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Un Natale all'insegna del giallo
Era la mattina del giorno che precedeva il Natale e l’orologio posto sul campanile della chiesa batteva le dieci. Il paese era ricoperto da una coltre di neve e una fitta nevicata rendeva il paesaggio di un candido splendore. Tutto era pronto, in questo piccolo abitato del Trentino, per festeggiare al meglio la festività. Tutti erano indaffarati ad ultimare gli acquisti dei regali per parenti ed amici e per rifornirsi degli ingredienti mancanti per preparare il tradizionale pranzo.
Tullio, un uomo alto e magro dall’espressione sempre seria, si muoveva per le vie della zona con passo svelto, ma il suo sguardo investigativo non sorvolava un particolare di quella fredda mattina. Notò qualcosa di strano in Giorgio, il commesso della farmacia. Narcisa, la moglie del titolare del punto vendita in cui Giorgio stava entrando, osservava tutto e tutti e comprese immediatamente le intenzioni dell’investigatore. Lo fece entrare da un ingresso laterale e lo lasciò pedinare. Lui si avvicinò scaltro all’indiziato e lo seguì. Tullio era noto ai compaesani per la sua fama d’investigatore, dato che aveva avuto l’occasione di partecipare ad importanti indagini e per questo motivo, era invidiato ma anche rispettato dagli abitanti del posto.
Giorgio terminò gli acquisti, uscì e ricevette una telefonata da una guardia forestale. Il nostro protagonista riuscì ad origliare la conversazione e grazie a ciò che aveva udito, impostò le indagini. Tullio indossava una giacca a vento blu, un paio di pantaloni neri e calzava delle scarpe doposci. In quel momento, Giorgio si girò di scatto, ma il nostro investigatore, più furbo, si nascose con uno scatto felino sotto il portico della casa contigua, come un gatto che fugge da un feroce cane che lo rincorre. Intanto, iniziò a pensare sul da farsi per sventare l’omicidio che si sarebbe compiuto, da lì a poco, all’alba del giorno seguente sulla piccola pista sciistica di Andalo, questo era quello che aveva potuto sentire dalla conversazione telefonica.
Così, l’indomani, appena sorse il sole, Tullio si mise gli sci in spalla e s’incamminò seguendo un tortuoso sentiero attraverso la fitta boscaglia verso la località sciistica. Quando arrivò presso il luogo del presunto omicidio, il sole era già alto. Si nascose dietro un robusto tronco, e osservò la scena. Vide Giorgio passare con fare felino, impugnando un coltello dalla lama tagliente. Fu un attimo, gli si gettò alle spalle e lo fece cadere nella neve. Non riuscì però ad evitare l’assassinio perché un uomo vestito da guardia forestale, sbucò poco innanzi e colpì un innocente vittima dileguandosi poi nell’ombra della foresta. Tullio, tenne fermo a terra il complice dell’assassino, prese dalla tasca il suo cellulare e contattò la polizia. Pochi minuti sul posto era tutto un brulicare di persone. C’erano i gendarmi, l’ambulanza con gli infermieri, molti curiosi ed il medico legale, che constatato il decesso consegnò la sua perizia all'investigatore. Tullio ebbe l’incarico di indagare sul caso. Intanto Giorgio fu ammanettato e portato presso il carcere più vicino in detenzione preventiva.
La mattina successiva nei due paesi l’aria di festa si era disciolta nel nulla, come una parte della coltre di neve sotto il sole. Tullio, dormi poco quella notte. Mentre era ancora sdraiato sotto il suo soffice piumone, pensava e ripensava a quell’immagine che gli passava nella mente come un flashback, e concluse che sarebbe ritornato sul posto del delitto per cercare qualche indizio. Dopo aver fatto una frugale colazione si recò così ad Andalo, a bordo del suo fuoristrada, una Toyota Rav 4.
Non impiegò molto grazie anche all’aiuto del suo cane ben addestrato a scovare nascosta dentro una fessura di un albero la divisa della guardia forestale. Frugò nella tasca e immediatamente trovò un tesserino identificativo e pensò: <<Può essere così facile risalire al colpevole?>>. Fu un attimo, all’improvviso si accorse che qualcuno nascosto nell’ombra lo stava osservando e provò ad inseguirlo seguendo le impronte lasciate sulla coltre bianca di neve che ricopriva l’intero sottobosco. Percorse un lungo tragitto, poi stanco si fermò davanti ad un dirupo e, deluso si sedette a riflettere. Si accese una sigaretta e con fare pensieroso se ne stette lì a guardare il cielo. Ormai era giunto il momento di ritornare verso casa, cominciava a fare freddo e il sole ormai tramontava.
Fu allora che si accorse che legata ben salda ad un tronco, una fune era stata fatta scivolare nel dirupo e probabilmente portava verso un misterioso rifugio. Non perse un attimo, corse fino alla sua auto, per prendere la torcia elettrica ma il buio ed il freddo lo sconsigliarono di continuare le ricerche. Il mattino seguente, si alzò di buon ora e decise di passare prima ad interrogare Giorgio.
L’interrogatorio servì a chiarire i dubbi sull’identità dell’assassino. La guardia forestale apparteneva ad una storica famiglia del paese e si era vendicata di un assassinio subito dal bisnonno della vittima. Non rimaneva perciò che ritornare sul posto e cercare l’assassino. Ripercorse il sentiero, arrivò al dirupo e si calò con la fune. Il sole già iniziava a riscaldare la giornata, ma nell’ombra del dirupo tutto era ghiacciato. Rassegnato, dal non aver trovato nessuna traccia, pensava di ritornare quando sentì la neve scricchiolare. Stette immobile e vide una persona avvicinarsi lentamente. Tullio rimase rannicchiato in un angolo ad osservare la situazione. Fu allora che successe un fatto che sconvolse nuovamente le sue idee sul colpevole. All’improvviso un uomo armato spuntò da dietro un cespuglio e con un colpo secco uccise il presunto killer dileguandosi poi nel nulla. Tullio aspettò impaurito, immobile, trattenendo il respiro. Poi passato lo spavento uscì allo scoperto. Controllò i documenti della vittima, la trascinò fino alla macchina e la caricò nel baule all’interno di un vecchio sacco a pelo. Durante il viaggio di ritorno ebbe anche la sventura d’imbattersi nell’ispettore, e dovette sudare le proverbiali sette camicie per inventare un alibi credibile a giustificare i suoi continui andirivieni nel bosco. Cenò e continuò a pensare all’accaduto.
La mattina seguente, ricevette una chiamata da parte dell’ispettore. Questi gli comunicò che Giorgio, dopo un lungo e approfondito interrogatorio aveva rivelato i motivi della vendetta e che presto si sarebbe compiuto un nuovo omicidio. Tullio, astuto, evitò di dilungarsi nella conversazione e ringraziò il commissario per l’importante indizio. Chiamò subito un suo amico, medico legale, che viveva a Verona e gli chiese se poteva fargli il favore di venire ad esaminare il cadavere.
Il medico, di nome Paolo, accettò volentieri l’incarico affidatogli dato che era in debito per l’aiuto avuto nella risoluzione di un precedente caso delittuoso. Così, due giorni dopo arrivò il conoscente. Paolo lasciò i bagagli in albergo e si diresse presso l’alloggio di Tullio. Il muro dell’abitazione era leggermente scalcinato, ma l’interno era curato ed arredato con perizia e buon gusto.
Tullio accolse l’ospite e lo condusse attraverso una scala a chiocciola in un appartamento sottostante che lui aveva adibito a studio. Entrarono in una stanza, dove erano già pronti due camici bianchi e il necessario per l’autopsia. Nella stanza attigua il cadavere era disposto su un lettino, coperto da un ampio lenzuolo bianco. Il medico entrò e iniziò ad esaminarlo, mentre l’investigatore l’osservava con attenzione. Dopo alcune ore, accertate le cause del decesso, il medico ritornò in hotel per la cena a cui era stato invitato anche Tullio. Dopo aver ordinato il dessert, i due lasciarono il tavolo del ristorante e si assentarono per alcuni istanti. Paolo accompagnò il detective nella sua camera e accese il computer portatile. Aprì il file con il risultato dell’autopsia, né stampò una copia e la consegnò a Tullio. La scena fu però interrotta dallo squillo del cellulare di Tullio ed il numero che compariva sul display era quello dell’ispettore. Tullio impallidì, per un attimo pensò di essere stato scoperto. Con questo dubbio rispose al telefono e con la sua proverbiale sicurezza chiese all’ispettore il motivo della chiamata.
Venne a sapere che un agente, mentre stava rincasando fece la macabra scoperta di un cadavere, avvolto in sacco di plastica, in una zona del paese, soprannominata dagli abitanti “La casa del morto”.
La casa del morto era una delle prime abitazioni costruite. Su di essa erano nate leggende e superstizioni dato il pessimo stato di conservazione. Il muro era scalcinato e l’accesso all’edificio era consentito solamente da una scala di legno tarlata e rovinata dalle intemperie. Su di un lato, si poteva notare un affresco che rappresentava un cerbiatto all’inizio di una foresta. I particolari erano però quasi impossibili da ammirare dato il pessimo stato di conservazione dell’opera. Un’ edera rinsecchita ricopriva alcune parti del muro. Sul terrazzo del piano superiore, alcuni arbusti, erano cresciuti spontaneamente.
Tullio, mise Paolo a conoscenza della situazione e insieme uscirono dall’hotel. Camminarono fino in piazza, l’attraversarono e proseguirono lungo un viottolo poco illuminato alla fine del quale giunsero davanti all’edificio. Trovarono il cadavere adagiato sulle scale e mentre l’osservavano il lampione posto di fronte al fabbricato all’improvviso si spense.
I due rimasero in silenzio e videro accendersi una luce all’interno dell’abitazione. Tullio rimase stupito. Da anni non vedeva una luce accendersi in quella dimora. L’ultima volta che aveva visto quella luce, fu la sera in cui morì uno degli ultimi eredi di una nobile famiglia del posto.
Quella casa infatti era appartenuta per secoli insieme al Castel Belfort alla famiglia degli Spaur. Tullio senti delle voci provenire dalla stanza ma non riuscì a concentrarsi su di esse perché fu soprafatto dai suoi ricordi. Rivide nitido nella sua mente il giorno in cui era entrato in quell’abitazione. Ricordò un tappeto color rosso porpora steso sulle scale. Vicino ad esse l’affresco con il cerbiatto illuminato da una lanterna fissata al muro. Aveva allora circa 14 anni e assieme al padre, parente del nobile signore, stava entrando nella lussuosa dimora. L’interno era arredato in legno. Al centro della sala c’era un ampia stufa in ceramica verde, di stile tipicamente tirolese. Rivide nitido nella sua mente il padrone di casa, l’erede della nobile famiglia che governava l’intera vallata, ma i suoi ricordi s’interruppero qui. Fu svegliato dalla luce del sole. Era la mattina del primo gennaio. Era iniziato un nuovo anno. Si guardò attorno e vide il corpo di Paolo disteso a terra. Il cadavere giaceva ancora sopra le loro teste. Appeso sul petto un biglietto riportava il seguente messaggio:” La vendetta è stata compiuta. In questo momento inizia un nuovo anno. In questo momento inizia una nuova storia per questo paese “ .
Tullio si accertò delle condizioni di Paolo che rinsavito con un secchio di acqua fredda di lì a poco si svegliò. Capì che entrambi erano stati storditi verso la mezzanotte dallo stesso assassino della guardia forestale. I due si rialzarono e si recarono fino al bar situato in piazza per bere una cioccolata calda. Tullio riuscì a ricostruire la vicenda, Gli omicidi erano dovuti alla storica rivalità delle famiglie da cui discendevano Giorgio e la guardia forestale e quella da cui discendeva Giuseppe, il secondo assassino. Dieci anni prima era morto il padre di Giuseppe, l’ultimo signore ad aver governato il territorio avvelenato presumibilmente con del cianuro e dieci anni dopo l’erede ancora accecato dall’odio avrebbe compiuto tre omicidi. Perché tre? Tullio decise di recarsi presso la biblioteca e apri il voluminoso tomo che racchiudeva l’intera storia del paese e che ogni anno veniva aggiornato.
Rileggendo la storia notò che la famiglia da cui discendevano Giorgio e il complice aveva ucciso tre discendenti, compreso il padre di Giuseppe, della dinastia rivale. Con questo ragionamento riuscì a risolvere il caso e la sera stessa diffuse pubblicamente la sua soluzione.
Il giorno seguente ringrazio il suo fedele amico Paolo e lo riaccompagno a Verona dove cenarono insieme ai suoi familiari, curiosi di venire a conoscenza dell’intricata vicenda. A mezzanotte Tullio salutò Paolo e la sua famiglia, risalì a bordo del suo suv, imboccò l’autostrada e si diresse verso la montagna.
Per lui un altro caso era stato archiviato, ma l’indomani né aprirà uno nuovo.
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