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Portasfortuna
Un pomeriggio d'estate passando per la piazza ritrovo il solito gruppo di amici all'osteria.
La vita non è facile per nessuno e noi quattro sembravamo avere affrontato situazioni più difficili del normale. Ma il più colpito dalla malasorte sembrava Max. Grosso, il volto tirato, stava sdraiato sulla sedia con un giornale davanti e come al solito polemizzava sulla vita, sull'amore, sulle ingiustizie...
"Lucy è andata via. Così, per sempre. É una storia finita ormai."
Fa un lungo sospiro, poi riprende:
"Sì ci sono tante donne al mondo... troverò da consolarmi... Ma bisogna ricominciare tutto da capo e io incomincio a invecchiare... Non ho più tanta voglia di fare il pagliaccio e mettermi a correre dietro alle ragazzine..."
Bruscamente si ferma di parlare. Sulla sua fronte alta che preannuncia la calvizie, si disegnano molte rughe. Diventa nervoso, si dimena sulla sedia mentre cerca qualcosa nelle tasche. Tira fuori un mazzetto di amuleti rossi attaccati a uno spago e con questi fa dei segni in direzione della strada.
"É uno jettatore, un portadisgrazie" dice Max sottovoce.
Mi volto e vedo che dal fondo del marciapiede avanza un tizio magro con la barba e il passo stanco. Indossa pantaloni scuri, camicia con cravatta e tiene la giacca buttata su una spalla poiché fa molto caldo.
Anche l'amico Petèn si volta ma poi sorride:
"Ma no. Sono tutte sciocchezze. Quello lo conosco ed è solo un povero diavolo come noi. Era un uomo importante, una volta. Ah! Sì! Era direttore di non ricordo più quale Ente... in poco tempo perse il lavoro, la salute, la casa... Sua moglie fuggì con un altro... É un uomo completamente rovinato adesso. Va a spasso per il paese alla ricerca di qualcuno che gli offra una sigaretta o un bicchiere di vino. Alla sera dorme in un Istituto di Carità."
Dopo una settimana ritrovo Max tetro e depresso. É un pomeriggio piovoso e lui sta al riparo della tettoia di un deposito di carbone.
"E così ho perso anche il lavoro..." dice sconsolato.
"Oh, mi dispiace..."
"Era prevedibile! Le cose in questi ultimi tempi non andavano più bene, c'era poco lavoro. E poi il socio era disonesto... La falegnameria è chiusa adesso..."
Nelle pause di silenzio si sente la pioggia insistente che batte sulle lamiere. Poi da un vicolo sbuca il solito tizio magro con addosso un impermeabile nero e cammina sul marciapiede opposto.
Appena lo vede Max fa una faccia sbigottita e ricade nella sua ossessione:
"Eccolo. Con qualsiasi tempo... Guarda la faccia... Guarda la barba. É una maschera. Non è vero ti dico! Non è uomo di carne quello. Dimmi che è finto. Dimmi che è fatto di rotelle..."
Una sera tardi sto per rincasare. Davanti al Caffè della Pace ritrovo Max sempre più polemico, sempre più nichilista, sempre più negativo...
"É accaduta una cosa diabolica, una cosa vampirica, una cosa catastrofica..."
Al mio sguardo di interrogazione Max riprende:
"Oggi mi ha salutato! Per la prima volta, quello, mi ha salutato!!!"
"Bene. Non capisco cosa ci trovi di strano. É stato gentile e..."
Mi fermo di parlare vedendo che sta per diventare furioso. Il collo di Max si gonfia, la sua faccia diventa color rosso vinaccia:
"... Ma non capisci? Ma non capisci un accidente, stradannazione!!! Non lo conosco neanche! Non so neanche il suo nome e... e quello mi ha salutato!..."
Una mattina presto siamo radunati noi quattro nella saletta dell'amico Petèn. Max appare cupo più del solito. Le sue parole sono gravi inframmezzate da lunghi sospiri:
"Mi hanno buttato fuori casa... Speravo di riuscire a recuperare quei crediti invece..."
"Beh, adesso non abbatterti. Potrai dormire qui da me stanotte" lo consola Petèn.
La bocca di Max ha una smorfia di dolore mentre prosegue monotono:
"É colpa sua! Lo ho sempre saputo! Ogni volta che incontravo il Barba le cose andavano sempre peggio. É uno jettatore e vuole la mia rovina. Finirò come lui, su una strada a mendicare una sigaretta e un bicchiere di vino..."
In quel preciso momento la porta si spalanca. Max salta su dalla sedia e prorompe in una esclamazione disperata:
"ECCOLO!!!"
La faccia sorridente del Barba si inquadra sulla soglia della porta:
"Salute a tutti. Buona giornata Petèn."
Poi l'uomo si ritira, rinchiude la porta e ritorna sul marciapiede per riprendere le sue passeggiate quotidiane.
La faccia di Max è color terreo con una espressione di tensione e terrore. Nessuno apre più bocca dopo questo incidente.
Passato lo shock Max si rilassa, sprofonda di più nella poltrona, ma appare svuotato come dopo uno sforzo tremendo. Nel silenzio le sue parole hanno un tono basso, lento, inesorabile:
"Era solo un avvertimento... Ma un giorno verrà a prendermi per fare la sua stessa fine. Lo sento. Lui ha pazienza. Lui ha tempo. Lui non si stanca mai. Continua a girarmi intorno, ogni volta un po' più vicino, finché un giorno mi metterà la mano sulla spalla e mi chiederà di andare via, insieme a lui..."
GIUGNO 1993
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