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La casa degli spiriti
Mio zio Ernest è morto. Lo hanno seppellito la settimana scorsa."
"Oh, mi dispiace. Lo stimavo molto..."
"Ho ereditato la sua casa. Vieni a vedere cosa te ne pare. Ho deciso di trasferirmi là appena mi scade il contratto dell'appartamento."
É una sera di febbraio con vento e nevischio e dopo questo incontro camminiamo insieme verso l'abitazione che si trova qui vicino. Lasciata la piazza ci immettiamo in una via secondaria malrischiarata, fiancheggiata da alberi.
La casa è una delle ultime in fondo alla via. Si vede subito che è abbandonata. Dalle imposte chiuse non esce un filo di luce.
Il mio amico Gregor tira fuori alcune chiavi e nell'oscurità lo sento armeggiare con la porta.
"Strano... La serratura deve essersi inceppata..." lo sento dire.
Io mi avvolgo di più nel soprabito in attesa di entrare.
Uno scatto e un cigolìo. Entriamo nel buio. Gregor gira l'interruttore e due lampadine fioche si accendono ai lati. Siamo in una saletta gelida con sedie di vimini, un cappello appeso a un attaccapanni di legno, la tappezzeria a fiori che cade in pezzi. Una finestra sbatte al piano superiore.
Camminando sulle mattonelle che si muovono visitiamo per prima la cucina. C'è una vecchia credenza con la bottiglia di whisky mezza piena e le briciole secche di pane. Dal camino spento proviene l'odore della fuliggine.
"Quando si è ritirato dall'allevamento del bestiame, mio zio si è dedicato al giardinaggio. I suoi stivali, la sua pipa..."
C'è anche una piccola cantina con ceste di legna e un ceppo con la mannaia.
Lasciati quegli ambienti entriamo in uno studio impregnato da un forte odore di tabacco. Sugli scaffali e nelle vetrine ci sono molti libri con la copertina nera che trattano di spiritismo. Sul tavolo c'è un tabellone spiritico, una tavoletta ouija, pile di registri scarabocchiati, un candeliere, gli occhiali...
"Mio zio faceva una vita molto ritirata."
Poi si avvia a salire i gradini per farmi vedere il piano superiore, ed io lentamente lo seguo. La casa è gelida. C'è silenzio di tomba, freddo e odore di umidità.
Di sopra c'è un corridoio con alcune porte, alcune aperte, altre chiuse. Si sente un rumore metallico provenire dietro una di esse. Gregor si ferma di colpo. Poi apre la porta che immette nella latrina.
Il finestrino di ferro sbatte.
"Ero convinto di averlo chiuso bene la volta precedente" mormora mentre fa forza sulla maniglia. Poi richiude delicatamente un rasoio con la lama aperta.
" Mio zio era contrario alle modernità."
Io resto immobile sulla soglia. Guardo la vasca di ferro arrugginita con il fondo bagnato, il pettine con alcuni capelli attaccati. C'è freddo e odore di fogna lì dentro.
Nella stanza da letto domina la foto ovale di Ernest Navarros con volto scarno, la lunga barba nera e l'espressione dura. Sulla parete opposta ci sono alcune oleografie con scene campestri. I loro colori nella stanza tetra sembrano innaturali.
"Ultimamente mio zio faceva una vita da misantropo..."
La casa è impregnata della presenza del vecchio, come se egli fosse ancora qui fra di noi. Involontariamente il mio amico ha abbassato la voce come se avesse paura di disturbare. Le assi del pavimento scricchiolano e i nostri movimenti sono più cauti come per paura di farci sentire.
Il silenzio della casa è pesante.
Improvvisamente un cane abbaia forte fuori. Il mio amico ha un sussulto:
"É il cane di mio zio nel cortile qui dietro; avrà sentito qualcosa..."
Mi avvicino a una finestra e una ragnatela mi si attacca alla faccia. Mentre mi pulisco sento il mio amico che corre e grida: "Là! Là! Guarda!"
Una luce rossastra proviene dalle scale, un brutto riverbero color rosso mattone, come fiamme.
"Scendiamo, presto! La casa sta prendendo fuoco!" grida Gregor.
Lo seguo saltando i gradini e corro a vedere in cucina mentre Gregor si precipita nello studio.
Qui la luce è scomparsa. Dalla porta della cantina proviene buio e una vaga sensazione di pericolo. É tornato di nuovo il silenzio. Il freddo è intensissimo.
Allora sento un grido strozzato come se qualcuno avesse vomitato. Raggiungo di corsa il mio amico.
Gregor è in piedi sulla soglia dello studio. Mi guarda con la faccia bianca e gli occhi stralunati. Sta tremando e sembra che voglia dirmi qualcosa ma non riesce a tirar fuori neanche una parola.
"Che cosa succede? Va tutto bene?"
Lo incoraggio mentre mi avvicino. Poi mi affaccio dentro allo studio e resto pietrificato per la sorpresa.
Il vecchio Ernest con stivali e pipa sta seduto curvo davanti al suo tavolo.
Che mi venga un colpo! É proprio lui. Lui, o il suo spirito. Non è fatto di carne perché è semitrasparente...
Barcollando come un ubriaco il mio amico cammina verso l'ingresso ed esce fuori. Io lo seguo sforzandomi di non guardare più dentro allo studio. Spengo la luce e mi tiro dietro la porta.
Accompagno Gregor camminando al suo fianco e per tutta la strada fino al suo appartamento non diciamo una parola.
Alcuni giorni dopo incontro nuovamente il mio amico che mi parla di tante cose senza accennare mai a quello che è successo.
Un giorno di marzo, passando davanti alla casa che ha ereditato, vedo un cartello appeso di traverso sulla porta. In esso c'è scritto:
Casa ammobiliata in vendita.
MARZO 1992
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0 recensioni:
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- MOLTO CARINO^_^
- Mi piace molto la descrizione dell'interno della casa...! ma un po' meno la freddezza forse un po' innaturale del narratore alla vista del fantasma. un sorriso
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