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Into the Darkness - Nell'oscurità
Novembre. Gli alberi puntano i rami spogli al cielo plumbeo che li sovrasta. Folate di vento fendono l'aria, l'erba, i corpi.
Emma e Save rabbrividiscono, stretti l'uno all'altra, infagottati negli spessi cappotti invernali.
Emma prende un respiro profondo, allontanandosi lievemente da lui e dalle sue labbra infuocate.
Era stato dolce, all'inizio. Le aveva dato i suoi tempi, non l'aveva forzata a far nulla. Ma adesso che Emma era pronta, lui voleva tutto.
E lo voleva adesso.
Con un gemito di tristezza, Emma riflette sullo sconfinato squallore della loro situazione attuale: Save era fidanzato. E a quanto pare lei era l'unica a ricordarselo. Erano tante le cose che Emma aveva imparato su di lui durante quella loro relazione clandestina. Una di queste era che Save era capacissimo di scrivere un messaggino romantico zeppo di "ti amo" falsi e cliché amorosi alla sua ignara fidanzata, proprio mentre stringeva Emma e la intrappolava nella morsa delle sue labbra voraci e braccia vigorose. Emma lo amava più di quanto avesse mai amato qualcun altro in vita sua, ma neanche l'immenso sentimento che provava per lui poteva impedirle di comprendere chi fosse davvero Save.
Un ragazzo bellissimo, che sotto l'apparenza angelica e innocente celava un'essenza per certi versi diabolica. Ricordò improvvisamente ciò che le era stato riferito da un amico: quando un compagno di classe aveva fatto notare a Save che uscire con un'altra ragazza era piuttosto sbagliato nei confronti della sua attuale fidanzata, lui aveva semplicemente risposto che non gliene importava.
Emma lo guarda negli occhi, sgranando i propri con aria stupita e ferita insieme. Per la prima volta, sente di riuscire a vedere Save per ciò che davvero è: bugiardo, manipolatore, egoista, subdolo, infido.
Predatore.
I suoi occhi continuano a fissarla, impazienti, mentre il suo respiro caldo le accarezza il collo le accarezza il collo e le strappa ulteriori brividi. Le sue mani dalle dita lunghe e affusolate le stringono forte i fianchi, appiccicandoli ai suoi.
-Che c'è?- chiede, leggermente ansimante.
Emma si chiede la stessa cosa.
Cos'è che prova? Desiderio, piacere, amore...?
NO, si risponde decisamente.
Sarebbe facile, tremendamente facile, dire di sì in quel momento, con quel corpo tremante di desiderio schiacciato contro il suo e nessun altro se non gli alberi a fare da testimoni a quell'orrendo crimine. Perché sì, cedere ai bisogni del suo corpo in quel momento sarebbe stato un terribile misfatto, un delitto nei confronti della ragazza di Save e ancor più di se stessa.
Guardalo, Emma.
Emma alza lo sguardo e lo fissa.
Non c'è amore nei suoi occhi, solo brama passionale e feroce, animalesca e pericolosa. Lui non ama la sua anima, vuole solo l'involucro che la contiene. Non vuole amarla, vuole possederla come un bambino impaziente di spacchettare il giocattolo nuovo che gli è stato appena regalato: vuole spogliarla, aprirla, stringerla forte a sé per un giorno o due - finché non arriverà un nuovo giocattolo con cui fare lo stesso. E la sua ragazza sarebbe stata sempre lì, ignara e sconcertata, immersa nel disperato tentativo di capire perché in quei giorni il ragazzo che avrebbe dovuto essere innamorato di lei era invece sempre più strano e distante. E falso.
Emma respira profondamente, sotto gli occhi vigili e sgranati di Save.
C'è ancora amore in lei. Lei lo ama e lo desidera come solo un'innamorata folle può fare. Lascia distrattamente vagare una mano sulla pelle protetta dal giubbotto. Afferra la cerniera e la tira giù delicatamente. Sotto Save indossa una maglietta di cotone a maniche lunghe, tanto sottile da permetterle di sentire i muscoli definiti che cela al suo interno. Vede lui tremare leggermente, sforzarsi di trattenere un gemito. Allora infila timidamente la mano sotto la maglietta, lasciando vagare le proprie dita incerte su quella pelle calda e liscia. Lo sente sussultare, implorarla con un gemito di non smettere; chiude gli occhi e si avvicina ancora di più a lei.
È tra le sue mani. Emma potrebbe dare ascolto al proprio corpo e al suo, far vagare la mano fino alla cerniera dei suoi pantaloni e dare inizio alla festa di piacere e passione che sarebbe fare sesso con lui. Ma il problema è proprio questo: sarebbe solo sesso, nient'altro.
Save, come intuendo i suoi pensieri, le prende la mano tra le sue e la guida delicatamente verso l'orlo dei suoi vecchi jeans.
Emma sente la fiamma del suo desiderio rinvigorirsi e brillare di più, splendere in tutta la sua luce, divampare fino a raggiungere vette immani.
Quelle scintille potrebbero diventare un incendio, ma chi vi sopravviverebbe?
Nessuno.
Il ritmo della scena rallenta, l'aria intorno a loro solidifica, nella foresta tutto sembra immobilizzarsi. Non ci sono più cinguettii di uccelli o scricchiolii di rami spezzati da qualche animaletto di passaggio, il sibilo del vento e delle sue carezze sulle fronde degli alberi cessa improvvisamente.
Emma dice di no.
Si sente come se la vera se stessa non fosse la protagonista, ma la spettatrice esterna della scena che sta per verificarsi.
Al rallentatore, in quell'aria immobile e rarefatta, Emma si vede scostare la mano, togliersi delicatamente Save di dosso e alzarsi con aria decisa e determinata.
Save si alza a sua volta e la guarda con occhi increduli, chiedendole dolcemente cosa ci sia che non va, avvicinandosi sempre di più a lei e pregandola di ripensarci.
NO, NO, NO.
Emma continua a negare, alzando le mani, allontanandosi da lui.
Save le si avvicina ancora, incombe su di lei come... Come un mostro.
Lentamente, Emma vede emozioni contrastanti avvicendarsi in quegli occhi dalla forma lunga e vagamente orientale, che l'avevano sempre affascinata, sia per quelle linee insolite, sia per il loro caldo, rassicurante castano. Vede quel morbido color corteccia piegarsi, contorcersi, deformarsi, fino a diventare nero come l'enorme pupilla che vi è all'interno. Vede Save diventare incredulo, stupito, divertito, infastidito, incollerito, ARRABBIATO.
È furioso. Il bellissimo corpo che solo un istante prima stava accarezzando e stringendo dolcemente adesso si contrae veementemente, come in preda a degli spasmi involontari.
Urla.
-Com'è possibile? Sono mesi che aspetto! Avevi detto di essere pronta, avevi detto...-.
In un lampo Emma ritorna in se stessa.
Adesso non ha alcun dubbio su cosa prova.
-Io ti avevo detto che dovevi fare una scelta! Non voglio essere la tua amante, il giocattolino con cui giochi quando la tua ragazza è troppo lontana da te!-.
Save cambia di nuovo atteggiamento.
Le sue labbra si piegano leggermente, le pupille si contraggono di nuovo.
-Lo so, tesoro. Ma devi capire che è difficile, ho bisogno di tempo...-.
Emma lo fissa, incredula.
-Oh, quindi tu puoi prenderti tutti i mesi che vuoi per compiere una scelta che avresti dovuto fare immediatamente, ma io non posso chiederti di aspettare per qualcosa che riguarda semplicemente me stessa e che non farà del male a nessuno...-.
Save è disperato. Il suo viso si contrae, le emozioni continuano a rincorrersi sui suoi lineamenti come singulti di shock.
-Farai male a me! Non capisci che io ti desidero, io ti...-.
Emma si sottrae al tentativo delle sue mani di afferrarla e attirarla di nuovo a sé.
-Io ti farò male?-. Emma ride, mentre la fiamma di desiderio che poco prima aveva avvertito si trasforma improvvisamente in un falò di rabbia.
-Ricordami ancora come sei felice con la tua ragazza. Come esci tranquillamente con lei la sera, come se niente fosse stato, magari proprio dopo un nostro appuntamento nello stesso pomeriggio. Ricordami come sorridi quando sei con lei, quando io non posso far altro che stare a guardarti da lontano, e sentire il mio cuore spezzarsi per il senso di colpa e il desiderio...-.
Adesso Emma piange. Lacrime furenti le scavano il viso, lavando via quello stupido eye-liner che aveva indossato nello sciocco, immondo tentativo di sembrarle più bella. Aveva davvero sperato che con lui potesse funzionare? Si era davvero distrutta, durante tutti quei mesi, nel tentativo di mettersi nei suoi panni, di comprenderlo, di perdonarlo?
-Ricordami come sta male LEI quando tu non le rispondi al telefono perché sei con me. E ricordami quanto sei bravo a rassicurarla dopo, a fingere che tu non stia facendo nulla di negativo nei suoi confronti, a comportarti come il perfetto, bravo ragazzo che tutti credono tu sia-.
Gli occhi di Save sono pieni di sconcerto e rabbia. Si allontana leggermente da lei, come se ne fosse spaventato.
-Tu sei falso, Save. E sei crudele. Avresti potuto evitare tutto questo strazio, ma hai deciso di protrarlo ancora e ancora. Perché a te non importa di nessuno, se non di te stesso e del piacere che puoi ricavare dalla manipolazione delle persone-.
-Non è vero- sussurra lui.
La sua voce è carica di un sentimento indefinibile; un'ombra gli copre il viso.
-Sì che è vero. Tutte le ragazze che hai usato per il tuo piacere personale, che usi o che userai ancora non sono niente per te. Solo oggetti-.
-No...-.
Un'altra smorfia gli altera il viso.
-Sì!- grida Emma. -È questo quello che pensi delle donne, Save? Che puoi metterne da parte una per prenderne un'altra, come prodotti in offerta sullo scaffale di un supermercato? E fare lo stesso ancora e ancora, finché non troverai il prezzo più conveniente alle tue tasche?-.
-NO!-.
L'urlo di Save lacera l'aria. Stormi di corvi e conigli selvatici intorno a loro scappano, impauriti; la foresta si riempie dei loro passi veloci e scricchiolanti.
Save si avvicina ad Emma, che indietreggia spaventata verso il tronco dell'albero sotto il quale poco prima Save le giurava amore eterno.
Non può vederlo bene in viso, perché tutta la luce del giorno sembra essere svanita.
-Io devo averti-.
Il viso del ragazzo è così vicino al proprio che lei sente su di sé il suo alito aspro e amaro, come quello di un animale affamato.
In quel buio immobile e irreale, tutto ciò che Emma riesce a vedere sono i contorni vaghi dei suoi lineamenti, ma è sufficiente perché capisca che qualcosa non va.
Adesso Save non è solo arrabbiato: è pazzo. È capace di fare qualsiasi cosa, come le conferma il lieve baluginare bianco dei suoi denti perfetti.
Perfetti per morderla.
-Se non ti avrò spontaneamente, allora ti avrò con la forza-.
Adesso il tempo è troppo veloce. In un istante, Save le è addosso, intrappolandola con tutto il suo corpo contro l'albero.
Emma è capace di sentire ogni frammento di corteccia oltrepassare la pelle delle sue mani e conficcarsi nei suoi palmi, suggerendole gemiti di dolore che non pronuncerà mai.
-No-.
-Sì-.
Save spalanca la bocca, scoprendo i denti che prima aveva visto brillare, e le bacia il collo.
Ma non sono i baci delicati, timidi e dolci che le aveva sempre dato: sono i morsi di un leone che inizia a sbranare la sua preda.
Lui è la bestia, lei è il suo cibo.
-NO!-.
Emma lo spinge via da sé con tutta la forza che possiede, Save inciampa e cade, ma è subito di nuovo in piedi.
È TROPPO ALTO TROPPO FORTE NON CE LA FACCIO
I pensieri di Emma si susseguono a velocità inaudita.
Si guarda intorno, rapida. Sorride leggermente.
DEVO FARCELA DEVO FARCELA DEVO FARCELA
Immobile, lascia che si avvicini. Le sue mani si agitano impercettibilmente tra la terra, le sue ginocchia si piegano leggermente.
-Hai cambiato idea? Non lotti più?-.
Al silenzio di Emma, lui risponde con una risata sguaiata, da folle.
Si avvicina lentamente.
-Ne sono fel...-.
Con un breve urlo, Emma lo colpisce con la pietra che aveva raccolto.
Save si contorce dal dolore, tenendosi forte la spalla.
-Cazzo- dice Emma tra sé e sé.
Avrebbe dovuto prenderlo alla testa, ma era troppo alto per lei.
Mentre i suoi occhi increduli e terrorizzati guardano Save soffrire dal dolore, nella sua mente infuria un conflitto.
Com'è possibile che Save voglia davvero farle del male? Forse non doveva colpirlo così, forse era stato un malinteso...
-Puttana!-.
Emma sgrana gli occhi, adesso più infuriata che mai.
NO NO SCAPPA, DEVI SCAPPARE, LUI NON È QUELLO CHE PENSAVI, SCAPPA
Emma gli tira nuovamente la pietra, stavolta prendendolo dritto in testa.
Save crolla al suolo, ma si muove ancora. I suoi occhi, furiosi e in frenetico movimento, lampeggiano di rosso.
Rosso come il sangue.
Emma si volta e scappa, correndo a perdifiato, cercando di mettere quanta più distanza possibile tra lei e quel mostro.
Perché lui non è il Save che ha conosciuto. Lui è un altro.
Nella sua mente, alla stessa, disperata velocità dei suoi piedi, si rincorrono i suoi ricordi.
Le parole che le aveva detto, la stretta dolce delle sue mani, i sospiri densi di bramosia.
Adesso, mentre lottava con i propri polmoni e le articolazioni delle sue gambe per salvarsi la vita, si chiedeva se non fosse stato tutto frutto della sua fervida immaginazione di innamorata.
Dopo aver corso per quelle che le erano sembrate ore, ma che in realtà erano solo pochi minuti, Emma si ferma.
Si butta al suolo, distrutta. Non è mai stata particolarmente amante della corsa e, nonostante il fisico asciutto e snello, non aveva mai eccelso nelle gare sportive.
In un pensiero folle, ripensa ai giorni scolastici, le corse nel cortile antistante l'istituto, tra risate, smorfie e sospiri... E pensa che se non corre, se non si rialza ora, non potrà mai più vivere nessuna di quelle giornate.
Che ne sarà di lei, se si lascerà abbattere in quella maniera?
E sua madre...
La sua voce le torna alla mente, dolce, rassicurante.
-Devi essere sicura di te, Emma. Devi essere forte. Devi essere prudente-.
Quel consiglio è la luce che si accende nell'oscurità della sua anima straziata.
Si rialza.
Una voce la insegue, sembra farsi più vicina, ma lei è determinata: non gli permetterà di prenderla.
Mesi e mesi prima si era innamorata di lui perché credeva che avrebbe potuto salvarla dalla solitudine in cui viveva.
Adesso era lei a salvarsi da lui.
Adesso, lei era la sua, propria eroina.
Forte abbastanza da sapere quando scappare, forte abbastanza da amare se stessa più di un ragazzo che l'avrebbe solo uccisa.
Così, in bilico tra coraggio e terrore, ricomincia a correre.
Save corre, corre a perdifiato.
Le lunghe gambe e le intense ore trascorse al chiuso di una palestra puzzolente e male illuminata hanno dato i suoi frutti. Potrebbe correre ancora e non stancarsi mai.
Potrebbe prenderla, prenderla e...
Lo vuole davvero?
Vuole davvero farle del male?
La sua anima era una volta celeste opaca e densa di nebbie, una palude immersa nelle tenebre.
Oltre quelle nubi, forse, si celava un astro possente e bellissimo, che avrebbe potuto splendere...
Ma se il sole c'era, non era abbastanza forte da sorgere.
Save ricomincia a correre, urlando...
-Sto per raggiungerti! Ti prenderò, lo sai-.
Emma corre, non si azzarda neanche a rispondergli per paura di sprecare fiato.
-Ottengo sempre quello che voglio-.
Emma corre, ancora e ancora, in quella che ormai ha assunto le sembianze di una folle gara contro quella dannata foresta.
Brama il momento in cui finalmente quegli alberi infiniti lasceranno il posto al cielo. E forse...
Save inciampa.
Il suo urlo è un boato, un tuono che scuote l'aria circostante. Incespica in una radice e cade, stanco e pesante, su un'enorme macigno che non aveva mai notato.
Il dolore è lancinante, ma lui si ripete che non è niente.
NON È NIENTE PUOI FARCELA
SE TI RIALZI ORA PUOI ANCORA PRENDERLA
Tuttavia, quei pensieri non sono altro che flebili sussurri, rispetto all'urlo del suo corpo sfinito e dolorante.
Emma lo aveva colpito alla spalla e poi alla testa; e adesso cadeva, si strappava i jeans, e quel maledetto sasso quasi gli incrinava le costole...
Come in un sogno, la sua mente si spense.
E gli alberi lo circondarono.
Emma rallenta.
Non ci crede, finalmente vede una luce. Forse le sue sofferenze sono finite. Forse ha vinto.
Ma non osa ancora sperarlo.
Cammina velocemente, tenendosi il fianco; nota con piacere che non fa poi così male come aveva creduto.
Alle sue spalle, un urlo improvviso la fa sobbalzare.
-Maledizione...-.
È Save. Quanti metri ci sono a separarli? 10, 100, 1000?
Non saprebbe dirlo. E non le interessa. Trovare Save, qualunque cosa gli fosse successa, sarebbe stato compito della polizia.
Passa un po' di tempo prima che Emma si accorga che non sta più camminando sul terreno umido e morbido della foresta, ma su saldo, sicuro asfalto. Quando vede il cielo bianco e tinto di un tenue rosa, realizza che dev'essere l'alba.
Ora ricorda perfettamente: lei e Save si erano incontrati di sera tardi, in quella foresta poco lontana da casa sua, ma abbastanza sicura perché nessuno li vedesse.
Doveva aver corso per tre o quattro ore circa, considerando anche le pause che era stata costretta a fare.
Dio, sua madre doveva essere terrorizzata.
Emma si ferma un attimo a pensare, sedendosi su un marciapiede ad un angolo della strada.
È stanchissima e ha un disperato bisogno di una doccia.
Ma questo si poteva risolvere.
È spaventata e distrutta internamente, come se le sue certezze fossero crollate...
RISOLVERAI ANCHE QUESTO, TESORO. SEI GIA' RIUSCITA A SALVARTI UNA VOLTA, SONO SICURA CHE PUOI FARLO DI NUOVO.
CREDI IN TE STESSA, EMMA. COMBATTI. E NON ARRENDERTI MAI.
Le ci vuole un po' per capire che a pronunciare quelle parole è stata la voce della sua coscienza e non qualcun altro.
Lei, che era sempre stata così insicura - lei, che aveva sempre avuto paura quasi di tutto...
Adesso era una persona nuova.
Aveva trovato se stessa, nelle tenebre di una notte senza fine, nei meandri di una foresta fitta e densa di misteri.
Sorride. Adesso Emma è pronta a tornare a casa.
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2 recensioni:
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- il bisogno di essere amati e' pericoloso, ci fa vedere amore anche dove amore non e'! ottimo racconto!
- complimenti! bellissimo racconto... io che mi faccio sempre scoraggiare dalla lunghezza l'ho letto tutto d'un fiato!
- Mi è partito il commento improvvisamente, comunque ribadisco l'apprezzamento complessivo per questo brano. Un saluto
- La sequenza d'azione è ottima, a mio avviso forse, avrebbe dovuto essere più scarna, evitando certeespressioni retoriche
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