Ho letto la lunga lettera della Fallaci a Pasolini, scritta dopo la sua uccisione. È una bella lettera, che si legge tutta d'un fiato. Pasolini amava New York e lo squallore della Quarantaduesima strada. Oriana lo redarguiva, fai attenzione, prima o poi ti uccideranno.
Amare lo squallore della Quarantaduesima strada significa essere squallidi dentro? Naturalmente no. Il grande artista era attratto dallo squallore, dalla miseria umana, cercava nel peccato una strada per la sua liberazione, che sarebbe arrivata con la sua uccisione.
È una lettera struggente, intensa, soffocante, liberatoria, umana. Parla di amicizia e di comprensione, di consapevolezze taciute, di verità. Leggendo questa lettera potremo imparare qualcosa in più sulla natura umana e sui suoi giri di boa. Pasolini spiazzava Oriana e lei ne era estasiata e inorridita.
In fondo, tutti moriamo e rinasciamo, seguendo un tormentato percorso di squallide strade e purificazioni sterili. Come Giasone e Medea (Maria Callas). Riuscirà l'uomo a non cadere ancora nelle sterili trappole di quest'esistenza a spirale? Pasolini era un uomo tormentato, alla ricerca della sua verità e quella verità era strettamente connessa ad una morte violenta. A cosa pensava il grande genio nei suoi ultimi momenti, quando ormai aveva compreso che la vita gli sfuggiva nel modo da lui agognato?
Non c'è comprensione senza cambiamento. Stamane mi son svegliato con un gran fracasso. Una lite furibonda tra due gatti neri che hanno mandato in frantumi un grosso vaso ornamentale.