La mia mente è annebbiata, vuota, priva di pensieri. Non è vero che non si può pensare a nulla. A me capita spesso, anzi anche troppo delle volte. La mia testa non riesce più a ragionare, a fare dei pensieri compiuti, a pensare, e pensare è ciò che ci definisce umani, ciò che fa di noi delle persone. E ogni nostro pensiero definisce chi siamo. Ma quando ti senti così, quando ti senti vuoto, quando sai di non poter dire nulla che definisca te stesso, quando non vedi una via di uscita, o la possibilità di una scelta, cosa puoi fare? La mia risposta è il silenzio. E non è orgoglio, o arroganza o, peggio, non avere voglia di dire qualcosa, ma è consapevolezza. Consapevolezza. Da "con" e "sapere". La consapevolezza è un fenomeno interno, intimo. Non è la mera conoscenza, la superficialità di sapere qualcosa per sentito dire, ma è una condizione in cui la conoscenza di qualcosa si fa interiore, profonda. Non è un dato od una nozione. È il proprio modo di rapportarsi col mondo, è un tutt'uno coerente con sè stessi. Diventare consapevoli di cosa ci è successo, di ciò che siamo, dovrebbe permetterci di affrontare il futuro con una marcia in più, di non averne paura, perché sappiamo chi siamo. Ci dovrebbe permettere di non subire, ma di affrontare, di rielaborare. Il condizionale è sempre stato il mio tempo verbale preferito però . Mi permette di dire come le cose dovrebbero essere ma senza dire apertamente che non sono andate esattamente in quel modo là. Mi permette di essere sincera, ma di restare un po' in disparte, senza essere esposta troppo al pericolo, come se fossi coperta da un mantello che mi protegge da una caduta di massi improvvisa. Perché per quanto io abbia percorso con tanta fatica la strada della consapevolezza, sembra che il passato sia un terremoto che non passa mai. Nessuna consapevolezza, nessun mantello mi proteggerà da quei massi. E quei massi sono pesanti, sono tanti, potrebbero formare mille montagne. Sono la mia vita, i miei amici, le mie storie, le mie esperienze, la mia vita. Sono quei massi che formano me. Io sono un masso enorme formato da tanti piccoli massi. Sono io con i miei pensieri. E mi viene da ridere perché la consapevolezza di ciò che sono mi fa pensare, e anche tanto. Mi fa diventare nevrotica, paranoica. Ma dopo un giorno intero a pensare, ecco il vuoto. La mente vuota. Sono lì ferma, incantata a fissare il vuoto, a dargli forma, a immaginare cose ma senza rifletterci troppo. Improvvisamente la mia mente sfugge al mio controllo. Non riuscirei a dire neanche che ho due occhi, o le lettere dell'alfabeto. Perché non ci sono. C'è un involucro, nemmeno bello, vuoto. Un vegetale con i capelli e la bocca. Un'entità. Pensare troppo mi ha lasciato senza pensieri. Pensare dovrebbe portarti in luoghi fantastici, dovrebbe darti idee, soluzioni, domande e risposte. E invece il mio pensiero mi ha portato l'oblio.