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Una vita da utile
Mi chiamo Pasquale Agogliaro, ho 50 e sono pronto a morire. Non che sia malato o abbia tendenze suicide, semplicemente non sono più utile a me stesso o agli altri. Essere utile è sempre stato un mio bisogno primario, non perché io sia altruista, assolutamente, anzi semmai è proprio il contrario, il mio è egoismo, se mi rendo utile nessuno avrà mai nulla da rimproverarmi. O almeno così ho sempre sparato perché se c'è una cosa di cui non voglio più sapere nella mia vita quella è proprio il biasimo, un ricordino che mio padre e mia madre mi hanno lasciato in eredità dopo la loro morte, a mia sorella è toccata la casa, ma questo è un altro discorso e non interessa a nessuno. La cosa veramente importante oggi è che sono pronto a morire, e lo sono perché da oggi non ho più nessuno per cui rendermi utile. Non vedevo Sonia da almeno trent'anni, ma del resto non vedevo nessuno da almeno trent'anni, oggi per la prima volta dopo tutto questo tempo l'ho vista davvero serena come non lo era mai stata, stesa in quella bara decorata di stoffe viola e bianche sembra sorridere con l'aiuto del sostegno in plastica che tiene alto il mento, attorno amici e parenti piangono. Con l'età mi sono scoperto più sensibile alla morte, qualche lacrima mi bagna la guancia ad intervalli irregolari, Sonia è morta e con lei l'ultima speranza di essere utile, l'ultimo aggancio con il mondo.
Si è vero io e Sonia non siamo mai stati particolarmente legati in passato, amici certo ma non da cena fuori o da uscita di gruppo, certo se avessi saputo della sua malattia avrei almeno provveduto a farle visita regolarmente, magari ogni tanto avrei pure portato dei fiori, ma ormai è tardi per gli "avrei potuto".
Ai piedi della bara un uomo in abito nero riceve condoglianze ed una ragazza con un lungo abito verde scuro assorbe passivamente ogni condoglianza, non sapevo che Sonia fosse sposata, ma ora vedo l'anello luccicare dal suo dito nella bara; una volta avevo un migliore amico, Eugenio, era un tipo strano, diciamo fuori dalle convenzioni, Eugenio si era sposato, una sera bevevamo al pub, vidi che mi guardava profondamente, quasi cercasse di vedermi l'anima. < Che c'è? > chiesi < Come fai? > disse, non capii cosa intendesse, < A fare cosa? > < A stare da solo ed a non sentire il bisogno di una donna nella tua vita? > < Perché ogni vita è sofferenza> dissi <ed io soffro abbastanza per me stesso, non ho bisogno delle sofferenze di altri, o peggio ancora per altri >
< L'amore ti aiuta a vivere meglio le sofferenze, io lo so, mia moglie è il mio sostegno nella vita >.
Penso spesso ad Eugenio, poveraccio si tolse la vita dopo aver trovato sua moglie a letto con un ragazzo con meno anni e più centimetri di lui, e dire che erano una così bella coppia.
Sono a casa e fisso lo schermo della TV, non so cosa sia in onda in questo momento, la mia mente è altrove, anni fa, il ricordo è ancora vivido nella mia mente, ero giovane forse diciottenne, avevo un'amica Eleonora era il suo nome, ricordo distintamente la chioma di grano e gli occhi di smeraldo che la caratterizzavano, non ne ero innamorato, nossignore, anzi ero pure fidanzato ai tempi, il ricordo mi fa ancora male, ricordo l'ospedale dove era Eleonora.
Era in una stanza, in compagnia di tre letti vuoti, i capelli ancora incrostati di sangue ormai scuro e secco, l'iride smeraldo sembrava un'isola in un mare rosso, il volto pesto giallo-violaceo, due denti mancavano all'appello, la vedevo stesa lì e sentivo la tristezza serrarmi la gola, immobilizzata da un ginocchio rotto, irriconoscibile in viso ma era viva e mi sorrideva. Ancora oggi quel sorriso mi balena davanti agli occhi, fu quella violenta sincerità che lo caratterizzava a renderlo uno dei sorrisi più significativi che avessi mai visto, le labbra sottili di Eleonora si incurvavano verso il basso i suoi zigomi si alzavano in modo che non fosse possibile vedere i denti spezzati, gli occhi nascosti dalle guance leggermente rigonfiate formavano degli archi in cui sembrava essere nascosto il segreto della vera felicità. Mi ritrovo ad asciugarmi le lacrime, mi sento più vecchio di quanto non sono, mi commuovo facilmente ormai, eppure non mi sento saggio come vorrei essere, Eleonora è stata forte nell'affrontare l'incidente stradale, la riabilitazione ed il resto della sua vita, chissà dove sarà ora, chissà se si ricorda dei pomeriggi che passai con lei in ospedale a fare le parole crociate, chissà se le ha fatto piacere avere me a farle compagnia quando tutti i suoi amici più stretti non c'erano. Ora come allora non so capire quando non sono più desiderato o quando non lo sono mai stato, eppure stare lì con lei in quella squallida stanza arancione-pallido mi faceva sentire meglio, mi faceva sentire utile, padre, madre è questo che mi avete lasciato! Il bisogno di attenzione, la pacca sulla testa che si dà al cane che ha riportato il bastone, il costante bisogno di apprezzamento che fa perdere se stessi al servizio degli altri, una vita senza realizzazione personale, cambiano i treni ma i binari rimangono gli stessi fino a quando ogni linea viene sospesa ed il binario diventa inutile, la vita va vissuta da capotreno ora lo so, ora che volge al termine ora che i ricordi ed i rimpianti mi avvolgono il cuore e stringono sempre di più la presa mentre ripenso ad ogni occasione sprecata, ad ogni amore buttato, ad ogni lusso negato, padre madre vi perdono, la colpa è mia, vecchi amici e conoscenti, dolci amanti perdonatemi anche voi, vi ho capiti troppo tardi ed ora sento solo il freddo della solitudine, il buio mi avvolge, il dolore svanisce, le azioni passate perdono significato e finalmente è pace.
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- Hai saputo creare un personaggio-maschera veramente originale! Mi complimento
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