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Yellow rose
La storia che ti sto per raccontare ha qualcosa di incredibile... non so ancora se davvero l'ho vissuta o è solo frutto della mia fervida immaginazione.
Tutto comincia in una mattina di primavera dello scorso anno quando con la mia macchina fotografica me ne andavo a spasso per Roma come spesso mi capita di fare nel tempo libero.
Dopo un paio di ore che camminavo per le strade del centro, mi fermo sui gradini di Trinità dei Monti a piazza di Spagna per riposarmi e osservare i turisti che spesso mi danno spunto per le mie foto. Tenevo la macchina in pugno e con il teleobiettivo scorrevo le facce della variopinta popolazione della piazza quando l'obiettivo inquadra il viso di una ragazza meravigliosa. Resto subito rapito da quella immagine e non riesco a distogliere lo sguardo.
La ragazza si accorge che la sto inquadrando ed invece di mostrarsi infastidita mi sorride, anzi ride proprio fissando la macchina fotografica e subito dopo comincia a muoversi imitando le pose di una modella e continua a ridere. Io scatto una raffica di foto stando al suo divertente ed intrigante gioco e mentre scatto vedo che lei a poco a poco si avvicina a me fino a quando è troppo vicina per essere messa a fuoco dall'obiettivo. Abbasso la macchina fotografica e finalmente posso guardarla senza più la protezione delle lenti! La ragazza ha dei capelli mori ondulati che le scendono lungo le spalle, il suo viso è allegro ed i suoi occhi sorridono. Il corpo asciutto e perfetto si muove con elegante sensualità. Si capisce che è consapevole del suo fascino e lo indossa con garbo, senza ostentarlo. Mi sento totalmente rapito dal suo magnetismo che trascende la semplice bellezza fisica; la sua bellezza è solo un abito che lei indossa con sapiente eleganza.
Dopo esserci fissati per qualche istante lei mi prende per mano e insieme continuiamo a girovagare per la città. A piazza del Popolo come una ragazzina capricciosa si fa fotografare mentre cavalca uno dei leoni di marmo ai piedi dell'obelisco, a piazza Navona la fotografo mentre balla con un clown di strada.
Arriviamo a Villa Borghese ormai stanchi ma davvero soddisfatti per la splendida mattina che stiamo passando insieme. Solo allora mi rendo conto di non aver scambiato neppure una parola con quella speciale ragazza, non so neppure come si chiama, ma questi mi sembrano dettagli insignificanti. Ci sediamo su una panchina per prendere fiato mentre davanti a noi passano due ragazzi giapponesi.
Istintivamente mi alzo e vado loro incontro con la mia macchina fotografica e in inglese chiedo di scattarci una foto. Il ragazzo impugna saldamente la macchina e aspetta che io mi sieda vicino alla ragazza. Le metto il braccio attorno al collo e indosso il più radioso dei miei sorrisi. Il giapponesino scatta un paio di foto, mi riconsegna la macchina e mi saluta con orientale cortesia.
Il pomeriggio ci fermiamo in un bar a piazza del Pantheon e ci gustiamo un gelato mentre ascoltiamo un ragazzo americano che accompagnandosi con la chitarra canta la struggente ballata "bridge over troubled water" di Simon e Garfunkel.
Il sole sta calando, questa magica giornata sta per lasciare spazio alla notte.
La ragazza mi prende di nuovo per mano e mi porta in Prati, dietro via Crescenzio, in Via Orazio ed insieme entriamo in un piccolo grazioso albergo. La ragazza si ferma alla reception. Il portiere è un uomo sui sessanta anni distinto con dei baffoni bianchi. Indossa una camicia azzurra con una cravatta a righe e sulla camicia fa bella figura di sé un cartellino con il suo nome: Giacomo. Il portiere appena ci vede entrare sorride alla ragazza e le consegna la chiave della stanza 119.
Ancora non credo a quello che mi sta succedendo. Sto per trascorrere una notte con una donna incontrata questa mattina, di cui non so neppure il nome ma alla quale già mi sento di appartenere. Se questo è un sogno vorrei non svegliarmi mai più.
Entriamo nella camera e lei chiude la porta e accende una abat-jour sul tavolino di fianco al letto. Sul tavolino c'è un vaso con un meraviglioso mazzo di rose gialle. La ragazza ne prende una e me la offre e in questo momento i suoi occhi fino ad allora sorridenti si velano di una tenue malinconia. Prendo la rosa e la bacio riposandola poi sul letto. Mentre faccio questi semplici gesti il vestito della ragazza cade a terra rivelando lo splendore del suo corpo. È completamente nuda di fronte a me ed io respiro con difficoltà per l'emozione. Mi siedo sul bordo del letto e lei si mette a cavalcioni sulle mie ginocchia, le sue mani si intrecciano dietro la mia testa e lei torna a guardarmi sorridendo. Il suo viso si avvicina al mio fino a che le nostre labbra dapprima si sfiorano e poi si uniscono in un vortice di passione. Poco dopo i nostri corpi iniziano la magica danza dell'amore unendosi per poi separarsi, per poi cercarsi ancora e fondersi di nuovo in un magma incandescente di piacere. Esausti per il travolgente gioco restiamo sdraiati uno accanto all'altra. Io prendo la rosa gialla che lei prima mi aveva offerto e strappo uno ad uno i petali e dopo averli baciati li lascio cadere sul suo corpo nudo. La stanchezza a questo punto ha il sopravvento e ci addormentiamo come bambini esausti dopo una giornata di giochi scatenati.
Erano le sei del mattino quando ho sentito le sue labbra sulle mie che mi davano il buon giorno. Lei era già vestita e stava seduta a fianco a me che facevo fatica a riprendere contatto con la realtà. Dopo una veloce doccia mi rivesto e la ragazza mi accompagna verso la porta. Penso che anche lei voglia scendere per fare colazione con me ma invece mi fa capire che vuole trattenersi e mi lascia andare. Scendo precipitosamente le scale. Voglio tornare a casa per stampare le foto che abbiamo scattato il giorno prima e farle una sorpresa portandogliele per l'ora di pranzo. Arrivato a casa accendo il computer ed inserisco la scheda di memoria della macchina fotografica. Vedo scorrere le foto che avevo scattato prima di incontrarla e finalmente arrivo alle immagini di piazza di Spagna. Ma... ma vedo una serie di scatti insignificanti e non trovo nessuna traccia della ragazza dagli occhi sorridenti. Ecco le foto di piazza del Popolo... trovo le foto del leone di marmo ma non c'è nessuna ragazza che lo cavalca; ecco poi gli scatti di piazza Navona dove ho ritratto un clown di strada che balla da solo suonando il violino. Con il cuore che batte all'impazzata vado a trovare gli scatti fatti a villa Borghese e trovo una foto di una panchina dove io sono seduto da solo con il braccio poggiato sullo schienale.
No, non può essere stato un sogno. Io questa notte l'ho abbracciata, ho sentito il suo cuore battere forte assieme al mio, ho sentito il suo profumo, ho provato l'ebbrezza dei suoi baci.
Adesso l'unica cosa che voglio è tornare da lei. Con la metro scendo a "Ottaviano" e in meno di mezz'ora sono in via Orazio. Entro nell'albergo da dove solo un paio di ore prima ero uscito. Alla reception c'è un altro portiere. Giacomo ha terminato il turno di notte, penso, e se ne sarà andato. Il portiere di questa mattina è un ragazzotto biondo dall'aspetto palestrato, sulla sua camicia c'è l'immancabile cartellino con il nome: Paolo.
Mi fermo e lui alzando lo sguardo dal monitor che stava fissando mi chiede "desidera signore?".
"Vorrei che lei chiamasse la ragazza della stanza 119 e le dicesse che sto per salire da lei".
"... la ragazza della stanza 119 dice?"
"si, sì ... proprio lei"
"ma mio caro signore alla 119 c'è una anziana coppia di turisti irlandesi... non c'è nessuna ragazza!"
"ma cosa sta dicendo! Gli irlandesi saranno arrivati adesso, fino a questa mattina in quella stanza c'era una bella ragazza mora"
"mi permetto di insistere signore. Nella stanza 119 da una settimana c'è la coppia di turisti irlandesi che si fermeranno qui da noi fino a dopodomani"
"lei sta davvero facendomi perdere la pazienza. Chieda al suo collega Giacomo che faceva il turno in portineria questa notte... lui sa tutto"
"Giacomo? Chi Giacomo???"
"Ma che fa mi prende in giro? Questa notte qui alla reception c'era quel signore distinto con i baffoni bianchi... Giacomo c'era scritto sul tesserino di identificazione"
"Se lei è qui per farmi perdere tempo ha proprio sbagliato perché sto per perdere la pazienza. In questo albergo non lavora nessun Giacomo e questa notte c'ero sempre io perché ho fatto un doppio turno e le posso garantire che nessuna ragazza mora è entrata nella stanza 119!"
La mia mente è confusa, mi sembra di impazzire. Non posso credere a quello che sto sentendo. Faccio uno scatto e corro su per le scale. La stanza 119 è al primo piano in fondo al corridoio. Lo percorro come una furia e mi fermo davanti alla porta della stanza 119. Sento delle voci, un uomo e una donna che parlano un inglese a me incomprensibile. Subito dopo la porta si apre. Esce un ometto brizzolato con le guanciotte rosse e dietro di lui una paffutella signora con uno stravagante cappellino lilla e una guida di Roma sotto il braccio. È la coppia di irlandesi di cui mi aveva parlato Paolo. Mi guardano sorpresi ma non troppo di avermi trovato davanti alla loro porta. Chiudono la stanza e si avviano lungo il corridoio. Resto immobile come una statua di ghiaccio. Vorrei morire. Non so cosa pensare. Abbasso la testa e mi sento svenire quando i miei occhi vedono poggiati sulla moquette tre petali... tre petali di una rosa gialla.
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