Penso alla mia terra, un'isola bellissima, che non ho saputo apprezzare per molti motivi. Chi giunge in questo luogo, finisce per innamorarsene. Ricordo un giovane insegnante di Perugia che un giorno mi disse: Caltanissetta ha una bella luce. Queste parole, ancora dopo molti anni, mi risuonano nella mente. Prima d'allora non mi ero mai soffermato ad osservare la luce della mia città. In effetti, la luce è una cosa importante, ci aiuta a crescere, a capire.
Capire è anche rivelarsi, svelarsi, svelare. Togliere il velo che nasconde qualcosa. Secoli, millenni di storia, di luce abbacinante, di cultura e di ignoranza, di coraggio e di omertà.
Per molto tempo ho associato la mia terra alla parola omertà, che poi significa paura di qualcosa, di qualcuno. Prima di diventare omertosi, bisogna provare un senso di disagio, percepire un velo negativo che opprime la libertà di agire, di parlare. Nessuno nasce omertoso, ci si diventa.
In questa luce mi sto conoscendo, cerco di guardare oltre le cose, anche se il tempo stringe, anche se le notti sono scure, riesco a scorgere dei lampi di verità allo stesso modo in cui un fulmine illumina e impaurisce.
In fondo, il signore di quest'isola è lui, il vulcano che appare come un gigante, il padre che ci fa sentire protetti ma che a volte perde le staffe e sputa fuoco e lapilli ardenti. L'amore è anche questo, rabbia, furore, gelosia, senso di possesso e anche pentimento.
Amo la mia terra, malgrado tutto, è qui che voglio riposare, qui che vorrei svelare, alla ricerca di un'anima selvaggia e ancestrale che ci unisce come un uomo e una donna.