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Ana- seconda parte
Spesso mi svegliavo la notte in preda al terrore, con il corpo sudato e con la sensazione di avere la febbre. .
Non è possibile dimenticare, non è possibile pensare che altri possano usare il tuo corpo come fosse un oggetto, non è possibile superare i limiti e invadere spazi così intimi che appartengono solo a te! Oggi mi scoppia la testa, devo smettere di pensare, devo metabolizzare.. devo! devo!
Facile dirlo! bisogna viverlo per capire. Anche oggi mi sono lavata con molto sapone eppure non mi sento pulita; è una brutta sensazione sentirsi sporca nonostante l'abbondante acqua che mi verso addosso, ogni giorno. Ancor più brutto è sentire i risolini della gente quando passi per strada, perché questi bastardi sono dei porci ignoranti, perché, secondo loro la colpa è mia, una donna sola in montagna.!. " Cosa pretendevi che ti portassero i biscotti?". dicevano quando osavo lamentarmi. Insomma, ora, vogliono farmi credere che la colpa è tutta mia se quei balordi hanno abusato di me! Non mi ridurrete come un agnellino solo perché sono nata donna! Ana non cede, ci sarà pure un angolo di cielo anche per me!
Ero dovuta tornare a vivere con i miei, non potevo vivere per strada!
Conobbi Costantin all'uscita di una sartoria dove, in cambio delle pulizie, mi veniva insegnato a cucire. Eravamo in primavera inoltrata e io mi ero vestita con la mia prima opera, un abito a fiori di colore turchese che mi donava molto, completamente cucito a mano. Costantin sembrava un ragazzo per bene, garbato e gentile.. sapeva della mia storia ma non si lasciò condizionare. Ci sposammo nella chiesa ortodossa di Arad, un rito semplice, ci incoronarono come sovrani; la bellezza e il vero significato del matrimonio ortodosso è che esso va al di là di un accordo legale. Nel corso del rito, gli sposi, oltre a realizzare l'impegno reciproco accettano anche l'apertura all'azione di Dio nella loro unione. Fu così anche per noi. Ero felice! Ci stabilimmo ad Aiud., una città industriale. Costantin era un operaio specializzato nel ferro battuto e lavorava in fabbrica.; proprio vicino alla fabbrica avevamo preso in affitto una casa in pietra, una vecchia e brutta costruzione con il tetto di tegole grigie, le finestre dipinte di un marrone rossiccio, il tutto estremamente malandato. All'interno le stanze erano piccole e buie con un forte odore d'umidità. Rimetterla a nuovo fu un divertimento straordinario! arredarla poi.. bastarono poche cianfrusaglie! Il letto lo costruì Costantin, tutto in ferro, bello solido, lavorato con tante spirali nella testata. Io mi occupavo della casa e del bambino: Samuel, che nacque un anno dopo. Eravamo felici! Il mio piccolo cresceva a vista d'occhio, era bello, lo contemplavo quando dormiva, le ninna nanne erano tutte per lui:
Noaptea a început
și întunericul a sosit
apoi du-te la culcare Bella
lumina mea și steaua mea.
Acum, nimic de a auzi
dar nu vreau să dorm
Voi sta sa ma uit
apoi dormi dragostea mea
La notte è cominciata
l'oscurità è arrivata
quindi dormi Bella
la mia luce e la mia stella.
Ora niente da sentire
ma non voglio più dormire
resterò a vegliare
quindi dormi mio amore.
dormiva cullato dalla mia voce; lo guardavo in silenzio. Bellezza e silenzio! Avevo letto qualcosa: "la vera bellezza impone il silenzio! ". Forse il concetto della bellezza che impone il silenzio era riferito alle opere d'arte, alla natura. Samuel per me era entrambe le cose ed io rimanevo ore a guardarlo, in attesa che si svegliasse e balbettasse con me. Costantin era un buon lavoratore e non ci faceva mancare niente, anche se era di poche parole; avrei desiderato condividere con lui le mie emozioni, ma imparai a non pretendere nulla. Mi bastava la serenità. Serenità! la serenità' non durò in eterno! Mio marito, quando il piccolo aveva tre anni, incominciò a frequentare birrerie in città adducendo il pretesto che, anche lui come altri che lavoravano in fabbrica, aveva il diritto di passare un'ora con gli amici a bere un buon bicchiere di birra. Prese l'abitudine di rientrare molto tardi la sera, perciò Iniziarono i litigi, le incomprensioni. Cercavo il dialogo per capire, ma le sue risposte alle mie domande erano sempre le stesse: " Tu sei pazza!". I danari non erano più sufficienti per vivere, ero disperata, non riuscivo a pagare l'affitto; a malapena avevamo i soldi per il cibo. Poi alla vigilia di Natale Costantin fece le valigie e andò a vivere da un'altra donna, lasciandomi sola con il bambino e nella povertà più nera. In casa erano rimaste poche provviste: latte, un pezzo di baccalà , alcune patate, zucchero e miele. Cosa avrei dato a mio figlio per Natale? Ero disperata, era come trovarsi all'improvviso in mezzo alla strada in una notte di pioggia, senza un riparo.. Subito la mente si riempì di pensieri, mi ponevo delle domande sulle cose che non ci eravamo mai detti, sulle cose che non avevo capito. Intanto l'odio nei suoi confronti cresceva e cosi anche il mio pianto. Pensavo alle cose perdute, al mio immenso naufragio.! sentivo nelle mani, nelle tempie, l'ardore rosso della paura, paura! come un salmone rosso tenuto tra le mani e lasciato morire.. sarebbe bastato ributtarlo nel fiume, ero, mi sentivo così. . fuor d'acqua. Mi resi conto che mio figlio mi osservava con uno sguardo triste.-"I bambini capiscono più di quanto noi possiamo immaginare!.."- Non ricordo chi me lo disse, credo che avesse ragione. Alla vigilia di Natale non avevo cibo, non avevo un regalo per Samuel, non avevo soldi per raggiungere i miei ; rimasi tutta la notte a rivestire una scatola di cartone con degli scampoli tanto da farla sembrare un'automobile. . sarebbe stato il regalo di Natale per il mio piccolo. Il giorno di Natale arrivarono nei pressi di casa le voci dei Colindatori (Cantori), vestiti con i costumi popolari tradizionali e con le loro borse di lana tessute a mano, augurando prosperità e felicità. Non avevo niente da offrire. Li salutai dalla finestra adducendo la scusa che il bambino aveva la febbre, mi vergognavo! avevo solo patate e miele per il pranzo. poco... quasi niente!. Samuel.. sembrava avesse capito! si sedette ai miei piedi e la sua figura m'apparve improvvisamente piccola, minuscola, indifesa, come quella dell'uccellino che casca dal nido e apre il becco per farsi riconoscere dalla madre. Dovevo proteggerlo! non potevo pensare al mio dolore, dovevo occuparmi del suo...
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