GIORNO 1
St. Mary - 50km dalla città di Augusta - Maine - Centro Commerciale King's Mall - ore 09:00 am
Caldo. Oggi fa eccessivamente più caldo del solito. È il 15 di Giugno ed il liceo dove insegno ha chiuso per la stagione estiva da appena ventisei ore. Il mio nome è John Blake e sono un'insegnante di 35 anni di ginnastica, presso il liceo Abraham Lincoln Io e la mia famiglia, mia moglie Brenda e la mia piccola gioia Lily di appena 9 anni, siamo in fila alla cassa numero sei. Le vacanze estive sono appena iniziate e come promesso alla mia famiglia li porterò per due settimane in un campeggio organizzato a White Lake, che dista appena tre ore di auto da casa nostra. Tutt'intorno a noi vi sono la maggior parte delle persone che conosco. St. Mary è un piccolo paese a ridosso del fiume Kennebec ed è praticamente impossibile non conoscersi tutti. Davanti a noi ci sono Benjamin Jonhson e la sua famiglia. Vedo il vecchio Ben, un professore di chimica prossimo ormai alla pensione, salutarmi con un cenno del capo. Quell'uomo è sempre stato molto riservato ed anche a scuola non si perde in tanti convenevoli. Mi avvicino a sua figlia Kaitie per salutarla e come sempre mi rivolge un dolce sorriso con quelle sue guanciotte rotonde piene di lentiggini. Le passo delicatamente una mano trai lunghi capelli rossi e le sorrido di rimando.
"Hai visto dove è andata la bambina?" mia moglie arriva da dietro con due cartoni di latte in mano.
Mi guardo un attimo intorno e soltanto in quel momento vedo Lily giocare con alcuni peluches vicino al reparto giocattoli. Le faccio cenno di raggiungerci ma al solito non vuole saperne.
"Eccola là vicino ai giocattoli amore. Lascia pure la roba sul rullo e vai a prenderla"
"Va bene!"
Brenda si allontana da me mentre continuo a svuotare il carrello della spesa. Al solito avevamo una lista di appena venti oggetti ed abbiamo finito per riempire la cassa. Avevo espressamente chiesto a mia moglie di tenerci leggeri per il viaggio fino a White Lake, ma al solito non mi ha prestato ascolto. In fila dietro di noi ci sono Carl e Frank, due allievi del mio corso di football al liceo. Frank è sempre stato abbastanza riservato, mentre invece Carl si avvicina porgendomi la mano.
"Salve prof come va?" mi chiede stringendomi la mano col suo solito fare amichevole "Sembra che stiate facendo una scorta di viveri per la fine del mondo"
La sua battuta è simpatica e come sempre riesce a strapparmi un sorriso.
"Eh, che vuoi che dica a mia moglie? Quella donna finirà per farmi impazzire"
"Donne prof... sono sempre un problema no?"
Mi risponde sospirando come se a soli quattordici anni potesse dire di conoscere a fondo la sfera femminile. Ricordo quella volta che lo vidi rinchiuso negli spogliatoi insieme a Delsie Cotton, la cheerleader del secondo anno. Stavano quasi per amoreggiare senza alcun contegno ed avevo fatto loro una bella parte da professore incazzato.
"Che farai questa estate? L'altro giorno al negozio di pesca ho incontrato tuo padre e mi ha detto che sareste andati da tua zia ad Augusta"
"Naaaaa prof, non ho per niente voglia di vedere quella vecchia grassona. Penso che rimarrò a casa e darò qualche bel festino una volta che i miei vecchi saranno partiti"
La sua risposta non mi piace per niente. Il ruolo di professore mi impone di rispondergli a tono, deciso.
"Carl, stai scherzando vero?"
"Certo che no!"
"Vuoi che telefoni a tuo padre o possiamo passare oltre? Non ti ho proprio insegnato niente?"
"Eddai prof certo che sto scherzando..." dice cercando di salvarsi la faccia ma gli credo ben poco "... e poi che cosa vuoi che siano un paio di birre?"
"Sai bene che non sono le birre a preoccuparmi"
Nel frattempo mia moglie torna alla cassa reggendo la nostra piccola monella tra le braccia. La lascia andare al suolo e la sgrida per essersi allontanata da noi. Dico a mia moglie di calmarsi onde evitare una brutta figuraccia davanti gli occhi di tutti. Sono sempre stato un tipo che si lascia condizionare dai pareri altrui. In quel centro commerciale c'è almeno la metà del paese, molte facce che conosco e con cui ho a che fare giornalmente.
"Perchè hai preso due confezioni di corn flakes? Ti ho detto che ne abbiamo già una aperta nella dispensa in cucina" il tono con cui Brenda si rivolge a me non mi piace, ma c'è troppa gente intorno a noi e mi astengo dal riprenderla.
"Lily ha insistito, che cosa potevo fare?"
"Cristo santo John, sei suo padre. Se continui così fra qualche anno ti chiederà di comprarle una macchina"
Prendo le prime confezioni di corn flakes ed i cartoni di latte e li metto sul rullo della cassa. È arrivato il nostro turno di pagare la merce.
"Con quello che mi pagano a malapena potrei comprarle una bicicletta" rispondo con un sorriso per troncare il discorso.
Alla cassa c'è di turno la biondissima, quasi albina, Tanja Likova, una ragazza di origine russa che tutti gli anni canta nel coro della chiesa di St. Mary. Non appena mi riconosce mi saluta con la mano e si alza dal suo sgabello per scombussolare i lunghi capelli corvini di mia figlia.
"Salve signore e signora Blake. Dove ve ne andate di bello questa estate?"
"Pensavamo di fare un salto a White Lake" le rispondo mentre sposto sul rullo altri oggetti togliendoli dal carrello della spesa "Non ci vado fin da quando ero bambino. Dicono che quel lago sia talmente stracolmo di trote che schizzano fuori dall'acqua senza neanche bisogno di pescarle"
Lei sorride mostrandomi i due grossi dentoni incisivi che ha sul davanti. Conosco bene la storia di quella ragazza e so delle sue scappatelle del fine settimana al lago. Se non erro fuma le canne e spero che quella sia l'unica droga di cui fa utilizzo.
"White Lake, da quanto tempo non ci vado..."
Mente, ma almeno è brava a farlo.
"Tieni papà!"
Mi abbasso verso mia figlia e prendo la confezione di uva che mi sta passando. La ringrazio con un bel sorriso e tiro fuori il portafogli.
"Sono quaranta dollari e venticinque cent!"
Più di quanto avessi sperato di spendere. Fra preparare la macchina, fare il pieno, pagare la spesa e quant'altro mi andranno via almeno cento dollari prima ancora di esserci messi in marcia. Per non parlare poi del traffico che troveremo lungo la statale 95. Fra meno di due ore gran parte del paese si metterà in marcia verso luoghi ben più freschi. Detergo una goccia di sudore che sta scendendo dalla mia fronte e prendo lo scontrino. Salutiamo la ragazza e chi sta dietro di noi prima di mettere le buste piene di roba dentro al carrello.
"Papà perchè non mi ha comprato il piccolo Teddy?" chiede mia figlia afferrandomi per una mano.
Non ho mai sopportato tutti quegli orsetti di peluche in giro per casa ed a dirla tutta ne sono quasi intimorito. Non saprei dire come mai, forse un trauma infantile o qualcosa del genere, ma non riesco ad averli intorno. Il loro odore, quel pelo ruvido ed artificiale, non so.
"Lily, oggi il papà e la mamma dovranno spendere molti soldi per portarti al lago, come promesso. Una volta che saremo la farai escursioni a cavallo, gite in canoa, tanti giochi con gli altri bambini"
"Ma io volevo teddy..."
"Ti comprerò un orsetto col cappello da ranger una volta che saremo al lago. Va bene?"
Lei mi sorride con i suoi piccoli dentini e sono felice di essere riuscito a calmarla. I miei corti capelli neri stanno crescendo giorno dopo giorno: per quanto mi arrivino a malapena sotto l'orecchio comincio già ad avere un forte prurito. Magari nel pomeriggio, prima di partire, passerò da Liam a tagliarli.
"Tieni amore" dico a Brenda lanciandole le chiavi della nostra Ford Raptor "Porta la bambina alla macchina e fai posto dietro nel cassone. Vado a mettere a posto il carrello e torno con le buste"
Lei mi fa un cenno col capo, prende Lily per mano e si allontana. Consegno il carrello e lo rimetto al suo posto. Riesco a malapena a sorreggere il peso delle tre buste stracariche di roba. Forse avrei dovuto farmi dare una mano, ma non posso perdere la faccia. Sono un professore di ginnastica, ho un bel fisico, in gioventù ero un asso del baseball, che altro posso chiedere? Mi avvio verso la mia famiglia quando le sirene dell'auto dello sceriffo Coltrane preannunciano il suo arrivo. Quasi lascio cadere le buste al suolo per lo spavento. Che bisogno ha quell'uomo di arrivare con una sgommata del genere? Rischia di fare del male a qualcuno.
"Sceriffo!" gli concedo un cenno del capo una volta che lo vedo scendere dalla sua auto.
Oggi non porta i suoi soliti occhiali da sole e vedo che ha gli occhi stralunati. Non sembra neanche accorgersi di me ed ha appena la pazienza di spegnere le sirene della macchina. Tutte le persone presenti nel grande parcheggio si voltano verso di lui e lo osservano quasi come avessero appena visto un alieno. Lo sceriffo allunga una mano e raccoglie un megafono, lo regola e prende parola.
"Cittadini di St. Mary, prestatemi attenzione!"
Che bisogno ha di chiederlo? Dopo un'entrata in scena del genere sicuramente ha l'attenzione assoluta di tutti noi. Vedo che mia moglie prende in braccio la bambina, chiude la macchina e si avvicina verso la macchina dello sceriffo. Lo stesso fanno la maggior parte delle persone, io compreso.
"Che cosa succede sceriffo?"
"Hey sceriffo Coltrane, ti ha dato di balta il cervello?"
Le domande che gli vengono poste sono molte. Ci osserva uno ad uno senza neanche risponderci. Quell'uomo è una gran brava persona, amato e rispettato da tutti. Ricordo ancora quella volta che si fece in quattro per salvare la vita a mia figlia, che era caduta dentro un vecchio pozzo in disuso dietro la fattoria dei Mulligan.
"Sembra che la fabbrica di Hale Halford, ad appena due chilometri da qui" tutti quanti la conosciamo bene "abbia preso fuoco. Sono state rilasciate nell'aria delle sostanze altamente tossiche e crediamo che il vento spingerà fin qua la nube nera. Ho già fatto il giro dell'intero paese e consiglio a tutti di chiudersi dentro le proprie abitazioni, fino a che non vi sarà dato l'ordine di uscire"
Ordine di uscire? Ma di che diamine sta parlando? Quell'uomo, un brav'uomo per l'amor di Dio, ma non ha mai saputo dare ordini neanche a se stesso. Come può qualcuno ordinarmi di rimanere chiuso dentro la mia casa senza poter uscire? Siamo forse in quarantena? Brenda e Lily vengono verso di me e vedo che mia moglie è stupita dalle parole dello sceriffo, quasi l'avesse appena schiaffeggiata. La mia bambina mi chiede cosa sta succedendo ma non so darle una risposta.
"Che diavolo sta succedendo sceriffo?" Sam Greene, il grosso meccanico senza collo, si avvicina a noi con due buste della spesa nelle mani.
"Non lo sappiamo Sam ma questo è quello che ci hanno ordinato di fare i ranger di Augusta e tanto faremo"
"I ranger di Augusta? Che ci fanno così lontani dalla loro città?" chiede il professore di chimica Benjamin Johnson accanto alla sua auto.
"Ripeto, ne so quanto vuoi. Vi chiedo cortesemente di salire subito sulle vostre auto e rinchiudervi nelle vostre case. Passerò in serata o al più tardi domani per informarvi del passaggio della nube"
A quel punto la gente comincia a sbuffare e vociferare. Sento qualcuno, forse Dough il parrucchiere, lamentarsi. Oggi dobbiamo partire e non posso rimandare l'arrivo a White Lake visto che abbiamo prenotato. Questa non ci voleva. Sono una persona che ama organizzarsi la vita ed ogni piccolo cambiamento rischia di farmi venire una brutta emicrania. Osservo mia moglie e concedo un sorriso sforzato alla bambina. Non appena le acque si sono un attimo calmate mi avvicino allo sceriffo Coltrane per parlargli.
"Hey John" si chiama come me ed abbiamo la stessa età, giocavamo insieme a baseball a livello amatoriale venti anni prima "Vuoi spiegarmi che cosa sta succedendo? La fabbrica di HH è ad appena due chilometri da qui, se fosse esplosa o avesse preso fuoco ce ne saremmo accorti, non trovi?"
Lui alza gli occhi e mi guarda stanco, quasi rassegnato. In tutta una vita non ho mai visto uno sguardo simile in una persona che come lui ama la vita. Mi posa una pesante mano sulla spalla quasi volesse sorreggersi. Passo due delle buste della spesa a mia moglie chiedendole cortesemente di portarle alla macchina. Non reggerebbe sicuramente il peso di tre.
"Cosa vuoi che ti dica John? Sono venuto qui per informarvi, questo è il mio dovere. Adesso torno alla stazione di polizia e chiedo informazioni più dettagliate ai ranger di Augusta che sono sul posto"
"Va bene. Ti prego, se possibile, facci sapere qualcosa. Ho promesso alla bambina che domani saremmo stati al lago"
"Non penso che ci andrete!"
Queste sono le sue ultime parole prima che salga in macchina per tornare verso la strada. La gente tutt'intorno rimane allibita ed alcune famiglie cominciano a scaldare gli animi. Io invece rimango fermo come un pollo, madido di sudore sotto al sole. Mi guardo intorno nella speranza di avere qualche informazione più dettagliata, ma nessuno sembra saperne niente.
"Al diavolo!"
Sbuffo e salgo in auto. Metto la cintura a mia figlia che è seduta in mezzo a me e mia moglie Brenda. La nostra macchina è un bel pickup e non ha posti aggiuntivi per i passeggeri nelle retrovie. Torniamo verso casa nostra, una piccola villetta a schiera nel quartiere di Old Oak. Mia moglie chiede spiegazioni sull'accaduto ma io non so che dirle e non so cosa inventarmi per tenere calma mia figlia. Parcheggio la macchina nel garage e facciamo quello che lo sceriffo ci ha ordinato, ovvero chiuderci dentro casa. Per quanto mi guardi intorno non vedo nessuna grande nube avvicinarsi al nostro paese, in nessuna direzione. Entro in casa e mi chiudo la porta alle spalle.
Quella notte ceniamo ed andiamo a letto di buon'ora, senza farci tante domande. Sicuramente l'indomani lo sceriffo passerà a darci qualche bella notizia. Devo contarci...
GIORNO 2
St. Mary - 50km dalla città di Augusta - Maine - Casa della famiglia Blake - ore 07:00 am
Mi sveglio alla buon'ora. Ho riposato anche più del dovuto. Ieri notte pensavo che non sarei riuscito a chiudere occhio ma la stanchezza dopo una giornata di preparativi era tanta. Lily ha voluto dormire insieme a noi ed è rimasta molto delusa del fatto che non siamo partiti per il lago. Non c'è dubbio alcuno che oggi partiremo e nessuno, neanche lo sceriffo Coltrane, riuscirà ad impedircelo. Scendo dal letto lentamente, sgusciando fuori dalle coperte per non svegliare mia moglie e la bambina. Una veloce occhiata fuori dalla finestra di camera nostra: oggi è una splendida giornata estiva ed il sole splende alto nel cielo. Mi stiracchio cercando di scacciare il sonno e scendo le scale che portano al bagno. Mi lavo velocemente i denti e do una bella sciacquata alla faccia. Mi basta giusto un istante per specchiarmi e mi rendo da subito conto di avere due occhiaie che fanno quasi luce. Sto invecchiando, per quanto cerchi di non farci caso stanno già cominciando a spuntare i primi ciuffi bianchi sulla testa.
"Non sei più la roccia di un tempo John!" mi dico da solo dopo essermi asciugato la faccia, come se la mia immagine riflessa nello specchio potesse quasi rispondermi.
Vado in cucina, apro il frigo e mi verso un po di latte nel bicchiere. Se non erro gli ultimi biscotti alle mele dovrebbero essere nel primo cassetto della credenza. Porto la confezione sul tavolo e finisco quel poco che c'è rimasto. L'orologio in cucina segna le 07:15 ed a quest'ora tutto il vicinato si starà sicuramente preparando per le vacanze estive. Indosso una maglietta bianca pulita e con i pantaloni del pigiama vado scalzo fino al soggiorno. Sposto la tenda per guardare fuori e non c'è nessuno in strada, assolutamente nessuno. Mi guardo intorno nella speranza di vedere Ginger e Tom i nostri vicini, magari la volante dello sceriffo di pattuglia, niente di niente.
"Dove sono finiti tutti quanti?"
Alzo la cornetta del telefono e provo a chiamare Tom. Risponde dopo diversi squilli, assonnato come sempre. Mi rendo conto di averlo chiamato un po troppo presto e subito porgo le mie scuse.
"Hey John, perchè mi chiami a quest'ora?" mi chiede sbadigliando.
"Affacciati alla finestra e guarda fuori Tom. Non vedi che non c'è nessuno per strada?"
Sento che si allontana dalla cornetta e dopo pochi istanti, neanche mezzo minuto, torna a parlarmi.
"Effettivamente non c'è nessuno. I coniugi Sullivan avevano detto che sarebbero partiti intorno a quest'ora"
"Hai saputo qualcosa della fabbrica di HH? Lo sceriffo mi ha detto che sarebbe passato ad avvisarci al riguardo di questa nube tossica"
"Qui non ho ancora visto nessuno John, non so che cosa dirti"
"I tuoi stanno bene?"
"Ginger, Marla e Ted sono ancora a letto. Perchè me lo domandi?"
"Niente Tom, lascia perdere. Devo essermi svegliato male stamattina. Scusami del disturbo"
Lo saluto e riaggancio la cornetta del telefono. Torno ancora una volta alla finestra e non vedo nessuno, neanche un gatto attraversare la strada. Dei passi dietro di me, le assi di legno delle nostre scale che scricchiolano. Mia moglie è ancora in vestaglia da notte ed ha i lunghi capelli neri scompigliati. Viene verso di me e mi saluta con un caloroso abbraccio, come facciamo tutte le mattine prima che entri al lavoro al liceo.
"Tutto bene caro?" mi chiede osservandomi dritto negli occhi.
Evidentemente deve essersi resa conto che sono abbastanza nervoso per essere prima mattina. Quella donna mi conosce meglio delle sue stesse tasche e non ho segreti per lei. Fingo di essere tranquillo e provo a calmarmi, ma al solito ci riesco a malapena.
"Si tutto ok Brenda..."
"Mi chiami per nome soltanto quando sei nervoso. Che cosa hai?"
Ho commesso una gaffe e vorrei soltanto non averlo fatto. Non la chiamo mai per nome, non l'ho mai fatto, neanche quando eravamo fidanzati da pochi giorni. La prendo per mano e le mostro la strada fuori dalla finestra, come se la vedesse per la prima volta.
"Questo ti sembra normale? Sono le sette di mattina del sedici Giugno. I nostri vicini dovrebbero già essere fuori in giardino a caricare le auto"
Lei rimane in silenzio alcuni lunghi istanti e continua a guardare fuori.
"Hai provato ad accendere la televisione? Magari la radio?" mi chiede senza neanche guardarmi.
Effettivamente non ci avevo ancora pensato. Cerco il telecomando sul divano in pelle ed alla fine lo trovo nascosto in mezzo a due cuscini. Accendo la tv e giro tutti quanti i canali dei notiziari, ma a parte della dura sconfitta degli Houston Bulls a baseball e di incendi estivi nel Texas parlano di ben poco altro. Continuo a girare i canali ma niente. Decido di spegnere la televisione non appena danno l'ennesimo stravisto episodio di MacGyver.
"Allora?" mi chiede lei continuando a guardare fuori.
"Niente amore, un bel niente di niente"
"Possibile che la fabbrica di Hale Halford abbia preso fuoco e nessuno si sia accorto di niente? Sono passata con la bambina da quelle parti, giusto cinque ore prima di fare la spesa ieri e non mi sembrava fosse successo niente di strano"
"Che ti devo dire? Provo a chiamare John alla centrale di polizia"
Prendo nuovamente la cornetta e mia moglie mi lascia da solo per andare in bagno. Faccio il 911 ed una volta schiacciato il numero per mettermi in contatto con la stazione di polizia di St. Mary, la linea cade. Riprovo una seconda ed una terza volta ma i centralini sembrano totalmente intasati.
"Ma... cazzo!"
Questa situazione sta cominciando a darmi sui nervi. Apro l'armadietto delle scarpe ed indosso delle comode ciabatte rosa di mia moglie, senza farci caso. Vado per aprire la porta di casa quando qualcuno suona al nostro campanello. Guardo dallo spioncino di sicurezza e riconosco la brutta faccia rotonda di Sam Greene, il meccanico. Gli apro senza neanche pensarci due volte e vedo che ha la mia stessa espressione dipinta sul volto. Sembra quasi impaurito o comunque scosso. Quell'uomo non è mai stato intimorito da niente, neanche quando due ladri minacciarono di ucciderlo se non gli avesse consegnato l'incasso del giorno. Aveva disarmato il primo col coltello e spaccato la faccia al secondo, fino a che non era accorso lo sceriffo Coltrane a dividerli.
"John... spero di non averti svegliato" mi chiede con quel suo faro amichevole di sempre.
Ci conosciamo da una vita e da ragazzi ne abbiamo passate tante insieme. Eravamo i due bulli del quartiere e le ragazze non avevano occhi che per noi.
"Nono Sam, figurati. Vieni dentro!"
Gli poso una mano sulla spalla e lo faccio entrare. Per strada continua a non esserci nessuno. Chiudo la porta dietro di me e lo invito a sedersi sul divano nel soggiorno. Indossa i suoi soliti abiti da lavoro ma devo dire che oggi è meno sporco del solito. Comincio seriamente a pensare che quell'uomo vada a letto con la divisa dell'officina.
"Posso offrirti qualcosa da bere?"
"Soltanto un goccio di caffè se possibile, non voglio disturbarti"
"Tranquillo Sam, siamo amici da una vita io e te"
Faccio una veloce corsa fino alla cucina e dico a mia moglie di preparare una tazzina di caffè anche per il nostro amico. Torno nel soggiorno e lo vedo sempre più scosso, quasi tremante. Ha le mani strette una nell'altra e sta sudando. Va bene che fuori fa un caldo micidiale, ma il suo comportamento sta cominciando ad impensierirmi.
"Che cosa ci facevi qui intorno a quest'ora? La tua officina apre alle nove se non ricordo male" gli chiedo mettendomi a sedere accanto a lui.
"Io... io non lo so John. È tutta la notte che non riesco a prendere sonno e sono stato sveglio aspettando l'arrivo di questa nube tossica. Ieri notte ho chiamato lo sceriffo per ben due volte ed alla fine sono riuscito quasi a farlo infuriare..." prende un attimo per calmarsi e poi si volta ad osservarmi dritto in volto "Non ho visto nessuna nube tossica John, proprio un bel cazzo di niente!"
"Come no? Ieri al centro commerciale il vecchio John" così ho sempre chiamato lo sceriffo a mo di scherno "ci ha assicurato che ben presto questa nube si avrebbe raggiunti. Perchè ci stanno tenendo chiusi dentro le nostre abitazioni?"
"Non lo so ma quando sono uscito un'ora fa non c'era nessuno per strada, neanche quella vecchia matta di Sandy Petrucci con i suoi gattacci al guinzaglio"
"In giornata io e la mia famiglia partiremo per White Lake ed a dirla tutta siamo già in ritardo di un giorno. Volevo portarti a far vedere la macchina, penso che serva una bella convergenza alle gomme ma ormai non c'è tempo. Lo faremo una volta tornati"
"Posso dirti sinceramente che mi sto cagando addosso?"
Non gli rispondo ed accenno ad un sorriso, per quanto al momento mi risulti particolarmente difficile ed impegnativo. In tutta la vita non sono mai stato bravo a mentire e ne sto dando nuovamente conferma. Lo lascio continuare senza interromperlo.
"Qualche sera fa sul canale della contea hanno dato un film horror, 'Toxic Death', non so se l'hai mai visto. L'attore principale è quel negro di cui non ricordo il nome. Questa situazione sembra paradossale, tanto quanto la storia di quel film... forse mi sto lasciando soltanto condizionare"
"Quello era soltanto un film Sam, cerca di darti una calmata. Sono preoccupato tanto quanto te, ma non credo che ci sia bisogno di allarmarsi. Forse i nostri vicini sono ancora a letto, dopotutto le vacanze estive sono cominciate da qualche giorno"
"Sono almeno dodici anni che la vecchia Petrucci porta a spasso i gatti a quest'ora e lo fa tutti i giorni. Non trovi che sia strano? Ok, forse oggi sono particolarmente isterico..."
"Effettivamente..."
Vorrei trovare parole migliori ma al momento mi risulta impegnativo. Mia moglie arriva di li a poco e regge tra le mani due tazzine di caffè. Saluta Sam e gliene passa una, prima di sedersi su una poltrona e bere la sua parte. Lui cerca di sorriderle e manda giù il caffè ancora fumante in appena due sorsi, senza neanche girare lo zucchero all'interno.
"Come stai Brenda?" le chiede sicuramente più che altro per cortesia.
Lui e mia moglie non sono mai andati daccordo, da quando riparò il semiasse spezzato dalla nostra vecchia auto e dopo neanche una settimana si ruppe nuovamente. Volle essere pagato due volte per il lavoro e questo a mia moglie non è mai andato giù.
"Non c'è male. A cosa dobbiamo l'onore della tua visita Sam?"
Capisco che si sia svegliata da meno di mezz'ora, ma potrebbe almeno cercare di essere un po' più garbata nel tono.
"Ho fatto un giro per il paese e non c'era nessuno in strada. Io e John siamo amici da una vita" mi posa la pesante mano sulla spalla prima di proseguire "e volevo sincerarmi che fosse tutto a posto"
"Direi che stiamo bene e siamo pronti per partire" risponde Brenda soffiando nella sua tazzina per raffreddare il caffè.
"Forse è meglio che vada adesso, ho lasciato il carroattrezzi acceso. Fatemi sapere se ci sono novità dallo sceriffo"
"Sarà fatto!" risponde lei.
Ringrazia per il caffè e lo accompagno verso la porta di casa. In quel momento intravedo la macchina dello sceriffo sopraggiungere a velocità ridotta. Sembra averci visti e viene verso di noi, accostando al marciapiede. Lo saluto con un cenno delle mano mentre invece Sam rimane schivo ed in disparte sulla soglia di casa.
"Hey John buongiorno. Notizie?" gli chiedo mentre si avvicina verso casa mia.
Come sempre cammina tutto impettito, tenendo i pollici delle mani dietro il cinturone che porta alla vita. John Coltrane ha sempre amato il distintivo, la divisa ed il suo lavoro e per quanto sia una brava persona risulta sempre un po' troppo professionale.
"Non vi avevo ordinato di rimanere chiusi dentro le vostre case? Che cosa ci fai qui Sam?"
Il suo tono non è assolutamente amichevole e vedo che è serio in volto. La mascella è contratta e conoscendolo fino dall'infanzia deve essere abbastanza nervoso. Che bella mattinata, siamo tutti quanti nervosi.
"Sono passato a vedere come stavano John, Brenda e la bambina"
"Contravvenendo ad un preciso ordine dello sceriffo?"
A quel punto mi metto in mezzo e cerco di calmare le acque.
"Eddai, su John, non c'è bisogno di alzare la voce"
"Fatti i cazzi tuoi, sto parlando con Sam Greene!"
"Hey ma che diamine ti prende?"
"Ti ho detto di F-A-R-T-I I C-A-Z-Z-I T-U-O-I" scandisce bene ogni singola parola.
Sam gli si avvicina gonfiando i possenti muscoli delle braccia ma lo sceriffo non si lascia intimorire. Gli si avvicina faccia a faccia fin quando non arrivano quasi a toccarsi il naso. Vedo che si osservano per alcuni istanti ed alla fine trovo un varco per mettermi nel mezzo e dividerli.
"Ragazzi, ma siete impazziti tutti e due?"
"Tornate subito alle vostre case. Tu, Sam, prendi il tuo mezzo e torna da dove sei venuto. Non voglio ripetertelo una seconda volta"
"Possiamo sapere che cazzo sta succedendo sceriffo?" gli chiede lui alzando il tono di voce un po troppo.
Con la coda dell'occhio vedo che mia moglie è ferma sulla soglia di casa, con la tazza del caffè che gli trema tra le mani. Ci sta guardando come se fossimo tre pazzi giù in strada.
"I ranger di Augusta stanno arrivando. Tra meno di due ore saranno qui ed avrò più informazioni da darvi. Sembra che la nube ci abbia superati ma potrebbero ancora esserci dei residui altamente tossici dispersi nell'aria. Vi farò chiamare personalmente dal mio vice, non preoccupatevi. Adesso, cortesemente, fatemi il favore di rientrare in casa" cerca di controllarsi ma vedo che è sul piede di guerra, pronto ad esplodere.
Retrocedo di qualche passo fin sulla soglia di casa e Sam si avvia verso il suo mezzo parcheggiato a non molta distanza. Lo sceriffo torna verso la sua macchina ed apre la portiera.
"La prossima volta che vi ritrovo in strada vi schiaffo al fresco, promesso"
"Dai John, oggi io e la mia famiglia dobbiamo partire per White Lake. Sai bene che è da ormai un anno che lo prometto alla bambina"
"Tu aspetterai un mio ordine, capito?" questa volta parla a voce alta tanto che per la prima volta, da quando ci conosciamo, sembra voler litigare con me "La prossima volta che ti ritrovo col naso fuori di casa ti schiaffo in cella. Il prossimo lago che vedrai sarà la gora di piscio nel cesso della mia stazione di polizia. Intesi?"
Sale in macchina e parte lentamente, come a volersi sincerare che stiamo realmente tornando in casa. Lo osservo andare via ed invito mia moglie a rientrare. Ci sediamo nuovamente in soggiorno ed a quel punto scopriamo che tutti e due stiamo tremando come delle foglie. Che diamine sta succedendo al nostro tranquillo paese di provincia?
"Ho paura John" mi dice lei stringendosi a me.
Le tolgo la tazzina dalle mani onde evitare che le cada al suolo e la appoggio sul tavolo di marmo davanti a noi. La stringo forte a me e cerco di calmarla con qualche carezza, come meglio posso.
"Ne ho anche io amore. Non ho mai visto lo sceriffo Coltrane così incazzato"
"Non c'è nessuna nube tossica in giro, altrimenti tutti i notiziari ne avrebbero parlato. Perchè ci tengono chiusi in casa come dei prigionieri?"
"Brenda... io..."
"Mamma? Papà?"
La nostra piccolina si è appena svegliata e sta scendendo le scale. Mi alzo per andarle incontro e la tiro su in braccio sorridendole. Ha ancora gli occhi gonfi dal sonno e sbadiglia. La porto in cucina ed insieme a mia moglie le versiamo del latte dentro un bicchiere in cui inzuppa i suoi amati corn flakes. Mangia tranquilla, senza farsi domande. Beati bambini, nella loro innocenza e senza tante domande da fare.
"Non vedo l'ora di andare al lago insieme a tutti gli altri bambini"
Ecco che ci siamo. A quel punto che cosa dovrei risponderle? Lily è sempre stata una brava bambina, ma non riesce ad accettare che una promessa non venga mantenuta. Devo inventarmi velocemente una piccola bugia da dirle.
"Amore mio, comincia a preparare le tue cose che oggi dopo pranzo partiamo"
"Dopo pranzo? Chucky e gli altri bambini andranno stamani. Non voglio che arrivino prima di noi"
"Stai tranquilla, i cigni sono la che aspettano soltanto te. Lo stesso il piccolo Teddy bear col cappello da ranger"
"Sicuro?
"Sicuro amore mio!"
Finisce la sua colazione e scappa in bagno a lavarsi i dentini. Io rimango seduto al tavolo insieme a mia moglie e ci osserviamo silenziosamente. Vedo che una lacrima scende dai suoi occhi e subito mi avvicino a consolarla. Si stringe nuovamente a me ed ancora una volta comincia a tremare. Non voglio che la bambina ci veda in quello stato.
"Ho paura John"
"Ne ho anche io Brenda"
Dobbiamo assolutamente fare qualcosa per tranquillizzarci, ma almeno per il momento non sembra esserci soluzione...
St. Mary - 50km dalla città di Augusta - Maine - Casa della famiglia Blake - ore 18:00 pm
Sono le sei del pomeriggio. Nessuno è ancora passato ad avvisarci e non ho ricevuto alcuna telefonata dall'ufficio dello sceriffo. Mia moglie sta cominciando ad innervosirsi seriamente e mia figlia è una furia scatenata. A stento riesco a tenerla tranquilla. Si è chiusa in camera sua da ormai due ore e sta piangendo. Vuole andare al lago e devo fare qualsiasi cosa per mantenere la mia promessa. Io e mia moglie siamo seduti in salotto e stiamo guardando la televisione, senza alcun interesse particolare. Ancora nessun telegiornale parla dei fatti accaduti al nostro paese.
"Questa situazione sta cominciando a darmi sui nervi" dico a mia moglie facendo zapping col telecomando "Che cosa pensano di fare se usciamo di casa, forse spararci?"
Lei stringe forte la mia mano nella sua senza mai staccare gli occhi dalla tv, anche se so bene che non la sta seguendo con reale attenzione.
"Abitiamo qui fin da quando eravamo ragazzi e nessuno ci ha mai tenuti prigionieri dentro le nostre case..."
"Hai provato a chiamare i tuoi genitori?" le domando guardandola negli occhi.
"Si appena mezz'ora fa e stanno bene. Hanno paura caro, proprio come noi"
"Che cosa diremo a Lily?"
"Cosa vuoi che le diciamo? Ci è stato ordinato di rimanere in casa e tanto faremo. Non mi sembrava che lo sceriffo Coltrane avesse voglia di tante lamentele"
"Vado su in camera sua a vedere come sta. Se il telefono dovesse squillare chiamami subito, mi raccomando"
Salgo in camera di mia figlia e la trovo seduta sul letto insieme ai suoi peluches. Mi guarda con lo stesso sguardo che si potrebbe concedere ad un vile traditore, un uomo che non rispetta le proprie promesse. Mi siedo accanto a lei e si ritrae da me, quasi infastidita. Non so che cosa fare...
GIORNO 3
St. Mary - 50km dalla città di Augusta - Maine - Casa della famiglia Blake - ore 12:00 am
Ora di pranzo. Sono riuscito a far calmare mia figlia ed adesso siamo tutti riuniti intorno al tavolo da pranzo. Non sappiamo per quanto tempo dovremo rimanere chiusi nella nostra casa, dunque abbiamo deciso di razionare quel poco di cibo che ci resta. Chi avrebbe mai pensato che sarebbe successo qualcosa del genere? In casa abbiamo a malapena due bistecche nel surgelatore, due kg di pasta nelle buste, due confezioni di acqua, un paio di bottiglie di vino e poco altro, sempre che patatine e dolciumi vari possano considerarsi del degno cibo. Due giorni fa al centro commerciale abbiamo comprato cose utili per il viaggio, più che altro stuzzichini per la merenda e ben poco altro di utile. Con la riserva che abbiamo stipata in cucina al massimo potremo andare avanti cinque o sei giorni, sette se riusciremo a razionare per bene.
"Non mi va la carne papà!" dice Lily spostando il piatto che davanti a se.
Oggi Brenda le ha preparato una fettina di vitello con dei pomodori di contorno. Guardo la mia bambina, la gioia della mia vita, con sguardo stanco e serio.
"Devi mangiare amore mio"
"Io voglio andare al lago..."
Subito riattacca a frignare ed a quel punto mia moglie sbatte le posate sul tavolo e la sgrida. Cerco di fermarla stringendole la mano ma ormai è partita e non c'è niente che possa fare per calmarla.
"Ascolta Lily, quante volte ancora dobbiamo dirtelo che non possiamo partire? So che papà te lo ha promesso, ma non dipende da noi, questo riesci a capirlo? Lo sceriffo Coltrane ha detto che dobbiamo aspettare ancora un po'"
"Non è giusto mamma. Gli altri bambini saranno sicuramente già partiti tutti..."
"Questo non è vero piccola" prendo parola "Non è permesso a nessuno di uscire di casa e dunque neanche a loro. Sarai la prima ad andare al lago, quante volte devo ancora promettertelo? Adesso, per favore, finisci il pranzo"
Stranamente sembra ascoltarmi e riprende la forchetta in mano, anche se mangia senza tanta passione. Finiamo la nostra parte e mi alzo per fare il caffè. Mia moglie ha lo sguardo perso nel vuoto e non sembra neanche fare caso a noi. Mi avvicino al tavolo e tolgo i piatti: gli do una bella lavata sotto l'acqua e poi stivo tutto nella lavastoviglie che ancora dobbiamo finire di pagare.
"Posso andare a giocare in giardino?"
"Ancora? Lily, ti prego!" mia moglie sta per dare in escandescenza.
La bambina sbuffa e salta giù dallo sgabello. Scappa su per le scale e la seguo fino a che non ho la sicurezza che si sia rinchiusa in camera sua. Non posso permetterle di uscire, almeno per il momento. Brenda è appoggiata contro la piccola finestrella vicino al tavolo e sta tremando. Mi avvicino a lei e faccio per abbracciarla quando si volta con fare aggressivo e mi spinge quasi via.
"LASCIAMI STARE!"
"Amore sei forse impazzita? Che cosa ti sta prendendo?" allargo le braccia incredulo.
Da quando ci conosciamo avremo litigato forse due volte e di una non sono neanche tanto sicuro. Perchè adesso mi sta trattando in questa maniera? Deve essere nervosa come neanche riesco ad immaginare.
"Sto impazzendo amore, non riesco a tranquillizzarmi. Non abbiamo neanche l'aria condizionata; non possiamo aprire le finestre per paura che questa dannata ed invisibile nube tossica entri in casa. Come vuoi che mi senta?"
"Pensi che io stia meglio di te? Pensi che non abbia voglia di prendere te e Lily, caricarvi in auto e scappare verso White Lake? Solo cerco di darmi una calmata, almeno per il bene della piccola"
"Io... John... oh perdonami..."
"Vieni qua!"
La stringo forte a me ed ancora una volta torna a singhiozzare. Questo è il terzo giorno che viviamo da reclusi e stiamo cominciando ad impazzire. Sono sempre stato un tipo atletico ed i molti sport che ho praticato mi tenevano lontano da casa per diverse ore del giorno. Non amo la televisione, non amo leggere ne tantomeno internet e quegli stupidi videogiochi che fanno i ragazzi di oggi. Restare agli 'arresti domiciliari' per tutto questo tempo rischia di farmi scoppiare un'emicrania. Brenda è come me, glielo leggo chiaramente negli occhi.
"Mi sembra di aver sentito suonare il telefono" dice Brenda.
Parto a corsa verso il soggiorno e tiro su la cornetta prima che abbia finito il terzo squillo. Riconosco subito la voce dall'altra parte, è il vecchio John che mi chiama dalla stazione di polizia.
"John, mi senti?" mi chiede con voce metallica.
Sembrano esserci delle interferenze sulla linea, ma fortunatamente riusciamo comunque a parlare.
"Si ti sento. Ci sono novità? Ti prego dammi una risposta positiva, qui la situazione sta diventando insostenibile"
"Purtroppo non posso dirti niente di buono..." vorrei quasi gridare tutta quanta la mia rabbia ma non avrebbe senso, dunque rimango in ascolto "I ranger di Augusta sono arrivati ed entro stasera arriverà l'esercito"
"L'esercito? Ma che cazzo sta succedendo John? Che cosa ci fa l'esercito nel nostro paese per una piccola fabbrica chimica andata a fuoco?"
"Sembra che alcune persone si siano ammalate dopo aver inalato i gas chimici rilasciati nell'aria. Potrebbero essere infette e dobbiamo tenerle chiuse in quarantena..."
"Cristo di un Dio! Siamo infetti anche io e la mia famiglia?"
"Certo che no John, il gas è stato arginato e la nube ci ha passati da ormai molte ore. Dobbiamo solo capire la reale entità dei danni ed i militari ci daranno un grande aiuto nel farlo"
"Quando potremo uscire di casa?"
"Spero presto amico mio. Adesso devo andare, ti terrò informato sulle novità"
"John aspetta... ti prego..."
Cade la linea. Sbatto la cornetta del telefono con rabbia e comincio a girare per tutta la stanza quasi volessi abbatterne le mura. La voce dello sceriffo era agitata, tanto quanto la mia. Mi ha chiamato solo per il semplice fatto che siamo buoni amici e perchè me lo aveva promesso. Di questa situazione non sa un assoluto cazzo di niente, come non lo sa nessuno di noi. Una veloce sbirciata dalla finestra mi conferma che per strada non c'è nessuno. Vedo del movimento dentro le case dei nostri vicini ed almeno mi rincuora sapere che a loro volta stanno bene. Brenda arriva da me e tiene la nostra bambina per mano. Le consiglio di lasciarla in salotto con la televisione accesa e di spostarci nel corridoio.
"Che cosa ti ha detto? Era Coltrane?" mi chiede lei speranzosa di buone notizie.
Io scuoto la testa e cerco un attimo per calmarmi. Brenda mi guarda senza batter ciglio.
"Dice che la nube tossica ci ha superati e che il pericolo sembra quasi scampato. Alcune persone sono rimaste infette dai gas tossici della fabbrica di HH e che l'esercito sta arrivando per far tornare la situazione sotto controllo"
"L'esercito?" chiede lei sgranando gli occhi tanto che le pupille sembrano schizzarle fuori dalle orbite "Nessuno di noi ha mai visto un soldato a St. Mary. Perchè il governo degli Stati Uniti dovrebbe inviare dei militari per una semplice fabbrica andata a fuoco?"
"Forse il problema non è così semplice come pensiamo. Il vecchio John sembra non saperne un cazzo..."
"Abbassa la voce e non dire parolacce, la bambina potrebbe sentirci!"
"Scusami, sono molto nervoso..."
"Che cosa pensi che faremo? La roba che abbiamo comprato ieri ci basterà per appena qualche giorno"
Ci penso giusto un istante ma la risposta mi sembra quanto mai ovvia.
"Aspetteremo, non possiamo fare altro"
La nostra discussione continua per ancora qualche minuto fin quando non ci spostiamo tutti e due nel soggiorno. Brenda abbraccia nostra figlia ed insieme guardano i cartoni animati, mentre io mi dileguo in cucina. Prendo carta e penna e segno tutte le riserve di cibo che abbiamo in casa, barrando quelle appena consumate nell'ultimo pranzo. Segno tutto, proprio tutto, contando ogni singolo frutto ed addirittura i cartoni di latte quasi finiti. Questo inventario mi servirà nel caso la nostra forzata permanenza in casa dovesse prolungarsi ulteriormente.
"Vado un attimo su in camera da letto" dico poco prima di salire le scale ma nessuna delle due donne di casa mi presta attenzione.
Chiudo la porta dietro di me e mi siedo sul letto ancora sfatto. Prendo il cordless e faccio il numero dell'officina di Sam Greene, sperando di trovarlo. Il telefono squilla a vuoto senza risposta. Faccio per alzarmi dal letto ed uscire dalla stanza quando è il mio stesso amico meccanico a richiamarmi.
"John, mi hai cercato?" chiede ansimando, devo averlo interrotto durante la riparazione di qualche vettura.
"Hai saputo qualche novità? Poco fa mi ha chiamato lo sceriffo Coltrane"
"In mattinata è venuto a trovarmi, insieme al suo vice. L'ho visto scosso ma almeno ha avuto il buon cuore di scusarsi per averci aggrediti. Vorrebbe fare qualcosa, ma di tutto questo casino ne sa poco più di noi"
"Come possono pensare di tenere all'oscuro lo sceriffo della contea? Quell'uomo non sa un cazzo, sembra darci mezze risposte come se nascondesse qualcosa..."
"Non penso stia nascondendo niente John, non sa un cazzo e basta. Hai detto bene..."
"Hai visto questi ranger venuti da Augusta?"
"Ho visto passare una delle loro volanti poche ore fa. Erano quattro stipati dentro una sola macchina ma sono sicuro che ne passeranno altre"
"Carol come sta?" chiedo di sua sorella.
Sam non ha mai avuto una moglie e la sua famiglia è morta quando eravamo al liceo. L'unica persona a cui tenga veramente è sua sorella Carol, madre di due splendidi bambini, studenti nella stessa classe della mia Lily.
"Tutto bene, è a casa mia e penso che stia riposando insieme ai bambini. Questo caldo finirà per farci cuocere tutti quanti"
"Adesso è meglio che vada Sam. Se senti qualcosa di nuovo, ti prego, fammelo sapere"
"Sarà fatto John, buona giornata"
Poso il cordless sul comodino ed una volta per tutte mi decido a rifare il letto. Vado per aprire la finestra, giusto per cambiare un po l'aria stantia, quando mi rendo conto che sto per commettere un grave errore. Non posso permettere che la mia famiglia venga infettata. Dovevo essere veramente sovrappensiero per commettere un'azione tanto sciocca.
"John?" mia moglie mi chiama da in fondo alle scale.
Chiudo la porta di camera e scendo. Racconto della telefonata a Sam e mia moglie ascolta speranzosa di conoscere nuovi dettagli. Una veloce occhiata alla bambina e la vedo divertirsi davanti ai cartoni animati. Le basta poco per tranquillizzarsi e vorrei essere come lei, spensierato e senza tante paure.
"Pensi che dovremmo dirlo alla bambina?" chiedo a mia moglie.
"Ti si è bacato il cervello? Cosa vuoi che le diciamo 'Scusa amore ma non possiamo uscire di casa visto che c'è una nube tossica che infetta le persone'?"
"Sai bene che non potremo continuare a mentirle per ancora molto tempo. Metti caso che un giorno apra la porta di casa ed esca, senza che ce ne rendiamo conto"
"Ho già chiuso a chiave tutte le porte e nascosto le chiavi!"
"Preparata come sempre"
A quel punto non mi rimane che sedermi sul divano ed ingannare il tempo. Mia moglie va in cucina e prepara qualcosa veloce per la cena. Mia figlia mi presenta tutti gli eroi dei suoi cartoni animati e non me ne sta simpatico neanche uno. Ci sono dei topi motociclisti con degli strani innesti cibernetici e devo dire che l'idea non è del tutto male. Ai miei tempi c'erano He-Man, Hulk, l'Uomo-Ragno, insomma tutta roba che almeno lasciava un insegnamento a noi bambini.
"Papà può vedere un secondo il canale dello sport?"
"NO!" mi risponde secca lei e non ammette repliche.
"Va bene..."
Avrei dovuto spendere due soldi per comprare una seconda televisione, ma ho sempre voluto fare il tirchio e risparmiare su tutto il superfluo. Adesso mi ritrovo rinchiuso in casa, senza poter uscire e con la tv monopolizzata da mia figlia. Sono veramente rovinato. Senza neanche accorgermene mi addormento sul divano e dormo, non so per quante ore.
St. Mary - 50km dalla città di Augusta - Maine - Casa della famiglia Blake - ore 21:00 pm
Soltanto quando ormai il sole è tramontato, una domanda mi attanaglia i pensieri. Vado nel soggiorno e chiamo la stazione di polizia. Questa volta mi risponde Wayne Collins, il vice sceriffo di appena venticinque anni.
"Stazione di polizia di St. Mary, parla il vice sceriffo Collins"
"Wayne sono io, John Blake..."
"Dimmi John. Devo fare presto che abbiamo molto lavoro, i ranger sono qui da noi"
"Una sola domanda riguardo alla nube tossica. Come ha fatto lo sceriffo Coltrane, per ben tre giorni, a girare in strada senza neanche una mascherina di protezione sul volto?"
"Che cosa? Ma che domande sono John?"
"Voglio soltanto che tu mi risponda. Ti prego, me lo devi..."
"Ora non posso, ti richiamerò più tardi!"
"Aspetta cazzo!!"
Mi riaggancia il telefono in faccia ed a quel punto, dopo ben tre giorni di calma apparente, vado in escandescenza. Comincio a gridare come un matto e sferro un calcio ad una delle sedie del tavolo e per poco non la mando in frantumi. Mia moglie accorre subito da me e cerca di calmarmi, ma non ci riesco. La stringo a me, un po troppo forte visto che si lascia sfuggire un gemito di dolore.
"Mi stai facendo male John!"
Allento la presa e vorrei piangere, ma non ci riesco. Non sono mai stato bravo ad esternare gran parte dei miei sentimenti, ma in quel momento vorrei riuscirci, anche per alleggerire un po la tensione. Un bel pianto liberatorio non mi farebbe altro che bene. Lily viene da noi e si getta in mezzo al nostro abbraccio, versando quelle lacrime che avrei voluto piangere io stesso. Restiamo abbracciati per una manciata di minuti fin quando una forte luce non abbaglia a giorno il nostro salotto. Subito corro verso la finestra e sposto le tende per guardare all'esterno. Un mezzo blindato dell'esercito, un M1117 grande quanto un suv, è seguito in colonna da due jeep ed un grosso camion per il trasporto delle truppe. Osservo quella parata fuori in strada fin quando il corteo non si ferma all'incrocio a non molta distanza da casa nostra.
"Cittadini di St. Mary, restate dentro le vostre case. Nessuno di voi deve uscire fino a nuovo ordine. Domani in mattinata manderemo dei soldati a portarvi scorte e viveri, non abbiate timore. Sono il colonnello Desmond Harlan e l'esercito degli Stati Uniti è qui per servirvi e proteggervi. Rimanete dentro le vostre case!"
Quell'uomo sta parlando tramite un megafono e vedo che altre persone sono affacciate alle finestre proprio come noi. Finalmente l'esercito è arrivato, anche se non riesco a capire a che diamine serva la loro presenza. Un simile distaccamento di truppe fa sembrare quasi che la nostra contea sia appena scesa in guerra.
"Papà, hai visto bello il carroarmato?" dice Lily avvicinandosi alla finestra per vedere meglio.
"Quello non è un carro..." comincio a risponderle ma sono talmente stupito dalla visione che preferisco rimanere in silenzio.
Ci stringiamo l'uno all'altra e da brava famiglia restiamo in silenzio in attesa di ricevere nuovi ordini. Vorrei tanto chiamare Coltrane ma so bene che lo farei infuriare. Sono ormai quasi le dieci di sera e conviene che andiamo a dormire. Non ho assolutamente sonno e tantomeno sembrano averne mia moglie e mia figlia. Le porto fino in camera e le lascio da sole a letto. Ho soltanto voglia di bere un goccio di whisky e magari anche di sbronzarmi per non pensare a niente. I mezzi dell'esercito stanno continuando la loro marcia ed io li osservo mentre riempo un bicchiere di whisky caldo come il fuoco.
GIORNO 7
St. Mary - 50km dalla città di Augusta - Maine - Casa della famiglia Blake - ore 10:00 am
Sette giorni. Da ormai un'intera settimana siamo chiusi nella nostra abitazione. Il cibo comincia a scarseggiare, mia figlia sta diventando una furia incontenibile e mia moglie non la smette di piangere. Giusto ieri notte ha avuto un altro attacco di panico ed ho dovuto far ricorso a tutta la mia storica pazienza pur di riuscire a tranquillizzarla. Siamo rimasti con tre bottiglie d'acqua, una di vino, mezzo cartone di latte e cibo in scatola per sopravvivere a malapena altri due giorni. Sono seduto da solo in cucina e continuo a barrare di nero l'inventario che ho scritto qualche giorno prima. Venisse giù il cielo, oggi uscirò di casa per andare alla stazione dello sceriffo. Che mi arrestino pure, a questo punto non mi interessa più un cazzo di niente.
"Gesù, che sta succedendo al nostro paese?" chiedo rivolto alla statuetta di Cristo nostro signore morto in croce, appesa alla parete.
Sono giorni che provo a chiamare lo sceriffo, il mio amico Sam Greene ed addirittura il collega Benjamin Johnson, ma sembra che le linee telefoniche di St. Mary siano state bloccate. Vorrei tanto uscire di casa per andare nel garage, dove ho un vecchio baracchino che usavo in gioventù per parlare coi miei amici a poca distanza. A questo punto non credo che ci sia nessun residuo di nube tossica in giro. Ci stanno prendendo per il culo e finiranno per farmi incazzare seriamente. Il campanello alla nostra porta suona una volta, poi una seconda ed una terza nel giro di pochi istanti, come se qualche pazzoo vi si fosse appena aggrappato. Corro a spiare dallo spioncino della porta e riconosco subito la faccia di Ben Johnson, insieme a sua moglie Darla e la bambina. Sua moglie ha i lunghi capelli rossi tutti scompigliati in una frettolosa crocchia sopra la testa; la bambina ha ancora indosso il pigiama. Apro la porta di volata e loro si fiondano dentro, quasi travolgendomi. Il professore di chimica sta tremando e non lo avevo mai visto così tanto scosso. È sempre stato un uomo fortemente riservato e molto professionale nel suo lavoro. Adesso sembra a malapena il fantasma di se stesso. Magari potrebbero essere tutti e tre infetti?
"Che succede Ben?" gli chiedo cercando di tranquillizzarlo.
Lui non mi risponde ed a quel punto capisco che deve essere successo qualcosa di grave. Kaitie inizia a piangere senza riuscire a smettere e li faccio accomodare sul divano nel soggiorno. Accendo la televisione ma neanche quella sembra funzionare. Ci stanno tagliando fuori dal mondo intero.
"Darla, Kaitie... volete spiegarmi qualcosa? Ci avevano ordinato di non uscire dalle nostre case..."
"I militari, John... i militari..." comincia a singhiozzare la moglie del mio collega del liceo senza riuscire a proseguire il discorso.
"I militari? Che cosa hanno fatto?" chiedo fortemente scosso al pari loro.
Senza neanche accorgermene inizio a tremare come una foglia sospinta dal vento autunnale. La loro casa dista circa un chilometro dalla nostra, a poca distanza dalla statale 95. Ben si toglie gli occhiali e si asciuga le lacrime dagli occhi prima di rispondere per la moglie.
"Stamani ci siamo svegliati... in-intorno alle otto..." non riesce a parlare.
Corro in cucina a prendere un bicchiere d'acqua e glielo porto.
"Calmati adesso Ben, calmati. Sei al sicuro fra persone che conosci"
"Grazie John" le sue parole sono sincere anche se non riesce a smettere di tremare come un bambino "Ci siamo svegliati alle nove e mia moglie è uscita in giardino per prendere alcuni arnesi e controllare che i pomodori non fossero marciti. Il... iil... il vecchio Bernie, non so se te lo ricordi..."
"Si, il giardiniere che ha lavorato a casa tua la scorsa stagione" gli dico subito dandogli giusto il tempo di riprendere fiato.
Lo chiama il 'vecchio' Bernie quando all'incirca dovrebbero avere la stessa età. Darla è decisamente più giovane di Ben, di circa una ventina d'anni: era una sua studentessa ai corsi di chimica anni prima.
"Bernie era fuori dallo steccato, completamente sporco di sangue e la stava osservando... immobile"
"Sporco di sangue?" chiedo guardando sia lui che la moglie.
"Si. Aveva una brutta ferita alla gola, come se qualcosa lo avesse morso profondamente. Il cancello sul retro del cortile era aperto e Bernie è entrato. Mia moglie gli è corsa incontro per sapere che cosa gli fosse successo quando l'ha aggredita. L'ha... oh Dio John, ti giuro... l'ha gettata al suolo ed ha cercato di farle del male. A quel punto sono accorso in suo aiuto e l'ho allontanato con la scopa. Lui si è rialzato e ci è venuto contro. I suoi occhi, Madre santissima, i suoi occhi John... era come se non ci vedessero, vitrei e completamente arrossati..."
Quello che ho appena sentito non ha niente di normale. Mi ci vogliono dei lunghi momenti di silenzio per mettere insieme tutte quelle informazioni e smetterla di cagarmi addosso. Ho molta paura ma devo dimostrare a quelle persone che sono calmo, altrimenti come riuscirò a tranquillizzare loro? Forse un goccio di whisky farebbe al caso suo.
"Bernie ha cercato di farvi del male? Che cosa è successo una volta che siete rientrati in casa?"
"L'ho visto sbattere contro la nostra porta sul retro della cucina, quasi come se volesse abbatterla. Ha continuato a picchiare i suoi pugni contro la porta fin quando non lo abbiamo sentito allontanarsi e fare il giro intorno alla casa"
"Perchè siete usciti Ben? Magari potreste essere infetti, magari il virus nell'aria ha contagiato anche voi. Non pensi che avresti potuto mettere a rischio la tua famiglia col tuo gesto scellerato?" comincio ad innervosirmi e loro se ne accorgono.
"Nel giro di neanche venti minuti i militari hanno circondato la nostra casa ed ho sentito aprire il fuoco. Hanno sparato per molto tempo John ed ho sentito delle persone giù in strada gridare. A quel punto sono entrati in casa nostra eh... per tutti i santi del paradiso Darla..."
Benjamin comincia a piangere con più foga di sua figlia e cerca il conforto della robusta moglie. Lei gli prende la testa tra le mani e cerca di calmarlo. Prende parola al posto suo visto che al momento il professore di chimica sembra completamente ko. Per quel poco che posso fare apro un cassetto del mobile li vicino ed offro uno degli ultimi dolcetti di riso che sono rimasti alla bambina.
"Quegli uomini non portavano nessuna maschera di protezione sul volto. Quando mio marito si è rifiutato di aprire loro la porta l'hanno scardinata con un calcio e sono entrati. Ci hanno fatti uscire ancora in pigiama, con le poche cose che ci vedi addosso e... e... hanno bruciato tutto. Hanno dato fuoco alla nostra casa. Tutto distrutto John, una vita di sacrifici e di risparmi andata completamente in fumo"
"Come hanno bruciato tutto? Che cazzo state dicendo?" chiedo a voce alta dimenticandomi che accanto a me c'è una bambina ancora impaurita.
Mia moglie deve aver sentito le nostre voci, visto che scende dalla camera da letto con ancora i cerchietti del sonno intorno agli occhi. La bambina non è con lei. Ci viene incontro ed abbraccia la sua amica Darla, prima di sedersi e sentire a sua volta tutta la storia.
"Gesù santissimo John, dobbiamo fare qualcosa!" mi dice non appena Darla finisce di raccontarle nuovamente la storia che ho appena udito.
"E che cosa pensi che dovremmo fare? Io sono John Blake, non John Rambo. Là fuori ci sono almeno una cinquantina di soldati armati fino ai denti. Non hanno avuto problemi a bruciare la casa di Benjamin e Darla, vuoi che lo facciano anche con la nostra?"
"Che cosa era preso a Bernie?"
"Io... io non lo so. Non lo sappiamo. Sembrava un pazzo" risponde Ben una volta che è riuscito a calmarsi.
Restiamo a parlare per qualche altro tempo fino a che Brenda non li porta fino al bagno, dove potranno darsi una bella rinfrescata. Gli porge degli asciugamani puliti e si prende cura della bambina mentre i genitori fanno una veloce doccia. La situazione si sta complicando più del dovuto e mi ritrovo nel corridoio a parlare sottovoce con mia moglie.
"Ed adesso che cavolo dobbiamo fare? Non abbiamo cibo neanche per noi, come possiamo ospitarli?"
"Dobbiamo pensare a qualcosa, quanto prima. Porta la bambina su e lasciala insieme a Lily. Devo pensare a qualcosa..."
"Va bene!"
Appoggio la schiena contro la porta di casa e sbatto fortemente la testa per ben due volte. Sette giorni da prigionieri ed adesso tre nuove bocche da sfamare. Uscirò di casa, come mi ero ripromesso, a costo di farmi sparare. Fanculo la contea, fanculo lo sceriffo Coltrane e fanculo all'esercito.
St. Mary - 50km dalla città di Augusta - Maine - Casa della famiglia Blake - ore 14:30 pm
Finiamo di pranzare con le ultime cose che ci sono rimaste. A parte qualche scatoletta di fagioli, un pezzo di pane duro come la roccia e qualche patatina fritta abbiamo ben poco altro da offrire. La nostra dispensa è completamente vuota. Le due bambine si alzano da tavola e corrono in soggiorno a giocare. Sono felice che almeno loro siano apparentemente tranquille e la presenza di Kaitie non potrà che fare bene alla nostra piccola reginetta. Mia moglie serve il caffè a tutti e ce lo gustiamo lentamente, in silenzio.
"Abbiamo finito il cibo" scandisco bene ogni singola parola per avere la sicurezza che il messaggio sia chiaro "Ben, dobbiamo uscire di casa senza farci vedere ed andare a prendere qualcosa al King's Mall"
Il professore di chimica appoggia la tazza del caffè sul tavolo e mi guarda come se avessi appena bestemmiato. Si toglie gli occhiali e gli da una veloce pulita con la tovaglia del tavolo prima di rimetterseli. Lo conosco bene e so che deve essere particolarmente teso.
"Dopo quello che ho visto a casa mia non metterò mai più piede giù in strada, fino a quando lo sceriffo non passerà a comunicarci lo scampato pericolo"
Rimango a bocca aperta come un pesce quando mia moglie mi precede, con tono abbastanza nervoso.
"Non so se vi siete resi conto della situazioni signori, ma noi si" si alza in piedi e come a sottolineare le sue parole apre il frigo e ci mostra il vuoto cosmico al suo interno "Stasera a cena cosa pensate di mangiare? Forse trucioli di legno con una spruzzata di acqua del rubinetto? Siamo a secco e vi abbiamo dato tutto quello che avevamo"
"Io ti capisco Brenda e non so davvero come sdebitarmi, ma ho molta paura. Metti che il virus sia ancora in giro nell'aria e che abbia contagiato qualche altra persona come il vecchio Bernie. Cosa dovremmo fare io e tuo marito nel caso i soldati ci fermassero?"
"Se staremo attenti nessuno ci vedrà. Prenderemo la strada che da nei campi fino alla piccola fattoria di Andrew Woodkock e taglieremo sotto al passo della statale 95. Il centro commerciale dista appena tre chilometri da qui, non è tanto lontano"
Ben e sua moglie sembrano valutare le mie parole. La paura che ci attanaglia è qualcosa di indescrivibile ma non possiamo fare altrimenti. A parte i primi giorni nessuno è mai passato a darci qualche buona notizia e se aspettiamo ancora potremo morire di fame. Dobbiamo escogitare qualcosa e dobbiamo farlo quanto prima.
"Va bene John... ci sto. Aspettiamo almeno che scenda il buio, così nessuno potrà vederci"
"Intesi!"
L'idea di uscire di notte è ben poco allettante. Mi sembra quasi di vivere un film horror di serie B quando i due scemi sacrificano le loro vite per il bene della famiglia. Spero vivamente di non essere uno di quegli scemi. Andiamo tutti quanti in salotto e stiamo insieme alle bambine. Passa circa un'ora, forse meno. C'è un grande frastuono fuori in strada e tutti quanti ci affacciamo alla finestra, anche le nostre piccole gioie. Una jeep dei militari, con un uomo alla guida ed un secondo che impugna un lungo fucile, stanno sparando contro non si sa che cosa. Ogni volta che l'arma del soldato erutta il suo ruggito, tutti quanti ci tappiamo le orecchie impauriti. Nessuno di noi ha mai visto un'arma da fuoco e siamo largamente impauriti. Le uniche due persone tranquille sembrano le bambine che non hanno capito l'entità del pericolo.
"Madonna benedetta, a che cosa stanno sparando quei pazzi?" chiede Darla con voce tremante.
Nessuno di noi le presta attenzione tanto siamo presi dall'osservare la strada. I soldati continuano a fare fuoco ma non sento nessuno gridare. Ad un certo punto Ben mi stringe forte il braccio ed indirizza il mio sguardo verso la casa degli Hills. La vecchia Carla Petrucci, quella pazza vicina di casa che tutte le mattine porta in giro i gatti col guinzaglio, sta camminando sul marciapiede a poca distanza dalla nostra finestra. I militari non sembrano averla vista. Vedo che avanza con sguardo vitreo, incespicante ed ha la veste da notte chiazzata di sangue. Per un attimo sembra cadere al suolo ma riesce a trovare l'equilibrio ed avanza fino alla porta di casa nostra. Senza pensarci due volte mia moglie corre alla porta di casa e la spalanca, mentre Darla e Ben ci gridano di non farlo. Io le corro dietro e la sposto, mettendomi davanti a lei. Carla sembra riconoscermi e viene verso di me, allungando in avanti le sue magre e bianche braccia. Non sembra stare per niente bene ed ha bisogno del nostro aiuto. Non la vedevo in strada da giorni e pensavo che fosse già partita per andare dai parenti fuori dal paese.
"Signora Petrucci, che cosa ci fa in giro a quest'ora?" le chiede Brenda avvicinandosi a lei.
La donna continua ad avanzare con passo barcollante e non ci risponde, come se non avesse udito la sua domanda.
"Signora Petrucci?"
"Brenda, chiudi subito quella cazzo di porta! Ha la stessa faccia di Bernie, gli stessi occhi..." le grida Darla correndo verso di noi insieme al marito.
"Signor..."
La jeep dei militari ci avvista e tornano indietro a velocità spedita, fermandosi al centro della strada. Vedo che il giovane militare nel posto del passeggero prende la mira. Che cazzo succede?
"TORNATE SUBITO IN CASA, ADESSO!" ci grida col megafono il militare alla guida mentre l'altro continua a puntarci contro l'arma.
A quel punto scendo sul pianerottolo di casa e grido anche io. Mi sono rotto le palle di tutta questa situazione.
"CHE CAZZO VOLETE FARE BRUTTI STRONZI? VOLETE FORSE SPARARCI?"
"TORNATE IN CASA!"
"ANDATE A FARE IN CULO! CI STATE AMMAZZANDO"
Allungo la mano verso la signora Petrucci e lei me la stringe con forza. Riesce quasi a farmi male per quanto la forza di quella vecchia sia decisamente ormai andata. Faccio per abbracciarla e sorreggerla ma lei spalanca la bocca mostrandomi quei pochi denti marci che le rimangono. Si avventa contro di me e prova a mordermi al collo, ma con un balzo indietro riesco a liberarmi dalla presa. Lei perde il passo e cade a terra ansimando. Non ha detto una singola parola e continua a respirare affannosamente, quasi come avesse un accenno di infarto.
"Chiudi la porta John, ti prego!" mi scongiura Darla, dietro di me, piangendo.
A quel punto succede l'inevitabile. Il soldato apre il fuoco per ben due volte e tutti e due i colpi centrano il bersaglio. Il primo colpisce la povera signora Petrucci alla schiena, il secondo penso sotto al ginocchio. Quel pazzo ha aperto il fuoco per quanto le fossi davanti ed ha rischiato di uccidere anche me. Deve aver avuto una grande mira o forse soltanto una grande fortuna. Gli inveisco contro e vorrei quasi lanciarmi contro di loro. Mia moglie mi trattiene piangendo e mi chiede di tornare in casa. Mi libero dalla presa e rimango fermo dove mi trovo. Ci tengono prigionieri in casa da ormai una settimana, ammazzano la gente per strada ed adesso devo far finta che non sia successo niente? Col cazzo.
"BRUTTI BASTARDI QUESTA POVERA DONNA NON AVEVA FATTO NIENTE. VOLETE AMMAZZARE ANCHE ME? VOLETE AMMAZZARE LA MIA BAMBINA? VOLETE FARCI FUORI TUTTI, STRONZI CHE NON SIETE ALTRO?"
Qualcosa afferra la mia gamba destra. Abbasso lo sguardo e vedo che la signora Petrucci è ancora viva e sta cercando di rimettersi in piedi. Il suo petto è quasi esploso per l'impatto del proiettile. Come fa ad essere ancora viva? Mi si gela il sangue nelle vene e mi piscio addosso senza neanche accorgermene. Un liquido caldo mi cola lungo la coscia e crea una piccola gora sotto di me. Tutti dietro di me cominciano a gridare e scappano in casa. Io non sono da meno ma non riesco a voltarmi per correre come invece vorrei tanto fare. Sono paralizzato dal puro terrore. La vecchia torna a camminare ed è a quel punto che il soldato spara ancora una volta e la testa le scoppia, quasi come fosse un melone. Il suo sangue e pezzi di cervello mi schizzano in faccia.
"Cazzo, cazzo, cazzo..."
Cado ginocchioni per terra e mi trascino con la forza dei gomiti fin sulla soglia di casa. Non riesco ad alzarmi in piedi. Mia moglie e Darla mi tirano dentro casa e chiudono la porta alle mie spalle. Io mi rannicchio in un angolo come fossi un malato di mente e vomito. Quel poco che avevo mangiato a pranzo lo riverso sul pavimento del corridoio. Abbiamo appena visto dei soldati aprire il fuoco contro una donna malata, forse infetta come lo era Bernie il giardiniere. Carla Petrucci è morta a due passi da me ed ho pezzi di lei sparsi tutti addosso sui miei vestiti. Vomito una seconda volta e tutto si fa buio quando mi lascio andare e svengo.
St. Mary - 50km dalla città di Augusta - Maine - Casa della famiglia Blake - ore 23:25 pm
Sono disteso sul nostro letto matrimoniale e puzzo di vomito e sangue da fare schifo. Non so per quanto tempo sono rimasto incosciente ma ancora sono in dormiveglia. Sento le voci delle persone che mi stanno intorno ed a malapena riesco a socchiudere gli occhi. Riconosco per prima la voce di mia moglie Brenda che continua a piangere.
"Sei impazzito Benjamin? Non siamo in qualche fottuto film horror!"
"Questo è quello che ti dico Brenda. In tutta la tua vita avrai mai visto un film horror di Romero o qualcuna di quelle schifezze che danno sul canale della contea dopo le ventidue?
"Quella roba mi fa schifo... ma... io non posso... c.. credere che i morti siano tornati in vita"
"Risulta difficile anche a me Brenda, ma che cosa possono essere se non zombie?"
"FOTTUTISSIME PERSONE MALATE, ECCO CHE COSA SONO, CRISTO!!"
La sento scappare fuori dalla nostra camera da letto e sbattere la porta pesantemente. Scivolo nuovamente in un sonno profondo privo di sogni.
GIORNO 10
St. Mary - 50km dalla città di Augusta - Maine - Casa della famiglia Blake - ore 05:45 am
Sono rimasto incosciente per quasi ventiquattro ore. Al mio risveglio io e Ben ci siamo subito messi d'accordo per fare un salto al King's Mall. Quello che ho visto soltanto due giorni prima ha ammazzato completamente la mia speranza. Adesso ho più paura io delle bambine e non riesco a credere che i morti si siano rialzati dalle tombe per cibarsi di noi. Le folli teorie di Ben mi fanno soltanto ridere in quanto non ho mai sopportato quegli stupidi film horror da ragazzini. Ci ritroviamo in salotto che il sole sta cominciando a sorgere dietro le montagne. Le nostre donne sono ancora a letto e non le abbiamo volute svegliare. Meritano un po di sano riposo dopo tutto quello a cui hanno assistito. Sinceramente ne avrei bisogno anche io, ma devo riuscire a vestire i panni del coraggioso padre di famiglia come sono sempre stato. La pancia comincia a brontolarmi e da quanto posso sentire anche quella di Ben produce gli stessi rumori.
"Finiscila con tutte queste tue idiozie sui film di zombie. Quelle la fuori sono persone che stanno male e devono essere curate. Quei bastardi di militari hanno pensato bene di farci fuori tutti quanti invece che aiutarci"
"John ma chi vuoi prendere in giro? Hai mai visto delle persone contagiate e che provano a morderti per colpa della nube tossica di una piccola fabbrica di periferia? Cerchiamo di esseri seri"
"Sto cercando di esserlo, ma grazie alle tue stronzate proprio non ci riesco"
Zombie. Quell'uomo deve aver perso completamente il senno. Ricordo quando una decina di anni prima vidi un film di Romero ambientato in una città, o forse era un centro commerciale. Tutte quelle storie sono per me soltanto stronzate e dobbiamo pensare a cose concrete. Prima di tutto c'è bisogno di organizzare un buon piano per arrivare al centro commerciale senza essere visti.
"Io vengo con te ma mi porto dietro il coltello da cucina che tua moglie usa per tagliare la carne"
"Porta tutto quello che vuoi ma datti una mossa. Fra poco il sole sorgerà e non possiamo rischiare che i soldati ci vedano"
"Hai una pistola in casa?"
"Eh? Perchè dovrei averne una?"
Sembra stupito dalle mie parole e si gratta la testa.
"Tutti gli americani ne hanno una"
"Ma che ca... non ho mai avuto bisogno di una pistola Ben"
"Darla ne ha una a casa dei suoi, se vuoi possiamo passare a prenderla"
"Per rischiare di spararci in una gamba o che magari le bambine si facciano del male? Mettitela nel culo la tua pistola Ben, sto perdendo la pazienza"
"Ok, datti una calmata, sono nervoso tanto quanto te"
Prendo uno zaino da campeggio bello capiente e ne do uno anche a Ben. È bene che nessuno ci riconosca in strada o potremmo passare dei brutti momenti. Quei soldati sono pazzi e non voglio avere nulla a che fare con loro. Spero che non vengano a minacciare la mia famiglia una volta che saremo usciti di casa. Scrivo un biglietto a mia moglie e lo lascio sul tavolo di cucina.
"Siamo pronti, andiamo" dico a Ben che mi precede nel corridoio.
Apro la porta di casa e mi guardo intorno. Non sembra esserci nessuno. Lo stesso cadavere della signora Petrucci sembra scomparso. Il professore di chimica riattacca con le sue stronzate e subito lo calmo, intimandogli di abbassare la voce. Non vedo nessun volto affacciato alla finestra dei nostri vicini è questo bene. Se non ci vedono nessuno potrà fare la spia.
"Tagliamo per i giardinetti dietro casa e dirigiamoci verso la fattoria. Se andiamo a passo spedito entro trenta minuti al massimo saremo al centro commerciale"
Che cosa posso chiedere a quell'uomo che si avvia verso la sessantina? A stento si regge sulle gambe e tra qualche anno avrà bisogno di un catetere per andare a pisciare. Non posso permettermi di lasciarlo indietro, dunque adeguo l'andatura del mio passo al suo. Restiamo in silenzio per gran parte del tragitto fino a che non arriviamo sotto al cavalcavia della statale. Non sento passare nessuna macchina sopra di noi ed intorno non sembra esserci anima viva.
"Guardà là John" mi indica un punto.
Vedo il trattore di Andrew Woodkock fermo in mezzo ai campi e sembra avere ancora il motore acceso. Una piccola voluta di fumo nero si alza dal comignolo di quel vecchio rottame. Ricordo ancora tutte le volte che il mio amico Sam Greene si recava alla fattoria per riparare qualche pezzo che era partito.
"Sarà morto dentro al suo trattore?"
"Ancora? Mi hai rotto il cazzo Ben. Risparmia il fiato e cammina"
Non sono mai stato una persona rozza e dalle maniere rudi, ma dopo quello che ho patito in questi ultimi dieci giorni la mia pazienza è scesa al limite. Sarei capace di prenderlo a schiaffi se solo continuasse con le sue stronzate. Dopo meno di mezz'ora arriviamo al centro commerciale e troviamo il parcheggio pieno di auto. Sembrano abbandonate ed una ha addirittura la portiera del passeggero aperta. Non vedo traccia di anima viva in giro. La serranda sull'entrata principale è abbassata e dopo che proviamo a scuoterla per almeno due volte ci è chiaro che non si aprirà.
"Dobbiamo passare sul retro, dalla porta di servizio. Se non ricordo male è li che si trova l'ufficio del direttore"
Ben ha ragione e non possiamo fare altro che tentare, sperando che la sorte non ci sia nuovamente avversa. Giriamo intorno al grande centro commerciale e ringraziando Dio la porta è socchiusa. Qualcuno ha dimenticato di chiuderla e ci basta spingerla leggermente per entrare. All'interno tutte le luci sono spente e vige un silenzio quasi surreale. Precedo il mio collega di lavoro di qualche passo in quello stretto corridoio che conduce agli uffici. Una rapida occhiata dentro le stanze e non vediamo niente di strano. All'interno del King's Mall non sembra esserci nessuno.
"Aspetta John, ho sentito qualcosa!"
Mi fermo contro la parete e tendo l'orecchio. Sarà la suggestione ma mi pare di avere sentito qualche rumore a non molta distanza. Forse delle voci.
"Forse potrebbero essere alcuni di 'loro'"
"Di 'loro'?" chiedo al mio compagno "Da quando gli zombie parlano nei tuoi film?"
"Effettivamente hai ragione, ma vale la pena prestare attenzione"
Mi sento quasi un ladro che sta cercando di rubare per fame. Forse, magari, dopotutto lo siamo anche ma ormai che cosa ce ne importa. I militari ci avevano assicurato che avrebbero servito viveri e vettovaglie a tutti ma nessuno li ha più visti dopo quella notte. Il vecchio John è scomparso e sicuramente è stato trattenuto altrove. Non possiamo fare altro che prendere qualcosa da mangiare onde evitare che le nostre famiglie muoiano di fame.
"Shhhhh!" metto il dito sul naso e con una mano fermo Ben che viene dietro di me.
Mi sporgo oltre la porta che da nell'ufficio del direttore e vedo Tanja Likova, la ragazza che lavora alla cassa, seduta su una comoda poltrona con le gambe allargate. Qualcuno le sta facendo un bel lavoretto nascosto dietro la larga scrivania in mogano nero. Entro nella stanza e subito lei, riconoscendomi, schizza in piedi mezza svestita. Fa per coprirsi ma ormai è ben chiaro a tutti che cosa stesse facendo.
"Professor Blake!" esclama sorpresa dalla mia entrata.
Una volta che mi vede entrare insieme al professore di chimica, il suo orgoglio ferito viene completamente distrutto. Fa il possibile per rimettersi gli abiti addosso quando da sotto la cassa sbuca la bella faccia sorridente di Carl Potter. Avevo visto quel ragazzo in fila alla casa dieci giorni prima ed avevamo scambiato qualche bella parola. Non avevo dubbi che fosse un latin lover ma non pensavo mai che se la facesse davvero con tutte le ragazze del paese, anche quelle più brutte. Tanja non è mai stata una gran bellezza ed ormai mi è chiaro che quel ragazzo tira a tutto quello che si muove.
"Professori, che cosa ci fate qui?" ci domanda lui pulendosi la bocca col gomito.
"Che cosa ci facciamo... che cosa ci fate voi piuttosto?"
Concediamo giusto un istante ai due ragazzi per rivestirsi prima di riprendere il nostro interrogatorio. Di tutte le persone che mi aspettavo di trovare non avrei mai pensato a loro due. Benjamin sembra schifato dalla scena e rimane in disparte, uscendo dalla stanza.
"Due giorni fa i militari sono entrati in casa mia ed hanno arrestato il mio vecchio" dice Carl "Quel pazzo ubriacone non voleva saperne di rimanere rinchiuso in casa e così hanno deciso di portarlo via. Sono venuto qui a cercare qualcosa con cui sball... hem... qualcosa da bere e mangiare ed ho trovato Tanja"
"E tu?" chiedo a lei curioso di sapere come mai si trovasse nel centro commerciale.
"Avevo paura a tornare a casa dopo tutte le cose che sono successe e dunque sono tornata qua. I miei sono fuori per le vacanze e non ho voluto seguirli. Almeno qui dentro la televisione funziona ancora"
Rincuorato dalle sue parole mi avvicino al televisore e provo ad accenderlo. Vedo che non c'è segnale e per quanto faccia zapping sul telecomando nessun canale funziona. Premo dei pulsanti sul vecchio videoregistratore e ne esce una cassetta pornografica con in copertina una biondona con un cetriolo nel di dietro. Adesso mi è chiaro che tipo di 'televisione' stessero guardando. Sapevo che Tanja fumava le canne, ma non avrei mai pensato che fosse una piccola troietta di quel tipo.
"La gente là fuori muore di fame e voi pensate di stare rinchiusi qua dentro a scopare? Siete forse impazziti tutti e due?"
"Hey prof che cosa dovremmo fare? Quei soldati la fuori sparano come se fossero impazziti e non ho voglia di beccarmi una pallottola in testa. Per ora qua dentro nessuno ci ha rotto le palle"
"Prendete le vostre cose e venite con noi, non è sicuro per voi restare qua"
Usciamo nel corridoio e racconto loro quello a cui io e Ben abbiamo assistito. Mi guardano tutti e due increduli e l'unica cosa che Carl riesce a dire è un semplice 'figo'. Avevo sbagliato a valutare quel ragazzo visto che è un perfetto coglione. Sento nel loro alito il puzzo della cannabis, devono essersi sballati di brutto. Vorrei spaccare la faccia a tutti e due ma dopotutto che diritto ne avrei? Non sono certo loro padre. Ben si distanzia dai ragazzi per venire a parlarmi.
"Che cosa vuoi fare con quei due delinquenti John?"
"Che cosa dovrei fare? Li portiamo con noi"
"Con noi? E dove?"
"Vuoi forse che li lasci qui fino a che qualcuno, magari i soldati, non li troveranno?"
Mi tira indietro con la sua mano e mi affronta, faccia a faccia. Lo fisso con serietà ed aspetto che sputi fuori altre sue cazzate. Quell'uomo è sempre stato riservato e chiuso in se stesso e devo dire che lo preferivo di gran lunga prima. Non che abbiamo mai avuto un grande rapporto a parte l'incontrarci durante le riunioni scolastiche.
"Tutti e due puzzano di canna e devono essere drogati. Vuoi forse portare in casa tua questi due maiali? Vicino alle nostre bambine magari?"
"No Ben, ci mancherebbe... lasciamoli pure qui a morire"
"Ma che morire? Con tutto il cibo che c'è qua dentro andranno avanti per almeno cento anni"
"E se qualcuno venisse a saperlo? Cosa racconteremo ai loro genitori?"
"Magari sono diventati zombie anche loro"
"V-A-F-F-A-N-C-U-L-O!" chiudo la discussione e lo scosto da me con una spinta che rischia di farlo cadere per terra.
Se ancora una volta mi parlerà di questi morti che camminano gli spaccherò la faccia. Sono già abbastanza nervoso anche senza stare continuamente a sentire le sue storie fantastiche. Oggi zombie e domani che cosa, draghi e chimere? Mi sembra quasi di vivere una di quelle avventure che giocavo da bambino a Castle and Dragons... o come si chiamava.
"Prendi tutto quello che riesci ad infilare nello zaino. Assicurati che il cibo sia a lunga conservazione e non appesantirti inutilmente con stronzate"
Queste sono le mie uniche direttive al mio compagno prima di iniziare a girare per gli scaffali. Attraverso la serranda del negozio stanno cominciando ad entrare i primi raggi di sole. A giudicare dagli sguardi dei ragazzi quei due non devono aver dormito per tutta la notte. Chissà quante scopate si sono fatti. E se adesso Tanja fosse rimasta incinta? Che pensieri stupidi che mi sto facendo.
"Mais, carne in scatola, succo di more di cui Lily ne va ghiotta, burro di arachidi, meglio due barattoli di burro di arachidi"
Riempo lo zaino fin quasi all'orlo ed una volta che provo a tirarlo su dal carrello quasi mi si spezza la schiena. A giudicare da quanta roba ho preso ci basterà almeno per due o tre settimane. Lo zaino peserà almeno venti chili e sarà una grande fatica portarlo fino a casa sotto al sole. Forse sarebbe meglio portarci dietro uno dei grandi carrelli della spesa. Devo dirlo a Benjamin. Lo cerco in mezzo agli scaffali e vedo che sta discutendo animatamente con Carl. Quei due si stanno per mettersi le mani addosso e vado a dividerli.
"Cosa fate?"
"Stavo giusto spiegando a questo ragazzo che non porterà mai la sua schifosa droga dentro casa nostra"
"Casa nostra? Da quando dai ordini per casa mia Ben?"
"State tranquilli tutti e due" ci risponde il ragazzo "Non abbiamo assolutamente voglia di venire a casa sua prof. Ringrazio per l'invito ma preferisco rimanere qua"
Valuto per un attimo la situazione e forse è davvero meglio seguire il consiglio del mio collega. Non possiamo accollarci altre due persone che potrebbero essere un peso per le nostre famiglie. La nostra casa è una villetta a schiera di appena settanta metri quadri e siamo già in sei ad occuparla.
"Restate pure qua ma fate attenzione a non farvi trovare dai militari"
"Intesi prof!"
Un grido spezza la quiete che si è creata intorno a noi. Ben lascia cadere il suo zaino al suolo e si guarda intorno impaurito come quando si presentò a casa nostra. Tanja corre verso di noi e dalla sua andatura barcollante capisco che deve essere veramente fatta. Ha gli occhi che le girano impazziti nelle orbite e si getta al suolo dietro gli scaffali come se stesse per esplodere una bomba. Mi guardo intorno ma non vedo niente di che.
"Quelle... qu-elle cose stanno entrando dalla porta sul retro?"
"Quelle cose? Quali cose?" le chiedo prendendola per le spalle.
"La porta era aperta e cinque di quelle cose stanno entrando qua dentro. Mi hanno vista e quando sono scappata mi sono venuti dietro"
"Dunque voi sapevate delle persone infette?" lei mi annuisce "Ben, ti avevo detto di chiudere la porta dietro di noi"
"L'ho spinta John ma evidentemente deve essersi rotta la molla di chiusura"
"Porca puttana!"
Qualcosa di ansimante sta avanzando verso di noi. Sento molti passi pesanti ed un coro di gemiti e sospiri come quelli usciti dalla bocca della signora Petrucci poco prima che fosse uccisa. Ci abbassiamo dietro gli scaffali ed il peso che ho sulla schiena non mi consente di muovermi come vorrei.
"Signore salvaci, Signore salvaci... Signore salvaci dagli zombie..."
Ben ha ripreso a piagnucolare e Carl sta cercando di tappargli la bocca. Il professore di chimica si dimena come un maiale sgozzato ed a quel punto mi avvicino a lui e con maniere rudi lo calmo. Mi abbasso al suolo e vedo un paio di mocassini che vengono strascicati al suolo. Qualcuno ci sta superando nella fila di prodotti parallela alla nostra.
"Dobbiamo andare via, subito" sussurro sottovoce ai ragazzi ed aiuto Ben a rimettersi in piedi.
Impaurito come è sicuramente non riuscirà a reggere il peso del suo zaino. Vedo Carl che si presta per portarlo ma ci riesce a malapena. Sono almeno il doppio di quel ragazzo ma non ce la farei mai a portare quaranta chili di roba sulle spalle. Aiuto Benjamin ad alzarsi e subito questo inciampa cadendo al suolo. Uno di quegli infetti sembra averci notati e viene verso di noi. Vedo che ha metà della faccia praticamente ridotta ad una poltiglia sanguinolenta. Le viscere gli scendono da un largo squarcio all'addome e toccano fin quasi il terreno. Dietro di lui compare una donna bionda che non riconosco, gli abiti da ginnastica sporchi di sangue, braccia e gambe quasi completamente scarnificati. I loro occhi sono esattamente spenti e morti come quelli di Carla, ma sembrano pieni di ira nei nostri confronti.
"SCAPPATE!"
A quel punto un'uscita di sotterfugio è impensabile, dunque tanto vale gridare. Mi guardo alle spalle ma quelle persone sembrano lente e non possono correre come noi. Dirigiamo verso l'uscita sul retro ma altri due stanno avanzando verso di noi. Non ci rimane che provare dall'entrata principale del King's Mall ma è completamente barricata dalle pesanti serrande. Spero che la ragazza russa abbia la chiave e sono felice di vederla annuire. Nel tentativo di raggiungerci uno di quei due infetti inciampa su due lattine di birra e cade al suolo. L'altro gli passa sopra come se niente fosse e continua a venirci contro con le braccia protese. Il suo respiro inumano mi fa gelare il sangue nelle vene. Ho una paura tale che vorrei soltanto nascondermi dietro qualcosa ed aspettare che qualcuno venga a salvarmi.
"APRI SUBITO QUELLA DANNATA PORTA"
Tanja corre al dispositivo di chiusura ed inserisce una chiave, ma evidentemente non è quella giusta. Gli infetti ci sono quasi addosso e le dico di sbrigarsi, con ben poca galanteria. Ben sta tremando come una foglia mentre invece quel coglione di Carl sta pensando a svuotare una delle casse.
"Che cazzo fai stupido? Vieni via!"
"Giusto un attimo prof, prendo un po di grana!"
Vuole farsi ammazzare? Quel ragazzo non ha visto gli occhi della signora Petrucci, non l'ha vista gettarsi verso di lui e tentare di morderlo. Non sa che sta scherzando col fuoco mettendo a repentaglio la sua vita. Alla fine la russa riesce a trovare la chiave giusta e la serranda del centro commerciale inizia lentamente ad alzarsi. Apre la porta principale ed attendiamo soltanto di avere uno spiraglio prima di uscire.
"ANDIAMOCENE!" grida Benjamin sorreggendosi a me.
Per poco non cado per terra e lo maledico in tutte le lingue del mondo. Se dovessi cadere con un simile peso sulle spalle non riuscirei ad alzarmi. La vecchia serranda ha bisogno di una bella lucidata e si ferma ad appena mezzo metro da terra. FANCULO! Sembra proprio uno di quei film che tanto sembrano piacere al professore di chimica. Gli infetti ci sono ormai addosso e mi abbasso per uscire, preceduto da Tanja e da Ben. Mi incastro e non riesco a procedere. Lo zaino è troppo grande e carico di roba per consentirmi di passare. Provo una o due volte ma non ce la faccio. Mi tolgo la cinghia di sicurezza dal ventre e lo lascio cadere al suolo. Il nostro viaggio per la raccolta di scorte è appena andato in merda. Sguscio fuori senza guardarmi dietro e sento le grida di dolore del ragazzo. Quel cretino è caduto al suolo e non riesce a mettersi in piedi. La donna bionda ed un altro infetto di colore, che riconosco essere come Tom Grant il bidello del liceo, gli si avventano contro. Gli strappano via la carne a morsi mentre ancora cerca di scappare e lo smembrano, come fosse un maiale da macello. Grido pazzo e corro senza guardarmi indietro, seguito a fatica dai miei due compagni. Solo il sangue freddo della ragazza russa le consente di richiudere la serranda dietro di se. Le ultime cose che vedo sono Carl che alza una mano sanguinante verso di noi, implorandoci di salvarlo. Corriamo a perdifiato ed anche il vecchio professore di chimica sembra avere il pepe al culo.
"VAFFANCULO! VAFFANCULOOOO!" grido e piango allo stesso tempo.
Corro come negli incubi, senza la forza per farlo e mosso soltanto dalla speranza di salvarmi la pellaccia. Da dietro alcune macchine sbucano altri infetti. Un gruppo di tre da dietro l'angolo fra Rosemary e Binn Street. Ci hanno visti e ci stanno seguendo. Sembrano essercene fin troppi e non li avevamo notati. Non possono correre come noi e fino a che ci regge il fiato possiamo ancora salvarci. Che diamine sta succedendo al nostro mondo? Che cazzo sta succedendo? Cado al suolo e mi rialzo. Mi sono appena sbucciato un ginocchio. Tanja e Ben mi superano ed io piango, piango come il bambino che ero stato molti anni prima.
GIORNO 14
St. Mary - 50km dalla città di Augusta - Maine - Casa della famiglia Blake - ore 03:50 am
Stiamo crepando di fame. La nostra veloce gita al King's Mall è andata a farsi fottere ed adesso sono tre giorni che non mettiamo niente in pancia. Sono ancora scosso per quello che è successo, lo siamo tutti. Nessuno di noi riesce più a chiudere occhio la notte ed ormai siamo allo stremo. Dobbiamo escogitare qualcosa o non sopravviveremo un'altra settimana. Le bambine hanno smesso di giocare in soggiorno e passano tutto il giorno chiuse nella cameretta di Lily a piangere o dormire. Mia moglie è dimagrita ed ha un colorito bianco quasi funereo. Io non ho quasi più la forza neanche di andare al cesso. Siamo tutti quanti in uno stato pietoso. Insieme a Darla ci affacciamo fuori dalla finestra per spiare la strada. Gli infetti sono sempre di più e sono praticamente ovunque. Ne vedo due seduti in terra sul porticato di legno della villetta dei Benson, altri quattro che vagano avanti ed indietro senza meta. La loro visione mi terrorizza e comincio a credere a tutte le stronzate di Benjamin. Se davvero i morti sono tornati a camminare, è questa forse la fine del mondo? La fine del genere umano? Dove sono tutti quei militari e poliziotti che avrebbero dovuto difenderci?
"Quei bastardi se la sono data a gambe e ci hanno lasciati qui a marcire in mezzo a queste persone!" dico tra me e me attirando l'attenzione della moglie del professore di chimica.
"Guarda quella donna John!" dice Darla aggrappandosi pesantemente al mio braccio "Non ha più le gambe e si trascina per terra, eppure sembra... è ancora viva..."
Comincia a singhiozzare e la stringo a me quando mia moglie e Ben escono dalla cucina per unirsi a noi. È molto presto ed il sole non è ancora sorto dietro alle montagne. Siamo tutti allo stremo delle forze, prossimi ad un collasso fisico. Darla fugge tra le confortevoli braccia del marito e mia moglie viene da me. La stringo forte al petto ed almeno per il momento chiudo le tende della finestra. Se una di quelle cose dovesse vederci molto probabilmente prenderebbero d'assalto anche la nostra casa. Soltanto ieri abbiamo visto i coniugi Benson uscire di casa insieme al figlio da poco maggiorenne. Gli infetti gli sono subito sciamati dietro e soltanto il ragazzo è riuscito a salvarsi. Padre e madre sono stati brutalmente bloccati al suolo e sbranati da quelle belve fameliche. Molti anni fa, quando frequentavo il liceo, vidi lo stesso sguardo di quelle cose in un cane rabbioso. Lo sceriffo Smith lo uccise con la sua calibro 44, ma il ragazzino che era stato morso rischiava di essere infettato. Dopo una settimana di ricovero in ospedale scampò il pericolo di morte ma quella scena è sempre rimasta viva nei miei ricordi. Mi sembra di vivere la stessa situazione, solo che adesso i cani che vogliono sbranarci camminano su due gambe.
"Stiamo per morire vero?" mi chiede Brenda con le lacrime agli occhi.
Vorrei risponderle che non moriremo, che siamo pronti ad uscire di casa ed abbandonare quel posto maledetto, ma non riesco a mentirle. Chi ci assicura che l'infezione non si sia estesa a macchia d'olio per tutta la contea? Magari anche oltre. Quante persone saranno state contagiate? Ricordo ancora il sacrificio di Carl al centro commerciale e mi vengono i brividi.
"Due giorni fa ho visto passare un blindato dell'esercito. Devono essere ancora in paese e dobbiamo soltanto trovare la maniera di contattarli. Magari non sanno che in questa casa ci sono persone ancora in vita..."
"Vuoi forse farci uccidere tutti quanti John?" chiese Ben quasi gridando.
Mi stacco da mia moglie e lo fronteggio faccia a faccia. Lui istintivamente indietreggia di qualche passo ed ho la sicurezza che si stia cagando sotto. Se ci troviamo in questa situazione è anche per colpa sua. Se solo fosse stato attento a non fare rumore, dentro al centro commerciale, adesso avremmo cibo in abbondanza per quasi un mese.
"Se preferisci restare a marcire qua dentro fai pure vecchio. Non lascerò che mia moglie e la mia bambina muoiano di fame"
"Neanche io voglio che la mia bambina muoia di fame John" ogni volta deve pronunciare il mio nome per dare un torno ai suoi discorsi, questa cosa non la sopporto "Ma la opzioni sono ben poche. Restare qua dentro in attesa, o uscire e provare a scappare con la tua auto"
"La mia macchina è chiusa dentro al garage e quelle cose sono praticamente ovunque. Se anche riuscissimo a salire il mio pickup ha posto per sole tre persone, a meno che non vogliate viaggiare nel cassone sul retro. Ah già..." soltanto adesso me ne ricordo "è praticamente quasi a secco"
"Perfetto, direi che non c'è male. CRISTO SANTO!"
Lo afferro per le spalle e lo scuoto come un burattino. Gli occhiali gli scivolano dal naso e cadono al suolo. Darla si mette in mezzo per dividerci ma io non mollo la presa.
"Ascoltami stronzo, ascoltami bene perchè non mi ripeterò. Chi avrebbe mai pensato che i morti si sarebbero rialzati dalle proprie tombe per cibarsi di noi? Scusami tanto se non ho fatto il pieno alla macchina prima di partire per il lago. CHE CAZZO VUOI DA ME?"
Devo avere gli occhi che mi schizzano fuori dalle orbite per il nervoso. Mi piacerebbe tanto sfondarmi la testa contro il muro nella speranza di risvegliarmi da questo dannato incubo. Magari più tardi ci proverò.
"State calmi. Dovete restare calmi tutti e due. Non risolveremo niente così" frignano Darla e Brenda cercando di dividerci.
"Tuo marito sta cominciando a darmi ai nervi Darla. Fagli dare una bella calmata"
"Va bene John ma tu resta tranquillo. Ti supplico"
Li mando tutti a quel paese, compresa mia moglie. Salgo nella camera delle bambine e le trovo sedute al suolo, sulla moquette. Stanno giocando con alcune bambole anche se sembrano avere a malapena la forza per restare sveglie.
"Come va piccole?" entro e mi chiudo la porta alle spalle.
"Quando potremo mangiare signor Blake?"
"Abbiamo fame papà..."
Mi ero quasi dimenticato di Tanja Likova. Adesso è distesa sul letto di mia figlia e sembra riposare in santa pace, almeno lei. Dopo la fuga dal King's Mall abbiamo accolto la ragazzina russa in casa nostra, anche se non abbiamo un bel niente da offrirle. Con le poche forze che le sono rimaste si è offerta di tenere calme le bambine. Quelli che dovrebbe tenere calmi siamo io e Ben, altrimenti finiremo per scannarci. Il suo petto si alza ed abbassa regolarmente, segno che sta dormendo profondamente. Faccio cenno alle bambine di parlare sottovoce.
"Oggi io e Benjamin vedremo di tornare nuovamente al centro commerciale. Ho lasciato uno zaino pieno di roba vicino l'entrata e non sarà difficile recuperarlo"
Che cosa sto cercando di spiegare loro? Mi aspetto forse che una bambina di nove anni ed una di dieci riescano a capire le mie parole? Hanno fame, molta fame e questo è tutto quello che conta per loro. Kaitie mi osserva con i suoi occhietti piccoli e stanchi e vorrebbe quasi dire qualcosa. Mi siedo con loro al centro della stanza e prendo a giocare distrattamente con una bambola.
"Questa è lady Shireen, una bellissima dama elfica" Kaitie mi presenta una delle tante bambole presenti nella stanza di mia figlia.
"Salve lady Sireen..."
"Si chiama Shireen papà, non Sireen!" mi corregge subito mia figlia quasi bacchettandomi.
"Scusatemi. Che cosa state facendo? Una specie di gioco di società?"
"Si chiamano giochi di ruolo... me lo ha detto Kaitie"
Ascolto tutto quello che la figlia di Ben ha da raccontarmi fino a quando non riusciamo finalmente a far svegliare Tanja. Quella ragazza ne ha passate tante quante noi e mi pento di aver fatto tanto baccano. Vado da lei e le carezzo i capelli con fare gentile. Apre gli occhi e mi sorride. I suoi lunghi capelli neri sono diventati una massa informe e sporca; avrebbero bisogno di una bella lavata.
"Signor Blake..." sussurra appena stropicciandosi gli occhi "Mi sono addormentata senza volerlo"
"Riposa pure Tanja, sei molto stanca e ne abbiamo passate veramente di brutte. Penso io alle bambine"
"Grazie prof..."
"Puoi darmi anche del tu!"
"Grazie... tu..."
Gli occhi le si chiudono e torna a dormire beatamente. Chiedo cortesemente a Lily e Kaitie di non fare confusione e lasciarla riposare in santa pace. Loro annuiscono con la testa e tornano nei loro giochi di socie... di ruolo. Sto per uscire dalla stanza quando Tanja richiama la mia attenzione. Mi volto a guardarla e scopro che mi sta osservando con un solo occhio aperto.
"Ce la faremo?" mi chiede in dormiveglia.
La sua domanda mi mette una paura tale che non so davvero che cosa risponderle. Provo a raggruppare quel poco di coraggio che ancora mi rimane.
"Dobbiamo farcela..."
Esco dalla stanza e mi chiudo la porta alle spalle. Credo veramente a quello che le ho appena risposto? Ormai non so quasi più in cosa credere...
St. Mary - 50km dalla città di Augusta - Maine - Casa della famiglia Blake - ore 08:25 am
"VAFFANCULO JOHN, IO NON CI TORNO IN QUEL POSTO. METTITELO IN TESTA UNA VOLTA PER TUTTE!"
Perdo la pazienza. Finalmente ho la possibilità e la giusta motivazione per spaccargli la faccia. Parto alla carica e lui si nasconde dietro al tavolo di cucina quando le nostre due donne si mettono in mezzo. Tanja sta bevendo l'acqua del rubinetto e mi osserva come se fossi un pazzo. Senza neanche accorgersene il bicchiere le scivola di mano e si infrange al suolo.
"DATTI UNA CALMATA JOHN!" mi grida mia moglie e le bambine alle sue spalle cominciano nuovamente a piangere.
La situazione sta degenerando ora dopo ora, giorno dopo giorno. Quella che era iniziata come una pacifica convivenza si sta tramutando in un vero calvario. Da ormai due settimane non apriamo neanche una finestra ed ormai in casa c'è un'aria stantia ed una puzza al pari di una stalla. Tiro indietro il pugno per spaccare la brutta faccia di quel vecchiaccio rompicoglioni, ma mia moglie si afferra al braccio e mi tira indietro. Vado a sbattere contro il tavolo e mi faccio quasi male ad un fianco.
"Hai deciso di far morire di fame tutti quanti Ben? Nessun problema, nessun fottutissimo problema. Andrò da solo"
"Non puoi andare da solo" si mette nel mezzo la ragazza russa anche se nessuno l'ha chiamata in causa "Gli zombie ti prenderanno e morirai"
"ZOMBIE? Ma Cristo santissimo, ancora con questa storia? Felice Ben? Sei riuscito a contagiare tutti con le tue merdate"
"Papà, non si dicono le parolacce" mi riprende mia figlia asciugandosi gli occhi.
A quel punto esplodo nuovamente. Se Ben e sua moglie non fossero già abbastanza per farmi scoppiare un brutto mal di testa, adesso ci si mette anche mia figlia? Siamo in casa mia e comando io, questo devono capirlo una volta per tutte. Pago il mutuo da cinque anni e questa cazzo di casa mi appartiene.
"Vattene in camera tua, subito!"
"John" mia moglie mi guarda come se non mi conoscesse "Sono due giorni che le bambine stanno chiuse in camera, lasciale stare"
"Sono molto nervoso e sento che presto avrò una crisi di nervi" sposto una sedia per mettermi a sedere "Ascoltate, stiamo morendo di fame e non sappiamo se la fuori ci sia ancora qualcuno pronto a salvarci. Devo prendere uno zaino e tornare al centro commerciale. Resta pure qui Ben, andrò da solo"
"Avevamo soltanto due zaini da campeggio amore. L'ultimo che ci resta è lo zainetto di scuola di Lily, ma con quello riuscirai a trasportare ben poca roba"
Cazzo. Lo zaino di mia figlia è dentro uno scatolone nel garage, insieme alla macchina. Per andare a prenderlo dovrei uscire di casa, aprire il garage e poi dirigermi verso il centro commerciale. Ci sono troppe di quelle persone infette in giro e sicuramente mi prenderebbero. Non posso rischiare. A questo punto devo per forza di cosa recuperare lo zaino che ho perso qualche giorno fa. Speriamo soltanto che quei pazzi non abbiano contagiato il suo contenuto. Non abbiamo nessuna idea su come agisca questo virus e da quanto ne so potremmo già essere tutti infetti.
"Va bene. Dammi le chiavi della serranda Tanja, vado da solo"
"Se proprio devi andare prof, vengo con te"
"Sei magra sfinita e non hai neanche la forza per stare in piedi. Sarai più utile in casa accanto alle bambine"
Nessuno osa aggiungere altro ed a quel punto mi preparo per uscire. Ben è un vero cacasotto e sapevo di non poter contare nuovamente sul suo aiuto. Lascerebbe indietro anche la sua stessa famiglia se quelle cose minacciassero di sbranarlo. Dannato pidocchio. Pensare che un tempo avevo quasi rispetto per lui.
"John?" Brenda mi ferma sulla soglia di casa.
"Per favore Brenda, sai bene quanto me che devo farlo. Lasciami andare o moriremo tutti di fame"
"Potresti non tornare amore mio, a questo hai pensato? Che cosa dirò alla bambina se quelle cose ti prenderanno?"
"Non mi prenderanno. Sono un professore di ginnastica, ho un fisico da atleta e posso correre per molto tempo"
"Si... ma il tuo ginocchio?"
Quando l'altro giorno sono caduto al suolo me lo sono a malapena sbucciato. Una ferita del genere non sarebbe un problema neanche per mia figlia.
"Sto bene Brenda. Adesso lasciami andare ed aspettatemi per l'ora di pranzo"
Apro un piccolo spiraglio della porta di casa e subito due di quelle persone verso di me. Non sembrano neanche avermi visto, erano girati di spalle, eppure subito sanno dove andare. Come riescono ad accorgersi della nostra presenza? Ora o mai più. Non posso rischiare che entrino in casa e facciano scempio di tutto il nostro gruppo.
"Signore proteggimi!" mormoro trai denti con le gambe che mi tremano per la paura.
Faccio per partire a corsa quando sento un frastuono assordante e tutti quanti veniamo sbalzati al suolo. Una bomba sembra essere esplosa a non molta distanza ed ha portato con se almeno cinque infetti. Le loro membra sono sparse per tutta la strada quando i militari cominciano a fare fuoco in ogni dove. Sbucano da dietro gli angoli delle case mentre il loro cingolato, una jeep ed un grosso pulman vengono nelle retrovie. Entriamo in casa sbarrandoci la porta alle spalle e subito ci fiondiamo alla finestra.
"Tanja, porta le bambine su! DI CORSA"
Se un proiettile vagante dovesse rompere la finestra o bucare la parete di legno della nostra casa, Kaitie e Lily sarebbero in pericolo. Fuori sembra che si sia appena scatenato un nuovo Vietnam e gli infetti cadono come mosche, uno dopo l'altro. Vedo che due sorprendono alle spalle un militare e lo mordono alla spalla. Un grosso pezzo di carne viene sputato al suolo ed il ragazzo grida come un porco scotennato. Apre il fuoco ma ormai gli sono addosso e fanno scempio di lui. Un secondo militare abbatte i due infetti ed infine spara un colpo nella testa del compagno caduto. Stiamo tremando tutti quanti come foglie. Che cosa dovremmo fare nel caso i soldati prendessero di mira anche casa nostra?
"Nascondetevi!" dico a chi mi sta dietro e subito tutti scappano a rimpiattarsi.
Io e Ben ci abbassiamo al suolo e continuiamo a sbirciare da dietro la tenda. Mi tappo le orecchie non appena una bomba scoppia a pochi passi dal mio garage, liberandolo da chi vi era di fronte.
"Se una di quelle bombe arriva vicino alla casa, salteremo tutti quanti in aria John"
"Prendi le donne e le bambine e rinchiudetevi al piano di sopra!"
"Va bene..."
Come volevasi dimostrare, quel codardo esegue il mio ordine senza batter ciglio. Cammina a gattoni fino alle scale e scappa di sopra insieme a sua moglie. Brenda rimane nascosta dietro il tavolo e non ha la forza per fuggire. Vedo che deve essersela fatta addosso visto che una gora liquida si sta spargendo a macchia d'olio sotto di lei.
"Brenda, vattene..." le sussurro mentre una terza bomba esplode chissà dove.
"Io... io... aiuto John... aiuto Signore... ti prego... Signore... mio..."
"Vai al piano di sopra!"
"... Santa Maria madre di Dio prega per noi peccatori..."
Ha perso il cervello. Sta dondolando avanti e indietro con la testa nascosta tra le ginocchia. Sono molto impaurito ma non posso nascondere la mia felicità nel vedere i militari ripulire completamente la zona. Dopotutto non sembrano ancora averci abbandonati e questo è soltanto un bene. Devono aver avuto un qualche contrattempo nei giorni scorsi. La guerriglia continua ancora per qualche minuto fino a che non torna la quiete.
St. Mary - 50km dalla città di Augusta - Maine - Casa della famiglia Blake - ore 09:00 am
I militari hanno completamente ripulito la zona e stanno cominciando ad accatastare i corpi dei caduti per bruciarli con il lanciafiamme. Fa un caldo infernale alla finestra e tutti quanti ci allontaniamo. Vedo un giovane marine che si avvicina a casa nostra e decido di uscire, da solo. Non appena mi vede sulla soglia di casa mi punta il suo fucile intimandomi l'alt.
"Non sono infetto, stai calmo. Io e la mia famiglia siamo chiusi in casa da due settimane e... non siamo mai usciti" mento ma tanto non può saperlo.
"Famiglia Blake?" dice quel ragazzo che avrà all'incirca tre o quattro anni più di Tanja.
"Siamo noi!"
Chiama a se altri due marines ed insieme entrano in casa nostra con ben poca cortesia. La setacciano in lungo e largo, piano dopo piano, addirittura dentro al bagno e gli armadi. Una volta che sono sicuri non ci siano infetti tornano al piano terra e, dopo averci raggruppati, ci fanno sedere tutti quanti nel soggiorno. Siamo uno accanto all'altro sul divano e non riusciamo a smetterla di tremare, io e Ben in particolar modo. Il ragazzo che mi ha puntato l'arma ci porge la sua borraccia e tutti quanti beviamo avidamente passandocela. Dopo giorni e giorni di acqua della cannella dal sapore di ferro, un po di vera acqua non ci farà che bene. Mi guardo intorno ma le bambine non sono con noi. Devono essersi nascoste da qualche parte e faccio cenno a Tanja di andare a cercarle. Lei mi fa capire chiaramente che con un'arma da fuoco a poca distanza non andrà da nessuna parte.
"Che ci fanno queste persone in casa vostra? Sono usciti dalle loro case durante il periodo di coprifuoco?"
"No" mente subito Ben con la voce che gli trema dalla paura "Eravamo già ospiti a casa di John e Brenda prima che tutto questo inferno cominciasse"
"Come vi chiamate? Avete dei documenti con voi?"
"Sono fuori nella macchina parcheggiata qui accanto..."
"Non ci sono auto parcheggiate qui fuori" risponde il soldato che adesso sta cominciando ad insospettirsi "Sergente Black"
Un secondo marine arriva a corsa e regge tra le mani il suo m-16 di dotazione.
"Signore?"
"Vai subito a chiamare il colonnello Harlan"
Il ragazzo esce di casa correndo e noi rimaniamo fermi ancora una volta prigionieri in casa nostra. Di li a poco arriva un uomo alto e grosso, fisico da palestrato, corti capelli biondi a spazzola. Vedo che ha molte mostrine al valore sul petto. Se non ricordo male deve essere quel colonnello Desmond Harlan che ci intimò di rimanere dentro le nostre case. L'uomo ci guarda dall'alto verso il basso con assoluta autorità.
"Signore e signora Blake?"
"Siamo noi!" io e mia moglie alziamo la mano per farci riconoscere.
"Dove è la vostra bambina?"
A quel punto è inutile continuare a mentire e vale la pena svuotare il sacco. Quegli uomini non sono li per farci del male. Almeno spero.
"Deve essere di sopra in camera sua"
"Signore ho controllato tutte le stanze ma non c'era nessuno" gli conferma il sergente Black.
"Guarda sotto al letto..."
"Agli ordini!"
Il ragazzo torna nel giro di un paio di minuti con la nostra gioia di vivere. La fa sedere delicatamente accanto a noi e le da una cioccolata croccante da mangiare. Lily la prende con un sorriso dipinto sulle labbra e la mangia voracemente. Che fine ha fatto la piccola Kaitie? Ben e Darla sono visibilmente scossi ma sembrano non voler aprire bocca.
"La bambina viene con noi!" ordina il colonnello.
Io e mia moglie ci guardiamo come se avessimo davanti un povero pazzo. Io scuoto la testa ed accenno ad un sorriso sforzato ma i soldati non sembrano avere per niente voglia di scherzare.
"Colonnello, la prego di spiegarci che cosa sta succedendo. Perchè nostra figlia dovrebbe venire via insieme a voi?"
"Il governo degli Stati Uniti ha dato il preciso ordine di portare via tutti i bambini e le persone di età inferiore ai quindici anni. Lo sceriffo Coltrane ci ha assicurato che vostra figlia ne ha nove"
"Come sta il vecchio John?" domanda Ben ma nessuno gli presta attenzione, tanto meno quell'uomo alto e grosso dalla faccia seria.
"Abbiamo caricato su quel bus tutti i bambini del paese e li porteremo con noi al comando operativo di Augusta. Un secondo mezzo verrà a prendervi questo pomeriggio, prima che cali la notte. Non avete niente da temere, siamo qui per aiutarvi"
Vorrei tanto credere alle sue parole ma non ci riesco. Mia moglie mi stringe la mano fin quasi ad artigliarmi la pelle con le unghie. Perchè vogliono portare via tutti i nostri figli? Che cosa devono farne? Non posso permettere una cosa del genere.
"Lily rimane con noi!" rispondo fermo e deciso sfidando la sua autorità.
"La bambina viene con noi, per il suo bene ed anche per il vostro!" taglia secco il colonnello che non ha voglia di tanti discorsi.
"COL CAZZO CHE VIENE CON VOI! Ma chi pensate di essere? Ci avete lasciati a marcire in casa per quasi due settimane ed adesso credete che vi lasceremo portare via la nostra bambina?" Brenda sembra impazzita e si alza da sedere.
Cerco di calmarla e subito uno dei soldati la afferra da dietro, come si fa con quei delinquenti recidivi colti durante una rapina. Quella merda sta mettendo le mani su mia moglie ed a quel punto mi incazzo seriamente.
"Toglile le mani di dosso o ti spacco la faccia"
"John che cosa stai facendo santo Dio?" Darla e suo marito frignano come i due cani bastardi che sono.
Dopotutto che cazzo gliene frega a loro? Non è la loro bambina che stanno portando via ma la nostra. Per la rabbia che ho nel cuore farei una strage.
"Ascolti le mie parole signor Blake ed abbia la pazienza di attendere fino ad oggi pomeriggio. Le prometto che domani notte sarete insieme a vostra figlia al campo di Falcon 7 di Augusta"
"Lasciate andare mia moglie prima che mi incazzi veramente, stronzi!"
Il soldato lascia la presa ed afferro la mia amata prima che rovini al suolo. Il sergente si avvicina a Lily e la prende dolcemente per mano, ma lei non vuole saperne di alzarsi e si stringe intorno alle gambe di Darla. Il marine le da uno strattone e lei comincia a piangere chiamando il mio nome.
"Pezzo di merda, non vedi che le stai facendo del male?"
A quel punto qualcosa mi colpisce pesantemente tra il collo e la nuca e cado disteso al suolo. Uno di quei bastardi mi ha piantato il calcio del fucile nella testa con ben poca cortesia. Una miriade di luci danzano davanti ai miei occhi e faccio tutto il possibile per non svenire.
"LILY. DOVE LA PORTATE?" mia moglie sta gridando e tenta di strappare nostra figlia dalle mani dei marines.
Riesco a malapena a mettermi in ginocchio e vedo che la stanno portando a bordo del grande bus parcheggiato lungo la strada. Al suo interno ci sono molti altri bambini e mi sembra di riconoscerne alcuni. Ci sono anche i due figli della sorella di Sam Greene.
"LILYYYY!"
Mi trascino sui gomiti fin sulla soglia e grido con tutto il fiato che ho in corpo. Mia moglie corre per strada ma due soldati la prendono di peso e la trattengono fino a che il bus non sta per partire. Vedo mia figlia piangere mentre invoca la salvezza. Il mezzo viene messo in moto e parte a velocità sostenuta. Subito il blindato e gli altri veicoli gli vanno dietro.
"LILY!! PICCOLA MIA! LILYYYYY!"
Mia moglie viene lasciata sul pianerottolo di casa e si aggiunge alle mie grida disperate. Tanja corre verso di noi e ci stringe in un caloroso abbraccio ma la sposto con un gesto brusco mandandola a terra. Non me ne frega un cazzo se le ho appena fatto del male. Voglio indietro mia figlia. Mi alzo in piedi e corro in mezzo alla strada come soltanto un pazzo furioso potrebbe fare ma ho le vertigini. Faccio appena cinquanta metri quando cado nuovamente al suolo.
"Lilyyyyy..."
Sta cominciando a piovere ed a non molta distanza da me c'è una catasta di infetti che ancora prende fuoco. Non ho quasi più la forza di urlare e rimango disteso al suolo, sotto la pioggia. Tanja e Darla vengono verso di me e mi aiutano a rientrare in casa. Che cosa ne sarà di nostra figlia?
GIORNO 15
St. Mary - 50km dalla città di Augusta - Maine - Casa della famiglia Blake - ore 18:40 pm
Sono quasi le sette del pomeriggio ed ancora non si vede nessun soldato. Sono nervoso ad un tale livello che prendo una delle sedie della cucina e la spezzo in due sul tavolo. Mia moglie e le donne sono chiuse in camera e non si sono più fatte vedere. Ben cerca di calmarmi ma quando gli è chiaro che potrei saltargli alla gola, al pari di un infetto, mi lascia sbollire la rabbia. Sua figlia si era nascosta in bagno dietro la tendina della doccia e soltanto per un miracolo i marines non l'hanno trovata. Pensa te che culo hanno avuto questi bastardi.
"Dobbiamo andarcene" dice Ben con appena un filo di voce.
"Dove cazzo vuoi che andiamo, a fare in culo? Dobbiamo attendere che vengano a prenderci"
"John" se mi chiama ancora una volta per nome lo ammazzo, lo giuro su Dio "avrebbero già dovuto essere qui. Gli zom... quelle cose stanno tornando nuovamente a camminare in strada e sembrano sempre di più"
"La mia macchina è nel garage. Vuoi uscire a prenderla?"
"Beh posso farlo... se mi dai una mano"
"Darti una mano? Che cazzo di mano volevi darmi stamani al centro commerciale?"
"Ragazzo, io ho sessanta anni suonati e non possiedo un fisico atletico come te. Che cosa vuoi che mi inventi?"
Stringo la testa tra le mani e la sbatto pesantemente contro la parete fino a farmi del male.
"Provo a chiamare Coltrane"
Ben va in salotto e prova diverse volte a chiamare lo sceriffo, ma non c'è ancora linea telefonica. Prova ad accendere la televisione ma nessun segnale neanche da quella. Quel vecchio ha ancora la forza di tentare soluzioni negative che ormai sono ben ovvie a tutti. Salgo in camera da letto per sincerarmi delle condizioni delle nostre donne. Sembrano stare abbastanza bene ma Brenda è stretta tra le braccia di Darla e non sembra accorgersi di me. Tanja sta fumando una sigaretta in un angolo e vorrei quasi dirle qualcosa. Ormai che cosa me ne può importare? Probabilmente tra qualche ora saremo tutti quanti morti e quelle persone la fuori sciameranno dentro casa nostra per divorarci vivi. Mi sono rotto le palle e la fame rischia di farmi avere un crollo, ma dobbiamo aspettare, almeno fino a domani. Scendo in cucina e cerco nella credenza, in ogni singolo fottuto cassetto ma non trovo un bel niente. Sono rimaste appena due fette di pane talmente dure che se le tirassi contro il forno finirei per romperlo. Neanche Squalo di 007 riuscirebbe a masticarle.
WEOOOO WEOOOO WEOOOO
Il suono della sirena della volante di polizia. Io, Ben e la ragazza russa nostra ospite corriamo subito alla finestra. La macchina dello sceriffo sta sfrecciando a tutta velocità verso di noi. Vorrei aprire la porta di casa ed uscire ma ci sono almeno tre infetti, per quel poco che riesco a vedere. Uno di loro è Andrew Woodkock il contadino, o almeno quel poco che ancora ne rimane.
"Perchè và così veloce?" chiede Tanja avvicinandosi alla finestra per vedere meglio.
"Non lo so..." rispondo io distrattamente.
La macchina dello sceriffo mette sotto una di quelle cose senza Dio e sbanda. Perde il controllo e finisce per schiantarsi contro la parete della casa di Nathan Forest. L'impatto è avvenuto sulla fiancata sinistra e la macchina non sembra aver subito grossi danni.
"Lo sceriffo deve essere ferito. Gli zombie lo stanno circondando John, dobbiamo fare qualcosa!"
"Nessuno uscirà da questa casa, intesi?"
"Lo uccideranno..."
"NESSUNO USCIRA', PORCA PUTTANA!"
Gli infetti fanno scudo intorno alla macchina e sento sparare qualche colpo di pistola. La testa di Woodkock esplode ed il suo corpo martoriato cade al suolo. Un'altra mezza dozzina gli passa sopra ed afferrano lo sceriffo all'interno. Sento le grida di dolore quando lo trascinano fuori e gli squarciano il basso ventre. Le sue viscere vengono divorate velocemente e lui è ancora vivo. Si punta la pistola alla testa e preme il grilletto. Quello non era Coltrane ma Wayne Collins, il suo vice.
"Gesù e Maria, hai visto che cosa ha fatto?" chiede Benjamin staccandosi dalla finestra.
"Che cosa poteva fare? Quei cani rabbiosi lo avevano preso..." conclude per me Tanja.
Le nostre donne scendono fino in fondo alla scale piene di domande. Hanno sentito gli spari del vice sceriffo e raccontiamo loro tutta la storia. Mia moglie ha un crollo emotivo, per quanto non fosse già abbastanza nervosa di suo. Darla stringe la figlia tra le braccia e piange. L'unica a mostrare sangue freddo e self-control sembra essere la ragazza russa. È abbastanza giovane da non aver assistito agli orrori della guerra nel suo paese, dunque non so spiegarmi come mai riesca sempre a controllarsi. Addirittura a dormire.
"Dobbiamo andarcene da qui e dobbiamo farlo subito!" una volta per tutte è finalmente la moglie del professore di chimica ad imporre qualcosa.
Suo marito rimane in silenzio e dagli sguardi che si scambiano sembrano proprio essere d'accordo. Vorrei che Brenda dicesse loro di andare cortesemente a fare in culo, ma ho perso la mia migliore alleata da ormai qualche ora. Se i militari dovessero tornare e non trovarci, a quel punto saremmo veramente spacciati. Farei il possibile per riabbracciare Lily ma non posso permettere che tutto vada in merda.
"Si aprite quella dannata porta vi ammazzo io tutti e due"
Tanja ci guarda uno ad uno ed ha qualcosa da dirci.
"Il professor Johnson ha ragione, non possiamo restare in casa. Quelle cose stanno cominciando ad addensarsi sempre di più. Pensate a quanti saranno stanotte, magari domani. Se i marines non dovessero tornare saremo completamente circondati"
"Adesso ti schieri dalla sua parte stronzetta?" la tratto come il fango visto che speravo di aver trovato in lei una valida alleata.
"Io non mi schiero mai dalla parte di nessuno signor Blake. Valuto la situazione e quello che sarebbe meglio fare per tutti"
"Ok, va bene. Facciamo così. Se provate ad uscire da quella porta non rientrerete più..."
"La macchina dello sceriffo ha ancora il motore acceso John" prosegue la sua arringa di difesa il vecchio "Se riusciremo a raggiungerla saremo salvi"
"Non vedi che è completamente circondata da quei farabutti bastardi?"
"Io uscirò sul pianerottolo e li attirerò facendo baccano. Tu e Brenda salirete in macchina e verrete a prenderci. Non me ne frega niente se dovrai metterne sotto qualcuno"
Il suo piano è abbastanza coraggioso e non riesco a crederci che abbia appena deciso di fare da esca. Se una sola di quelle cose dovesse raggiungerlo per lui sarebbe finita. Non ha la forza di correre e non la aveva neanche qualche giorno fa quando era ancora a stomaco pieno.
"Va bene!"
Raccogliamo appena qualcosa di utile visto che fuori sta piovendo a dirotto. Sembra che una tempesta tropicale ci abbia appena colpiti e l'acqua scende a catinelle dal cielo. Questo temporale andrà peggiorando, ormai conosco molto bene le precipitazioni estive. Avevo calcolato tutto secondo i piani ed avremmo già dovuto essere di ritorno da White Lake da qualche giorno. Per quanto possa servirmi mi porto dietro il portafogli con appena duecento dollari e le carte di credito. Stiviamo degli abiti dentro le buste della spesa e me le carico a tracolla. Una rapida sbirciata fuori dalla porta ci conferma che non ci sono infetti nelle vicinanze.
"Restate in silenzio e seguite me, intesi?"
"Intesi!" mi fanno eco loro alle spalle.
Tanja e Darla tengono in mezzo a se la bambina, che non vuole saperne di uscire di casa. Riescono a convincerla con dolci parole ma non sembra volersi fare ingannare. Piange e trema come una foglia ma in quel momento non ho tempo per avere tenerezza di lei. Mi spiace, ma il mio cuore negli ultimi tempi è diventato di pietra.
"Vieni amore"
Prendo mia moglie per mano e ci avviamo verso la macchina, facendo il giro largo per non essere visti da quei mostri affamati di carne umana. Ben comincia a gridare ed agitare le mani, seguito da Darla che stringe la bambina. Una di quelle cose si alza dal cadavere di Wayn, e appena finito di spolpare, e ci guarda con la bocca sporca di sangue. Si alza lentamente al suolo e trascinando i piedi viene verso di noi. Uno dopo l'altro tutti i contagiati stanno facendo la marcia come dei bravi soldatini fuori dai ranghi.
"ADESSO!" grido una volta che la marea di quelle cose ci ha superati.
Partiamo a corsa verso la macchina dello sceriffo ma sento gridare Ben alle nostre spalle. Cazzo! Un'altra decina di quelle merde schifose lo stanno prendendo alle spalle aggirando il recinto di casa nostra. Mi fermo senza sapere che fare anche se dovrai lasciarlo li per strada a morire. Non possiamo abbandonare Kaitie e dunque torniamo indietro e cominciamo a nostra volta a fare baccano. Una piccola parte si stacca e ci viene incontro ma tutto il resto punta verso la casa. Ben, Darla e sua figlia si lanciano a corsa verso la macchina della polizia. Soltanto per un soffio un infetto non riesce ad afferrare Darla per tirarla al suolo.
"Che cazzo stanno facendo?" chiedo a mia moglie e Tanja che è ormai praticamente vicina a noi.
Benjamin aiuta le sue donne a salire in macchina e chiude la portiera. Parte in sgommata in retromarcia e senza neanche accorgersene schiaccia quel poco che resta del povero vice-sceriffo.
"ANDIAMO TANJA!"
Corriamo come tre staffette verso la macchina. Ben si ferma a circa vento metri da noi e sua moglie sul retro ci apre la portiera. Faccio andare avanti mia moglie quando si scatena l'inferno. Intorno a noi sciamano decine di quelle cose, da ogni direzione. Escono dalle case dei nostri vicini, da dietro gli angoli, addirittura alcuni erano accucciati a terra dietro larghi cespugli. Ce ne sono così tanti che perdo il conto.
"FATE PRESTO!" ci grida Ben sgassando, pronto a partire a razzo.
Tanja inciampa e cade al suolo e mi fermo ad aiutarla. Non voglio lasciare quella povera sopravvissuta indietro alla mercè dei nostri carnefici. Brenda è la prima ad arrivare alla macchina ma Ben non la aspetta e parte. Gli abitanti di St. Mary si chiudono intorno alla macchina ed uno addirittura sembra voler salire sul cofano. Cominciano a strattonare la macchina come se volessero ribaltarla.
"MI SPIACE JOHN MA DOBBIAMO SCAPPARE!"
"CHE CAZZO FAI BEN? FERMATI STRONZO!"
Se solo prova a partire lasciandoci col culo a terra giurò che lo ammazzerò. Se mai dovessi incontrarlo nuovamente gli taglierò la gola da orecchio ad orecchio.
"MI SPIACE..." ha la voce rotta dal pianto.
Fa retromarcia per liberarsi dall'orda che lo assale e mette sotto mia moglie che stava correndo. Le passa sopra come se fosse una bambola, un pezzo di legno e sento un sordo CRACK. Le gomme della macchina di Wayne lasciano una scia di sangue al suolo quando riparte a tutta velocità senza mai fermarsi. Quelle cose lo seguono ma alcune sembrano averci individuati.
"BRENDAAAAAAAAAA. PORCA TROIA, BEN TI UCCIDERO!"
Mia moglie è stesa al suolo e non sembra muoversi. Vedo che il petto continua ad alzarsi segno che è ancora in vita. Prego Dio che non abbia la schiena spezzata.
"Amore mio sono qui!"
Mi getto al suolo e la stringo tra le braccia. Un rivolo di sangue scende dalle sue labbra e non sembra vedermi, per quanto i miei occhi siano puntati nei suoi. Le stringo forte la mano e faccio per alzarla ma il suo corpo è molle, come se fosse spezzato in due. Il colpo deve averle fratturato la vita. Se provo ad alzarla potrei ucciderla.
"BRENDA. AMORE MIO TI PREGO NO! AMORE... PARLAMI CAZZO... SIA MALEDETTO TUTTO IL PARADISO. BRENDAAA??"
Apre la bocca per rispondermi ma ne escono soltanto bolle di saliva miste a sangue. Stringo la sua mano sul mio cuore e provo ancora ad alzarla, ma non sembra esserci niente da fare.
"NO NO NO NO!!"
Non voglio darmi per vinto. Mia moglie non può morire per colpa di quel vecchio bastardo. Lo ucciderò. Gli strapperò la gola ed ucciderò anche sua moglie e la sua bambina. Lo ammazzerò, lo giuro su Dio. Cazzo!
Tanja mi afferra da dietro e fa di tutto per portarmi via ma la schiaffeggio con forza e lei retrocede. Vedo che sta perdendo del sangue dal labbro ferito e non me ne importa assolutamente un cazzo. Lei non si da per vinta e riprende a strattonarmi.
"Signor Blake.. John, dobbiamo andare via. Gli zombie ci sono tutti intorno e se non scappiamo subito moriremo anche noi"
"Vattene a morire lontana da me. Lasciami con mia moglie"
"Che cazzo stai dicendo? Tua figlia è ancora viva ed aspetta soltanto il tuo ritorno. Andiamo via subito, porca troia!"
Quelle cose, quegli zombie che tutti loro così chiamano, ci stringono d'assedio e sono ormai prossimi a divorarci.
"Andiamo professore, la prego" comincia a piangere ed a quel punto anche lei ha un crollo emotivo.
Potrebbe lasciarmi li a morire ed andarsene, ma sembra pronta a farlo insieme a me. Quella ragazza ha più palle di tutti noi messi insieme. Non posso pensare che quelle luride cose si ciberanno dei resti di mia moglie.
"TI PR... PREGO JOHN!" mi supplica con un filo di voce rotta dal dolore.
Lascio che mi alzi in piedi e scappiamo verso una direzione casuale, cercando principalmente di allontanarci. Corriamo senza mai voltarci e non sappiamo neanche dove nasconderci. Tutte le case saranno state occupate da questi mostri, sicuramente anche la nostra. Non so che cosa devo fare ed il dolore che provo per la perdita della mia Brenda è troppo grande. Rischio ben più di una volta di rovinare al suolo e soltanto la forza di Tanja mi sorregge. Se quel giorno non l'avessi salvata dentro al centro commerciale, adesso sarei sicuramente morto insieme a mia moglie.
"Vieni, so dove andare!"
Mi prende per mano e mi lascio trascinare. Gli infetti sono lenti e non riescono a starci dietro ma ad ogni angolo ne sbuca uno nuovo. Ci avvistano senza alcun problema e vengono a passo lento dietro di noi senza concederci tregua. Quel bastardo di Ben deve morire, insieme a tutta la sua famiglia del cazzo...
St. Mary - 50km dalla città di Augusta - Maine - Stazione di Polizia - ore 20:20 pm
Una vera e propria burrasca si scatena in mezzo a noi non appena raggiungiamo la stazione di polizia. Sono ancora molto scosso per l'accaduto e non riesco a credere che mia moglie Brenda sia appena stata uccisa. Tanja mi trascina quasi a peso morto, non ho neanche la forza di correre. Quelle persone infette sono tutte intorno a noi ma la furia del vento sta intralciando i loro movimenti. La porta della stazione di polizia sembra essere spalancata. Una rapida occhiata all'interno ci conferma che non sembra esserci nessuno.
"Entriamo John..." la ragazza russa mi sorregge per il braccio ed entriamo.
La reception è avvolta dal caos più puro. Ci sono vetri e scartoffie sparsi in ogni dove. Il pavimento è pieno di bossoli di proiettile, segno che quel luogo deve aver visto un cruento scontro a fuoco. Il comodo divano in pelle, nella sala attesa, è completamente smembrato e la sua imbottitura schizza fuori dai molti strappi.
"Sembra che sia esplosa una bomba qua dentro" dice la ragazza ma non ho la forza per risponderle.
Ho ancora nitida davanti agli occhi l'immagine di mia moglie che viene messa sotto da Benjamin Johnson. Le mani mi tremano per la rabbia che si sta velocemente tramutando in pura furia. Avrei soltanto voglia di uccidere a mani nude quel vile bastardo e poi morire, non mi importa come.
"Controlliamo l'ufficio dello sceriffo"
Prendo la mano della mia compagna e la seguo passo dopo passo. Tutt'intorno a noi vi sono schegge di legno, vetri ed una marea di corpi senza vita. Ne conto in tutto almeno una trentina ma ben presto perdo interesse. La maggior parte sembrano civili ed hanno la testa completamente aperta, il resto invece sono militari o agenti di polizia. Riconosco il volto del giovane Axel Moore, il giovane agente di polizia che si era arruolato da appena una manciata di anni. Quel ragazzo era uno dei miei migliori allievi al corso di football e conoscevo bene la sua famiglia. Vorrei piangere ma ormai i miei occhi non hanno più niente da versare. Rotto dalla stanchezza sposto una sedia con rotelle da ufficio e mi ci siedo pesantemente. Tanja rimane vicino a me giusto un istante per sincerarsi delle mie condizioni, dopo di che torna in esplorazione. Ovunque volga lo sguardo vedo soltanto morte e distruzione. Nessuno di loro si è salvato dalla furia degli infetti e forse non ci riusciremo neanche io e lei. Mi stringo la testa tra le mani quando sento il rumore di un'arma da fuoco e la ragazzina cade al suolo gridando. Subito accorro in suo aiuto e vedo che si sta trascinando dietro una larga scrivania in ferro. Un secondo colpo viene esploso contro di noi ma ci manca in larga misura. Fortunatamente il primo ha soltanto preso di striscio il suo braccio.
"Chi cazzo sta sparando? Non siamo infetti, accidenti a voi" chiedo a voce alta.
"John?"
Riconosco subito la voce dello sceriffo Coltrane ed esco allo scoperto con le mani sopra la testa. Lui mi riconosce ed abbassa la pistola al suolo. Vedo che è circondato da quattro cadaveri e tutti quanti hanno la testa maciullata. La sua divisa è completamente lurida di sangue cosi come il suo volto.
"John..." dice con le lacrime agli occhi tendendo le braccia.
Lo stringo forte a me e soltanto in quel momento mi rendo conto che ha una serie di profonde ferite al corpo. La prima, più grande delle altre, ha provocato una specie di piccola voragine sulla sua spalla destra, ha un profondo taglio sotto al mento ed il ventre completamente sporco di sangue, penso per la maggior parte dei cadaveri intorno.
"Che cosa ti è successo amico mio?"
Cerco di consolarlo ma è scosso da forti tremiti e capisco chiaramente che sta soffrendo molto. Io e Tanja dobbiamo essere le uniche due persone ancora in vita che vede da diverso tempo.
"Pensavo tu fossi morto John... oh Cristo pensavo che tutti voi foste morti..."
"Brenda è stata uccisa" gli rispondo con voce rotta dalla sofferenza senza pensarci due volte "Quel figlio di troia di Benjamin Johnson l'ha messa sotto con la tua auto"
"Mi dispiace amico mio... mi dispiace veramente" sembra soffermarsi giusto un istante prima di proseguire con la sua ovvia domanda "La mia auto?"
"Il tuo vice, Wayne, ha sbandato a circa centro metri da casa nostra e gli infetti lo hanno circondato. La sua macchina era ancora col motore accesso ed abbiamo provato a raggiungerla per fuggire... ma Ben e la sua famiglia ci hanno preceduti e sono scappati lasciandoci a piedi..."
"Wayne... avevo mandato quel ragazzo a salvarvi. È morto?"
Non gli rispondo per non provocargli altro dolore, anche se penso riesca ad immaginare come sono andati i fatti. Lo sceriffo Coltrane al solito si rivela un grande amico ed una persona che ha a cuore me e la mia famiglia. Aveva inviato il suo vice nel tentativo di soccorrerci e questo non lo dimenticherò mai. Provo ad alzarlo da terra ma mi ordina di lasciarlo dove si trova ed anzi di allontanarmi.
"Che cosa ti prende? Dobbiamo andarcene di qui" gli dico sedendomi vicino a lui.
Nel frattempo Tanja esce da dietro la scrivania reggendosi il braccio e non sembra perdere sangue. Lo sceriffo non si accorge neanche di lei e non ha occhi che per me.
"Quelle cose sono praticamente ovunque ed hanno preso d'assedio la mia stazione. Abbiamo provato a respingerli, insieme ai marines, ma quando la situazione era ormai ingestibile quei bastardi se la sono data a gambe lasciandoci soli. Sono ferito John, mi hanno morso almeno tre volte prima che riuscissi ad abbatterli... sono infetto proprio come tutti loro..."
Controllo le sue ferite che stanno perdendo molto sangue. Ha un colorito funereo e per quanto possa valutare non riuscirà a superare la notte. Vorrei tanto poter fare qualcosa ma non so neanche da dove cominciare. Un mix di paura e rabbia albergano nel mio cuore e se Tanja non fosse con me molto probabilmente mi sarei già lasciato andare.
"Dove hanno portato i bambini?" chiede lei facendosi avanti di qualche passo.
"I bambini sono al campo Falcon 7 di Augusta. Potrete trovarlo seguendo la statale 95 in direzione di Camden"
"Perchè li hanno portati via?" domando.
"Non lo so, non hanno detto un fottutissimo niente neanche a me. 'Ordini dal governo', così si sono giustificati"
"Hai un'altra auto John?"
"L'unica che avevo l'ho lasciata al mio vice. Quei figli di un cane hanno forato le gomme a tutte le altre..."
"Che motivo avevano di lasciarci tutti quanti a piedi? Vogliono forse che quelle cose ci uccidano per insabbiare la questione St. Mary?
"Che cazzo vuoi che ti dica..."
"Tanja, vai a cercare delle bende ed un kit di pronto soccorso..."
Coltrane mi interrompe afferrandosi al mio braccio. La sua stretta è ferrea e non sembra voler lasciare la presa tanto facilmente. Mi volto ad osservarlo e scopro che la luce sta abbandonando i suoi occhi. Sembra già con un piede dentro la fossa.
"Lascia stare fratello... sono spacciato. Se il loro morso è infetto a breve mi trasformerò in una di quelle cose schifose... e voi dovrete uccidermi"
"Ti ascolti? Senti le troiate che stai dicendo? Questa gente sta male e nessuno fa un cazzo niente per salvarci. Facile ucciderci tutti quanti vero? Porca puttana porca..."
"ASCOLTAMI BENE COGLIONE!" il mio vecchio compagno di liceo mi stringe forte a se e non sembra voler ascoltare le mie parole "Ti sei accorto che il mondo è appena andato in merda, o per tutto questo tempo sei rimasto aggrappato ad una falsa speranza? I morti si sono alzati dalle loro tombe. Zombie John, questi sono zombie... devi fartene una ragione come ce la siamo fatta tutti..."
Zombie? Quante volte ho sentito quella parola nel corso degli ultimi giorni ed ancora non voglio farmene una ragione. L'ho ricacciata negli oscuri angoli della mia mente evitandola come la peste. Un virus letale è una cosa che tutti noi potremmo accettare, ma che cosa possiamo fare contro centinaia, forse migliaia di zombie che si rialzano dalle proprie tombe?
"Io... non so che fare. Ti prego vecchio John, aiutami..."
Lui mette una mano in tasca ed estrae un piccolo set di chiavi. Cerca nel mazzo fino a che non ne trova una sottile e lunga.
"Questa è la chiave dell'armadietto delle armi. Al suo interno troverete tre fucili e due pistole, purtroppo non abbiamo nessuna arma automatica. Prendete una sacca e gettateci dentro tutte le munizioni che trovate"
Prendo la chiave ma veramente non so di che farmene.
"Io non ho mai usato un'arma da fuoco e penso neanche Tanja..."
La ragazza russa vorrebbe rispondere ma subito Coltrane la zittisce con un secco gesto.
"Basta che inserisci il caricatore alle pistole e togli la sicura... proprio così..."
Fa per impugnare la sua ma gli scivola di mano non appena viene scosso da un forte tremito. Tento di aiutarlo ma mi spinge via con un calcio nella bocca dello stomaco. Incasso il colpo e retrocedo.
"TI HO DETTO CHE NON TI DEVI AVVICINARE A ME!"
"Che merda dobbiamo fare John? Ti prego... aiutaci..." torno nuovamente a piangere e mi sorreggo ad una piccola scrivania dietro di me.
Tanja si fa avanti ed impugna la pistola a sei colpi che lo sceriffo ha spinto via da se. La prende con mano tremante e la punta in avanti.
"Stupida troia, che cazzo stai facendo?" le grido cercando di afferrarle le mani.
Lei si divincola dalla mia presa ed avanza di ancora qualche passo verso lo sceriffo. Ho una voglia folle di ammazzarla li sul posto ma mi accorgo che il vecchio John non sembra avere paura. Uno strano sorriso si dipinge sulle sue labbra sporche di sangue. Che diamine hanno in mente quei due?
"Sparami Tanja, devi farlo. Quelle cose sembrano attratte non solo dal nostro odore ma anche da forti rumori... dunque dovrai appoggiarmi sul volto quel cuscino e fare fuoco... Solo un colpo ben mirato alla testa sembra fermarli" con mano tremante indica un cuscino sullo schienale di una sedia.
"Non ti provare a sparargli o ti ammazzo Tanja!"
"Smettila John, la ragazza deve farlo e soltanto tu sembri non volertene fare una ragione. Vi ho lasciato le chiavi di tutta la stazione. Avete armi e cibo per almeno una settimana, forse dieci giorni"
"COME CAZZO PUOI CHIEDERMI DI LASCIARTI UCCIDERE VECCHIO STRONZO? HO GIA' PERSO BRENDA, QUANTO ALTRO SANGUE DEVE ESSERE VERSATO?"
"Soltanto il mio. Se Tanja non premerà il grilletto entro poco tempo mi trasformerò in uno di quegli zombie. A quel punto tutti e due vi ritroverete in un mare di mer..."
BLAM!! Non finisce neanche il suo discorso che la ragazza perde il controllo e lascia partire un colpo. Il proiettile centra il mio vecchio amico nella bocca e gli esplode la testa in due. Cado ginocchioni al suolo e comincio a vomitare stringendomi forte lo stomaco. Quella piccola bastarda ha appena ucciso uno dei miei migliori amici mentre ancora stava parlando. Che cazzo le è preso? Rimango disteso al suolo senza la forza di voltarmi e tremo come una foglia. Sento i passi di Tanja che si allontanano e la sento singhiozzare.
"Signore aiutaci... signore... ci hai abbandonati..."
La tempesta rischia di far esplodere tutti i vetri intorno a noi. L'insegna della stazione di polizia è stata strappata dalla furia del vento e sbatte contro una delle finestre mandando scintille. Mi è ormai ben chiaro che nessuno di noi riuscirà a salvarsi, nessuno. L'unica possibilità di salvezza che ancora avevamo è appena stato ucciso dalla ragazza russa...
GIORNO 18
St. Mary - 50km dalla città di Augusta - Maine - Stazione di Polizia - ore 13:20 pm
Siamo arrivati alla stazione di polizia da ormai tre giorni ed adesso ancora una volta le tenebre della notte scendono ad avvolgerci. Io e Tanja abbiamo chiuso a chiave tutte le porte e barricato quelle entrate la dove le finestre erano state rotte. Ho preso i corpi di tutti i caduti e li ho stipati dentro la cella di isolamento, per evitare che tutta la stazione venga appestata dall'inevitabile decomposizione. Quel posto non ha cibo e quel poco di cui ci nutriamo proviene dalla macchinetta automatica di merendine confezionate e lattine di soda. A malapena quella roba potrebbe bastare per qualche giorno e le riserve iniziano a scarseggiare. Almeno non moriremo di fame entro breve tempo. Adesso siamo nell'ufficio dello sceriffo e Tanja sta fumando una delle sue sigarette per calmarsi. Fuori la tempesta continua ad infuriare ma ha già perso gran parte del suo potenziale distruttivo. Tra qualche ora dovrebbe finalmente tornare il sole.
"Non possiamo restare qua dentro in eterno" mi dice per l'ennesima volta, come se già non lo sapessi "Nessuno verrà a cercarci"
Sulla scrivania c'è una foto di John Coltrane e di sua moglie Tracy, strappata alla vita da un tumore allo stomaco appena un anno fa. Quei due non hanno mai avuto bambini ed almeno nessuno dovrà piangerli. Ci penso io a svolgere quell'ingrato compito e piango sia per mia moglie che per l'amico a cui la ragazza russa ha sparato. I primi due giorni lei ha provato a calmarmi ma quando si è resa conto che nessuno, neanche il Padre Eterno, ci sarebbe riuscito, ha gettato la spugna.
"Abbassa la voce quando parli, quelle cose potrebbero sentirti..." le rispondo senza neanche rendermi conto delle mie parole.
Fuori imperversa una tempesta biblica e nessuno, neanche l'animale dall'udito più fine, potrebbe mai sentirci. I consigli del vecchio John sono ancora vivi nei miei ricordi. Tremo alla sola idea che uno di quegli zombie possa entrare qua dentro per mettere fine alle nostre vite. Vorrei tanto lasciarmi andare e morire ma devo trovare mia figlia. Spero che non le sia successo niente ma almeno lei era in buone mani insieme al distaccamento dei marines di Augusta.
"Sono stufa di mangiare quelle barrette di cioccolato e bere quelle schifezze gassate. Mi fanno venire il mal di stomaco..."
"Perdonami tanto se non posso invitarti al gran galà. Penso che dovrai abituarti a queste schifezze, per molto tempo"
"Il mondo non è finito John" getta la sigaretta fuori dalla finestra e viene verso di me che sono seduto dietro la scrivania "Da qualche parte, forse al campo dei militari o ad Augusta, ci saranno ancora delle persone in vita"
Molto probabilmente ci saranno altri sopravvissuti come noi. Devono assolutamente esserci.
"Io... devo trovare Lily..." questo è il mio unico pensiero ricorrente.
"La troveremo John, stanne certo!" mi appoggia la mano sulla spalla e mi stringo a lei come magro conforto.
Da tre giorni giriamo armati. Lei non si libera mai del revolver dello sceriffo mentre io mi porto dietro una carabina. Non so neanche come usare quell'arma ed ho lasciato che fosse Tanja a caricarla. Se mai venisse il momento di utilizzarla non so neanche se riuscirei a centrare il bersaglio. Non ho mai usato un'arma da fuoco, neanche al poligono di tiro. Sono sempre stato un bastardo pacifista e soltanto adesso me ne pento. Se gli zombie dovessero cingerci d'assedio abbiamo armi e munizioni per scatenare una guerra, per quel poco che vale.
"Prendi..."
Metto una mano in tasca e le lancio una confezione di cracker che ho trovato in uno dei tanti cassetti dell'ufficio. Sembra contenta di sgranocchiare qualcosa di salato e mi ringrazia. Vorrei mangiare qualcosa ma ho lo stomaco completamente chiuso. Sto cominciando a dimagrire giorno dopo giorno e soltanto ieri, dopo ben due settimane di agonia, mi sono concesso una doccia e la rasatura della barba. Adesso indosso una delle tante divise dello sceriffo e sembro quasi un agente di polizia, per quanto in male arnese.
"Sono sicuro che tua figlia stia bene"
"Che cosa pensi dei tuoi genitori?"
"Non che mi interessi molto di loro..."
"Non dire così Tanja..."
Posa il pacchetto di cracker e si siede sul tavolo, davanti a me. Mi guarda per un lungo istante e si da una veloce rassettata ai capelli prima di rispondermi.
"Quei due se ne sono sempre fregati di me, che cosa vuoi che me ne importi di loro? Ho solo quindici anni prof, vivo già da sola in una piccola topaia in affitto e lavoro al King's Mall. Non ho soldi per permettermi di studiare, ne tanto meno il fisico per fare la cheerleader come vorrei"
La storia di quella ragazza è triste e la conosco bene. Un tempo era studente presso il mio liceo, prima che suo padre scappasse di casa e la madre fosse costretta a due lavori pur di mantenerla. In quel periodo Tanja abbandonò gli studi e si dedicò al lavoro di cassiera. Ho sempre avuto nel cuore quella ragazzina che sembra ben più grande della sua età. Le stringo la mano e la attiro a me. Lei mi abbraccia a mi prende la testa tra le braccia. Se chiudo gli occhi mi sembra quasi di ritrovare il calore di mia moglie. Brenda mi manca, tremendamente.
"Hai detto che la tua auto si trova nel garage?"
Annuisco con la testa. Quei bastardi dei militari hanno forato le gomme a tutte le auto del paese e la mia auto è scampata soltanto perchè era stata chiusa nel garage. Ringrazio il Signore di averlo fatto. Questa per me è una cosa insolita, in quanto lascio sempre il mio pickup lungo il marciapiede.
"Si. Ho qui le chiavi con me" metto una mano in tasca e gliele mostro.
"Adesso che abbiamo le armi non dovrebbe essere difficile tornare alla macchina. Dobbiamo partire verso Augusta e cercare tua figlia"
"Si dobbiamo... solo che la macchina è in riserva"
"La stazione di rifornimento di Bill Hawkins dista appena cinque chilometri da St. Mary"
"Dovremmo farcela, senza problemi" mi alzo da sedere e lascio che lei prenda comodamente il mio posto "Solo che... beh... ho paura Tanja... ho molta paura..."
"Ne ho tanta quanta te John ma che altro possiamo fare?"
"Lo so... lo so bene. Devo riuscire a calmarmi, non ho la mente lucida"
Vedo che mi guarda con occhi da cerbiatta e subito dopo si alza da sedere con un balzo. Viene verso di me con passo lento e mi passa una mano dietro la testa, tirandomi a se. Non so che cosa vuole fare e rimango completamente immobile. Si stringe delicatamente e mi lascia un sottile bacio sulle labbra. A quel punto mi libero dalla sua presa e la guardo con occhi furenti. Lei capisce subito di aver commesso un grave errore e diventa tutta rossa.
"Che cazzo stavi cercando di fare?" le chiedo pulendomi la bocca.
"Mi perdoni professore... perdonami John. Sono giorni che sei scosso da quando... scusami... pensavo che una scopata ti avrebbe fatto bene"
"Una scopata? Cristo Tanja hai quindici anni e Brenda... VAFFANCULO!"
Questo è troppo. Apprezzo il gesto della ragazza che si sarebbe concessa a me pur di calmarmi, ma lo ha fatto nel momento in assoluto più sbagliato. Non che io la desideri, potrei quasi essere suo padre. Esco a passo velocizzato dall'ufficio e lei rimane li dentro da sola. La sento frignare e non me ne frega un cazzo se l'ho offesa. Mia moglie, per quanto ne so, giace ancora distesa per strada sotto l'acqua scrosciante. Devo tornare a prenderla e seppellire il suo cadavere.
"Fanculo..."
Vado nel bagno a fare una pisciata, prima di dare una controllata fuori dalla porta d'ingresso alla stazione. Ci sono alcuni zombie che camminano sotto la pioggia ad appena una ventina di metri, un secondo gruppo imbocca Caroline Street diretto verso chissà quale meta. Quelle cose avranno una loro coscienza o sono soltanto macchine di morte senza una destinazione? Ne osservo uno in particolare, per lungo tempo. Cammina avanti e indietro contro la parete del negozio di caccia e pesca, sbattendoci più volte. Una donna, o quel poco che ne resta visto che ha il corpo pieno di ferite, gli passa alle spalle e continua nella mia direzione. Alzo il fucile e cerco di prendere la mira, puntandoglielo alla testa come ci ha detto di fare lo sceriffo. Come posso sparare ad una persona che cammina verso di me? Ok, quelle cose sono dei fottutissimi zombie, soltanto adesso sto cominciando ad accettare l'idea, ma non ci riesco comunque. Sto per premere il grilletto quando Tanja si avvicina furtivamente e abbassa la mia arma.
"Sei impazzito?" mi guarda senza batter ciglio.
"Come pensi di uscire di qui se non uccidiamo quelle cose?"
"Non possiamo sparargli, il rumore ne attirerebbe sicuramente altri"
"Ed allora come cazzo li ammazziamo? A parolacce?"
"Useremo questi"
Abbasso lo sguardo e vedo che ha con se due pugnali da caccia, dalla lama seghettata. Quell'arma mi ricorda tanto il famoso pugnale di Rambo nei suoi film. Il problema, ancora una volta, rimane che io non sono Rambo ne tanto meno lei. Non avrei il coraggio di avvicinarmi ad uno zombie per piantarglielo nel cervello. La ragazza sembra avere il suo solito cuore di pietra e me ne passa uno.
"Vedi te che farne. Potrai ucciderci gli zombie o fartici la barba, ma in nessun caso dovremo sparare in strada"
Si allontana e mi lascia da solo. Tutt'intorno a noi le luci sono spente e viviamo giorno e notte al buio. Non sappiamo se quelle cose siano attirate dalla luce e non possiamo assolutamente rischiare. Scoprirlo potrebbe condurci ad una dolorosa morte. La guardo andare via, dopo di che mi volto per riuscire a scorgere ancora una volta quella donna. CRISTO SANTO! Il cuore mi salta in gola quando la vedo fuori dalla porta d'entrata. Mi sta guardando con i suoi occhi morti e spenti ma non sembra vedermi. È talmente vicina che ne posso sentire il tanfo marcio di putrefazione. Ha perso quasi completamente la mascella e soltanto un filo di carne la tiene incollata al resto del volto. Mi viene da vomitare ed istintivamente mi tiro indietro per sorreggermi alla parete.
DRIIIIIIINNNNNN!!! DRIIIIINNNN!!
Porca troia, che cazzo ho fatto? Tanja sgrana viene a corsa verso di me con una lattina di soda in mano. Mi rendo conto soltanto in quell'istante di essermi attaccato all'allarme della stazione di polizia. Adesso quella dannata sirena sta suonando all'impazzata e non so come fermarla.
"MERDA! CHE COSA HAI FATTO JOHN?" grida lei partendo a corsa verso di me.
"Io... io non lo so... cazzo... cazzo"
La donna all'esterno sembra attirata dai rumori e comincia a picchiare pesanti pugni contro il vetro della porta. Se non erro dovrebbero essere antiproiettile e reggeranno sicuramente l'urto. Ma che cosa possiamo dire dell'orda che si sta avvicinando alle sue spalle? Ho commesso un grave errore e dobbiamo trovare una soluzione, quanto prima.
"Come si spegne questo schifo?" le chiedo sperando che conosca la risposta.
"Sei tu l'amico dello sceriffo, non io. Perchè non vai a chiederlo al suo cadavere?"
"Fanculo te e le tue battute del cazzo. Guardiamo in giro"
Diamo una rapida occhiata alle stanze adiacenti ma non sembra esserci alcun meccanismo di blocco. Quella sirena deve essere collegata ad un circuito di sicurezza interno. Il vero cazzo è trovarlo, visto che nessuno dei due sembra conoscerne l'ubicazione. Adesso a sbattere contro la porta ci sono almeno una dozzina di zombie e se continuano con quella furia presto la scardineranno. Mi osservano con le loro fameliche bocche spalancate.
"Vieni professore... forse ho trovato qualcosa"
Faccio per seguirla quando vedo qualcosa che non avrei mai dovuto vedere. Il cuore mi balza in gola e senza neanche accorgermene i miei occhi si riempono di lacrime. Le gambe mi tremano ma ho comunque la forza per avvicinarmi ai vetri della porta. In mezzo a quegli zombie c'è anche mia moglie.
"Brenda?"
Ha il corpo quasi spezzato in due per lo schianto contro la macchina ed a malapena si sorregge in piedi. Il bacino è spostato in avanti ed i lunghi capelli neri le ricadono sul volto. Appoggio tutte e due le mani contro il vetro ed una volta per tutte me ne fotto di quegli zombie.
"Brenda... amore... sei viva?"
Si fa largo in mezzo a quelle merde ed alza la testa per osservarmi. I suoi occhi sono completamente arrossati e vedo che perde molto sangue sia dalla bocca che dalla ferita al ventre. I suoi abiti sono lordi di sangue.
"Amore..."
Sembra quasi volersi strusciare contro la mia mano al di la del vetro quando scatta in avanti e prova a mordermi. Per quanto la protezione tra di noi sia spessa cado col sedere al suolo per la paura. Prima ancora che riesca ad alzarmi gli zombie finiscono di sfondare la porta e sciamano intorno a me con i loro lenti e maledetti sospiri di morte. Rimango completamente immobile mentre due di loro e Brenda avanzano nella mia direzione con le braccia tese.
"JOHN!! VIENI VIA!"
Tanja arriva a corsa e mi alza a fatica. Senza neanche accorgermene lascio cadere la carabina al suolo, perdendo così la mia unica arma da fuoco. Scappiamo con quelle cose che ci seguono senza mai mollarci. Non sappiamo dove nasconderci ed io non apro bocca, tanto sono scosso dalla visione che ho appena avuto. Mia moglie era uno di loro e camminava insieme a loro. Come può essere successo visto che nessuno zombie l'aveva morsa?
"Andiamo verso le celle. Hai le chiavi con te?"
Non le rispondo ed a quel punto mi fruga nelle tasche fino a che non le trova. Apre una delle tante celle di detenzione presenti nella stazione di polizia e ci chiude dentro. La stanzetta è molto piccola ed a parte un letto, un lavandino ed un cesso ha poco altro. Gli zombie si gettano contro le grate e vi sbattono, provando ad afferrarci. Ci tiriamo contro le parete alle nostre spalle e le loro braccia arrivano quasi a sgraffiarci. Io grido come un bambino mentre lei prende la mira e spara il primo colpo del suo revolver. La testa di uno zombie di colore esplode ed il suo corpo cade a terra, subito schiacciato dall'avanzare degli altri. Sono molti, troppi e sei colpi non ci basteranno di certo a sopravvivere.
"SEI UN COGLIONE. CI HAI APPENA CONDANNATI A MORTE, CONTENTO?"
Spara un secondo colpo ed anche un altro cade. Un terzo colpo, che questa volta manca il bersaglio centrandolo soltanto al petto. Lo zombie cade a terra ed ha una voragine grossa quanto due pugni, ma sembra ancora in vita e pronto a cibarsi di noi.
"Dimmi che hai con te altre munizioni, ti prego" le dico con un filo di voce salendo in cima alla branda.
"Non ho un cazzo di niente. Le munizioni sono nella sacca nell'ufficio al piano di sopra"
"Siamo fottuti..."
"Questo soltanto grazie a te..."
St. Mary - 50km dalla città di Augusta - Maine - Stazione di Polizia - ore 15:55 pm
BLAM! Il quarto proiettile è ormai soltanto un ricordo ma almeno abbatte un terzo zombie. Adesso soltanto due colpi rimangono nel revolver in mano a Tanja. Un'orda di zombie ha preso d'assalto la stazione di polizia e sono tutti intorno alla nostra cella. Le gambe cominciano a farmi male e non possiamo rischiare di sederci. Le loro braccia arrivano fin quasi a toccarci e se solo cadessi al suolo quelle cose mi prenderebbero. Grido come un pazzo nella speranza che qualcuno in strada possa sentirci. La ragazza russa comincia a perdere il controllo ed il suo grande self control sta andando a farsi benedire. Almeno quella dannata sirena ha smesso di suonare.
"Smettila di gridare, nessuno verrà a salvarci"
"In mezzo a quelle cose c'è mia moglie... l'ho vista entrare..."
"Quella cosa non è tua moglie John, vedi di fartene subito una ragione"
Presto ascolto alle sue parole soltanto in piccola parte. Se mi sporgo un poco riesco a vederla, in mezzo a quella marea di cani affamati di sangue e carne. Il suo volto è contratto in una maschera grottesca che non ha più niente di umano. Forse dovrei lasciare che Tanja le spari un colpo in testa e farla finita una volta per tutte? Come posso ordinare a qualcuno di uccidere mia moglie, per quanto lei adesso sia un morto che cammina? Vorrei prendere il revolver e farlo io stesso ma come sempre mi manca il coraggio.
"Dobbiamo trovare la maniera di farli allontanare"
Mi guardo intorno alla ricerca di una via di fuga, ma la speranza sembra averci abbandonati. Forse potremmo provare ad uscire uno alla volta. Il primo di noi che aprirà la porta della cella verrà sicuramente sbranato ma il secondo potrebbe riuscire a scappare. Spero che questo mio pensiero resti la nostra ultima alternativa, una volta che non avremo più carte da giocare.
"Forse se riuscissimo a far suonare nuovamente l'allarme quelle merde se ne andranno" mi consiglia distrattamente.
"Ci hanno fiutati Tanja. Non vedi che sono tutt'intorno a noi da ore? Non molleranno la presa a meno che non saremo noi stessi a tentare la fuga"
"Tutto questo mi ricorda un documentario che vidi sul canale nazionale. Una foca si era nascosta in cima ad un piccolo affioramento roccioso in mezzo al mare, nella speranza di salvarsi la vita. L'orca assassina ha atteso ore, forse giorni ed alla fine è riuscita a cibarsi della sua preda. Quelle cose non ci lasceranno andare fino a che non moriremo di fame"
"Se solo avessi portato con me la carabina dello sceriffo, forse avremmo potuto provare una sortita"
"Ne dubito..."
Spostiamo la branda completamente contro la parete e riusciamo a sederci, anche se in una posizione alquanto scomoda. Siamo costretti a tenere le ginocchia piegate contro il petto e ben presto la circolazione del sangue è soltanto un vago ricordo. Da quel poco che posso sentire la tempesta sembra essere quasi del tutto passata ed i primi raggi di sole filtrano dalla piccola finestrella nel corridoio. Dobbiamo soltanto attendere che si presenti la giusta occasione per scappare. Prego la Madonna affinchè ci mandi un segno di speranza...
St. Mary - 50km dalla città di Augusta - Maine - Stazione di Polizia - ore 17:30 pm
L'orologio nel corridoio delle celle segna le 17:30 del pomeriggio. Tanja ha gli occhi pesanti e rischia di addormentarsi. Faccio di tutto per tenerla sveglia e lei mi passa il revolver, nel caso accidentalmente dovesse partirle un colpo. Si rannicchia accanto a me e cerco di darle quel minimo di conforto di cui sono capace.
"Ho sparato quattro colpi John, nella pistola dovrebbe essercene altri due"
Ho già capito dove vuole andare a parare ma non glielo permetterò assolutamente. Parte della mia speranza di salvezza è morta insieme a mia moglie, ma ho ancora una figlia da trovare e salvare. Non posso permettere che nessuno di noi crepi fino a quel momento. E poi... c'è ancora la questione Benjamin Johnson in sospeso.
"Quest'arma servirà ad aprirci la strada della libertà, non a toglierci la vita!"
"Avrei potuto sparare anche quei due colpi, ma ho preferito tenerli da parte"
"Nessuno di noi, ne io ne tanto meno te, si farà saltare le cervella. Hai capito Tanja?"
Osservo mia moglie avvicinarsi alle grate ed allungare le bianche braccia. Vorrei quasi stringerla a me e sento il forte desiderio di avvicinarmi. Per quanto la sua faccia sia spezzata in due dall'odio e della sofferenza, è ancora molto bella. I suoi occhi sembrano voler gridare vendetta ma non siamo io e Tanja quelli che dovrebbe uccidere. Senza che la ragazza se ne accorga, allungo una mano e sfioro le dita di mia moglie. Lei subito cerca di agguantarmi e me ne tengo a distanza. Il suo tocco era gelido, come quello della morte. Ricordo ancora mio padre sul letto di morte, avevo appena venticinque anni. Gli strinsi la mano per tutta la notte ed anche la sua era gelida alla stessa maniera. Perdere mio padre fu una cosa, ma aver perso una giovane moglie non riuscirò mai ad accettarlo.
"Come cazzo fa ad essere uno zombie? Era morta prima che quelle cose potessero morderla" Tanja ha gli occhi arrossati e parla sottovoce.
"Forse siamo stati infettati tutti quanti... forse c'è qualcosa nell'aria che... oh Cristo Santo, Tanja... io non lo so, nessuno di noi sa un cazzo. Gli unici che avrebbero potuto spiegarci qualcosa se la sono data a gambe insieme ai nostri figli"
"Scusami, non volevo offenderti"
"Non hai offeso nessuno. Sono semplicemente stanco di vivere... molto stanco..."
Chiudo gli occhi e provo a lasciarmi andare. Se una di quelle cose dovesse afferrarmi non me ne importerà un cazzo. Mi spiace per la ragazza se devo essere sincero, ma è giunto il momento che ognuno badi alla propria vita. Ho soltanto voglia di stendermi al suolo e farla finita. Quelle cose spolperanno le mie ossa e strapperanno la mia carne. Che vengano pure, tanto non c'è più un cazzo da fare per nessuno dei due.
St. Mary - 50km dalla città di Augusta - Maine - Stazione di Polizia - ore 22:18 pm
Tanja sta dormendo Finalmente è riuscita a chiudere gli occhi. La tengo stretta a me onde evitare che quelle cose la afferrino ma sono a mia volta vicino al collasso fisico. I sussurri degli zombie sono qualcosa completamente fuori dalla concezione umana. Sembra quasi che provino a respirare affannosamente, alcuni di loro fanno versi simili a lamenti. L'unica ragione collettiva che li spinge a farci la posta è il desiderio di cibarsi di noi. Li ho osservati per tutto il pomeriggio, studiandoli uno ad uno. Molti di loro hanno squarci e ferite sparsi per il corpo ma niente, neanche le ferite più profonde, sembra poterli fermare. I tre cadaveri al suolo hanno la testa spappolata e non si sono più rialzati. Se quella è l'unica soluzione per ucciderli potrei provare ad usare il coltello da caccia oltre le sbarre. Chi voglio prendere in giro? Quelle cose si avventerebbero contro di me strappandomelo via.
"Brenda..."
Mia moglie è sempre li nel mezzo, anche se adesso non riesco quasi più a vederla. Il cuore batte all'impazzata e se continuo così rischio di avere un infarto. Provo a distendere le gambe accanto a Tanja ma subito uno zombie prova ad afferrarle. A quel punto mi tiro in piedi sulla branda e provo a sgranchirmi quel tanto che basta a ritrovare la circolazione. Ho la gola secca e se non bevo un goccio d'acqua potrei svenire.
"Cosa...?"
Da quella posizione riesco quasi a vedere la strada fuori dalla stazione. Se non erro ho appena visto passare due luci e sembrano tornare indietro. Forse le luci di un'auto? Comincio a gridare e fare baccano ed a quel punto la ragazza schizza in piedi.
"Cosa succede? Sono entrati?" chiede allarmata guardandosi intorno e gridando.
"C'è una macchina la fuori. Grida anche tu, facciamoci sentire. AIUTOOOOOO... VI PREGO SIAMO DENTRO LA STAZIONE DI POLIZIA. AIUTOOOOO!"
Probabilmente eccitati dalle nostre grida, gli zombie si gettano contro la gabbia e provano a scardinare le grate di ferro. I loro lamenti si stanno intensificando sempre di più e comincia una baccano infernale. I forti rumori sembrano quasi infastidirli e ci stanno dimostrando tutto il loro dissenso funebre. Le luci si fermano a poca distanza dall'entrata principale e vedo un uomo scendere dalla vettura con una torcia in mano.
"C'è nessuno qui dentro? Ci sono sopravvissuti? Vi prego... ditemi di si!"
Porca troia quello è Sam, Sam Greene il meccanico. Il mio amico è ancora in vita ed è tornato a St. Mary alla ricerca di sopravvissuti alla catastrofe. La Vergine ha ascoltato le mie suppliche ed adesso abbiamo una possibilità di salvarci.
"Sam sei tu? Sono John, John Blake. Io e Tanja Likova siamo rinchiusi dentro una cella e ci sono zombie ovunque"
"John? Per tutti i diavoli che ci fai la dentro?" vedo che viene verso di noi con passo velocizzato.
"FERMATI SAM. NON AVVICINARTI, SIAMO CIRCONDATI DA UNA MAREA DI QUELLE COSE SCHIFOSE!"
Lui si blocca di colpo e retrocede di qualche passo. Vedo che da una veloce occhiata nei dintorni ma a parte la zona delle celle non sembrano essercene altri a giro.
"Qui per terra c'è un fucile. Adesso lo raccolgo e provo a venire a tirarvi fuori"
"Non farlo Sam... quell'arma avrà si e no cinque o sei colpi e siamo completamente accerchiati"
"Quanti ce ne sono?"
"Non lo so ma almeno una quarantina"
"Quaranta? MERDA!!"
Il grosso meccanico punta la torcia contro gli zombie che ci sono davanti e cerca di attirarli gesticolando.
"Prova a gridare e fatti seguire. Una volta che ti saranno dietro io e Tanja fuggiremo verso il tuo carroattrezzi"
"Mi sembra una buona idea"
"Sam?"
"Dimmi John"
"Mira alla testa, è l'unico modo per fermarli"
"Cosa? Alla testa? Come cazzo li becco alla testa con tutto questo buio?"
Spara un colpo di avvertimento in aria e subito la maggior parte degli zombie si dirigono nella sua direzione. Mia moglie e pochi altri tentano ancora di afferrarci fin quando la massa non li spinge via. Adesso che sono abbastanza lontani per permetterci di uscire, Tanja apre le grate della nostra prigione e scappiamo a gambe levate. Sam regge la torcia in bocca e prende la mira con tutte e due le mani. Il primo zombie della fila cade al suolo senza metà della testa, il secondo viene colpito al petto e vola gambe all'aria. Prima che riusciamo a raggiungere la sala principale degli uffici ne ammazza altri due e pezzi di cervello schizzano contro le pareti. Lo stanno per raggiungere.
"Sam corri verso di noi. Saliremo al piano di sopra dove abbiamo una sacca piena di armi e munizioni"
"Arrivo! CREPA BASTARDO!" grida centrando un ennesimo zombie dritto in mezzo agli occhi.
Completamente fradicio di sangue ci raggiunge ed insieme scappiamo fino alla scala che ci porterà nella stanza dello sceriffo. A quel punto ci barricheremo dentro e caricheremo tutte le armi. Non so se il nostro piano avrà successo ma vale la pena tentare.
"Sono felice di vederti amico mio"
"Anche io John. Pensavo foste morti"
"Brenda è stata uccisa"
"Uccisa?"
Il meccanico non finisce di porre la sua domanda che uno zombie, disteso al suolo, lo afferra per una gamba e lo fa cadere. Subito lo prendo per le mani e provo a liberarlo ma la forza di quei mostri è orrendamente disumana. Sono lenti, goffi, stupidi ma sembrano possedere muscoli d'acciaio. Adesso mi è chiaro come riescano a scarnificare una persona con tanta facilità.
"PORCA TROIA TANJA VIENI A DARMI UNA MANO!"
La ragazza corre in nostro soccorso ed insieme proviamo a trascinare via Sam. Il mio amico comincia a frignare come un bambino e scalcia contro il volto di mia moglie. Lo zombie che l'ha afferrato è Brenda. Forse lo stupore, forse per colpa della paura che ha distrutto la mia anima, per un attimo perdo la presa. Mia moglie si trascina con forza fin sul corpo del mio amico mentre già l'orda lo circonda.
"John ti prego non lasciarmi morire. Ti prego John... aiutami... oh Gesù..."
Lo afferro con forza e provo a tirarlo via, senza riuscirsi. Gli zombie si avventano contro il suo povero corpo e cominciano a farne da subito scempio. Io grido con tutta la rabbia che ancora mi rimane e provo a staccarlo dalla loro presa.
"TIRA TANJA CAZZO, TIRAAAAAAAAAAAA!"
"Non c'è più niente da fare, è andato cazzo! Andiamocene via o faremo la stessa fine!"
"SAAAAAMMM!! Dobbiamo salvarlo"
"Vuoi capire che è andato?" mi prende per le spalle e mi scuote come un bambino.
A quel punto faccio ricorso a tutta la forza che mi rimane e do un forte strattone alle braccia del meccanico. Il suo corpo si spezza in due all'altezza della cintola e le sue viscere si spargono sul pavimento. Ha ancora gli occhi aperti e mi sta osservando. Mi porto una mano alla bocca e comincio a tremare. Un'altra delle persone a me care ci ha appena lasciato le penne e tutto per colpa mia. Non avrei dovuto attirare Sam Greene in quella trappola. Perchè cazzo è tornato a cercarci? Avrebbe dovuto scappare da questo cazzo di paese quando poteva.
"Andiamocene!"
Lascio che Tanja mi spinga via ed insieme corriamo su per le scale. Gli zombie sembrano essersi fermati, almeno per il momento, almeno fino a che ci saranno ancora carne ed ossa da spolpare. Fuggiamo dentro l'ufficio di Coltrane al piano superiore e ci barrichiamo la porta alle spalle. Sposto un robusto armadio di ferro davanti all'entrata nella speranza che riesca a trattenerli. La sacca con le munizioni è sopra la scrivania e corro ad aprirla. Tanja prende il revolver dalle mie mani e lo carica, mentre io impugno una seconda carabina. Non so neanche come caricare quella cazzo di arma e lascio che sia la ragazza a farlo per me. Sapevo che nel fine settimana andava spesso al poligono di tiro, ma non avrei mai pensato che possedesse una tale conoscenza delle armi da fuoco. Quella ragazza è la mia salvezza e le devo la vita. Noto un lungo soprabito da pioggia della polizia e senza pensarci due volte lo indosso.
"Che cazzo sei tornato a fare Sam? Perchè sei tornato indietro?"
"Sbrigati a prendere il possibile, stanno per sfondare!"
La nostra vana protezione viene scardinata via, come fosse fatta di carta, e gli zombie sciamano dentro la stanza. Tanja apre il fuoco ed io a mia volta provo a rendermi utile, ma per quanto siano vicini li manco di almeno mezzo metro. Metto mano alla sacca delle armi e me la carico a tracolla, mentre Tanja corre verso una delle finestre. La spalanca ed esce fuori sul cornicione, invitandomi a passargli la sacca. Gli zombie vengono verso di noi nel momento in cui ci chiudiamo la finestra alle spalle. Guardo di sotto e mi vengono quasi le vertigini. Tre metri di salto sono troppo per tutti e due e finiremo soltanto per ammazzarci.
"Scendiamo dalla grondaia" dice lei partendo per prima con la sacca caricata sulle esili spalle.
Scende con grande agilità ma per poco non rischia di perdere la presa e cadere. La pioggia ha reso il tubo della grondaia scivoloso. Aspetto che sia arrivata fino in fondo, dopo di che la seguo senza mai guardarmi indietro. Sento i vetri della finestra che vengono infranti e diverse schegge mi piovono addosso. Corriamo dentro al furgone e mi metto al posto di guida. Ingrano la prima marcia, dura come il marmo e scappiamo a bordo di quel vecchio e marcio residuato bellico. Alcuni zombie per strada vengono verso di noi e li evito uno ad uno, procedendo sulla statale 95 in direzione di Augusta. Finalmente ci stiamo lasciando alle spalle St. Mary. Finalmente stiamo scappando da quel luogo dimenticato da Dio. Tanja posa la sacca sul retro e mi osserva in silenzio, senza avere il coraggio di dire niente. È scossa tanto quanto me e finalmente si concede un pianto liberatorio.
"Che cazzo ci facevi Sam?" continuo a dire a me stesso mentre le luci del carroattrezzi illuminano una strada piena di cadaveri.
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