Qualcosa mi spinse d'impatto, forse un istinto irrefrenabile, ad accingermi alla finestra e al cielo squartato di nubi aggrembate come pecore a riscaldarsi con i loro manti di lana. Aspettavo intrepida la pioggia come un'innamorata perduta nei labirintici segreti della mente dell'amato, e poi d'improvviso, nella solitudine grigiastra e polverosa, avverto Nitr saturare l'ambiente di luce, con i suoi occhi musicare una sinfonia ribelle al conformismo mondializzato. Mi volto verso i suoi bagliori incandenscenti che mi dicevano l'inferno in terra dei beati futuri, sicchè poi lui mi sprofondò il suo iride nel mio occhio ingrandito alla vista di lui, dopodichè iniziò il monologo che diventò dappoi anche mio. Nitr, ah! Quel profeta mi disse l'equivalente del principio di verità, non una frase in eccesso che potesse ingrassare il discorso, nè una frase in difetto che potesse trascurare la più minima e sottilissima parte. Nitr prese parola senza che io dicessi a lui qualche cosa per poter iniziare un dialogo, così parlò:<<L'altro giorno presi a correre per le strade del centro senza un motivo, trasparente o invisibile che fosse, e non lo so perchè lo feci, ma sentivo di dover respirare e sentire la circolazione sanguigna dirmi che sono vivo, un essere umano e non un essere atomo o parte d'un ingranaggio insignificante che poi non sarà nemmeno il nobile ingranaggio della macchina di Dio. Persi il fiato l'altro giorno ma non era ancora l'ultimo alito, non avevo ancora esalato l'ultimo respiro, certamente stavo sul punto di farlo, poichè non avevo ancora esaurito quella bizzarra batteria smaniante che mi riusciva difficile tener a bada i miei arti inferiori. Poi mi guardai intorno e vidi che c'era un gruppo di operai abbastanza agitato, allora mi avvicinai a uno di loro, chiedendo giustappunto che cosa stesse succedendo, anche perchè addossavano una certa smania simpatizzante di certo con le sembianze della mia. Uno di loro mi raccontò che stavano giustamente occupando una fabbrica di acciaieria in via d'estinzione, tristemente non c'era nient'altro da fare per poter salvare il proprio posto di lavoro. Un grande vuoto sommerse lo spazio intercorrente tra me e l'operaio. La sua maglia rossa, il simbolo d'un colore che ha sovrastato e lottato l'ingiustizia nel passato, ora per i più è sangue essiccato, la bandiera d'una rivoluzione imbalsamata>>. Gli occhi di Nitr, contenitori di lacrime esplosive. Lo vedevo, Nitr aveva maturato il disprezzo per la classe dominante, per quella matassa di filistei al potere per il potere, per quei produttori di competitività e d'una economia senza morale d'alta politica e distruttrice d'ogni etica. Nitr non versò più una parola, aveva soltanto le lacrime che forse neanche bastavano ad idratare la siccità dell'incomunicatività. Nitr aveva le lacrime, soltanto la disperazione d'un risvegliato dall'ingordo mondialismo capitalista, non riusciva a smettere di stropicciarsi le dita, strofinarsi le caviglie, chiudersi la faccia con i pugni delle sue mani; ah! Infine baciò le sue mani, perchè mi raccontò che l'altro giorno, via correndo, si fermò, salutò un operaio e gli strinse la mano.