Un buon John Fante è quanto ci vuole per rendere questo pantano un po'meno ricco d'insidie: Il cagnolino rise, l'America e i sobborghi e la polvere e messicane arrabbiate che ti mostrano il culo per ricavarne qualche briciolo d'Amore. Questa è una poesia che ricuce strappi, che cerca verità forse lenendo l'angoscia di essere qui in questo preciso istante. Oppure no. Andare più sul filosofico. Una Nausea di Sartriana memoria, quella vaga ossessione che ti porta a considerarti di troppo, che ti fa capire, finalmente, cosa vuol dire esistere.
Insomma, le cose sono e restano sempre le stesse. Sentire la monotonia come una serpe velenosa incunearsi sulle pareti del collo e stringere... stringere.
La vita non ha senso. Sta a noi dargliene uno, se possiamo, con cautela. A volte il desiderio ci ha reso frenetici: trovare una svolta. Mettere un punto ed andare a capo. È questa l'agonia, la bestia che ci fa considerare le cose un'accozzaglia d'insulse quisquilie.
Scrivere è una soluzione. Scrivere è come medicarsi in modo autonomo, lasciando fluire lungamente il sangue, anche sentendo una gran dose di dolore, ma veder ben bene cosa si cela dentro a quella ferita che fa ci ha reso così instabili.
Così questo diario è il 2. 0 della pazzia, un capitolo nuovo, una scusa, forse soltanto un tentativo di non perdere completamente quel brandello di coscienza che ancora porto dentro di me.
Sono stato fuori città. Il 25 Aprile. La liberazione dal terrore. La carne e il fuoco e la gente, felice, forse solo convinta di esserlo, così melensa, caciarona, irregolare, mondi diversi riuniti in un unico calderone: la festa.
Ne ho abbastanza della vita e non mi diverto mai. Così a qualche chilometro dalla città succede che ti ritrovi in famiglia, a pranzare fuori e poi fai pure un giro panoramico della zona, vedi belle cose, la natura, punti d'interesse storico e architettonico. Ma dietro giace sempre quel vuoto. Quel magone. È che leggere Schopenhauer aprirebbe gli occhi anche al più cieco degli uomini. Insomma niente va per come dovrebbe andare, e tu ti domandi: Perché? Allora ti arrabatti, combatti, fai proseliti, avanti e in dietro, come un pazzo, in cerca di una risposta, una sola santa maledettissima risposta. E ti rivolgi ai grandi, perché nessuno oltre loro è in grado di darti una mano. Schopenhauer sapeva il fatto suo. La vita è un pendolo che oscilla tra dolore e noia. E tu lo sai. Lo sapevi da sempre. È vero. È così. Eccola l'illuminazione.
Ma scavare nel profondo è una storia troppo pericolosa. Un diario. Un diario! Che stranezze. Ma in fondo anche la vita è sempre stata una grande stranezza.