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Vieni avanti, furbino!

Avete presente il detto "furbo di tre cotte"? Non si sa se l'abbia inventato lui. Di certo dobbiamo alla sua penna la messa su carta di questa felice definizione. Parlo di Pietro l'Aretino.
Raccontano che Pietro avesse udito la frase durante una breve sosta in una locanda di Rignano. Forse pronunciata da un cuoco ispirato da succulenti vapori, mentre rimestava uno stracotto che andava spandendo intorno il suo irresistibile richiamo. Con quel modo di dire immaginifico l'uomo aveva inteso definire qualcuno di gran lunga più furbo di una volpe. Definizione che aveva resistito insuperata per secoli.
Sembra che fin dal 1200 Rignano fosse rinomata, oltre che per la sua ribollita e i suoi stracotti - in particolare quello di somaro - per essere la patria dei furbi. O meglio di gente così sicura e tronfia della propria scaltrezza da trovarsi spesso tradita da questa sconfinata autostima.
Pensate, al centro della piazza del paese, c'era perfino un monumento equestre in onore di tal messer Jacopo Renzi, Console e capo del Consiglio Generale Cittadino al tempo dei comuni. La scritta, impressa a lettere a prova d'orbo sulla grande base di marmo di Carrara, recitava:
A messer Jacopo Renzi per la sua infinita furbizia. La cittadinanza tutta, eternamente e devotamente grata.
La tradizione orale dei cantastorie-stornellatori, insieme alle cronache del tempo, vogliono infatti che messer Renzi, durante una di quelle dispute fra paesi rivali -
così frequenti nelle nostre terre - fosse riuscito, grazie ad una mossa di insuperabile astuzia, a gabbare gli avversari sottraendo loro un pitale di terracotta, finemente istoriato con dame e cavalieri disposti alla bisogna. Se ancora colmo non è dato di sapere. Ma poco conta. La cosa straordinaria è che da quell'audace impresa nacque la canzonetta di gesta "Il pitale rapito", che in seguito ispirò non solo le chanson de geste dei nostri cugini d'oltralpe, ma pure il Tassoni, alcuni secoli dopo, per il suo capolavoro: La secchia rapita.
Fatto sta che un bel giorno sfortuna volle che messer Jacopo incontrasse sul suo stretto cammino un signorotto, tale Giuseppe Bernardo Maria del Grillo, rampollo di un ramo genovese dell'emergente casata dei Medici, che si era creato fama di essere di una cotta più furbo di lui.
Dopo parecchi "cedete lo passo... giammai! cedete lo passo voi ", prima che si facesse inutilmente notte, i due si sfidarono a regolar tenzone, e se le dettero di santa ragione a colpi di gran furberia. Lo scontro fu titanico. Epocale a quei tempi non si usava dire! Alla fine Jacopo, beffato da una rapida tripletta dell'avversario che gli oscurò il sorriso, perse lo primato e, ciò che più conta, l'onore.
La eco subito corse di paese in paese, superò fiumi e valli, oltrepassò le Alpi a nord, e attraversò i mari a sud. Tanto s'ingigantì, che diede origine all'italico adagio: "Quando un furbo di tre cotte incontra un furbo di quattro cotte, quello di tre cotte fa la figura del cretino".*
In seguito a quello smacco, il povero messer Jacopo perse lo senno e non lo recuperò mai più. Lo ritrovarono dopo molti anni sulla Luna, mentre giocava a morra col senno d'Orlando. E là decisero di lasciarlo.
Ma questo appartiene alla Storia. Quanto all'oggi, stia sereno chiunque dovesse discendere da tanto temeraria e astuta schiatta: la Storia non si ripete mai uguale. Anche se, visto l'andazzo, è molto probabile che possa concedere il bis.

* da qui trasse ispirazione il detto americano: " Quando l'uomo con la pistola incontra l'uomo col fucile, quello con la pistola è un uomo morto"

 

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2 commenti:

  • Gabriele Zarotti il 12/11/2017 15:36
    Confesso che ho vissuto abbastanza per capire personaggi come Messer Renzi.
    E non avevo certo bisogno di "lasciarlo lavorare"( come chiedeva a gran voce la gente) per capirne lo spessore politico e umano. D'altronde le stesse persone dicevano: "lasciatelo lavorare" anche quando in sella c'era l'ex cav. Si sono visti i risultati.
    La vita è breve, specie da un certo punto in poi, e io di esperimenti destinati a fallire in partenza non ne posso più. Nella mia vita professionale, quando dovevo assumere qualcuno, non potevo permettermi di dire "lasciamolo lavorare" poi vedremo. Dovevo cercare di valutarlo prima. Altrimenti a cosa serve l'esperienza? A cosa serve vivere?
  • Ellebi il 12/11/2017 13:18
    Molto bene dunque, e, come si suol dire, chi vivrà vedrà... un saluto

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