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Ho imparato
Ero...
Anzi!
Ancora non "ero", se "essere" significa vivere dei propri mezzi.
In ogni caso... "ero" soltanto da qualche giorno. E già avevo imparato.
Avevo "dovuto" imparare!
Poco, ma quel poco era già di vitale importanza per la mia esistenza futura: avevo imparato a nuotare nel liquido amniotico della pancia di mamma. E lì dentro ero protetto. Da tutto. Da tutti.
Mi godevo quell'ondeggiare nel "mio" mare, sereno ed in pace con il mondo.
Che poi, il "mio" Mondo era tutto lì! Era veramente piccolo... diciamo... "30 cm. quadrati?" Fantastico! Un Mondo di 30 cm quadrati e tutto MIO! Per me il mondo era quello. Era naturale che pensassi, quindi, di conoscere "il mondo". Era ancora naturale che io pensassi che quello sarebbe stato il mondo che mi avrebbe accompagnato per sempre.
Era trascorso solo poco tempo quando mi accorsi che il mio mondo stava rimpicciolendo, stava cambiando qualcosa, non capivo cosa, ma c'erano di certo dei cambiamenti intorno a me, la mia gamba, che giorni prima riuscivo a distendere completamente, ora sbatteva contro un morbido muro. Le mie braccia, che prima riuscivo a muovere agevolmente a mio piacere, ora rimanevano bloccate e non riuscivo a ruotarle. È così che "ho imparato", senza capirne il motivo, che le cose, con il tempo, cambiano. Ciò che pensi sia per sempre, in poco tempo... Puf! ... non c'è più.
In quei giorni, ricordo, sono stato disturbato da un rumore stranissimo, ripetitivo e penetrante, e mentre venivo torturato da questo rumore, là fuori, appena fuori del mio mondo, delle voci lontane, un po' ovattate, parlavano di battiti, cuoricino, settimane... ecco! Settimane... capii che quel tempo che io non sapevo distinguere, là fuori, lo chiamavano settimane. E mi fidai di queste parole, perché una di queste voci la sentivo molto spesso, e molto spesso parlava di me insieme ad un'altra voce più profonda, e ridevano, scherzavano, li sentivo felici e mi facevano felice.
Ed ecco, quindi, che, trascorse altre settimane, dovetti abbandonare quel mondo, il mio Paradiso, e, non senza sofferenza, e contro la mia volontà, da quel dolce giaciglio sono stato riversato in un luogo sconosciuto, con una luce accecante e... Che succede? chi mi picchia? Ohi, mi vien da piangere e, soprattutto... sento che ho "bisogno di aria", devo fare qualcosa, ed in fretta. In quel preciso istante "Ho imparato"due cose: a piangere, a respirare!
E poco dopo ho imparato a riconoscere "la fame" ... Quel senso di vuoto allo stomaco che non avevo mai provato prima, come fare per superarlo? Ho passato in rassegna tutte le cose che avrei potuto fare, tra quelle che "sapevo" fare, e ho scelto la più facile: piangere! L'avevo già fatto, quando mi picchiarono appena vista la luce. Ecco perché lo fecero! Per farmi imparare a piangere, perché mi sarebbe tornato utile! E così, piangendo piangendo, arrivò alla mia bocca qualcosa di morbido. L'afferrai e non sapevo che farne, ma... imparai... bastava succhiare e da lì sgorgava quel dolce e tiepido liquido che saziava la mia fame. Perfetto! Ormai conoscevo il ciclo della vita:
- fame
- pianto
- tetta
- succhiare... e... passata la fame!
Che cosa d'altro potevo volere? Potevo dormire tranquillo, pensavo. E invece no! Ora sentivo un fastidioso senso di bagnato addosso. Ma come mai? Non capisco! Che faccio? Beh!, se ha funzionato prima funzionerà ancora: ora piango! E inizio il mio lamento! Ancora una volta vincente. In breve mi prendono, mi puliscono, mi asciugano, mi rivestono, e... Che fatica! ma, ora si! Finalmente, in tutta tranquillità, posso godermi il meritato riposo!
Pensai: una sola giornata e già quante cose avevo imparato a fare! Mi sentivo molto bravo!
E così, per giorni, potei sopravvivere grazie a tutto quel poco che ero riuscito ad imparare in un giorno. Ma non era finita, perché nelle settimane seguenti si presentarono altri problemi. Quando ero diventato bravo a succhiare la tetta, me la tolsero, e cominciarono a mettermi in bocca un antipatico pezzo di plastica dura dal quale dovevo riuscire a mettere in bocca del liquido denso che nulla aveva a che vedere con quello che conoscevo.
Appena presa confidenza con questo nuovo attrezzo, lo cambiano, ed ora cambiano anche il contenuto. Cosa sono quei pezzetti duri che cercano di mettermi in bocca con quello che chiamano cucchiaino? Però, non sono male. Dopo i primi momenti di smarrimento, con la grande forza di volontà che avevo, riuscii a imparare a mangiare dal cucchiaino, e a bere da un tetta che potevo mordere a mio piacimento, senza che nessuno si lamentasse, ma che sapeva un po' di gomma.
Cominciarono poi dei forti dolori nella mia piccola bocca, piangevo nella speranza che qualcuno facesse qualcosa, ma servì a poco. I dolori continuarono e di lì a poco cominciarono a sbucare dei duri spuntoni nella mia bocca, che mi facevano sbavare perché non sapevo gestirli.
Denti li chiamavano.
E pian piano ho imparato a convivere anche con i denti, e quando smisero di darmi pappine per sostituirle con cibo a pezzetti... beh! Imparai a mangiare anche quelli, imparai a masticare!
Ora erano tutti intorno a me, a fare smorfie, a ripetermi lentamente cose tipo: maaaaammmma! Paaapppàààà! E io dovevo ripeterle, per vederli tutti felici, sorridenti ed affettuosi.
E che ci vuole, non è così difficile poi rifare questi versi che fanno i grandi.
Ho imparato!
Prima mamma, poi papà, subito dopo pappa, poi ... poi una cosa la insegnai io, e furono loro ad imparare: bumba! Ridevano quando dicevo bumba perché non riuscivo a dire altro e lo ripetevano a me. Scoprii così di aver imparato anche ad insegnare. Grande, questo piccolo bambino!
Ho continuato così per mesi, anni e ancora anni. Ho imparato a fare il figlio, a fare il fratello, a fare il padre e poi lo zio, l'amante, l'amico, il nonno. Magari tutte cose fatte male o nel modo sbagliato, ma io ce l'ho messa tutta. Ho imparato a ridere, a piangere, a cercare lavoro e poi a lavorare. Ho imparato a vincere, ho imparato a perdere e a perdere le persone care. Ho imparato a farmi la barba, a tagliarmi i capelli e, più tardi, a fare a meno dei capelli. Ho imparato a cuocere un uovo e poi la carne e poi la pasta, a lavare le verdure e a sbucciare l'ananas, ho imparato a stirare le camicie, a fare le raccomandate e ad andare in bicicletta. Ho imparato a guidare il motorino, la vespa, la lambretta, la motocicletta con il cambio a pedale: Moto Morini con cambio a destra e freno a sinistra e poi Moto Guzzi, con cambio a sinistra e freno a destra. L'inverso! Ma ho imparato!
Ho imparato la malattia, ho imparato la malattia degli altri, ho imparato ad aiutare gli altri e, un po' meno, a farmi aiutare dagli altri. Ho imparato a camminare con le stampelle, poi l'ho dimenticato, ma ho dovuto impararlo di nuovo. Ho imparato a vedere la morte, ho imparato a non temerla, a discutere e litigare con lei, ho imparato a vincere una battaglia con lei, ma ho imparato anche che la vittoria finale sarà la sua.
Ho imparato a fare le cose di corsa. Ho dovuto, visto che le mie giornate sono sempre state "di corsa" e questa cosa ho imparato a farla talmente bene che, anche quando non ho niente da fare, quel "niente" ... ebbene, riesco a fare di corsa anche quello.
Ho imparato che cosa è la vecchiaia.
Non è niente di brutto, l'ho intuito subito. Ho capito di dovermi considerare vecchio nel momento in cui in luoghi giovanili, ad esempio entrando nello spogliatoio della palestra, ho dovuto fare l'abitudine a sentire come risposta ai miei soliti innocenti saluti "ciao", ho dovuto abituarmi, dicevo, a sentire risposte tipo: Buongiorno, Arrivederci e, quando mi va bene: ... Salve. È quel "ciao" mancato che fa la differenza, per gli altri, la loro, è solo una risposta adeguata, per me è l'inizio di una nuova era ed un mondo di pensieri che si apre nella mente.
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