Kim a Roma aveva preventivato di andarci ma la possibilità di rivedere Raf costituiva, sicuramente, un ottimo motivo in più per farlo, e presto.
Dopo neppure una settimana dal loro incontro suonò, trepidante, all'indirizzo che aveva accuratamente appuntato. Per un attimo, quando la porta si aprì, ebbe la sensazione di essere tornata in patria. Un giovanotto alto, atletico, con biondissimi capelli lunghi fino alle spalle, la guardava incuriosito con occhi sorridenti di un azzurro profondo. In Nuova Zelanda ce ne sono a bizzeffe di tipi così, ma in Italia è decisamente più raro ed è per questo che a mio fratello Gabriele gli amici hanno affibbiato un soprannome, Borg, con cui ormai lo chiamiamo anche noi e che rimanda al periodo romantico del tennis, quello in cui le racchette erano pesanti e fatte di legno.
Raf non c'era, non era ancora rientrato dal suo viaggio in moto. Quando lo seppe, Kim si sentì cadere il mondo addosso. Era stanca, affamata, non aveva più un soldo: si mise a piangere, lì, nell'ingresso dove Borg l'aveva fatta accomodare. Mamma Franca, che tra le sue caratteristiche di maggiore spicco ha quella di raccattare qualunque randagio le capiti sotto mano, tanto che la nostra casa pullula di cani e gatti trovatelli, si fece in quattro per accoglierla e rincuorarla: "Figlia cara, non fare così! Su, su, puoi stare qui da noi in attesa di Raf! Chissà quando tornerà... quel figlio è un vagabondo! Vieni, vieni... ti piace la pasta? Te ne preparo un bel piatto! Intanto mangia la frutta: sei magra, figlia mia! Da quanto non mangi? Vieni! Fatti una bella doccia, ti ristorerà! Gabriele, non rimanere lì impalato! Mettile lo zaino nella cameretta!"
Borg, in effetti, dopo il primo moto di stupore, era rimasto imbambolato, senza riuscire a staccare gli occhi da Kim. Non era magra, era stupenda! Non era sporca e affamata, era... la ragazza dei suoi sogni!
(segue)