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Un sogno (3-3)
Una volta a casa dello zio, approfittando del fatto che la zia era fuori per compere, Ignazio affrontò subito l'argomento, dandogli del vigliacco e accusandolo della misera fine della madre, nonché di non aver mai avuto il coraggio di far uscir fuori la verità.
Lo zio Piero, impressionato dalla rabbia del nipote/figlio, lo lasciò parlare e riversargli addosso tutto il rancore, poi lentamente gli disse:
- Ignazio, potrai mai perdonarmi? Quello che ho fatto non si può riparare purtroppo...
I miei errori ti hanno privato della tua vera madre, hai avuto un buco nero riguardante le tue origini, io non so perché ti ho fatto questo, ma so che non volevo fare del male a nessuno. Volevo bene a tua madre, lei era fresca come la rugiada nel bosco al mattino.
Con lei, ho colto il più bel fiore che potessi avere tra le mani in tutta la mia vita!
Le cose non dovevano andare così, io volevo lasciare mia moglie ma non ne ebbi il coraggio, Angela non insistette, disse che avrebbe tenuto il bambino e avrebbe aspettato che io potessi sistemare la faccenda con mia moglie... Tutto però andò diversamente.
Inaspettatamente morì poco dopo averti dato alla luce. Avrei voluto prenderti con me. Mio fratello, che non poteva avere figli, ti volle a tutti i costi, facendomi giurare di rinunciare per sempre a te. Io ho promesso...
Ecco, questo è stato il mio inferno, il rimorso per la morte di tua madre, non poterti dare la buonanotte tutte le sere, non poterti chiamare mai una volta: figlio mio!
Lo zio Piero smise di parlare ed iniziò a piangere. Vedere un uomo di quasi ottant'anni piangere, non fa di certo bene al cuore. Si sciolse ad un tratto, tutto l'odio che si era gonfiato nell'animo di Ignazio, guardò con occhi compassionevoli lo zio e lo abbracciò.
Non poteva ancora perdonarlo, ma ci avrebbe lavorato sopra in futuro; ora però, la sua priorità, era quella di andare a trovare sua madre al cimitero.
Andò a casa, sconvolto, trovò la moglie intenta a preparare il pranzo; le spiegò a grandi linee ciò che era venuto a sapere, le raccontò del sogno, di Floriana, di tutta la storia.
La povera donna restò sbigottita, incredula a tratti, per quella scottante verità, prendendo anche un po' per matto il marito, che credeva fermamente d'aver fatto un tuffo nel passato, e che ciò che aveva vissuto nel sogno, fosse invece assolutamente reale.
Accettò di buon grado di andare a cercare quella fantomatica Floriana, all'indirizzo che il marito ricordava perfettamente..
Una volta arrivati, bussarono alla porta, aprì una donna anziana e sovrappeso, alla quale Ignazio chiese di Floriana Monticelli. La donna, diffidente, gli chiese cosa volesse da lei, quando lui le spiegò che aveva un credito in denaro verso una certa Angela, la cugina, la donna trasalì. Cosa mai poteva sapere lui di Angela, che era morta oltre 40 anni fa?
Tuttavia, capì che non c'era nulla da temere e li fece entrare nel salotto.
Una volta seduti tutti comodamente su divano e poltrone, la donna disse di essere Floriana, "quella" Floriana, proprio la cugina di Angela. Ma Ignazio non l'aveva potuta riconoscere di certo! A quel tempo, quello del sogno, lei di anni ne aveva meno di trenta, ed ora mostrava di averne oltre settanta. Lui con prontezza disse che una sua zia suora, che stava in un convento in collina, tanti anni prima aveva prestato del denaro ad una ragazza che aspettava un bambino, e si chiamava Angela. Floriana allora disse che non ne sapeva nulla e che comunque sia, la sua cara cugina non era più su questa terra da oltre quarant'anni.
Lui allora le fece capire che non l'importava tanto dei soldi, ma di sapere quanto più possibile su quella donna che era... sua madre. L'anziana signora si commosse, e raccontò di quanto Angela fosse dispiaciuta, di non poter allattare il suo bambino, per via degli antibiotici che prendeva... Ne ricordava ancora l'espressione triste. Ora riposava per sempre, nel freddo abbraccio d'una lastra di marmo.
Ignazio la volle andare a trovare al cimitero; prima però passò in campagna e raccolse un mazzo di fiori di campo. Fiordalisi, margherite, papaveri, denti di leone...
Arrivò al camposanto e la trovò; la riconobbe, era proprio lei, Angela, quella ragazza che aveva visto in sogno, la sua mamma. Gli vennero in mente tutte le volte che aveva pensato d'essere stato abbandonato da sua madre, del rancore che aveva provato, dei pensieri cattivi che aveva fatto.
Quella piccola foto sembrava parlargli; l'espressione semplice e allegra di quel viso, era ciò che voleva vedere da tutta una vita. Finalmente aveva ritrovato le sue radici, era ciò che sperava da sempre, anche se aveva trovato dei risvolti amari.
E tutto ciò grazie ad un sogno. Già, un sogno improbabile, che lo aveva spinto a scavare...
Anche il lunedì mattina, mentre si preparava per andare al lavoro, ripensava a quel sogno.
Si ripeteva che era stato solo un sogno, uno struggente e magnifico sogno...
Accadde però, che mentre preparava la sua solita borsa da lavoro, ebbe l'idea di svuotarla del tutto; non lo faceva da molto tempo. Tirò fuori vecchi scontrini, carte di caramelle, graffette di varie misure, tappi ormai dimenticati di penne esaurite... inaspettatamente si trovò tra le dita un piccolo pezzettino di stoffa, lo portò allo sguardo distrattamente, poi sgranò gli occhi, era bianco con pezzi di una stampa fucsia e verde smeraldo.
Si ricordò del vestito di Angela, aveva proprio quei colori! Si ricordò anche che le si era impigliato il vestito nella chiusura lampo della sua borsa. No, non era possibile, quello era accaduto in un sogno, non era la realtà, non poteva essere cosí...
Perplesso, rimise nella borsa il pezzetto di stoffa, sorrise tra sé e sé e si avviò alla stazione.
Mentre il treno viaggiava verso Firenze, Ignazio ripensando a tutta la storia, a tratti sorrideva, e capì che il tempo è fatto di piani sovrapposti, ordinati in stretta sequenza matematica, ma a volte questo ordine si sovverte...
(Il racconto è frutto della fantasia dell'autrice. Ogni riferimento a fatti e persone è da ritenersi puramente casuale).
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2 recensioni:
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- Un racconto piacevole fino al punto finale. Una realtà dei nostri giorni? Il mio elogiarti Marysol.
- lei era fresca come la rugiada nel bosco al mattino... e raccolse un mazzo di fiori di campo. Fiordalisi, margherite, papaveri, denti di leone... e vi aggiunse molte lacrima.. un buon debutto Marysol.. mi è piaciuto molto.. ma non sono un esperto di racconti. bisognerebbe chiedere a Giacomo Colosio..
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