Era la frase più densa che avessi mai letto. Quella frase era come una forza vertiginosa che spingeva tutto il mio corpo alla terra, più incisiva e distruttiva d'ogni forza della natura, più evidente della stessa forza di gravità. Era una frase che non poteva risuonarmi nelle orecchie, che se la rileggessi mi pungerebbe un ago nella mia schiena ricurva. Quando lessi quelle parole, come blocchi di cemento sull'asfalto, un senso di disgusto sullo stomaco, come un peso di mattone in uno zaino e messo sulle spalle di un ragazzino. Non potevo credere ai miei occhi stanchi di non vedere il vero. Soggetta a critiche permalose e del tutto accidentali, bastevoli però a far smuovere il delizioso equilibrio di una bilancia che trova il suo mezzo per sé e da sé. La critica dovrebbe essere un vaglio, un esame, una prova intenzionale e mai una pioggia di fango all'altro, ma si sa, lo spazio certe volte può diventare una cameretta da condividere con tre o quattro amichette e allora tutto può esser leva d'attacco o di pressione. Allora dentro la mia mente rilessi quegli occhi, m'abbracciò di calore estivo tutti i miei sensi quell'amore che provo per quello sguardo di luna, che può essere un velo rosso che mi risparmia il mio sangue davvero. Non dovevo più pensare, allora, alla semantica di quella proposizione così folle, che istituisce, io lo so, quel legame molecolare che io non vedo e che semmai vedessi, rabbrividirei. Tutti gli altri dicono volentieri che io odi le critiche in quanto critiche, ma molti di essi nella pazza folla, non sanno i miei pensieri sull'arte, perché è proprio la critica, io penso, che è quella che rende l'aeternum di un'opera d'arte, e questa è legge è sociale a cui nessuno può sfuggire. E'la critica letteraria a far leggere un romanzo, è la critica sociale ad eternizzare gli individui. Quella frase non mi dispiaceva tanto per quel suo volermi infangare, no. Pregavo soltanto che quella comparazione non fosse dimostrabile e quindi cieca di riscontri. Quella proposizione mi voleva perequata al sistema degli altri, al modo di volontà degli altri individui con le loro sconosciute le loro identità, sconosciute le loro attitudini, sconosciuti i loro caratteri distintivi. Ecco, una frase che m'indebolì fisicamente, forse per quella associazione inopportuna e per di più fuori tema rispetto allo sfondo del discorso e per certi tratti anche anche maleducata. Direi che proprio quando feci tutti questi approfondimenti ebbi un crollo di pressione. Poi però decisi di cambiare la mia atmosfera interiore, decisi di porre la concentrazione sui veri problemi dell'esistenza e non su delle assurdità azzardate d'impulso. Quindi, con tutta l'impressione di un grande romanzo resistente al tempo e ai critici malintenzionati, tergiversai tutta quella grandinata di critiche sul ciglio di una strada malfamata. Poi mi ricordai dei versi bellissimi che si tingevano dei migliori colori dei tramonti di luglio, l'ebbrezza di quelle tonalità a mischiarsi sopra i nostri teschi e sopra l'epitaffio della mia lapide che sarà.
Andromeda,
mi staccherò del mio corpo
per volare come le falene
e di notte per ascondermi
tra i tuoi capelli.