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Verità e poesia nella vita di coppia
(Un breve racconto autobiografico che mette in luce due aspetti imprescindibili).
Due volti accostati in una foto, il mio ancor giovanile nonostante l'età e lì accanto a me, il viso sorridente della mia sposa che quel 26 di settembre realizzava il più bel sogno d'amore.
Una foto riposta in un portafotografie, dotata di una spessa cornice d'argento, movimentata da geometriche foglie in rilievo è sempre in vista, poggiata sul comò della camera da letto, assieme ad altre fotografie, un centrino e un portagioie.
Oggetti ben posizionati, come i ricordi che si vogliono conservare. Ma a guardare quella foto di quasi vent'anni fa, mi sale un po' la nostalgia e la tenerezza.
I miei capelli mi coprivano la metà della nuca e il mio viso esprimeva un'età più giovanile rispetto a quella che avevo. Il mezzo tight mi conferiva un fascino d'altri tempi, la camicia col colletto a punta d'ala e le scarpe nero lucido mi davano l'immagine di un damerino.
La mia sposa aveva un'espressione particolare: una probabile tensione mal trattenuta attraverso i muscoli facciali e una luce celestina irradiata dai suoi occhi azzurri che esprimevano distintamente un fiducioso abbandono verso una esperienza di cui non si conosce la rotta, né le difficoltà o i rischi.
Il suo sorriso era sospeso, prolungato, come quello di qualcuno che avendone le forze sta per compiere un'impresa destinata a rimanere nel tempo. Nel mio sguardo un approccio seduttivo, più volte provato in altre occasioni, davanti al fotografo di famiglia che nella circostanza era tra gli invitati.
Sembrano passati secoli, dai lenti che ballavamo al ristorante pianobar: "Notte di note" quando stretti, stretti, sognavamo il nostro futuro ad occhi aperti sul ritornello: "... la cambio io la vita che non ce la fa a cambiare me..." all'epoca in cui Patty Bravo interpretava: "E dimmi che non vuoi morire".
E noi non volevamo morire, ma vivere del nostro amore! C'era una comune volontà a conoscersi e ad essere felici, intuivamo che grazie ai nostri sentimenti potevamo essere i protagonisti della nostra vita e che stavolta il destino era nelle nostre mani!
Tutto era in divenire e sentivamo che il presente poteva cambiare in qualsiasi momento! Tale sensazione ci dava forza e convinzione in noi stessi. In questa condizione di esuberanza affettiva, non mancavano gli slanci, le iniziative prese senza riflettere molto.
In questo senso il "fagiolo" comprato e portato a casa sottobraccio è la conseguenza di quella situazione emotiva e forse anche il tentativo di liberare mia moglie da certe preoccupazioni, oltre al fatto di non essere abituato nella mia famiglia di origine a condividere preventivamente qualsiasi decisione.
La vita in comune ci avanzò situazioni a cui non eravamo preparati e quell'iniziale protagonismo esaltante nato sotto il segno dell'amore, sembrò segnare il passo davanti alle difficoltà della vita matrimoniale. Ben presto la certezza del nostro sentimento, venne sostituita dall'incertezza del presente.
Quell'uomo innamorato durante il periodo del fidanzamento che lei riconosceva come gentile, educato e sensibile, nel corso del matrimonio cominciò ad essere considerato volgare, distratto e inaffidabile. Viene da chiedermi: può il mutato grado di parentela, sollecitare tale trasformazione? O forse sono le grosse aspettative alimentate verso un'altra persona che, una volta non realizzate o ritardate nell'esecuzione, ce la fanno vedere con occhi diversi?
Sono convinto che alla voce: "saper essere" c'è inclusa la voce "saper amare" due conoscenze che possono procedere di pari passo. Troppo spesso però in nome del voler fare, viene sacrificata la tenerezza e quel modo un po' idealizzato del sentimento che io chiamo poesia.
Durante il periodo del fidanzamento con la donna che poi sarebbe diventata mia moglie, la poesia era: una cenetta a lume di candela, una passeggiata mano nella mano, una rosa rossa offerta tra le parole: "Ti amo," un abbraccio improvviso durante il quale sembrava che il tempo si fermasse. La poesia era uno spazio speciale, ritagliato tra gli impegni della vita.
Anche nella vita matrimoniale il "Ti amo" ha ancora valore, ma per essere ben udito c'è bisogno di silenzio e di un po' di distacco emotivo dalle preoccupazioni. Da sposato non regalo più rose, ma piante fiorite di cui mi piace prendermene cura. Può essere una bellissima orchidea, o una camelia dagli attraenti boccioli rosso intenso.
Ricordo una camelia regalata qualche San Valentino fa, fiorisce ogni anno tra la fine di gennaio e la metà di marzo, i suoi bellissimi fiori rosso-sangue una volta sfioriti, cadono a terra macchiando con il loro colore il pavimento del terrazzo della cucina. La innaffio e la poto, la riparo dal vento e dal sole cocente, come se fosse una creatura, in virtù che essa simboleggia la devozione eterna degli innamorati!
Ma non sarei giusto se non parlassi della tenerezza di mia moglie, dei suoi messaggi premurosi, dei video scherzosi che mi invia sul mio cellulare, compresi quelli sulle diete in cui io sono allusivamente il protagonista deriso, dei suoi solleciti nel chiedermi la mia considerazione sui suoi abiti, il suo trucco, la sua acconciatura. Il mio giudizio le è di aiuto per farsi un'idea di sé, al di là di come si percepisce lei.
I giorni passano, le stagioni pure, ma nella nostra ricerca costante di sapere chi siamo e come cambiamo, la luce dei nostri occhi si ferma al luccichio delle candele accese sui piccoli tavoli quadrati del barcone del Tevere che ancor adesso, come piccole anime si riflettono sul cristallino dei nostri sguardi! Il passato vive dentro di noi, ma il presente è qui ogni volta a sorprenderci!
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1 recensioni:
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- bellissimo racconto. Quindi il modo per stare bene insieme c'è. Servono tre elementi: la conoscenza di noi stessi, che ci tiene centrati su ciò di cui abbiamo davvero bisogno; la lealtà, che ci induce a non indossare maschere col partner; e la fermezza, che non ci faccia ripiegare nel tempo abbandonando quella dimensione personale che ci fa tanto bene.
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