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Baby, don't fear the reaper
Prologo.
È il tramonto.
Il sole è una sfera rossa che annega nelle profondità di un cielo tinto di rosa e arancione. Il vento striscia tra i fiori su cui siamo dolcemente sdraiati e ci sussurra all'orecchio parole incomprensibili e sfuggenti.
Rosalie ride e il suo sorriso mi riscalda il cuore.
È così bella. Ha i capelli color del grano che le solleticano le guance e gli occhi verde brillante che parlano di vita e felicità. Indossa un vestitino leggero i cui lembi svolazzano leggermente al vento e le lasciano scoperte le gambe. La sua pelle è pallida e morbida al tocco e quando la stringo forte a me mi sento come se stessi abbracciando un angelo.
Rosalie sorride ancora di più e mi bacia dolcemente il collo.
-È un posto bellissimo- sussurra, e mi dà un altro bacio.
Sorrido e annuisco.
Quel prato è sconfinato e costellato di fiori come il cielo di stelle. L'erba ci accarezza le caviglie, mentre la foresta alle nostre spalle sembra proteggerci da sguardi indiscreti.
-Tu sei bellissima- rispondo.
La guardo. Non è solo bella, è proprio angelica. La sua bellezza ha un qualcosa di etereo e sovrannaturale che mi manda il subbuglio il cuore. Il sorriso le forma due fossette sulle guance. Le lentiggini chiare e appena visibili sotto gli occhi la fanno sembrare una bambina.
Tutto in Rosalie parla di dolcezza e innocenza. Come se, in qualche strano modo, il sudiciume del mondo non fosse neanche riuscito a sfiorarla.
Lei era pura.
D'un tratto si scosta leggermente dal mio petto e si alza su un gomito per guardarmi negli occhi. Ha un'espressione seria e la fronte leggermente corrugata.
-Tesoro?-.
-Noi due staremo insieme per sempre, vero?- mi chiede.
Sento l'ansia incrinarle la voce e i suoi occhi riempirsi d'apprensione nell'attesa della risposta.
Rimango quasi senza parole.
Me lo chiede e ha anche paura, come se ci fossero dubbi, come se la risposta potesse mai essere negativa...
Mi alzo sui gomiti e le sfioro il naso col mio.
-Per sempre- sussurro.
Like Romeo and Juliet.
È sera.
Sono passati mesi, eppure con lei è sempre come se fossero passati solo pochi giorni. Il tempo con Rosalie vola, gli unici istanti che contano sono quelli trascorsi con lei e il mondo circostante è solo un dettaglio irrilevante.
Suono il campanello della sua casa e aspetto, mentre stringo tra le mani il mazzo di fiori che le ho comprato e il mio cuore freme dalla voglia di vederla.
Non la vedo da un giorno e già mi manca come l'aria. Mi appoggio al muro della sua casa e aspetto con lo sguardo puntato verso il cielo, e sogno l'istante in cui aprirà la porta e il suo meraviglioso sorriso brillerà nella notte come il sole all'alba.
La porta si apre.
È stata una spinta brusca e mi coglie di sorpresa. Mi alzo e guardo Rosalie, avvicinandomi a lei coi fiori.
Capisco subito che c'è qualcosa che non va. Ha il respiro affannato e le mani tremanti, e nessun sorriso sul volto. Guarda prima me, poi i fiori e infine scoppia a piangere.
Li lascio cadere a terra e mi avvicino a lei, sfiorandole dolcemente le braccia e osservandola con crescente preoccupazione.
-Ho il cancro- geme.
-Cosa stai dicendo?- sussurro io, confuso.
Il mio cuore pesa quanto un macigno.
Forse ho sentito male mi dico.
Non può essere. Non la mia Rosalie. La mia pura, innocente Rosalie...
-Stamattina sono andata all'ospedale a fare dei controlli. Sto morendo...-.
Deglutisco. La mia bocca si muove ma non produce alcun suono. Mi sento in gola il sapore amaro delle lacrime.
D'un tratto mi sento come se fossi un bambino, rannicchiato sotto le coperte e terrorizzato dal buio.
Mi sento intrappolato in un incubo.
Mi sento crollare a pezzi.
Rosalie mi guarda e piange disperatamente.
Mi affretto a ricompormi e a stringerla tra le braccia.
-Vic, ho paura...- mi dice, e io non so cosa risponderle, perché anche io ho paura.
Paura perché una vita senza lei sarebbe terribile.
Paura perché vivere senza di lei sarebbe stato come morire.
È notte.
L'agonia di Rosalie è cominciata.
Nella sua camera d'ospedale i medici si affannano attorno al suo letto, i macchinari che sono collegati al suo corpo squittiscono e ronzano e la notte sembra più buia che mai.
Io e i suoi genitori siamo seduti su tre scomode e rigide sedie di plastica nel corridoio subito fuori dalla sua camera, dove il personale ospedaliero ci ha detto di aspettare notizie sulla sua salute.
Le luci al neon sopra le nostre teste ci rendono grotteschi e disperati, accentuando le ombre sui nostri volti e il dolore inciso profondamente nelle nostre rughe e occhiaie.
La madre di Rosalie è quasi irriconoscibile.
È da lei che sua figlia ha preso gli occhi verdi grandi e dolci e l'aria innocente e gentile. Ma adesso tutto questo è sparito, seppellito dal velo di dolore che le accarezza gelidamente il volto e le altera i lineamenti, che adesso appaiono duri e freddi. Gli occhi sono spenti e circondati da ombre scure e violacee, come se non dormisse da giorni - e probabilmente è proprio così. Le mani sottili ed eleganti sono abbandonate sul suo grembo, inerti e immobili. Il colorito della sua pelle è pallido e smunto. Sembra che stia morendo insieme a sua figlia e che non faccia nulla per nasconderlo.
Il padre di Rosalie è uno spettro.
I folti e candidi capelli biondi che condivide con la figlia adesso sono rigati di grigio in più punti e sembrano diradarsi. I suoi sono gli occhi di un uomo che ha perso ogni cosa. Nessuna luce più li anima, nessun sorriso più si accende sul suo volto scavato dalle rughe recentemente nate. Ha la barba sfatta e tutto in lui parla di abbandono. Tiene un braccio attorno alle spalle della moglie e sembra tutto ciò che sia in grado di fare.
E poi ci sono io.
Fino a pochi mesi fa mi sentivo ubriaco di vita, adesso mi sento annegare nella morte. Le cose che fino a poco tempo prima avevano il potere di farmi sorridere e gioire adesso per me non hanno più senso. Nulla ha più senso difronte alla morte.
Rosalie era il sole della mia vita e adesso che questo sole sta per tramontare mi sembra di brancolare perennemente nel buio.
Sento il peso della morte gravarmi sulle spalle e privarmi di qualsiasi cosa.
Non ho più fame o sete, non ho più voglia di ridere, di vivere.
I miei genitori sono terribilmente dispiaciuti per Rosalie e preoccupatissimi per me. Mia madre mi porta il cibo in camera e mi costringe a mangiare lo stretto necessario per sopravvivere, mio padre viene a trovarmi e cerca di intavolare una conversazione sulle cose che in vita ero solito amare - ma niente può farmi tornare in vita di nuovo.
Con gli occhi spalancati e immobili fissi sulla porta di Rosalie, penso che sia amaramente divertente il modo in cui la morte possa venirti a trovare nel bel mezzo della vita, proprio nel momento in cui essa sembra appartenerti e il 'per sempre' sembra giacere nella forza della tua giovinezza e nella spontaneità dei tuoi sorrisi.
Tutto ciò per cui una volta eri solito vivere adesso muore con te. Tutto ciò la cui presenza sembrava indubitabile e salda adesso sbiadisce fino a scomparire.
Nulla è più certo, tutto è effimero e instabile.
E allora capisco che la vita è sempre e solo stata una barcollante danza su un filo sottile e che nulla è mai stato sicuro, nulla è mai stato 'per sempre'.
Ripenso istintivamente a quando, qualche mese prima, Rosalie mi aveva chiesto se saremmo stati insieme per sempre.
Un'ondata di rabbia mi assale.
Non avrei permesso alla morte di infrangere la nostra promessa.
L'avrei mantenuta, sempre. Costasse ciò che costasse.
È giorno.
L'alba di un'altra giornata da incubo fa capolino dalle finestre e ci sveglia dolcemente dal sonno breve e tormentato che alla fine ci ha vinti.
I medici ci scuotono: adesso ci è permesso entrare a far visita a Rosalie.
Io e sua madre entriamo, mentre suo padre resta a parlare col dottore che quella notte l'ha operata.
Lei ci sorride debolmente e ci stringe le mani quando ci avviciniamo al suo letto.
Dev'essere esausta, eppure si sforza con il massimo delle sue forze di sussurrarci parole di incoraggiamento e rassicurazione.
Mi stringe forte la mano e sorride a sua madre, che le accarezza i capelli con estrema delicatezza.
-Sto bene, mamma. Davvero, non devi preoccuparti. Sono solo stanca. Non avere paura- sussurra.
L'impulso di abbracciarla è così forte che trattenermi mi causa quasi un dolore fisico. È forte, la mia principessa, persino in punto di morte.
È forte e ama con tutto ciò che le è rimasto di se stessa, persino se adesso sta per recarsi in un posto in cui l'amore non avrà più modo di esistere.
Sua madre le sorride e con un'ultima carezza la lascia alle mie cure, mentre va a parlare col medico.
Adesso Rosalie si rivolge a me.
Mi stringe entrambe le mani e cerca di sorridermi, ma con me non riesce a mentire.
-Vic, credo che mi sia rimasto poco...- inizia, con urgenza.
-Ma cosa dici? No, Ros, ti hanno operato per tutta la notte...- inizio io, mentre sento i miei arti iniziare a cedere.
Lei fa un sorriso storto.
-Stanno solo cercando di ritardare l'inevitabile- sussurra.
Inconsciamente mi volto verso i medici e i genitori di Rosalie.
Vedo il chirurgo scuotere la testa e guardarli con uno sguardo colmo di tristezza.
La madre di Rosalie nasconde il volto sulla spalla del marito.
Sento le lacrime solleticarmi le ciglia.
-Ho paura...- sussurra Rosalie, stringendomi le mani.
Inspiro a lungo.
Una lieve brezza mattutina entra nella stanza dalla finestra mezza aperta e ci accarezza i volti. Il sole inizia a splendere.
-Non temere la morte- sussurro, baciandole le mani.
-Non lo fanno il sole, il vento o la pioggia... Non dobbiamo temere la morte. Possiamo essere come loro- dico, facendomi forza.
Rosalie mi guarda e nei suoi occhi c'è tutto l'amore del mondo.
-Non voglio perderti. Non voglio lasciarti...- mi dice, accarezzandomi il volto con un dito sottile e mortalmente pallido.
-Per sempre, ricordi?- sussurro io, stringendole le mani.
Lei mi guarda ancora e sembra perdersi nel mio viso.
-Possiamo essere come Romeo e Giulietta. Possiamo stare insieme per sempre...-.
-Per sempre- dice lei, con un filo di voce.
È stanca, le sue forze sono giunte allo stremo. Chiude gli occhi e si addormenta tra le mie braccia, mentre io la cullo e bacio dolcemente le sue labbra violacee.
-Per sempre...- ripeto io.
Dopo qualche minuto le infermiere mi si avvicinano e mi chiedono con cortesia di lasciare la stanza.
È notte, di nuovo.
Le ore di luce sembrano durare la metà quando sei morto.
La porta della camera di Rosalie è di nuovo sprangata, ma dal rumore intuiamo che attorno a lei si sta dando da fare una gran folla di medici.
I genitori di Rosalie stavolta non riescono a controllarsi.
La madre si agita e piange copiosamente sulla sedia di plastica dell'ospedale, mentre il padre cammina avanti e indietro su per il corridoio, borbottando tra sé e sé parole di rabbia.
-Perché non possiamo sapere nulla?- esclama, dando un pugno alla parete e scorticandosi le nocche delle mani.
Io mi sento ardere dentro.
È arrivata l'ultima notte di tristezza.
Quel pomeriggio Rosalie aveva a malapena aperto gli occhi e ingerito la pastina liquida che io e sua madre avevamo tentato di farle bere con una cannuccia. Si era addormentata, in preda ad una stanchezza allarmante.
Ma prima aveva stretto forte le mani di sua madre e l'aveva abbracciata a lungo, sussurrandole le parole più dolci che avesse mai pronunciato. Aveva baciato suo padre e gli aveva detto di prendersi cura di sua madre.
-Che stai dicendo, tesoro? Probabilmente starai bene, c'è ancora speranza... Vero?- aveva farfugliato sua madre, confusa dalla tristezza che l'aveva invasa.
Rosalie aveva sorriso. Era ancora bella come un angelo e quel sorriso aveva ancora il potere di farci dimenticare per qualche istante tutto quanto ci fosse di brutto al mondo, persino in quel momento.
-Dovete essere forti. Dovete vivere. Siate ognuno il bastone e la luce dell'altro. Amatevi più di quanto abbiate mai fatto. Trovate in voi stessi la forza di andare avanti...-.
I suoi genitori l'avevano osservata un attimo, poi l'avevano stretta forte e accarezzata dolcemente.
Rosalie li aveva lasciati fare, poi aveva fatto loro cenno di spostarsi per potermi guardare.
-Vic...- aveva sussurrato.
-Amore mio...-.
La mia voce era incrinata dal dolore.
-Ti amo più di quanto abbia mai amato. Sei stato il mio bastone e la mia luce. Ti amerò per sempre- mi aveva sussurrato, stringendomi la mano.
Io l'avevo baciata. Le sue labbra erano pallide e gelide, ma il suo sorriso era ancora più bello e forte che mai.
E poi si era addormentata, respirando lentamente.
Mi risveglio dai miei pensieri confusi e guardo i due genitori disperati al mio fianco. Mi alzo, vado alla macchinetta dell'ospedale e compro un caffè per entrambi.
-Grazie, figliolo...- mi ringraziano sommessamente, stringendomi brevemente a sé.
Vorrei dire qualcosa, ma mi rendo presto conto che non c'è nulla da dire. Rispondo con un cenno del capo e torno a sedermi.
All'improvviso la porta della camera di Rosalie si apre e i medici escono fuori, correndo velocemente.
-Il bisturi, in fretta! E l'elettrocardiogramma!- si urlano, mentre corrono in direzioni separate per andare a prendere gli strumenti.
-Dove andate? Che sta succedendo?- urla il padre di Rosalie.
Lui e sua moglie corrono all'inseguimento dei dottori.
Io li guardo allontanarsi lungo il corridoio, poi entro nella camera di Rosalie che per la fretta è rimasta aperta.
C'è un silenzio spettrale. Le luci al neon sfarfallano e tentennano, ronzando come se fossero sul punto di fulminarsi.
Rosalie è più pallida e debole che mai. Le sue labbra sono schiuse, il suo viso è cereo. Ansima e respira con fatica. I suoi occhi sono semichiusi e le sue palpebre tremano.
-Vic... Ho paura...-.
Io corro al suo fianco e le stringo forte la mano.
-Non devi averne, amore mio. Non ti lascerò da sola. Mai- le dico, baciandole ripetutamente la guancia gelida.
Lei mi sorride, rasserenata.
D'un tratto le luci ronzano e si spengono con uno scatto secco.
La stanza è immersa nell'oscurità, l'unica luce che penetra è quella della luna fuori dalla finestra, che è aperta.
Corrugo la fronte. Non mi ricordavo che lo fosse.
Le tende iniziano a volare come impazzite.
Rosalie si stringe a me, impaurita.
-È lui, sta arrivando... Lo sento- mi dice, e io la capisco senza bisogno di spiegazioni.
D'un tratto l'immagine della luna è coperta da una figura scura e silenziosa, che attraversa le mura dell'ospedale e si poggia delicatamente sul pavimento della camera come se fosse un fantasma.
È una creatura eterea e trasparente. La sua pelle è azzurra e luminosa come un cielo estivo e il suo sorriso gentile e buono come quello di Rosalie.
È un angelo. Indossa una veste di velluto nero e quando si abbassa il cappuccio il tempo sembra fermarsi e bloccarsi intorno a noi.
Sulla fronte ha inciso un simbolo, una piccola falce da mietitura dorata, che le splende come se fosse stata realizzata con polvere di stelle.
Mi guarda con un sorriso comprensivo e io mi sento bene. Rassicurato e in pace col mondo.
-Rosalie, adesso devo lasciarti. Non avere paura, amore mio. Staremo insieme per sempre- le sussurro, dandole un ultimo bacio sulla fronte.
Lei annuisce. È più calma ora, anche se sta tremando.
-Ti amo- mi dice.
-Ti amo anch'io. Per sempre- ripeto, guardando velocemente l'angelo della morte che veglia su di noi con gentile pazienza.
Lui incrocia i miei occhi per un istante, ma sembra capire. Annuisce. Poi guarda Rosalie e le sorride con dolcezza.
-Non avere paura- dice. La sua voce è cristallina e rilassante come lo scroscio di un fiume. Irradia calore come il sole e sussurra come il vento.
Rosalie annuisce.
Si alza e si avvicina all'angelo. Lui le prende la mano e Rosalie non ha più paura.
Gli sorride, addirittura, e lui le sorride a sua volta. Il suo è il sorriso di un padre, di un amico e di un fratello tutti insieme.
Si avvicinano alla finestra. Nessuno di noi ha più paura ormai.
-Vieni con me, tesoro- gli dice lui, e le stringe la mano ancora più forte.
Si alzano in volo ed escono dalla finestra, più leggeri dell'aria.
Prima di volare via per sempre, si voltano entrambi verso di me e mi sorridono con dolcezza.
-Addio...- sussurra Rosalie.
-Non è un addio- sussurro io, e guardo di nuovo l'angelo con uno sguardo d'intesa.
Lui china il capo e mi sorride, rassicurandomi.
-Ti amo, Ros. Ti amo- dico.
Lei mi sorride e mi manda un bacio con la mano. È più angelica e bella che mai. Il suo corpo sembra risplendere di luce e amore.
-Ti amo. Per sempre- sussurra, prima di scomparire via nella notte.
Respiro profondamente e chiudo gli occhi.
Quando li riapro il corpo di Rosalie giace sul letto d'ospedale, immobile e sereno.
I medici e i suoi genitori corrono nella stanza all'improvviso.
Il silenzio si infrange e crolla a pezzi. Ci sono urla, pianti, lacrime e condoglianze. Ma dentro di me tutto è immobile. Dentro di me tutto tace.
È sera.
Mi chiudo nella mia stanza con irremovibile fermezza.
Ho abbracciato e i miei genitori e gli ho augurato la buonanotte. Loro mi hanno baciato e accarezzato con aria comprensiva.
Mi lascio sfuggire un gemito: mi dispiace per loro e mi sento in colpa, ma è la cosa più giusta da fare.
Prendo un foglietto e vi scarabocchio le stesse parole che Rosalie ha detto ai suoi genitori prima di morire.
Dovete essere forti. Dovete vivere. Siate ognuno il bastone e la luce dell'altro. Amatevi più di quanto abbiate mai fatto. Trovate in voi stessi la forza di andare avanti.
Lo lascio sul comodino, accanto al bicchiere e alla boccetta di cianuro che sto per svuotare. È stato difficile procurarmela, eppure adesso è qui, tra le mie mani tremanti ma decise.
Rovescio l'intera boccetta nel bicchiere e aspetto che si sciolga. Non è un veleno facilmente solubile in acqua, ma è il più rapido. E io voglio tornare da Rosalie il più presto possibile.
Conto i secondi con spietata precisione. Poi prendo il bicchiere e lo avvicino alle labbra. Quando il suo sapore amaro mi sfiora le labbra e la gola chiudo gli occhi e penso a Rosalie.
-Possiamo essere come Romeo e Giulietta- sussurro.
-Per sempre-.
Sono le mie ultime parole.
L'ultima cosa che vedo, invece, è lui.
È l'angelo della morte.
Mi guarda sorridendo e apre il suo mantello, scoprendo la minuta ed eterea figura di Rosalie, che mi corre incontro con un gran sorriso.
-Amore mio...- sussurra, stringendomi a sé.
-Per sempre, ricordi?- le sussurro, baciandola delicatamente.
-Per sempre- ripete lei.
Mi bacia.
E la morte ha il sapore del paradiso.
Epilogo.
Scende la notte nella città, scende la notte nel cuore delle genti che la popolano.
In quei giorni il paese ha visto consumarsi due terribili stragi: due giovani si sono addormentati per non svegliarsi mai più, e la tristezza nell'aria è palpabile. Due famiglie hanno chiuso le imposte delle proprie case e indossato gli abiti del lutto e del dolore.
Eppure adesso è notte. La luna splende con straordinaria intensità e il cielo trapunto di stelle è sereno. Il mondo tace.
Il cimitero della città ospita una nuova tomba.
Le famiglie di Vic e Rosalie hanno deciso di seppellirli insieme e hanno unito i propri risparmi per erigere una tomba alta e sontuosa, che sulla lapide di marmo reca una scritta importante:
"Le gioie violente hanno violenta fine, e muoiono nel loro trionfo, come il fuoco e la polvere da sparo, che si distruggono al primo bacio. Il più squisito miele diviene stucchevole per la sua stessa dolcezza, e basta assaggiarlo per levarsene la voglia. Perciò ama moderatamente: l'amore che dura fa così".
Improvvisamente, due figure luminose si avvicinano alla tomba e leggono la scritta con un gran sorriso sulle labbra.
-Romeo e Giulietta...- sussurra la ragazza.
Indossa una veste sottile e argentea che fluttua attorno al suo corpo, e non teme il freddo della notte.
Il ragazzo annuisce.
Anche lui indossa vestiti leggeri e argentei e non sembra soffrire il freddo.
Entrambi sono sospesi in aria, in piedi senza neanche toccare per terra.
È adesso che la morte li ha stretti a sé che la loro vita è cominciata, è adesso che tutto è finito che è iniziato il loro 'per sempre'.
Adesso il mondo appartiene a loro, ai due innamorati che hanno stretto un accordo con la morte per stare insieme oltre ogni limite umano, oltre ogni ragionevolezza.
Ma l'amore non è mai ragionevole, non è mai abbastanza.
L'amore vero supera i confini della vita e anche quelli della morte - l'amore vero non muore.
Le due figure si strinsero per mano e volarono via, verso la luna, confondendosi col suo bagliore argenteo e candido.
D'un tratto la figura più esile si volta e guarda il suo compagno con sguardo serio.
-Staremo insieme per sempre, vero?- chiede, con voce cristallina e flebile.
-Per sempre- conferma lui, e le stringe forte la mano.
E l'eternità, l'eternità era nei loro occhi
e nelle loro labbra.
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Anonimo il 27/06/2015 21:26
Stan.. non ce l'ha solo con te!
Anonimo il 27/06/2015 21:26
Stan.. non ce l'ha solo con te!
Anonimo il 27/06/2015 21:25
bel racconto, lascia l'amaro in bocca..
- ce l'ha con me? grrrr!!!!
Anonimo il 27/06/2015 07:54
Accidenti al malfunzionamento del meccanismo "commenti"
Anonimo il 27/06/2015 07:54
Accidenti al malfunzionamento del meccanismo "commenti"
Anonimo il 27/06/2015 07:52
Evidentemente ispirata al maggiore successo dei Blue Öyster Cult, questa storia ci riporta indietro nel tempo, anzi, in un tempo "altro", sconosciuto ai più, affascinante e terribile, quello dell'amore al di là dei confini della corporeità, del tempo e dello spazio umani, del contingente.
Bravissima Stan
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