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Gabbia di cristallo 1
Questa che sto per raccontare è la storia di un ragazzo e la sua gabbia di cristallo.
Questa che sto per raccontare è la mia storia.
Mi chiamo Gabriele, Gabriele Zanetti. Il coprotagonista di questa storia è, invece, Paolo Zanetti, mio padre. Mio padre mi ha avuto da giovanissimo, aveva solo quindici anni. Anche mia madre era un'adolescente, ma di lei io mi ricordo davvero pochissimo perché dopo un breve tentativo di convivenza non riuscito, lei mi "abbandonò" a mio padre, sparendo di fatto dalle nostre vite.
Dico che questa è la storia mia e della mia gabbia di cristallo perché grazie al mio premuroso e adorato papi, che non mi ha mai fatto mancare davvero nulla, io sono cresciuto in un ambiente protetto e di piccoli e grandi privilegi. Lui si è sempre preso cura di me, nonostante la giovanissima età; io ero il suo cucciolo da difendere.
Gli anni più belli sono stati sicuramente quelli dell'infanzia, fatti di giochi e gesti affettuosi. Anche se devo dire che neanche nell'età adolescenziale, quando avevo quattordici anni, ovvero l'età che avevo quando successero i fatti che mi sto apprestando a raccontare, _ ve lo dico subito, sono fatti molto duri e crudi, chi ha stomaco debole e la morale facile che si astenga pure dalla continuazione di questa lettura, _ abbiamo avuto quel rapporto conflittuale che spesso si può osservare tra genitori e figli in quella particolare fascia d'età dei figli.
Questo perché, ma del resto di questo me ne rendo conto solo ora, il nostro era più un rapporto da coetanei, ma a essere onesti del tutto, il nostro era più un rapporto di coppia.
Papà lavorava tutto il giorno, e devo dire che per mantenermi il mio papi si era fatto davvero un culo tanto facendo tutti i lavori che vi possono venire in mente. Anzi, in questo era davvero una sorta di supereroe, perché oltre a badare a me e a lavorare, era riuscito pure a diplomarsi. In quel periodo della nostra vita era riuscito a trovare un posto niente male nel campo della telefonia. Io al mattino andavo a scuola, spesso mangiavo da nonna, e poi tornavo a casa nostra, la nostra "gabbia", e dopo aver fatto i compiti mi occupavo di mantenere in ordine, nei limiti della decenza, casa, e poi verso sera mi preoccupavo di far trovare pronta una gustosa cenetta al mio dolce paparino. Mi impegnavo molto in cucina. In un certo senso volevo ripagarlo, nel mio piccolo, per tutto quello che aveva fatto per me, volevo stupirlo. Per questo, quindi, spesso mi dilettavo a spulciare diversi libri di cucina.
E papà ovviamente diceva che era tutto buono, anche quello che non lo era. E la sera lui stava ore e ore, anche quando era davvero stanchissimo, a chiedermi della scuola, della mia giornata appena trascorsa. Invece lui non parlava mai del suo lavoro, anzi più riusciva a non parlarne e più sembrava contento. Ogni tanto la sera usciva con qualche ragazza. E questo era un problema perché per quanto io capissi molto razionalmente che era giusto che lui lasciasse entrare qualcun altro nel suo cuore oltre a me, allo stesso tempo io ero geloso. In fondo eravamo sempre stati da soli e inconsciamente non riuscivo proprio a capire perché le cose non avrebbero potuto rimanere così. Per questo motivo le storie di papà non duravano mai troppo a lungo. Del resto lui ci teneva tantissimo ad avere la mia approvazione.
Spero con tutto ciò che ho narrato finora di aver reso bene l'idea di quello che intendo quando parlo di "gabbia di cristallo". Bene, una sera successe una cosa che da un lato rischiò di devastare la nostra gabbia e dall'altro di rendere ancora più morbosa l'aria dentro di essa, e quindi, inevitabilmente più intenso il nostro legame.
Io non volevo essere una "lolita", giuro non volevo sedurre mio padre, ma successe. Una sera, mentre era in camera sua e guardavamo entrambi, come due scemi, i cartoni animati in Tv, la mia mano andò a posarsi dove non avrebbe dovuto. Fu solo uno sciocco incidente, uno sciocco incidente che però mi fece capire che il mio papi aveva solo ventinove anni, un fisico da paura e che lo desideravo. Fu così che finì che quella prima volta feci un pompino a mio padre.
È facile intuire che le cose si complicarono inevitabilmente. Lui era mio padre, colui che mi aveva dato la vita, nei miei vasi sanguigni scorreva anche il suo sangue, in un qualche modo ci si somigliava anche fisicamente. Inoltre lui era l'unica persona al mondo rimasta in grado di prendersi cura di me, di proteggermi. Non poteva trattarmi come la sua troietta, per svuotarsi i coglioni?! E se si fosse venuto a sapere in giro? Se fosse venuta a saperlo la nonna?
Più mio padre mi respingeva e più io mi innamoravo perdutamente di lui. E così una sera successe di nuovo. Io ero pronto a ricevere tutto l'amore di cui lui era capace e mi diedi tutto. E intuì che le cose stavano prendendo una piega diversa quando lui, dopo, mi baciò calorosamente in bocca, e preso dagli irresistibili venti della passione, mi disse: "Amore mio! Tu mi farai impazzire... farlo con te è meglio di quando lo facevo con mamma è una cosa che... che non so spiegare!"
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1 recensioni:
- Da critico letterario posso e devo asserire con piacere che è una soddisfazione leggere uno scritto come questo: neanche un refuso, un verbo fuori posto, un termine sbagliato, un capoverso inesatto, un paragrafo contorto; insomma un brano letteralmente perfetto. Forse, -il mio è solamente il parere di un vecchio- alla fine del racconto, dal tema non certo virgineo, un bravo scrittore come te avrebbe potuto sostituire con altre parole, egualmente eloquenti, quelle scurrili, usate con tanta veemenza. Il tema, cosa dire? Il problema e da ricercarsi tutto in quella "Gabbia di cristallo" e nell'immaturità del rapporto padre-figlio. L'assenza di conflitti, il rapporto da coetanei, la giustificata gelosia di un figlio tanto amato e così tanto legato al genitore -una situazione invidiabile ai giorni nostri- sfocia nell'eccessiva riconoscenza: un amore distorto che trova il mezzo per preservare e non mette a rischio l'idilliaco affetto tra padre e figlio. Una situazione che indubbiamente trascura l'etica e calpesta ogni religione, ma non bisogna dimenticare l'età dei soggetti. In quella "Gabbia di cristallo" non s'invecchia, vi regna un fanciullino senza tempo che, dati i suoi precedenti, può essere compreso e anche perdonato.
- Credo che nn solo 1 scrittore(ciò che di certo io non sono!), ma anche chi scrive con e x passione debba cercare di scavare in fondo alle cose, portando alla luce anche altre facce della stessa medaglia(anche se scomode)... del resto credo che questa storia è e sarà la cronaca di un affetto morboso che crescerà troppo e in modo malato. buona serata carissima e grazie ancora di essera passata
- Avevo capito, ma volevo ancora rimarcarlo. Ciao a presto.
- Cara antonina(che ti vogliono anonima qui!) innanzittutto ti ringrazio x aver perso del tempo a leggermi e commentarmi, e x i bei complimenti.
Per il resto, come ho già detto a Salvo questa nn è la mia storia, ma la "rielaborazione" di una storia che lessi tempo fa su un sito di racconti erotici gay (se nn ricordo male l'autore la spacciava come "vera". Quello che volevo fare era solo dare 1 punto di vista diverso su una cosa inequivocabilmente condannabile!
Anonimo il 10/06/2015 15:11
sono io che scrivo, antonina.
Anonimo il 10/06/2015 15:11
sono io che scrivo, antonina.
Anonimo il 10/06/2015 15:10
sono io che scrivo, antonina.
- Ma poeta maledetto de che?... comunque scherzi a parte lungi da me pensare che tu sia bigotto o omofobo, perché mai dovrei pensare una cosa del genere? So che questa è una "storia che scotta", e non può lasciare indifferenti... ma vedi tempo fa in un sito omoerotico lessi di una storia simile a questa( sì, lo so, sono al limite del plagio!), e mi scandalizzò quanto mi colpì. Mi colpì non solo perchè affrontava un tema così scabroso ma perchè lo faceva da un'ottica diversa... quella storia in qualche modo mi è rimasta dentro per molto tempo e così ora sento il bisogno di farla "mia" e di condividerla. Certo evitando dettagli troppo erotici e/o pornografici. E poi vedremo come andrà a finire!
Anonimo il 10/06/2015 12:37
Una storia cruda che io non avrei avuto il coraggio di raccontare o almeno non l'avrei personalizzata. Non mi ritengo bigotto, né tantomeno omofobo, come sarai portato a pensare, scosso dalla tua inquietudine di Poeta Maledetto.
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