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Non è mai troppo tardi
Iniziai a dipingere molti anni fa, durante un lungo periodo di convalescenza, per riempire il tempo e timidamente imparare a scarabocchiare qualcosa nell'ABC di una delle cose che già amavo di più: la pittura.
Ed iniziò così la mia avventura di pittrice, senza aiuti, senza l'apprendimento sistematico e didattico necessario per una qualunque adeguata introduzione al lavoro, di qualsiasi genere si tratti.
Continuai a scarabocchiare a lungo soltanto per il gusto di fare quella cosa che tanto mi affascinava nelle gallerie e dalla qualcosa io mi sentivo lontana anni luce.
Con lunghe pause di anni, durante i quali mi applicai totalmente alla mia attività di madre, non cessai mai di ricorrere ai pennelli, specialmente nelle occasioni in cui avevo bisogno di astrarre dalla realtà che mi gravava sulle spalle, talvolta in modo eccessivo.
Ora dipingo con regolarità e di recente il mio lavoro si è fatto apprezzare da persone che se ne intendono e che mi hanno qualificata "pittrice".
Mi diletto nelle varie forme: dipingo paesaggi, figure umane, animali, frutta, fiori ed oggetti vari.
Ho capito che il dipinto deve essere piacevole, intendo dire che deve essere un gradimento per gli occhi, o per il colore che si è dato o per il significato di ciò che si è voluto esprimere.
In qualunque modo l'artista si esprima, è importante che la sua opera piaccia, anche se non a tutti e nonostante che del proprio lavoro difficilmente il pittore sia soddisfatto.
Una voce antica, che nell'ambiente degli artisti è conosciuta, dice che quando un pittore è appagato da ciò che ha fatto, finisce di progredire.
Io posso soltanto dire che non è mai troppo tardi per incominciare.
Ho conosciuto persone che hanno iniziato a dipingere dopo i quarant'anni, altri dopo i sessanta, usufruendo del tempo libero dopo il pensionamento ed ho potuto constatare di persona che vi sono alcuni che già sono entrati a far parte della categoria dei pittori a pieno titolo.
Dipingere è quanto di più bello si possa fare, significa incamminarsi in una tra le più interessanti ed affascinanti avventure della vita perché, una volta posseduto lo strumento espressivo, si può creare qualunque immagine e fissare in un breve spazio, momenti di grande realtà, di poesia, di individuale esplorazione del tempo e dello spazio.
Tutto ciò consente una continua possibilità di interloquire con il mondo, il quale sarà sempre presente ogni volta che uno sguardo si poserà sull'immagine realizzata, sia per dire che piace od anche per una critica personale di non convinzione o di non gradimento.
L'artista non è mai solo ma il luogo dove lavora è isolato poiché gli occorre la possibilità di concentrazione che si ottiene soltanto nel silenzio.
Essendo poi vero che l'arte è uno degli strumenti di Dio per comunicarsi agli uomini, allora il luogo dell'artista si eleva in posti non definibili, al di là della comprensione dell'artista; l'ispirazione gli proviene dal di dentro ed egli, per mezzo dello sguardo, trasferisce sulle cose e sulla natura, ciò che già vuole realizzare sulla tela.
C'è una tensione che sorregge la mano che tratta le forme e dà il colore al dipinto; è una tensione che non è motivata dal desiderio di fare una bella cosa per poterla poi mettere in commercio. Anche questo è un motivo razionale che pone l'artista al lavoro, ma la tensione a cui tende, prescinde da ogni motivazione esplicita; è un qualcosa di irrefrenabile e di piacevolissimo che sorregge anche nella stanchezza più strenua e che, a mio parere, si chiama arte la quale, superando la brevità della fisicità, tende in modo appassionato a dare volto e forma alla bellezza, alla verità, alla luce.
È la stessa tensione che incolla il visitatore all'opera d'arte esposta nelle gallerie e che infonde una suggestione che non ha parole per poterla commentare.
Spesso tale suggestione si trasforma in emozione e ciò non è relativo al contenuto del soggetto che ogni visitatore ha il diritto di preferire e di interpretare a suo piacimento. È qualche cosa che ha a che fare con ciò che non è ponderabile, che non è descrivibile neppure con le grandi capacità tecniche dei maestri dell'arte.
L'arte travalica l'umano, supera la sua portata e dà alla persona di poter godere della perfezione della creatività di Dio.
Certamente la scelta ideale di un soggetto e l'armonica composizione delle forme che ne esprimono un contenuto, sono motivi sufficienti alla realizzazione di un'opera; tuttavia, soltanto quando l'opera è giunta a compimento, l'artista si accorge che ad averla realizzata nella sua compiutezza, non è stata soltanto la propria mano e neppure la propria idea.
Allora chi la osserva non può non provare emozione, subire il fascino di quella bellezza, lo stupore di quella realizzazione tanto indiscutibile quanto attraente. L'animo vibra all'unisono con l'autore che neppure conosce e che il più delle volte non è più e non è raro il caso di sentirsi presi dal languore che potrebbe mandare in deliquio chi fosse poco avvezzo all'esperienza.
Dipingiamo dunque, proviamo, riproviamo senza demoralizzarci perché l'arte sceglie da sé quando e come compiersi. Così come tutti dovremmo cantare, suonare, danzare senza progetti ambiziosi; soltanto perché l'espressività della persona è patrimonio del nostro essere e perché, attraverso la corporeità della persona, si esprima la bellezza e la perfezione del creato.
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- Il Signore ti accoglierà nella sua Misericordia e tu godrai della eterna beatitudine. Non si va in Paradiso con la penna, i pennelli o la chitarra. Grazie per il tuo bel commento
- Condivido il titolo e il contenuto del tuo racconto-riflessione. L'arte sicuramente ci eleva e ci permette di svelare il mistero (dell'inconscio?) che sta nello strato più profondo della nostra natura. Credo che solamente quando riusciamo a sorprenderci per qualcosa che facciamo, possiamo convincere più facilmente gli altri sulla bontà dei nostri talenti. Ciò che più importa non è essere riconosciuti dai critici come degli "artisti" ma saper comunicare le nostre emozioni, senza assolutizzare i nostri stati d'animo, anche se poi siamo capaci di riprodurli fedelmente nelle nostre opere. L'artista però è un solitario, uno che si raccoglie in sé per dire ciò che quotidianamente la vita non gli permette di dire, o che lui non è stato capace di trovare una forma ottimale o diversa per poterlo dire. Più che questo i miei ultimi anni, mi piacerebbe viverli facendo del bene, magari in un'associazione di volontariato e magari morire con la benedizione del Padre celeste! Che poi Lui pensi che non sono un "artista" chissene importa! Meglio se Lui mi accolga perché sono stato una brava persona! Hai scritto un buon racconto! Ciao, Fabio.
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