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Finita senza fine
Ecco che mi sembra di vivere la scena al contrario. Io seduta sui divani della reception, con gli occhi tristi e i bagagli pieni di vestiti sporchi e bei ricordi.
E sembra ieri il giorno in cui il cocktail di benvenuto era per me.
Ma nello stesso tempo, è come se, quei ragazzi dall'espressione solare e la divisa da animatori, li conoscessi da sempre.
Ripenso al momento in cui ci siamo stretti la mano per presentarci. Questa volta mi sembra una vita fa.
Giro gli occhi e vedo lui; socializza con gli ospiti del villaggio appena arrivati.
Un morso allo stomaco.
Troppe cose sono successe tutte insieme.
Troppe emozioni sono state provate.
Troppo forti.
Tutte insieme.
Volevo divertirmi con le mie amiche e passare una settimana spensierata.
La prima sera l'euforia era alle stelle; non vedevamo l'ora di uscire, ridere e ballare, con la testa leggera, braccia e gambe che si muovono da sole, che seguono la musica e la gente.
L'avevamo programmato ed è successo.
Non avevo invece programmato di imbattermi nel più bel paio di occhi scuri che io abbia mai visto.
Per una frazione di secondo hanno incrociato i miei. Una lunghissima frazione di secondo.
Ancora non sapevo.
Non potevo immaginare.
Non osavo sperarci.
È la seconda notte di vacanza, sono le due e mi aggiro inquieta davanti al nostro alloggio.
La serata è finita, le mie amiche dormono dopo la notte precedente trascorsa in bianco.
Io sono sveglia come un grillo, l'adrenalina circola impazzita nelle vene.
Il piccolo samsung mi vibra in mano.
"Sto arrivando! Esci!"
"Sì, sono fuori" digito frettolosamente.
Ripongo il cellulare nella borsa e, con gesti meccanici, mi liscio i capelli.
Sento dei passi nel buio rompere il silenzio.
"Ciao"
"Ciao"
"Andiamo?"
Non riesco a togliergli gli occhi di dosso. Voglio memorizzare di tutto di lui. Le spalle larghe sulle quali ho appoggiato la testa tante volte, le braccia che mi stringevano forte, le dita che si incrociavano con naturalezza alle mie... e mi fa così male il pensiero che non lo rivedrò mai più che non riesco nemmeno a piangere. Eppure, solo sei giorni fa...
"Ma di dov'è che sei di preciso?"
"Di Lecce, tu?"
"Io sono marchigiana... ma non c'è nessuno in giro, dove andiamo?"
"Ci prendiamo da bere al Libeccio e andiamo in spiaggia"
Lecce. Mezza Italia di distanza. Non m'importava niente, lui era lì... potevo guardarlo negli occhi, vederlo sorridere, allungare una mano e toccarlo.
E anche adesso... così a portata di mano eppure così irraggiungibile.
Sta lavorando.
Non posso saltargli addosso e abbracciarlo fino a stamparmi addosso l'odore della sua pelle.
Mi resta il ricordo.
Il ricordo di quelle notti in cui lui non era un animatore e io non ero un ospite, lui non era pugliese e io non ero marchigiana, quelle notti in cui eravamo lì e il resto non contava.
"Il tuo tipo ideale?" mi chiede seduto sul lettino. Mi tiro su sui gomiti e penso.
"Mmm... beh, senz'altro un bel ragazzo, qualcuno con cui ho interessi in comune, che mi faccia stare bene... e poi, ho una fissazione"
"Quale?"
"Le mani, sono fissata con le mani"
alza una mano verso il cielo e se la studia con attenzione. Scoppio in una risata.
"Sì sì promossa!" esclamo.
Lui sorride.
È troppo bello quando sorride.
Gli prendo la mano tra le mie.
"Baciami" lo imploro con lo sguardo "baciami subito".
Lui la fa scivolare via e si stende di nuovo sul suo lettino.
Va bene, aspetterò.
Con fatica, ma aspetterò.
Controllo l'orologio per l'ennesima volta.
Mezz'ora e poi parto.
Passo davanti all'anfiteatro, m'infilo in una piccola via circonadata dalle siepi. Mi ricordo quella sera che ero seduta con le mie amiche e ho sentito la sua voce che veniva da lì.
L'ho raggiunto nell'oscurità.
"Stasera ho le prove, non possiamo vederci, mi dispiace!"
"Tranquillo, non ti preoccupare... ci vediamo domani mattina in spiaggia"
Un bacio di sfuggita. Sì. Ma che fatica per farmelo dare la sera prima...
"Ho freddo" una frase più in codice di così non esiste.
"Tieni, prendi la mia felpa"
"Ma sei sicuro? Poi te come fai?"
"Non ti preoccupare, io sono un uomo del sud... ho il sangue caldo"
mi avvolgo con la sua felpa. Ci sto otto volte qui dentro. Annuso quell'indumento che sa di lui.
"Non è che hai la pelle d'oca...?" e gli sfioro un braccio.
Niente da fare, l'uomo del sud sembra insensible alle mie avances.
Mi siedo a gambe incrociate sul lettino e smetto di guardarlo in faccia.
Guardo il mare; così scuro, silenzioso e ricoperto da un luccichio di stelle.
Continuiamo a chiacchierare; mi chiede della mia vita, gli chiedo della sua.
È sorprendente come non ci sia imbarazzo e il numero delle volte in cui diciamo "ma davvero? Anch'io!" con quel tono di felicità nella voce e quella luce particolare negli occhi.
La sua felpa mi scivola dalle spalle, ma io non mi accorgo. Non ho freddo. Ho il cuore caldo.
Lui si alza e me la tira su.
Nel farlo si abbassa e, prima che me ne possa rendere conto, fa schioccare le labbra sulle mie.
La zona del bar e della piscina è deserta e silenziosa.
Chiudo gli occhi e mi sembra di rivedere la vitalità della sera.
La musica, le luci, la gente, i balli di gruppo.
"Hey, mister Jack!"
e le nostre mani si cercavano complici per ballare.
A fine serata mi passava accanto e, strizzandomi l'occhio, mi diceva: "Ci sentiamo dopo".
Guardo l'aurora colorare il mare di arancione, rosa, rosso... colori che si mischiano in cielo e in acqua.
Potrei stare così per sempre.
Sento il suo respiro e il suo cuore battere regolare sotto il mio orecchio.
La pace dei sensi.
I nostri corpi sono rilassati, appagati, soddisfatti.
Sono piena di brividi se ripenso al piacere che ci siamo procurati.
Fra poche ore questa spiaggia si popolerà; genitori, bambini, ragazzi, ragazze e gli animatori che intrattengono gli ospiti.
Qualcuno si sdraierà a prendere il sole su questo lettino dove noi... beh, insomma, al pensiero mi viene da sorridere.
Proseguo il mio ultimo giro per il villaggio. Solo una settimana fa era tutto così nuovo e sconosciuto. Adesso ho un ricordo legato a ogni luogo.
È sempre notte.
E c'è sempre lui.
"Va tutto bene?" chiedo mentre mi accoccolo sul suo petto, dopo essere stati insieme.
"Sì perchè?"
"Hai gli occhi lucidi"
"Mi succede quanto c'è il vento"
non c'è nessun vento. Ma questo non glielo dirò mai. Sorrido tra me e me.
Parliamo della gente del villaggio, delle persone in generale.
"Certo che ci sono tante troie in giro..." constata con amarezza.
"E cosa ti fa pensare che io non sia una di loro?" cinque giorni fa non sapevo nemmeno che esistesse e ora conosco tutto del suo corpo e lui conosce tutto del mio.
"Pensi che se fossi stato interessato a te solo per quello adesso starei così con te senza fare niente?"
abbasso lo sguardo e mi sento piccola e supida.
Ha le ore contate per dormire.
Fra meno di quattro ore cominciano le attività e lui dovrà essere carico e solare.
E invece di dormire sta qui, abbracciato a me.
"Ti ricorderò sempre come una ragazza carina, simpatica, intelligente..."
"Hai ragione, scusami"
due giorni.
Solo due giorni e poi dovrò lasciare questa mano per l'ultima volta, con la consapevolezza di non poterla più stringere.
Voglio ricordare questo momento per tutta la vita.
L'orologio non mente. Indica prepotentemente l'ora di andare.
Finisce qui questa vacanza così attesa, sospirata, desiderata.
Dio solo sa quanto non vorrei afferrare il trolley e uscire dal cancello per l'ultima volta.
Mi avvicino e mi costringo a dire quelle parole così difficili e dolorose.
La noto la sua faccia dispiaciuta, anche se non può darlo a vedere, anche se si sforza di sorridere.
"Devo andare adesso"
mi circonda con le braccia e io affondo per l'ultima volta il viso tra il suo collo e la sua spalla.
Respiro quell'odore, me ne riempio i polmoni.
Vorrei dire tante cose.
Augurargli tutto il bene possibile.
Digli che mi mancherà, che sono stata benissimo e sono contenta di averlo conosciuto.
Tutto troppo banale, troppo scontato.
Lo sa, glielo dico con l'abbraccio, nel modo migliore in cui glielo posso dire.
"Mi raccomando, sempre in gamba" mi sussurra.
Con fatica mi stacco da lui e afferro il trolley.
Continua a sorridermi con allegra malinconia.
Mi strizza l'occhio.
La riviera del Conero scivola via dal finestrino.
La macchina sfreccia sull'asfalto.
Adesso le nostre strade sono tornate parallele.
Una storia finita senza fine.
È stato bello incrociarsi per un attimo.
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