Questa notte è una notte maledettamente triste. Sono uscito di casa che l'orologio segnava perfettamente le 2:00. Ho fatto un giro per il quartiere popolare, vicino al porto, lì dove frotte di puttane se ne stavano appollaiate come galline morte.
La notte è un condensato di umanità variegata. Vedi lembi di mondo che si dispiegano, inerti, ognuno secondo la propria volontà. La notte è fatta soprattutto per la gioventù; impazzano i ragazzi nei locali, per le strade, nelle vie del centro, così morbosamente vivi e dimenticano quella cauta tristezza che, alle volte, li possiede, quando non hanno ancora contemplato il valore di una comitiva. È forte l'uomo quando si mette assieme, sostituisce l'angoscia alla vaga spensieratezza del chiacchiericcio senza pretese.
Questa notte ho conosciuto Roxanne. Roxanne è una puttana dalla faccia d'angelo; è alta sopra il metro e settanta, porta un vestito corto paiettato alla fine della gonna e sulla scollatura, una parrucca bionda riccia e voluminosa ed è truccata volgarmente. Sono passato con la mia Ford Fiesta e le ho fatto cenno di salire.
"Non voglio fare sesso- le ho detto- ho intenzione solamente di parlare"
"No no no no- ha ribattuto lei parlando velocemente- io non voglio parlare. Io voglio soldi"
"Non ti preoccupare, ti darò i tuoi soldi. Ora parlami di te, come ti chiami?"
"Prima soldi poi parlare"
Ho uscito tre banconote da dieci dalla tasca e le ho consegnate a Roxanne. Lei le ha prese con fare scortese e le ha infilate nella borsetta.
"Mi chiamo Roxanne e tu?"
"Io sono Giacomo. Dimmi Roxanne, da quanto tempo sei in Italia?"
"Cinque anni"
"E ti piace quello che fai?"
"Senza di questo sarei già morta o per strada a chiedere l'elemosina" Dice lei scoppiando in una risata sguaiata.
"E poi giù in Nigeria la vita è molto pericolosa. Non sono contenta, però mi accontento. E tu? Sei contento tu?"
Questa è una di quelle domande che fatte a bruciapelo potrebbe mettere in crisi anche l'uomo più apparentemente appagato. Bisogna guardarsi dentro, inspirare ed espirare, fare un resoconto in 30 secondi e poi rispondere. Fino a che punto la nostra vita può essere considerata soddisfacente? Qual è il metro di giudizio che ci dice che le scelte che abbiamo preso in tutti questi anni sono state quelle giuste? C'è spazio per i rimpianti? Abbiamo qualche rimorso? Io a tutto questo non so rispondere su due piedi.
"Mi sopravvivo" Le ho detto e l'ho lasciata lì dove l'avevo presa.