in Liguria. Là aveva perso l'accetto, là era diventato un'altra persona, ma soprattutto, purtroppo, aggiungerei, là ha conosciuto, quella "brava ragazza" di Rosa, sua moglie. Si trovava nel nostro paesello natio, per un lutto di famiglia. L'avevo incontrato in biblioteca perché come mi ha detto lui ridendo: " In un paesino piccolo come il nostro si può fare vita "mondana" solo in pochissimi posti e uno di questi, quello che io preferisco, è la biblioteca!".
Simone doveva ripartire. Il lavoro, suo figlio iniziava a mancargli, perché ebbene si lui e Rosa avevano pure generato dal loro amore una creatura.
Simone dopo avermi posseduto, selvaggiamente, mi dice che mi trova "molto donna", io protesto, quasi strillando, monto in piedi, una vera e propria scenata isterica, lo ammetto, ma tanto non me ne importa nulla, siamo in un'anonima e molto discreta camera d'albergo. Lui non capisce, poverino rimane interdetto, allora io gli spiego: "Tesoro vedi non è colpa tua, non può essere colpa tua perché tu non potevi sapere, ma vedi, io ci ho messo molto tempo a diventare quello che sono, e per fare ciò ho sofferto anche tanto. E in realtà non è neanche vero che tu non ne sai niente, perché io, caro mio, ebbene sì, ho sofferto anche a causa tua!"
Lui mi guarda, ora, proprio sconvolto e con un filo di voce "osa" chiedermi: "Io? E perché mai? Quando e come?". A dire il vero mi si stringe il cuore a vederlo con quello sguardo sincero, che mi fa capire che è veramente dispiaciuto, ma no, io non posso più stare zitto.
"Sì tu, proprio tu e gli altri bambini come te che continuavate a chiamarmi "Sirenetta" e a prendermi in giro!"
"Ma- ma amore tu dicevi sempre di chiamarti "Ariel", di essere la "Sirenetta"!"
"Ma tu che ne sai? (sto ancora urlando!) Che ne sai del dolore che ho provato in tutti quegli anni? Quegli anni in cui mi sentivo così sbagliato, in cui tutti, e soprattutto chi più amavo, mi facevano sentire inadeguato a chissà quale cazzo di legge secondo-natura; che ho passato a rinnegare me stesso, cercando di apparire diverso, di integrarmi, di farmi male, di punirmi; anni passati a lottare contro un corpo che non accettavo come mio. Anni passati in un occhio del ciclone in cui sognavo di trovare un equilibrio, uno qualsiasi, al quale potermi aggrappare... e alla fine mi sono detto che questo era ed è, e sempre sarà il mio corpo e che quindi tanto valeva tenermelo così com'era, com'è..."
"Ma infatti non importa quello che sei fuori ma quello che senti di essere dentro..." mi dice lui sorprendentemente serio.
E io, non posso farne a meno, sclero ancora di più, e strillo: "TU NON CAPISCI!!! DICENDOMI CHE SONO "DONNA" NON FAI ALTRO CHE METTERMI IN CRISI... io sono oltre a tutto ciò... per me tra MASCHILE e FEMMINILE non c'è alcuna DIFFERENZA!"
E dicendo ciò io tremo troppo, come se spossato, come spaventato dall'incredibile portata della mia sempre ingombrante emotività. E lui resta in silenzio, mi stringe forte a sé e resta in silenzio. Inizia a piangere e mi sussurra all'orecchio: "Scusami piccolo!". Non credo che nemmeno lui abbia ben capito perché mi chiede scusa, ma ciò, comunque mi fa piangere.
"E perché alla fine non hai più deciso di cambiare sesso se ci tenevi così tanto?" mi chiede lui, imprudentemente. Io ora sono anche di luna buona e quindi gli rispondo: "Sai come avviene la "transizione"?"..."uhm, non proprio, come avviene?", "Allora, prima si fa tutto un percorso psicologico con psicologo e psichiatra e un trattamento ormonale, ma forse questo lo sai già, poi si procede con l'operazione chirurgica vera e propria, ovvero: asportazione del glande, dei corpi cavernosi, del pene, buona parte dell'uretra, i testicoli e canali deferenti; poi si fa un'incisione nel perineo, e fra la parte anteriore del intestino retto, la prostata e la parte superiore della vescica, in modo da creare una "nuova" cavità che verrà ricoperta con la pelle rovesciata del pene, et voilà il più della "vagina" è fatto! poi con lo scroto "si costruiscono" le piccole e grandi labbra vaginali...".
"Però, accidenti! E poi la cosa, funziona?"
"In teoria le terminazioni nervose dell'ex pene dovrebbero permetterti di provare l'orgasmo; di fatto la vagina "finta" spesso rimane troppo corta o stretta, e potrebbe essere il focolaio perfetto per dar vita a infezioni; quindi non molto funzionale!"
"Quindi saresti in tutto per tutto come una donna normale... alla fine basta simulare eh eh!"
"Scemo!" e gli tiro un cuscino in faccia. Lui ride e anche io.
Ma dentro di me non rido tanto. All'improvviso sento che le parete anonime di questo squallido alberghetto dimenticato da dio, o chi per lui, è come se mi soffocassero. Il caldo afoso me lo sento addosso appiccicoso; mi manca l'aria, e poi quest'umidità "alla salsedine" mi ha proprio rotto da morire. E dopo questi giorni di assurda fuga dal mondo, mi rendo conto che tutto ciò non ha senso, e che soprattutto, tutto ciò, mi sta venendo a noia. Vorrei scappare davvero con questo uomo che amo e che sento mio solo a metà, ma neanche... anche le pale del ventilatore girano pigre, come arrese all'immobilità insana dell'ambiente nel quale sono state inserite.
Così decido che adesso o mai più, quindi mi giro implorante verso il suo bel volto giovane e virile e gli chiedo: "Perché ti sei sposato?"
Il suo meraviglioso sorriso si trasforma d'improvviso nella smorfia di chi è appena stato morso da un serpente velenoso; si rabbuia. E con voce monotona mi risponde: "Ma che cazzo di domande mi fai? Io amo mia moglie Rosa!"... attimi di silenzio, veri e propri macigni pesantissimi. Poi si gira di scatto verso di me, che ormai sto a pancia in su a guardare il soffitto, il vuoto. E mi afferra brutalmente la mascella e mi intima con voce rabbiosa: " Tu mia moglie non la devi neanche nominare, okay?!"
Poi scoppia in lacrime, in silenzio. È di schiena, non posso vederlo in volto. E dopo attimi che a me sono sembrati i secoli più lunghi e orribili della mia giovane vita, lui con sta cazzo di voce priva di tono mi ordina di rivestirmi di prendere la mia roba, e sì, insomma, andarmene, tornarmene a casa, che voleva starsene un po' da solo, e aggiunge che forse è meglio non vedersi più che lui non era mica un... sì, bé avevo capito.
Sono uscito da quell'oscena e periferica stamberga pochi minuti fa. Sono angosciato ma mi sembra di respirare meglio.
L'odiata umidità salina m'incanta, mi strega, e costringe i miei piedi a raggiungere il mare dal quale del resto non sono molto lontano. Il sole e l'afa non mi danno più fastidio, anzi ho freddo, sento un freddo terribile addosso.
Arrivo a un suggestivo e isolato strapiombo sul mare. Vorrei chiamare Nadia, ma allo stesso tempo vorrei tenerla fuori dai miei casini di cuore, del resto lei mi aveva già detto che non era una buona idea frequentare un maschio dichiaratamente etero, sposato, e che all'asilo mi chiamava "Sirenetta"! Mi sento morire, letteralmente morire.
Eppure, eppure basterebbe così poco per porre fine a tutto, un solo passo... in questi casi, davvero, come dicono, ti vedi scorrere davanti tutta la tua vita, lunga o breve che sia o sia stata. E davanti a me vedo le immagini di grandi delusioni, frustrazioni e umiliazioni, ma anche di grandi battaglie, di coraggio... ci penso e ci ripenso, no, farei un danno a me stesso, alla mia storia, alla mia personalità, nonché al mio coraggio. E poi che "Sirenetta" sarei se morissi in mare?
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3 recensioni:
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- Quel che stai scrivendo, ormai da tempo, è il tuo romanzo interiore. Sei molto lucido con te stesso e col mondo che ti circonda e hai tanta voglia di denunciare, di mettere a nudo, di scavare, di ribaltare. E, a mio avviso, la strada è quella giusta.
- Guarda Francesco a parte qualche refuso qua e là, il racconto è davvero carino, c'è quel pezzo in cui parli dell'infanzia e del difficile rapporto con un corpo che è in contrasto con il pensiero che è estremamente lirico e soprattutto istruttivo. Bravo bravo un bacio
- Mmm... fammi pensare, io credo che ci si diventi... nel senso che la società secondo me, in qualche modo "ci imponga" di diventare gay o etero perché non tollera la nostra bisessualità "
"Nadia?! Ma vaffanculo!" ... la A-(n)-negata di A-more..
- grandi! Grazie troppo buoni!

- Un narrare semplice, scorrevole, gradevolissimo.

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