Il vento caldo dell''estate invita al disimpegno. Perciò oggi parliamo di moda. Lo spunto è il bizzarro défilé di un giovane stilista di cui si è già parlato a causa del suo stato confusionale. Giacche da uomo di almeno tre taglie in più, mutande sopra i calzoncini corti, calze di nylon a mezza coscia, ed altre amenità del genere. Non voglio rubare il mestiere a sociologi, psicologi, storici e critici del costume. Ed è chiaro che gli stilisti di oggi, a corto di idee e mancando di vera stoffa, lanciano sempre più spesso discutibili provocazioni. Talvolta sorge perfino il dubbio che si divertano alle nostre spalle prendendoci per le natiche. In ogni caso, i loro sono stimoli che scaturiscono da fermenti e tendenze più generali. E sono destinati a influenzare, in un modo o nell'altro, l'abbigliamento quotidiano della gente comune. Lasciamo quindi ad ogni generazione il suo modo di vestire. Di esprimersi. È tutto nell'ordine naturale delle cose. E, se anche creatività ed estetica lasciano a desiderare, viva la differenza e la libertà!
Questo però non impedisce di dire che gran parte della moda dagli anni novanta in poi mostra una mancanza crescente di equilibrio e armonia. Una ostentata imperfezione. Segno, più che di contestazione dell'ordine costituito, di disordine mentale. Confusione. Assenza di un "centro di gravità permanente". E soprattutto di idee in linea con i canoni classici della bellezza. Ma neppure tanto nuove, stimolanti e originali da essere assimilabili ai fermenti del modernismo. Semmai molto più vicine al caos di un tardo postmodernismo che, pescando un po' qua e un po' là, ha mescolato e agitato tutto partorendo cocktail di contraddizioni kitsch in ogni campo. Quanto a come vestono le donne, che dire: in giro si vede di tutto e di più. Miseria e nobiltà. Valorizzazione del corpo e umiliazione masochista. Poca esaltazione e tanta mortificazione del fascino e del sex-appeal. E gli uomini? Diciamo subito che non si tratta di fare i damerini o gli elegantoni ad ogni costo, di essere intransigenti sacerdoti di ordine, proporzione e simmetria d'altri tempi ma, per esempio, indossare pantaloni zompafossi, che strozzano i turgidi polpacci per mostrare il prorompente malleolo, magari vivacizzato da calze Gallo della Checca, non è certo immagine esaltante da vedere. Quanto alle giacche ombelicali, magari di due taglie in meno... mi sono sempre chiesto: l'altro sesso si ecciterà davvero alla vista? Ma soprattutto chi si agghinda quotidianamente in modo così circense avrà tutte le rotelle a posto?
Comunque, tralasciamo manager rampanti e primi ministri seguaci degli stilemi del nuovo corso. Perché i primi lo fanno per sentirsi nel vento, i secondi per intercettare i voti dei giovani. Quanto agli altri, il loro probabilmente è solo il tentativo di rompere una compostezza, un ordine ed un equilibrio insoddisfacenti, nell'attesa di crearne uno nuovo. Una sorta di ricerca. Di modo di esprimersi che ha in sè qualcosa di molto personale e "artistico". E che consiste nel creare liberamente, attingendo al più vasto e vario guardaroba che sia mai stato messo a disposizione degli individui nel corso della storia dell'umanità. Un discorso a parte meritano i sessanta-settantenni. Nel loro caso si tratta più che altro di giovanilismo di ritorno. Nei casi più gravi: di cretinismo senile. Io stesso credo di non esserne del tutto immune. Forse avrei dovuto farmi vaccinare.