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Quando la psicologia è al servizio della famiglia
(La mia esperienza psicoterapeutica per una paternità consapevole)
Può succedere che un papà sia presente nella vita del figlio con ferma discrezione, che non punisca gli errori, che gli accordi una benevola fiducia e che si dimentichi le impuntature, ma ciononostante questo figlio non dia alcun segnale di ravvedimento.
Deve esserci qualche motivazione se le cose desiderate non accadono: il destino sfavorevole? Qualche errore di troppo protratto nel tempo? Ma ho la sensazione che il curriculum educativo si fa sul campo e le sconfitte di oggi, forse un giorno diventeranno successi.
Quando guardo il volto di mio figlio, noto la sua somiglianza con i miei lineamenti, il suo modo di scherzare è simile al mio; una parte di me è in lui ma è la parte originale a renderlo unico ed è quella che mi fa soffrire, fino a farmelo percepire talvolta come un "estraneo".
Un anno di psicoterapia alle spalle, qualche semplice pubblicazione letta, una manciata di partecipazioni a convegni sull'adolescenza, sono bastati a darmi la conferma che in educazione non esistono scorciatoie, anzi ogni volta che se ne pratica una, si distrugge tutto quello che si è lentamente e faticosamente costruito.
Durante gli incontri con la dottoressa che mi segue, le chiedevo come avrei dovuto comportarmi e cosa avrei dovuto dire nelle situazioni critiche e decisive, perché il mio comportamento fosse calzante e coerente con il mio ruolo.
Pensavo che ci fosse un modo "illuminato" giusto ed equilibrato per comunicare, non immaginavo che esistesse un criterio funzionale che rispettasse i sentimenti e le regole.
Un buon genitore dovrebbe garantire l'affetto, l'attenzione, la cura, ma altresì dovrebbe trasmettere ai figli l'amore ed il rispetto per le buone regole e anticipare i possibili rischi che comportamenti e scelte avventate o superficiali potrebbero generare.
"Essere genitori affettivi e protettivi" questa è la buona norma. Ma in educazione non esistono ricette fisse da applicare in ogni situazione, né risultati garantiti o automatismi che compensino le rinunce, gli eccessi e gli errori.
La realtà è permeabile e la casualità è un elemento che spesso non viene valutato a dovere, dal momento che mettiamo al primo posto i nostri desideri, le realizzazioni che riusciamo a portare a termine e sopravvalutiamo la possibilità di modificare la realtà circostante, senza però esserne capaci.
Leggendo il Pinocchio di Collodi si nota chiaramente come il peso dell'imprevedibilità muta le circostanze: ". . . C'era una volta un pezzo di legno. Non era un legno di lusso, ma un semplice pezzo da catasta, di quelli che d'inverno si mettono nelle stufe e nei caminetti per accendere il fuoco e per riscaldare le stanze. Non so come andasse, ma il fatto gli è che un bel giorno questo pezzo di legno capitò nella bottega di un vecchio falegname. . ."
Strano a dirsi, ma le cose capitano, ci piombano addosso! E a quel punto dobbiamo prendere atto di ciò che succede e attrezzarci per vivere in modo appropriato al nuovo che sopraggiunge. Ma il nuovo può non essere come noi ce lo aspettavamo, può non piacerci!
Ad esempio, se dicessi che mi piace tutto di mio figlio, direi una sciocchezza, una cosa non vera. Gli riconosco che è intelligente, intuitivo, curioso, ma quando lui dissemina le sue cose per casa infischiandosene dei richiami, quando nel mezzo di un confronto, assume un atteggiamento inflessibile e autoritario come se ci fosse in ballo una questione di vita o di morte, quando per ore gioca davanti ad un computer, disinteressandosi del resto, cresce il mio disaccordo con lui.
La realtà va amata, i tradimenti che la vita ci impartisce devono essere accettati, mentre la fuga nella fantasia o nel virtuale ci rassicurano, ma lasciano le cose invariate. La negatività ed il male riducono la speranza e rendono la crescita dei nostri ragazzi più controversa e sofferta.
Forse la sofferenza più macroscopica è quella di avere una bassa autostima, per cui una battuta spontanea viene interpretata come un'offesa, una raccomandazione viene percepita come una sfida. Quando noi non siamo i primi ad amarci, possiamo sentire l'affetto degli altri?
Attraverso l'esperienza psicoterapeutica vengono analizzate le conversazioni, le sensazioni e i sentimenti provati in determinate situazioni e una volta poste sotto la lente di ingrandimento utilizzata dallo psicologo, scopro che alcuni atteggiamenti istintivi o certe parole dette senza rifletterci molto, sono il frutto del nostro complesso mondo interiore.
L'intervento dell'amigdala che gestisce gli impulsi più forti del cervello, può essere rallentata con un po' di meditazione, ma razionalmente parlando ci si rende conto che alla base di tante afflizioni c'è l'equivoco di una cattiva comunicazione. Anziché preoccuparci delle parole che stiamo dicendo, dobbiamo verificare se colui che ci sta ascoltando sta afferrando il nostro messaggio. In tal modo eviteremmo tanti malintesi e tensioni.
Scontato che l'incoraggiamento dà risultati migliori rispetto al giudizio, a volte è meglio dire che quando avevamo l'età dei nostri figli le abbiamo combinate di tutti i colori suscitando nei nostri riguardi l'ammirazione e l'empatia dei nostri figli, anziché sostenere il contrario e guadagnare il filiale rancore o accendere lo spirito competitivo.
Mi piacerebbe se mio figlio esprimesse le parole di un adolescente che in una lettera indirizzata a Franco Nembrini ha scritto: "Ho bisogno di una casa che non abbia schifo o paura di quello che sono". "Che bella una casa, così bella che si può anche star male!"
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- Una narrazione fluida che tocca un vissuto tra i più difficili: essere genitore. Complimenti e auguri
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