1: ORA TU LAVORI PER ME
L'ultima cunetta fu proprio pericolosa. Irem non se l'aspettava. La ruota davanti rischiò di inchiodarsi e di far capovolgere la moto con lui sopra. Ma il bello dello sport era proprio il rischio. In quegli stretti sentieri rocciosi sulle colline Yumbai, era un vero divertimento per gli amanti del motocross. Alberi, radici, rocce, sassi, dislivelli e quant'altro erano i rischi per i corridori. I genitori di Irem non sapevano che lui disponesse di una motoretta e tantomeno che andasse lassù a rischiare il collo con gli altri ragazzi. Aveva nascosto tutto per bene. Loro non avrebbero acconsentito. Erano solo quattordici anni che vivevano lì, non conoscevano ancora bene quel pianeta. Le sue insidie, gli animali, i pericoli... Poi i signori Arpell erano piuttosto premurosi e protettivi nei confronti dei figli. Soltanto la sorella era a conoscenza dello sport praticato da Irem, solo perché, in seguito a sospetti, lo scoprì indagando. Allora lui la supplicò di non dire niente. Lei accettò ma si raccomandò di stare attento, e gli disse scherzando che ora avrebbe potuto ricattarlo. In effetti qualche favore glielo chiese. Come ad esempio di coprirla quando saltava la scuola per uscire col suo fidanzato. Gli Arpell non sapevano neanche di lui. Come avrebbero potuto accettarlo, un delinquentello, spesso ospite nella caserma di Huston. Passò tutta l'adolescenza a fare il bullo e, anche ora, a diciannove anni, non mancava mai di combinare qualche bravata, qua e là. Piccoli furti, possesso di sostanze illegali, eccetera... Niente di grave, ma comunque una scocciatura per le autorità. Se fosse vissuto una generazione prima probabilmente era già a marcire nel carcere di Speranza. Ma erano vecchi tempi quelli... Quattordici anni dopo le cose su Green Rock erano cambiate parecchio. La popolazione si era integrata bene e quella famosa alleanza con gli "uomini del bosco" aveva reso profitto al progresso. Tutte e due le popolazioni potevano imparare l'una dall'altra, scambiandosi aiuti e sostegni fondamentali per la crescita umana.
Quando Irem entrò in casa, sbatté la porta come sempre e lasciò impronte con gli scarponi. Erinel gli urlò dietro. <Sono andato in montagna con gli amici!> mentì il ragazzo.
<T'ho detto che non mi piacciono quelli là... E poi è pericoloso! Possibile che non esistono altri interessi che ti possano occupare?>.
<Tu vuoi solo tenermi buono perché hai paura. Beh, io non sono come te, mamma! Sempre rinchiusa qua a farti le paranoie... La vita è là fuori e tu non puoi impedirmi di viverla>. Andò in camera sua e si chiuse teatralmente la porta alle spalle. Lei rimase immobile a riflettere, ferita dalle parole del figlio. Aveva solo diciassette anni. Solo e già, a seconda dei punti di vista. Forse troppo giovane e immaturo per capire il dolore che aveva passato lei quando lui era ancora un neonato. E allo stesso tempo già abbastanza grande da avere il diritto di divertirsi. "Ma sì, in fondo va solo a fare una passeggiata sulle colline. Che c'è di male?" si disse per rassicurarsi. Eppure qualcosa la turbava. Una mamma lo percepisce quando c'è un pericolo o una menzogna nei paraggi.
Irem fece la doccia e scese a tavola. La cena era ricca e squisita come sempre. C'era già anche Ilana, che prima non aveva visto. Chiacchierarono distrattamente, mentre in sottofondo c'era un notiziario alla televisione. Quasi verso la fine, il padre chiese a Ilana chi è che continuava a farle vibrare il comunicatore. Lei impacciata disse che erano le amiche. <Ultimamente ti vediamo strana, distratta... Sicura che va tutto bene?> le chiese la mamma. Ilana e Irem si guardarono per una frazione di secondo, entrambi consapevoli di quanto in realtà accadeva. Forse però i genitori non se ne accorsero.
<Mamma, è tutto a posto> rispose seccata, portando istintivamente gli occhi sul chip portatile sul polso destro.
Anche la signora Erinel lo guardò per un istante. <Guarda che puoi parlarmi di tutto, lo sai> disse poi.
<Non c'è niente di cui parlare, davvero. Ora vorrei andare in camera mia...>. Lasciò il piatto a metà e si alzò dal tavolo, scomparendo velocemente sulla scala che portava di sopra. Anthon ed Erinel guardarono Irem, come se si aspettassero un riscontro. <Che c'è?> brontolò lui.
Campo Hahjan
<Signore, vorrei incontrare il Comandante, se possibile> disse il giovane guerriero.
Il Capo Villaggio lo squadrò da testa a piedi e prima di rispondere studiò un po' l'individuo, per accertarsi che fosse innocuo. <Che cosa ti fa pensare che sia così semplice?>.
<Ho qualcosa che potrebbe interessarle> rispose l'altro alzando lo sguardo.
L'omaccione davanti a lui, che era più alto di almeno mezzo metro, rimase immobile con la stessa espressione. <La procedura è scritta nelle pergamene di Aizhkatar. Per sottoporre qualsiasi tipologia di documentazione...>.
L'altro gli parlò sopra terminando la frase. <Occorre spedirla tramite il proprio consigliere del villaggio di residenza, lo so>.
<Ebbene?> chiese Kashmitar, iniziando ad essere un po' scocciato.
<Non avevo tempo. Non è che lui riponga molta fiducia in me...>
<Giovanotto! Mettere in dubbio la fedeltà di un leader o di un delegato è un reato! Specialmente se viene sputato così spudoratamente in faccia a un generale designato, come me>. Si inalberò perdendo la pazienza.
<Mi dispiace, signore. Vogliate scusarmi. Mi sono espresso male. Intendevo solo dire che ho provato a parlarne con lui ma sono stato respinto>.
<Se sei stato respinto dal tuo Consigliere allora significa che egli non ha trovato rilevanti le tue argomentazioni. Ora sparisci dal Tempio o sarò costretto ad arrestarti per oltraggio al Regime>.
L'altro esitò e rimase fermo a guardarlo spaesato, senza saper più che dire. Fortunatamente ci fu un intervento inaspettato. Era troppo importante che Lei lo sapesse...
<Lasciate!> ordinò il Comandante con la sua vocina sottile. Kashmitar si girò di scatto e abbassò la testa in sua presenza.
<Signor Comandante. Il giovane è sopravvisto della documentazione apposita...>
<Sì, ho sentito. Ma lasciatelo entrare... Farò un'eccezione> lo interruppe lei.
<Perdonatemi l'impertinenza signor Comandante. Ma mi sento in obbligo morale di ricordarvi che non è prudente>.
<Ho detto di non preoccuparvi, Generale Kashmitar. Tornate pure al vostro ufficio. Qui non serve più la vostra presenza. Grazie> e improvvisò un sorriso, palesemente forzato.
Il Capo Villaggio della capitale ubbidì e sparì tra i corridoi, dopo aver squadrato male un'ultima volta quel giovane. Le due guardie armate di spade, che si erano avvicinate quando sentirono alzare un tantino la voce e videro il Comandante all'esterno senza protezione, si dileguarono all'ordine di quest'ultimo, che li autorizzò ad andar via con un solo gesto della mano. Poi a passo svelto si diresse verso l'interno del Tempio, senza aver ancora guardato in faccia quel ragazzo. Sasha esitò un attimo e poi si decise a seguirla. Era l'occasione migliore per riuscire finalmente a parlare con lei, dopo quella che sembrava essere un'impresa impossibile. La donna bionda andava veloce e Sasha si affannò un po' a starle dietro. Poi si trovarono entrambi nell'ufficio del Comandante. Lei si portò le mani al mento, incrociando le dita e, appoggiata alla scrivania, fissò il guerriero, in attesa che lui parlasse. <Ebbene? Cos'avete da dirmi di tanto urgente?> chiese poi. Sasha era un po' imbarazzato e in soggezione. Non capitava mai che qualcuno venisse a colloquio col Comandante. Soltanto i delegati o, più di rado, i capi tribù, potevano avere libero accesso direttamente a lei. Sasha si schiarì la voce e cercò di parlare chiaramente, nonostante sentisse la gola secca per l'emozione. Ma era più importante il contenuto, che la performance. Dunque parlò: <Signor Comandante. Quello che sto per dirvi potrebbe risultarvi inverosimile, e perfino oltraggioso. Ma è mio dovere e anche onore difendervi dalle cospirazioni>. La donna si stupì per l'immediata dichiarazione senza troppi giri di parole, come usavano abitualmente fare i sudditi in sua presenza. Odiava quelle inutili formalità che facevano solo perdere tempo, ma era un ottimo modo per mantenere le distanze e quindi il rispetto, se non che la credibilità. Essere un leader non era per niente semplice. <Cospirazioni dici? Spiegati meglio>.
<Sono nella regione fredda, Mia Signora. So che quella è una terra proibita e che non avrei dovuto metterci piede. Sono pronto ad essere punito per questo. Ma è stato casuale. Io partecipavo a una battuta di caccia e per sbaglio mi sono trovato lì...>.
Lei sembrò ignorare le scusanti. <Arriva al dunque>.
<Ho visto. Uomini, soldati, che si addestravano per una guerra. Pronti a venire qua e a uccidervi>.
<Credo che tu ora stia esagerando. Se non mi fornisci delle prove plausibili accuserò te, per cospirazione!> alzò la voce lei.
Allora Sasha tornò più composto. <Vedete... È un po' che girano voci riguardanti una possibile rivoluzione. C'è chi non crede nel vostro regime e...>
<Non annoiarmi con cose che so già. È quasi all'ordine del giorno venire a conoscenza di qualcuno che vuole ribaltare il mio Regno o prendere il mio posto, e diavolerie analoghe...>.
Dunque Sasha si fece coraggio. <Li ho sentiti parlare della... Perla Viola, signor Comandante>. Deglutì e abbassò subito il cranio dopo averla nominata. Non poté, anzi, non osò vederla, ma percepì un'espressione sconcertata sul viso del Comandante.
<La Perla Viola?!> sbraitò lei. <Perché tu?>.
<Signor Comandante?>.
<Perché tu?! Perché non hai avvisato il consigliere del tuo villaggio? Perché hai preferito venire fino a qui rischiando di essere respinto - come tra l'altro stava accadendo se non fossi intervenuta io - e quindi di essere costretto a tornare indietro, perdendo così tempo prezioso?! Perché hai fatto un azzardo simile, mettendo a repentaglio la vita del tuo Comandante, e quindi, per estensione, del tuo Regno?!>.
<Lui mi avrebbe esiliato>.
<Il Capo Tribù Povhian?> domandò lei con palese punta di incredulità.
<Mi dispiace dover parlare così di un suo fidato, signora. Ma purtroppo è la realtà. Lui detesta la mia famiglia dopo quello che ha fatto mio padre anni fa...>
<Sì, ricordo perfettamente. Un'antipatia legittima, direi>
<Certamente. Però ora ha riportato il suo rancore anche verso i figli, compreso me>.
<E questo ti è bastato a farti pensare che non ti avrebbe creduto?>.
<Non proprio. Lo sento spesso parlare di una certa "pulizia" del suo villaggio. Se solo io mi fossi azzardato a riportare una cosa simile, lui mi avrebbe messo a tacere. E io non sarei stato più credibile. Ecco perché ho preferito rischiare. Se il generale Kashmitar mi avesse respinto, allora avrei agito in maniera giuridica>.
<Hai palesato la tua diffidenza e mancata fiducia nei confronti del tuo Capo Tribù, giovanotto. È molto grave...>.
<Sono rammaricato...>.
<Non serve. Ora tu lavori per me>.
Lui la guardò meravigliato.
<È la tua sola occasione per redimerti. Le pergamene di Aizhkatar parlano chiaro. Se la gerarchia non funziona, bisogna agire con i provvedimenti disciplinari. Bene, ora dimostrami che non ti sbagli. Che le tue non sono solo sciocche paranoie di un ragazzetto ribelle e con aspirazioni anarchiche. Portami le prove che gli uomini della Regione Fredda stanno veramente cercando la Perla Viola e io, non solo ti grazierò, ma farò in modo che tu possa tranquillamente tornare a vivere serenamente nel tuo villaggio. Inoltre il signor Povhian cesserà con effetto immediato di penalizzare in qualsiasi modo la tua famiglia>.
Sasha si alzò e fece un inchino.
<Ho sentito parlare di te. Sei un abile guerriero. Devi migliorare su determinati aspetti, ma un giorno sarai grande. Ecco la risposta ai tuoi dubbi, che ora ti stanno frullando in mente>.
Sasha capì che si riferiva al suo smarrimento dopo che il Comandante in persona si era sbilanciato così tanto con un semplice guerriero principiante di una tribù lontana. Perché mettersi in condizione di rischio? Perché fidarsi così alla cieca di lui? Quella donna doveva poter vedere oltre la semplice apparenza. Era dunque vero che fosse destinata a ricoprire quell'incarico. Le voci malfidenti sul suo spirito erano false. Questa fu la prova. Ora doveva svolgere un lavoro importante per lei. E avrebbe dovuto impegnarsi al massimo. Non poteva deludere il grande Comandante in cui aveva appena realizzato di credere. Fiero di sé lasciò il tempio a testa alta. Nessuno poteva più toccarlo o disturbarlo ora. Così giovane era già arrivato a ottenere il rispetto del Regime. Non c'era niente di più gratificante. Momentaneamente, chiaro. Doveva prima adempiere ai suoi oneri. Il Comandante gli aveva dato carta bianca per muoversi tra le varie regioni e lui, che si era inguaiato con le sue stesse mani, non poteva rischiare di fallire la missione, altrimenti lo aspettava l'esilio, o peggio, l'esecuzione. Il Capo Tribù di Hahjan lo guardò abbandonare il villaggio del Regime, sempre più sospettoso e irritato dall'impotenza nel vederlo passare senza poter far prevalere il suo grado di potere. Con quale sfrontatezza osava aggirarsi per quei corridoi senza curarsi delle guardie o del pericolo che il Generale Kashmitar lo fermasse? Fu umiliante.
Johanna arrivò lentamente alle sue spalle. <Siete sicura, Mia Signora, che la scelta che avete preso non sia azzardata?> le chiese senza voltarsi.
<Oh, certo che lo è. Ma quello lì è un discendente dei Perevell. Ha nelle vene il sangue di grandi combattenti, che credevano nel nostro Regno>.
<Questo basta per non temere riscontri negativi?>.
<Certo che no. È per questo che lo sorveglieremo> annunciò lei con tono autoritario.
Kashmitar, che era appoggiato alla balconata del corridoio esterno del Tempio, si girò e la guardò in faccia, senza mutare troppo la propria espressione facciale, tuttavia.
Lei appoggiò una mano sulla spalla del Generale. <Manda una squadra dietro al guerriero di Bahalntass. Che non si facciano accorgere. Lui deve credere che ci fidiamo ciecamente. Che seguano le sue mosse e che odano le sue parole. Ogni dettaglio sarà rilevante>.
Kashmitar finalmente sorrise. <Certamente, Mia Signora> disse alzandosi. Dopodiché si incamminò per eseguire l'ordine datogli dal Comandante. Quest'ultimo rimase in piedi eretto, a fissare il cortile del Tempio, con le mani conserte dietro la schiena. Le cose stavano cambiando su Green Rock. Si iniziava a percepirlo nell'aria...
2: DENTRO O FUORI?
<E fu così che tutti i paesi del continente si allearono con gli Stati Uniti d'America, firmando il trattato d'alleanza, nel? Alan...>
<2115, professoressa>.
<Eccellente. Bene! Ci vediamo domani. Ripassate la storia antica fino a pagina 135. Guardate che interrogo!> disse l'insegnante agli alunni, dovendo quasi gridare per sovrapporsi alle voci euforiche dei bambini che finalmente lasciavano la scuola al suono della campanella.
Come un'alta marea terrestre, decine di scolaretti piombarono fuori dall'istituto e si ritirarono a casa propria. Alan Atson arrivò a casa e aprì la porta. C'era la mamma ad aspettarlo. <Ciao, tesoro. Come è andata a scuola?>.
<Bene> rispose lui.
<Ti ha dato ancora fastidio quel Oshtar?>.
<No, mamma. È pronto? Ho fame> e cambiò discorso.
Quando Kerry portò i piatti a tavola entrò anche Jack in casa. Baciò la moglie, salutò i figli e pranzarono insieme.
<Com'è andata oggi?> gli chiese Kerry più tardi.
<Oh, bene. Il cantiere fa progressi. Se non fosse per quel Martz e i suoi metodi dittatoriali!>.
<Tranquillo, dai>.
<Spesso vorrei spaccargli la faccia o lasciare tutto là e andarmene. Poi voglio vedere però se va avanti senza di me la baracca...>.
<Non ci pensare. Ti ho preparato un thè caldo. Vatti a sdraiare>.
Come ogni pomeriggio, quando rientrava a casa, a Jack batteva forte il cuore nel vedere la sua amata attenderlo e riempirlo di attenzioni. C'era amore puro in ogni cosa che faceva. La amava e l'avrebbe amata sempre. Niente al mondo gli dava più sicurezza di questo. Appena si chinò per appoggiare la tazza sul tavolino affianco al divano, la baciò e se la trascinò in braccio. <Dai! Ci sono i bambini!> disse lei ridendo.
<Sono in camera loro> la zittì lui.
iniziò a spogliarla e fecero l'amore in salotto. I cuori battevano all'unisono, proprio come quando si diedero il primo bacio su Speranza. Erano passati quindici anni da quel giorno, ma l'emozione era rimasta invariata. La stessa intensità, lo stesso sentimento. Da quando avevano tutti perso tutto, la cosa che li teneva in vita era l'amore di quella famiglia. Un simbolo, probabilmente, per chiunque li conoscesse.
La sera, dopo il secondo turno, Jack tornò a casa e interrogò Kriffy, che doveva dare un esame a breve. Spesso perdeva la pazienza quando si confrontava con lui. Aveva un brutto carattere. Se era inverso non c'era modo di tenerlo concentrato. Kerry aveva più pazienza su queste cose. <Ehi> gli disse un giorno. <Tu porti il nome di due grandi uomini>.
<Sì, lo so. Due amici di papà che contribuirono a costruire questa società e a tenerci in vita> continuò il discorso Kriffy, scocciato.
<Bene. Non vorrai disonorarli allora>.
Quel discorsetto, per quanto ripetitivo e ormai noioso, funzionava sempre. Mezzora dopo Jack abbandonò la stanzetta del figlio soddisfatto. Era pronto per quell'esame. L'anno prossimo avrebbe iniziato le scuole medie e avrebbe fatto strada, da grande. Ne era sicuro. Lo vedeva in lui. Anche Alan, di là. Passò dalla sua stanzetta e vide che già dormiva. L'aveva fatto addormentare Kerry. Erano una bella squadra, insieme, tutti e quattro. Si definivano loro stessi un team. Quando Jack raggiunse la moglie a letto, parlarono un po' dei figli. <Ha tante qualità ma spesso mi mette davanti un muro> si lamentava Jack di Kriffy.
<Amore. Tu stai facendo un grandissimo lavoro. È ammirevole>.
<Mi sto impegnando per dargli una vita migliore. L'ho promesso. L'ho promesso a me stesso. E tutto questo non sarebbe possibile se non avessero una mamma eccezionale come te>.
Kerry sorrise e l'abbracciò.
<Anche lui sarebbe fiero...> disse poi, alzando lo sguardo al cielo. Ogni volta che pensava a suo padre gli si inumidivano leggermente gli occhi. Ma in fondo stava portando avanti il suo progetto. Aveva costruito insieme agli altri sopravvissuti, una nuova società. Aveva permesso alla vita di proseguire...
True si addentrò tra gli alberi. Tutte le volte che ci passava in mezzo, per raggiungere la sua amichetta, tremava e si sentiva come osservato. Il suo tremolio assomigliava a quello delle foglie, che spostate dal vento, vibravano sugli alberi facendo muovere tutto attorno a lui. I ricordi della sua infanzia ormai erano vaghi. Aveva solo cinque anni quando smise di vivere in quella scatola chiusa e vide per la prima volta il mondo. Ora, a diciannove anni, amava viaggiare, esplorare, uscire con gli amici, specialmente Irem, col quale aveva un rapporto confidenziale. I due ragazzi avevano legato molto ultimamente e, nonostante Irem fosse ancora minorenne, True se lo trascinava spesso con sé a fare cose anche un attimino oltre il limite del buon senso. Finora non li avevano mai beccati. La trasgressione grossa però, la compì quando iniziò a vedersi con quella ragazza... La relazione segreta andava avanti da tre mesi ormai, e, almeno per quanto ne sapessero, non l'aveva mai scoperto nessuno. La ragazza della Regione Fredda sosteneva che se la sua gente avesse saputo che si vedeva e addirittura si faceva toccare da un Uomo dello Spazio, non l'avrebbero presa bene. Ma a loro non importava. Quell'amore sbocciato, o perlomeno quella forte attrazione alchimistica, era troppo potente da impedirgli di agir razionalmente. Tanto si incontravano nei boschi. Non c'era pericolo.
Quando True raggiunse finalmente l'albero col doppio tronco, si fermò e si sedette esausto, col fiatone. Dalla valle di Huston, per raggiungere il fiume del confine a nordest, sulle colline Yumbai, c'era un pezzetto in salita. Si vedevano sempre lì. Il primo che arrivava attendeva l'altro. Ora fu True ad aspettare, ma non a lungo tuttavia. Lei arrivò, più bella che mai. Appena la vide si alzò e la baciò subito, senza perdersi in troppe chiacchiere. Fecero l'amore in mezzo alla natura. Prima lui la spogliò, in piedi contro un albero. Poi si trovarono a terra, nel prato, a rotolarsi appassionatamente. Fu coinvolgente e lungo, nonostante la tensione che potessero essere visti. Ma fu lei a scegliere quel luogo proprio perché non ci passava mai nessuno.
<Perché qui?> le chiese un giorno True.
<Ci venivo da piccola, con mia mamma e mia nonna>.
<Lo dici con un'aria triste. È successo qualcosa?>.
<Sì, hanno catturato mia mamma e l'hanno giustiziata il giorno dopo>.
<Mio Dio! Mi dispiace...>.
<E la parte più triste è che non sapevo neanche il perché... L'ho scoperto solo una decina di anni dopo, quand'ero abbastanza grande per capire>.
<Ti va di raccontarlo?> le chiese il ragazzo con un tono estremamente dolce e protettivo. Poi le passò la mano tra i capelli, mentre, sdraiati, la teneva abbracciata da dietro col suo braccio possente.
<Niente di che. In pratica mia nonna l'aveva accusata di tradimento. Lei andava a letto con un altro uomo. Un uomo di un'altra tribù. Una tribù allora nemica. La uccisero davanti a tutto il villaggio. Anche all'altro uomo credo. Facevano di nascosto, un po' come noi>.
<Se hai paura possiamo smettere... io... capirò... voglio solo che tu stia al sicuro>.
<No. Non se ne parla. Odio la... "legge" si dice?>.
L'altro annuì.
<... di quella gente> continuò lei. <E poi ormai non ho più nessuno. Tu sei l'unica cosa che ho>.
Lui si sentì onorato di udire quelle parole, e la strinse più forte.
<E tua nonna? L'hai più rivista?>.
<È morta poco tempo dopo. Non ci parlavamo più oramai. Sono cresciuta sola> e si voltò verso lui.
<Hai gli occhi lucidi> le disse True accarezzandole uno zigomo col pollice. <Sei sicura che non ti fa male tornare qui, dove puoi rivivere ogni volta quei momenti?>.
<No. Ormai è passato tanto tempo. Ci insegnano a non farci sopraffare dai sentimenti, fin da piccoli. Cresciamo forti, combattenti. Hanno sempre la guerra in testa>.
<Fortuna che tu sei diversa...> disse lui dolcemente. E poi la baciò. Rifecero l'amore. Dopodiché dovettero salutarsi. Era già quasi l'imbrunire e, il cielo viola, significava che lei doveva farsi trovare al suo campo, o avrebbero sospettato. Lo stesso lui, d'altronde. Così si divisero e ognuno tornò a casa propria. True aveva il sorriso stampato in bocca, come ogni volta che rientrava dopo un pomeriggio passato con lei. Non si era mai innamorato così, anche se essenzialmente era quasi solo sesso che li legava. Però un giorno sognava di portarla in mezzo alla sua gente, o di andare lui a trovare lei, e magari vivere insieme, felici e sereni. Ad ogni parola di quel pensiero, l'euforia calava fino a spegnersi. Sembrava qualcosa di irraggiungibile. Almeno per ora, però. Amava godersi il presente. Lei era proprio bella e poi si concedeva sempre. Cosa poteva capitargli di meglio?
La sera si incontrarono i soliti ragazzi al "giardino". Ormai, in tempi di pace, non esisteva più nessun piantonamento di guardie lungo il perimetro delle città. Solo una recinzione per gli animali, di quelle magnetiche. La notte, da mezzanotte in poi, non si poteva oltrepassarle per motivi di sicurezza. A molti non andava giù questa regola, accusando il governo di violazione di libertà. Era come stare agli arresti domiciliari o in libertà vigilata. L'altra metà della popolazione, invece, era favorevole in quanto teneva lontano animali e/o insetti. Soprattutto le mosche assassine, che non si vedevano da un po' e di cui, scientificamente, non si sapeva ancora abbastanza. C'era chi sosteneva che fossero "armi" dei greenrockiani, ma comunque armi vive e perciò libere di svolazzare ovunque gli paresse per i boschi; oppure nientemeno che una semplice specie insettivora che viveva in quelle regioni. Fatto sta che non era prudente aggirarsi per quelle foreste senza un antidoto, perlomeno. Le scorte erano limitatissime e a prezzi stellari. Non esisteva ancora un vaccino, anche se gli studiosi si davano da fare. Ma erano tantissime le cose da scoprire, da studiare o da analizzare su quel pianeta. Era un mondo completamente nuovo per gli esseri umani. O almeno, per quegli esseri umani, coloro che arrivarono lì quattordici anni prima dallo Spazio, in quanto su Green Rock ci viveva già un'altra razza umana. In ogni caso, quelle mosche carnivore non si vedevano da un pezzo, che quasi ci si dimenticava di come fecero fuori i primi terrestri sbarcati laggiù. La recinzione, tuttavia, serviva anche a impedire loro di entrare nel villaggio. Però questo, allo stesso tempo, non permetteva agli abitanti di uscire. I ragazzi di Huston amavano fare escursioni notturne nei boschi, o per bere, o per far sesso, o comunque per far baldoria e divertirsi, senza che li vedessero i genitori. Già, tutto ciò possibile fino a un anno prima, quando decisero di mettere una sola guardia, a controllare un'unica porta magnetica dalla quale si poteva disattivare la barriera o uscire e poi rientrare. Solo i maggiorenni potevano tuttavia. True ad esempio lo era, ma non era concesso agli amici minorenni di uscire con lui. Serviva la presenza dei loro tutori o un permesso scritto/ che mai veniva dato, com'era prevedibile. <E dai, mamma! Non ci allontaniamo. Mettiamo della musica e stiamo un po' in compagnia. Che vuoi che sia?> provò Irem a convincere sua madre.
<Certo, come se io non so quello che andate a fare>.
<Ti prometto che non bevo>.
<E nemmeno che fumi spinelli? Come l'ultima volta>.
<Ma non è niente! Faccio solo due tiri e...>
<Ah, allora non neghi? Non mi piacciono quegli amici. Trovatene altri, con cui fare cose più normali, più intelligenti. Quelli oltre che guai non sanno combinare>.
<Nemmeno li conosci, non puoi parlare così>.
<Pensi sia stupida? Sono stata ragazza anch'io. Sei un bravo ragazzo, Irem, intelligente e promettente. Perché devi buttarti via con gente mediocre? Puoi avere di meglio>.
<So scegliermeli da solo gli amici, grazie!>.
<Oh, sì... si vede. E poi di notte! Cosa cavolo uscite a fare di notte? Risultato che a scuola sei stanco e prendi brutti voti. Il pomeriggio al posto di studiare dormi per recuperare il sonno perso e fai una vita irregolare. Pensa al tuo futuro!>.
<Ora non stai un attimino esagerando?!>.
<Mi capirai e ringrazierai>.
<Tutti vanno e io no. Sarò lo zimbello della compagnia>.
<Non potete stare dentro? Nessuno ti vieta di uscire>.
<Dentro diamo fastidio. Si lamentano del rumore>.
<Basta non farne>.
<Certo. Per te c'è una risposta a tutto. E così il divertimento dov'è? Non puoi capire>.
Fu inutile. Irem dovette arrendersi e disse che avrebbe fatto un giro in paese. A quel punto i genitori smisero di stressarlo. Quando si trovò con gli altri, scoprì che non era stato l'unico sfigato ad avere avuto sfortuna. Anche tutti gli altri ragazzi che non avevano compiuto diciott'anni non ottennero il permesso. Perciò poterono uscire solo i maggiorenni. Erano un gruppo di una quindicina di giovani, tra ragazzi e ragazze. Solo in sette, quella sera, erano sotto i diciott'anni. <Ehi, amico> bisbigliò True dal vicolo a lato. <Che c'è?> gli chiese lui, senza abbassare il tono della voce. Poi gli si avvicinò. True tirò fuori una scheda. <Con questa, risulterai maggiorenne e potrai uscire> spiegò con gli occhi fuori dalle orbite.
<Sul serio? Ma che cazzo è?>.
<Presente Aniju? Beh, sappiamo tutti che è un genio in informatica>.
<E se ci scoprono? È sicuro quell'affare?>.
<Funzionerà>.
<Mi auguro che tu l'abbia già collaudato, per dirlo>.
<E come avrei potuto? Lo faremo stasera. E tu sarai la cavia> e mostrò un sorriso dipinto di malizia.
<Oh signore...>.
<Che c'è? Dovresti sentirti onorato. Vuoi che la do a qualcun altro?>.
<Certo che no. Forza, andiamo>.
<Sì, ma non dirlo a nessuno. Per ora è un segreto>.
<Mi vedranno uscire. Non sono ciechi>.
<Beh, li distrarremo. Digli di andare al pub e che li raggiungi. Io ti aspetto nella via nord-est. Poi usciremo insieme e... Mi raccomando! Disinvolto. Non dare nell'occhio o il guardiano sospetterà>.
<C'è ancora Bill alla porta?>.
<Credo di sì>.
<Quello è un idiota. Puoi stare tranquillo. Ti raggiungo>.
E i due si separarono. Appena tornato dagli altri, Irem stette un po' dietro ai discorsi per non interrompere bruscamente; dopodiché propose una birra da Jhoan. Sapeva che gli altri avrebbero accettato. E che forse la destinazione sarebbe stata quella a prescindere. Ma così facendo anticipò. Quegli sfigati potevano pure starsene al pub più noioso della storia; lui invece sarebbe uscito con quelli che contano! Era eccitato all'idea. <Ho lasciato a casa le sigarette, ragazzi. Vi raggiungo> disse poi a metà strada. Fu così che sgattaiolò via e raggiunse True dall'altra parte.
<Ok, sei pronto?> chiese quest'ultimo allungandogli la tessera.
<Ovvio, fratello>.
<Bene. Aria scialla, eh?>.
E poi si incamminarono. True, più alto di Irem, teneva le mani in tasca, mentre Irem si accese una sigaretta e si atteggiò da fighettino. Arrivati alla porta, il rosso che era di turno, con le sue lentiggini alle guance, chiese loro dove stessero andando. <A farci un giro> rispose tranquillo Irem.
<E perché a quest'ora? Non avete di meglio da fare?> domandò l'altro con aria tremendamente sospetta. Difatti i due non se l'aspettarono. Specialmente Irem, che iniziò a preoccuparsi. Ma True intervenne: <Qual è il problema, amico? Mica andiamo a uccidere o a rubare>.
L'altro lo squadrò e poi prese il macchinario per controllare i chip dal braccio. Il primo, quello del diciannovenne, suonò e fece una luce verde. E poté andare. Poi toccò a Irem, che però gli allungò la tessera. <Come mai?> chiese Bill ancora più sospettoso. E guardò il chip al braccio del ragazzo, che tendeva a tener lontano da quella macchinetta.
<È guasto> disse lui mentendo. Allora la guardia sparò sul codice della tessera e, dopo lunghi attimi di tensione, risultò idonea. A quel punto non disse niente e, lentamente, la ridiede al proprietario, senza smettere un attimo di guardarlo con ostilità. Irem si sforzò di risultare impassibile ed uscì dal cancello. Una volta fuori erano a posto. Bill richiuse la porta e tornò a sedersi nella sua guardiola. Allontanatasi un po', i due si guardarono e poi esultarono. Gli altri ragazzi erano più in là, ai piedi della montagna. Avevano fatto un falò e si erano già messi a fare i cretini. <Ehi, ce l'avete fatta!> esclamò qualcuno. True e Irem si unirono al gruppo e presero da bere. C'era già della musica e chi ballava attorno al fuoco magnetico. La luce bianca faceva ombra sulla parete rocciosa alle spalle e sui primi alberi alti del bosco, mentre il cielo era già ricco di stelle bianche luminose e alcune palline un po' più grosse, che erano i pianeti. Da quella longitudine se ne vedevano due o tre, a seconda di come la luce di Picture colpiva i corpi celesti. Di giorno invece, se ne poteva vedere solo uno, più grande, ma soltanto ogni cinque anni e per sei o sette anni circa. Dopodiché se ne tornava nell'altro emisfero.
Più tardi, dopo essersi stonati un po', i due migliori amici si trovarono vicini a parlare. <Ehi, presente Yendel?> disse a bassa voce True.
<La tua ragazza del Bosco?> rispose Irem.
<Abbassa la voce!> bisbigliando. <Ho voglia di vederla. Che ne dici se andiamo adesso?> spiaccicando le parole.
<Sei pazzo, amico? E poi io che verrei a fare? A vedervi scopare?>.
L'altro rise muovendo la testa. Era fatto come una scimmia. <No, ma... Magari se le facciamo fumare questa roba buonissima di Green Rock, ci sta con tutti e due, no?>.
<Santo Universo! Tu sei fuori come i boschi!> rispose ridendo.
<Dai, così te la faccio conoscere>.
<Ce l'ho già una ragazza. Lo sai che sto uscendo con Kellies>.
<Chi è? La secchiona della scuola?>.
<Esatto! E non è secchiona. È... dolce> e arrossì, ma col buio non si notò. Forse neanche Irem stesso se ne rese conto per via della fattanza.
<Al diavolo! Lei non lo saprà. Avanti! Dov'è il tuo spirito d'avventura?>.
<Sei sicuro che non mi fai venire lì per niente? E se poi lei non ci sta?>.
<Ci facciamo una chiacchierata e te la presento, su!>.
<Mi sembra una follia. Sono fatto, sì, ma non fino a sto punto>.
L'altro rise animatamente. La musica copriva la loro conversazione. Era già tardi. Le due di notte circa.
<Ci facciamo una passeggiata. Non è lontano>.
<Hai idea del rischio? Se la sua gente si accorge di noi metti a repentaglio la sicurezza dell'intero villaggio>.
<Come sei drastico, amico. Son tutte palle. Non è mai successo niente da quando siamo qui. Non ci faremo vedere. Io e lei lo facciamo da mesi!>.
<D'accordo. Ma fammi fumare ancora un po'> e sorrise eccitato, carico all'idea di andare in mezzo ai boschi sconvolto d'erba. L'altro gli passò uno spinello. <Che diciamo agli altri?>.
<Che andiamo a pisciare>.
<In coppia? Ci prenderanno per gay>.
<E chissenefrega! Metà di loro lo sono>.
<Cosa?!>.
<Scherzo!> e rise. <Dai, alza quelle chiappe>. E si mise in piedi, barcollando un po'. Era conciato mica male, quella sera. Irem era decisamente più lucido. Decise di accompagnarlo soprattutto per tenerlo d'occhio. Conosceva la testa calda di True. Quello sarebbe andato lo stesso, e conciato così non era il caso di lasciarlo solo. Dunque, riusciti a distaccarsi dal gruppo, si infilarono tra gli alberi della foresta. Era tutto maledettamente buio. Nessuno vi si addentrava mai nelle ore scure. Era un'azione, probabilmente un po' irresponsabile, senza precedenti.
<Merda, amico! Qua dentro è una paranoia> balbettò Irem.
<Non c'è un cazzo di cui aver paura. Smettila di fare il fifone>.
<Non dovremo dirlo mai a nessuno. O per me è finita. Non mi faranno mai più uscire>.
<Già adesso non te lo permettono! Se non era per me, rimanevi dentro al cancello. E in più ti procuro pure una scopata. Che vuoi ancora?>.
L'altro sorrise compiaciuto.
<Perciò smetti di fare il bamboccio capriccioso e seguimi in silenzio> aggiunse.
Detto fatto, proseguirono senza far rumore e senza parlare. Ogni tanto qualcosa si muoveva e li faceva spaventare. O meglio, chi si spaventava era Irem, che non era abituato a fare quelle scappatelle. Si sentivano, oltre ai soliti grilli, dei versi in lontananza - di chissà quale dannata bestia - e il frusciare delle foglie che si muovevano. Magari gufi, o uccelli sui nidi. True camminava a passo deciso disinvolto, mentre Irem, che gli stava dietro, si sforzava di nascondere la paura ogni qualvolta udisse qualcosa di sospetto. <Fermati. Devo pisciare> disse True poco dopo. Senza nascondersi troppo, rimase lì dov'era e si abbassò la cerniera, contro un albero.
<Fai pure, eh!> esclamò Irem allontanandosi un po'.
<Dimmi. Quant'è che una tipa non te lo succhia?> gli chiese l'altro mentre si ricomponeva. Irem, che era girato di spalle, non sapeva come ammettere che in realtà non aveva mai avuto rapporti sessuali prima d'ora. <Da un cifro> rispose vago.
<Beh, lei lo fa da Dio e...>.
<Zitto!>. Irem aveva sentito qualcosa. Vide anche una sagoma, o forse due, in lontananza.
<Che cavolo c'è ancora? Maledizione!>.
<Vuoi far silenzio, accidenti?!> lo sgridò girandosi di scatto. <C'è della gente laggiù>.
<Saranno i nostri che vanno a farsi un giro> commentò con aria superficiale True.
<Non ne sono sicuro. Stai giù e chiudi il becco!> e si chinò.
Lo stesso fece l'amico. Erano più di due persone. E venivano verso di loro. Man mano che si avvicinavano, davano sempre più l'impressione di non essere cittadini di Huston. Avevano della roba strana addosso, e forse delle lance legate alla schiena. Tutto ciò lo si vedeva soltanto sotto forma di sagome, nell'oscurità. Il chiarore luccicante del cielo permetteva alla luce bianca delle stelle di filtrare tra la vegetazione e mettere in rilievo le forme di tutto ciò che rientrava nel campo visivo di una cinquantina di metri all'incirca. Quindi quella gente era molto vicina. Ora la si udì parlare. Era la lingua di Green Rock. <Cazzo, amico. Sono Uomini del Bosco!> esclamò sussurrando True.
<Io te l'avevo detto>.
<Ma dove cavolo vanno a quest'ora?>.
<Non so. Dimmelo tu. Sei tu che frequenti Uomini del Bosco>.
<Io non frequento greenrockiani, ok?!>.
<No, ti fotti soltanto una delle loro figlie. Abbassa la voce, per l'amor del cielo!>.
Gli indigeni passarono oltre e non si accorsero di niente. Non molto dopo i due speranzesi fecero un lungo sospiro e si rialzarono. Irem tremava involontariamente. Non li aveva mai visti di persona, ma conosceva le storie su di loro. True invece aveva già spiato il villaggio di Yendel, per altro di giorno, perciò aveva una chiara idea di che aspetto avessero e di come vivevano. Erano proprio selvaggi rispetto a loro. A differenza dell'amico, non sembrava avere mai paura. Forse proprio perché si era fatto l'idea che non fossero così pericolosi come si vociferava.
<Andiamo, avanti!> disse poi.
<Che cosa?! Con quegli uomini in giro?>.
<Se ne sono andati. Dov'è il problema?>.
<Che potrebbero essercene altri, ad esempio! Non pensi?>.
<Tu credi troppo alle favole>.
<Sarà, ma allora dimmi, genio... Anche se raggiungeremo il loro accampamento, come pensi di incontrare Yendel? La chiamerai sul suo chip personale?>.
True zittì. Poi abbassò il mento. <Non ci avevo pensato...> disse voltandosi. Gli girava parecchio la testa. Forse ci era andato pesante quella sera.
<Lo sai che facciamo adesso?> provò a raggirarlo Irem per tenerlo buono e togliersi da lì. <Torniamo dagli altri, ci scoliamo una bella birra e passiamo la nottata fuori>. E gli appoggiò una mano sulla spalla.
L'altro cedette. Fu una fortuna visto che Irem aveva perso ogni sintomo avventuroso e desiderava tanto tornare a casa. La stessa casa che iniziava a detestare, in quanto era tutto troppo chiuso, come una scatola. Ora che avevano un intero mondo a disposizione...
3: SOTTO CUSTODIA
Nei pomeriggi caldi e soleggiati come quello, i bambini amavano giocare all'aperto, fingendo magari un attacco alieno oppure facendo finta di essere i greenrockiani, per quanto riguardava specialmente i maschietti. Tra essi pure i piccoli Atson, soprattutto Alan che era più piccolo e aveva parecchia fantasia. Non era molto popolare tra i suoi coetanei. Anzi, spesso veniva preso in giro o messo da parte, però con quei due amichetti che aveva, giocava e si divertiva così. Il Primo Ministro passeggiava per il Prato Grande. Aveva sempre il sorriso stampato in bocca. Quel giorno, come poche volte accadeva, non doveva correre. Perciò si godette la giornata camminando un po' all'aperto con le mani in tasca, di buon umore. Alan e Freddy gli corsero improvvisamente davanti facendolo quasi spaventare, tant'è che dovette bloccarsi di colpo per evitarli.
Poi, mentre i due pargoli - che giocavano a spararsi tra loro - si allontanarono, sorrise e proseguì.
<Buongiorno signor Ministro> lo salutò una signora che stendeva i panni all'aperto.
<Buongiorno Rosalie> ricambiò.
Poi, di nuovo, più avanti: <Avete visto che belle zucche, Ministro?> disse il contadino indicandogli la verdura nell'orto.
<Eccezionali, Pritt. Sarà una buona annata anche questa. Ne sono sicuro>.
E passò oltre. Quando ormai era vicino al cancello, notò che qualcuno da fuori si stava avvicinando. Erano i carpentieri, che rientravano stanchi dalla giornata di lavoro. Tra loro c'era anche Jack. Andò ad accoglierlo.
<Come va, amico mio?> gli chiese.
<Necessitante di una doccia>.
<Ho sentito che la nuova struttura è quasi completata>.
<Ancora due mesetti e potremo mandare il primo blocco, signore>.
<Molto bene. Ma puoi anche non chiamarmi signore> disse ridacchiando. <Volevo appunto parlarne con te. Dobbiamo selezionare le persone da mandare lì e mi servirebbero più numeri...>.
<Doppio whisky?>.
<Andata!>.
<Tra 10 minuti da Jhoan>.
Quando Jack poté finalmente togliersi quella divisa grigia e darsi una sciacquata, si sentì rinato. Quelle settimane c'era molto lavoro. La nuova cittadina in costruzione, a quasi quattro chilometri da Huston, a breve sarebbe stata abitabile.
<Non ti riposi un po'?> gli chiese Kerry.
<No. Vado a bere una roba con Sammy>.
<D'accordo, ma torna per cena. Ho cucinato la gallina>.
<Si sente dal profumo. Sarà deliziosa come sempre. Come te!> e la baciò. Poi saluto Kriffy che stava giocando al videogioco, il quale ricambiò distrattamente, ed uscì di casa.
Il pub era piuttosto popolato a quell'ora. Chi finiva di lavorare si concedeva un aperitivo, incontrando gli amici e chiacchierava un po'. Jack non ci andava spesso. Nemmeno il Ministro, d'altro canto. La sera invece era frequentato da giovani. O almeno, avrebbe dovuto. Ma spesso questi preferivano andar fuori per conto loro, perciò lì ci rimanevano per di più i minorenni.
<Signor Ministro> disse Jack avvicinandosi allo sgabello dove stava seduto l'amico.
<Carpentiere> rispose l'altro.
<Ed è stata una mia scelta, tu pensa>.
<Avresti potuto sedere su questo sgabello, se tu avessi voluto>.
Jack sorrise. <Eri più indicato tu. È giusto così>.
<Non mi è dispiaciuta come carriera. Le cose vanno bene ora, no?>.
<Certamente>.
Spesso Sammy cercava conferme in Jack, ponendogli domande banali e indirette per capire se stesse facendo bene il suo lavoro. Specialmente all'inizio, poi sempre di meno fino ad ora. D'altra parte il ruolo che ricopriva non era semplice. Doveva prendere decisioni. Dare a qualcuno per togliere ad altri. Doveva essere razionale e poco emotivo per far funzionare bene quella società. La gente comunque lo amava. D'altronde non aveva mai dato modo di farsi disprezzare. In questi ultimi quattordici anni era andato tutto liscio e il progresso avanzava. Le città speranzesi erano già tre, e a breve sarebbero state quattro. Ora il Ministro di Huston doveva provvedere alla colonizzazione, in quanto il completamento del nuovo centro abitato corrispondeva col sovrappopolamento del suo villaggio. Molte famiglie si stavano già preparando al trasloco.
<Come sta Kerry?> chiese Sammy.
<Bene. Sta cucinando la gallina> e si leccò i baffi. <E Jannel?>.
<Oh, lei alla grande. Dopo lo spavento per nostro figlio si è ripresa meglio di prima. Anzi, devo stare attento>.
Entrambi risero.
<Cosym invece?> domandò poi Jack abbassando automaticamente la voce.
<Cresce. Disegna. Ha un talento per la pittura>.
<Sono contento che abbia trovato un passatempo>.
<Finché non si trova una cura, farà bene ad averne uno>.
<Non sto venendo spesso a trovarlo, Sam...>.
<Non ti devi preoccupare. C'è tanto lavoro sto periodo>.
<Al diavolo il lavoro! Potrebbe giocare con Kriffy e Alan. Avrebbe due amici in più che gli farebbero compagnia>.
<Ma gli amici ce li ha, tranquillo. E poi Kriffy lo odia, dai!> e rise forzatamente.
<Forse un po' è vero. Sta diventando un piccolo ribelle> rispose spostando lo sguardo sui due bicchieri.
<Chissà da chi ha preso...? Altri due, grazie! Oggi offro io> disse Sammy ordinando un altro giro.
Jack ripensò a lui, quand'era più giovane. E a suo padre, che era ancora peggio. Il movimento riformatorio, il carcere, le fughe da Città di Speranza. Accamparsi all'esterno, allearsi coi selvaggi... Beryl City... Quante cose erano successe. Ormai sembrava passata un'eternità. Ogni volta che si riunivano, i vecchi sopravvissuti dalla guerra contro gli Uomini dell'Isola, finivano a commemorare quei momenti. Loro erano gli Adamo ed Eva dei terrestri su Green Rock. A volte ci si chiedeva anche che cosa ne fosse stato delle persone rimaste sulla Terra. Erano trascorsi 518 anni dall'ultima volta che i primi speranzesi li videro. E un paio di secoli dal silenzio radio. Ormai erano in via d'estinzione. Le radiazioni avevano reso invivibile la maggior parte della superficie globale. Ciò che era accaduto dopo, rimarrà per sempre ignoto.
Sasha raggiunse il territorio "freddo". Era solo, come sempre d'altronde. La sua vita finora era stata patetica. Sognava un posto migliore. Non certo dar conto a quei pazzoidi con sempre la guerra in mente. Addestramenti, esercitazioni militari, il Comandante, le onoranze ai capi tribù, i rituali... Non era roba per lui. Ora si trovava addirittura costretto a spiare gli uomini della Regione Fredda per portare informazioni a Johanna, riguardo quella sospetta cospirazione. Da quando aveva lasciato Bahalntass, per raggiungere Campo Hahjan, la dimora del Regime, non vi aveva fatto più ritorno. Erano passati nove giorni ormai. Non aveva nemmeno più visto nessuno dei suoi. Inoltre, come spesso accadeva quando lo mandavano a cacciare, si era dovuto arrangiare da solo per nutrirsi. Indossava una vestaglia grigia scura, con una corazza che copriva spalle e petto, non eccessivamente pesante. Gli scarponi erano da montagna e inoltre, era munito di una spada, due lame, e una sacca dove teneva le provviste, l'acqua e una coperta per dormire. Quel giorno era nuvoloso. Si sentiva esausto. Camminava da così tanto tempo che ormai i muscoli delle gambe non dolevano neanche più. Si avvicinò a un fiume e riempì la borraccia. Guardò in alto, la luce di Picture. Tra poco avrebbe dovuto procurarsi del cibo. Decise dunque di darsi una lavata. Si spogliò completamente nudo e si sdraiò nel torrente. L'acqua era gelida, ma lui sopportava bene. Si lavò i capelli, passandosi le mani nella sua chioma e poi uscì. Fu proprio in quel momento che udì qualcosa. "Una bestia?" pensò. Prese subito la spada in mano. Poi però udì delle voci. Allora si rivestì alla svelta come meglio poté. Forse fu però questo a tradirlo, tant'è quelle persone smisero all'improvviso di parlare. L'avevano sentito?
"Un momento. Io non devo temere niente. Sono un missionario del Comandante" si disse. A quel punto si tirò su e tornò a camminare a testa alta. Inevitabilmente, dietro la cunetta, gli uomini che passavano di lì lo videro. Istintivamente portarono le mani alle armi, ma poi si fermarono non appena riconobbero uno di loro. <Che cosa fai qui, ragazzino?> chiese il loro capo.
<Lavoro per Johanna, signore>. Alcuni risero, ma appena il leader li guardò smisero all'istante. Quest'ultimo, che rimase serio, domandò: <Non mi prendi in giro, vero? Altrimenti sai quale sarebbe la pena>.
<Certo che no, signore>.
<Allora identificati>.
<Sono Sasha, guerriero e cacciatore della città di Bahalntass>.
<Dalla Regione Verde? E che cosa ci fai sulla via per la Regione Fredda?!> iniziò ad essere diffidente.
<Sono informazioni riservate. Ma chiunque colpisca me, colpirà il Comandante. E quindi ne pagherà le conseguenze>.
Il tale gli si avvicinò. Aveva un'espressione furiosa. Gli altri gli restarono dietro. Sasha, che era minuto, fu coperto dall'ombra di quella sagoma, che l'oscurò dagli ultimi raggi picturiani della giornata. <Se entri nella Regione Fredda, io sono autorizzato a reagire. Lo sai questo?> disse con tono basso e gelido, grugnando i denti.
Sasha cercò di non apparire intimorito. <Lo so, signore. Ma non è lì che vado. Io... Sto seguendo delle tracce...>. Non sapeva che inventare.
<Se il Comandante vuole tenere segreta questa missione, noi rispetteremo il suo volere. Ma se chiunque tu stia cercando è entrato nella nostra Regione, diventerà nostra competenza>.
<Ce- certamente...> rispose Sasha balbettando.
<D'accordo allora. Ti scorterò fino al passo di Tahylan. Da lì troverai la strada per tornare a casa>.
A quel punto Sasha non poté più dire niente, e dovette unirsi agli altri, i quali si misero in una formazione larga probabilmente per evitare che lui scappasse. Era in trappola. Ora doveva escogitare un modo per allontanarsi da loro e proseguire verso il territorio "nemico".
Nemmeno un'ora dopo, erano già quasi al passo di Tahylan, caratterizzato da questo enorme canyon dove un tempo scorreva un fiume piuttosto profondo, che procedeva in discesa verso la Valle Verde, dove viveva Sasha. Per passare oltre bisognava scendere e poi arrampicarsi dall'altro lato, o altrimenti andare in alto verso la vecchia sorgente e scavalcarlo da lì. Ora non serviva. Avrebbero lasciato il ragazzo in quel punto e l'avrebbero guardato andar via.
Quel pomeriggio True andava a far visita a Yendel. Spaesato, mentre fumava una sigaretta, camminava in salita tra i soliti alberi che li separavano. Non le aveva detto che qualche notte prima, mentre stava andando da lei con Irem, aveva visto degli Uomini del Bosco passar di lì. Nemmeno ci pensava più. In fondo erano solo indigeni. Niente che lo riguardasse o che suscitasse in lui interesse. Non mancava molto. Il "grande torrente" era poche centinaia più in su. Canticchiava qualcosa quando lanciò il mozzicone di sigaretta a terra e dovette fermarsi di colpo. C'era qualcuno, anche oggi. Se quella zona iniziava a diventare trafficata avrebbero dovuto cambiare posto per incontrarsi. Erano tutti greenrockiani. Appena sparirono dalla sua visuale, decise di proseguire ugualmente. Aveva troppa voglia di vedere lei. Così bella, magra, formosa, coi capelli neri e lisci, con quella sua pelle mulatta. Stava uscendo pazzo per lei. <Eccola!> disse ad alta voce, contento di vederla. I due si incontrarono e si baciarono subito. Pochi minuti dopo si trovavano seduti davanti a uno splendido prato fiorito a raccontarsi delle ultime giornate. <Lo sai, ho visto dei greenrockiani prima> disse a una certa lui, mentre le accarezzava i capelli. Lei alzò il cranio dal suo petto e lo guardò seriosa.
<La mia gente? Strano. Non passano mai di qua. Le battute di caccia le fanno verso sud>.
<Non credo, sai? Erano più... Come dire? Chiari, di pelle. Sì, più pallidi>.
<Dici sul serio?!> sembrava preoccupata.
Lui però non capiva cosa c'era da agitarsi tanto. Erano solo selvaggi.
<Se quelli che hai visto sono uomini della Regione Fredda, e sono passati di qui, non è un buon segno> disse lei.
<Regione che!?>
La ragazza si alzò irritata dall'atteggiamento superficiale del giovane dello Spazio. <La Regione Fredda! Ti auguro di non incontrarli mai>.
<Ehi, noi abbiamo una tregua con questa gente. Non siamo più in guerra da quando ero un moccioso>.
<Certo che no. Ma gli "uomini freddi" hanno un'ordinanza restrittiva. Non possono accedere ai territori degli altri clan se non per una ragione specifica e autorizzata dal Comandante>.
<Tu ti agiti per niente. Cosa ne sai che non ce l'hanno?>.
<Non sono agitata. È solo che mi fai innervosire quando non mi prendi sul serio. Non è la prima volta>.
Lui si alzò e la acchiappò, stringendola. Poi le avvicinò la bocca e sorrise maliziosamente. <E tu mi fai impazzire quando ti arrabbi. Sei sempre più sexy>.
Lei non riuscì a trattenere la risata e arrossì. Lui ormai conosceva i suoi punti deboli. Così iniziò a baciarla e si buttarono sul prato. Poi cominciarono a spogliarsi a vicenda. Degli insetti impollinatori svolazzarono via appena i due corpi caddero tra i fiori. Anche se era quasi il crepuscolo, faceva ancora caldo. Presto Picture sarebbe tramontata e sarebbe calato il buio. Lei lo fermò. <Devo rientrare. Conosci le mie regole>.
<E dai! Sul più bello?> insistette lui deluso, tenendola ferma.
<Conosci le mie regole. Se non vuoi rischiare di non vedermi più, dobbiamo fare così>.
<Ma siamo stati pochissimo insieme!>.
<Purtroppo oggi è andata così. Ma ci possiamo vedere domani>.
<Nemmeno una roba veloce?> chiese lui come un bambino capriccioso.
Quasi le fece pena, tant'è che lei ridacchiò. <Sei un pervertito> gli disse scherzando. Poi lo baciò. Fecero l'amore. Pochi minuti dopo si ricomposero. Lei aveva abbastanza fretta. Rischiare così metteva a repentaglio il loro rapporto segreto. Una voce gridò qualcosa. Era greenrockiano... Yendel capì. Si avvicinarono degli uomini. <Merda!> imprecarono insieme. <D'accordo. Facciamo così. Ci siamo incontrati per caso e ce ne stavamo andando> disse lui in panico. Poi lo stesso di quel gruppo di uomini esclamò ancora qualcosa, con tono severo. <Che ha detto?> chiese bisbigliando True alla ragazza.
<Chiede chi siamo e cosa ci facciamo qui> rispose lei velocemente. Poi si rivolse a loro alzando la voce.
<Sono Yendel, del villaggio Brucus. Sto rientrando a casa>.
True non capiva una sola parola di cosa dicevano. Gli esploratori greenrockiani si avvicinarono. Erano mulatti come lei. Perciò doveva essere la sua gente o comunque nessuno della cosiddetta Regione Fredda. Non doveva essere una minaccia. Se solo parlassero in terrestre...
<Il tuo villaggio non è vicino> disse l'altro con aria sospettosa. Aveva delle ridicole trecce nere che sbucavano da sotto il cappuccio. Il suo abbigliamento - sulla Terra - sarebbe stato considerato da barbone.
<Neanche troppo lontano. Facevo una... passeggiata>.
<Non è prudente. Una ragazza tutta sola. A quest'ora del giorno...>.
<C'è ancora luce> rispose schietta lei.
L'altro ignorava le sue affermazioni. <E perché c'è un Uomo dello Spazio con te?> indicando il ragazzo alla sua sinistra col mento.
"Uomo dello Spazio" True lo capì.
<L'ho incontrato. Passeggiava anche lui>. Poi parlò in terrestre, fingendo di avere una pronuncia pessima. Era sveglia la ragazza. <Digli che mi hai incontrata qui>.
True annuì.
L'indigeno sembrò aver bevuto quella versione. <Torna a casa, ragazzo dello Spazio> disse con un accento tutto suo. <Perfino tu, Bahalntass è oltre le colline Yumbai, ma se non ti sbrighi sarà già buio>.
<Certo, grazie> disse lei. <Forza, va via> bisbigliò poi a True. Lui annuì, fece un sorriso imbarazzato e si girò senza troppi convenevoli addentrandosi tra i cespugli. I selvaggi lo fissavano con aria brutale e molto sospetta. True percepì quegli sguardi addosso anche mentre era di spalle. "Accidenti" si disse. Non era riuscito a organizzare con lei il prossimo appuntamento. Se tornavano lì magari non era più sicuro. Oppure lei non ci sarebbe proprio andata. Era un bel guaio. "Come cavolo farò a rivederla?".
Appena sceso un po', si nascose dietro dei tronchi molto spessi. Voleva cercare di guardare cosa succedeva. Se le facevano del male, come la trattavano, dove la portavano... Non poteva andarsene così. Quella era la sua ragazza. Spiando non vide niente. Iniziava poi ad oscurarsi tutto. Nel bosco specialmente. Poi però li vide camminare verso est. Rimase parecchi e interminabili secondi a chiedersi: "Che faccio? La seguo o non la seguo?". Poi decise di dar retta all'istinto e andò dietro ai greenrockiani. <Devo essere pazzo> si disse. Nascostosi dietro un altro albero, mentre un centinaio di metri più avanti il gruppo avanzava, gli si oscurò di colpo la vista. Qualcosa gli avvolse la testa e strinse. Poi fu scaraventato contro lo stesso albero e qualcuno gli bloccò le braccia! Era immobilizzato. Provò a mugolare qualcosa ma non emise altro che suoni soffocati. Dopodiché lo spinsero in avanti per qualche metro. Quando gli tolsero quel telo dalla faccia vide degli indigeni. <Ti avevamo detto di andare a casa. Cosa non ti è chiaro?> sbraitò uno di loro.
<Ehi, liberatemi. Non potete alzarmi le mani. Non ho fatto niente!>.
Gli altri risero. <Ah sì? Se ci tieni a saperlo sei oltre il territorio di Huston. Nel NOSTRO territorio. Abbiamo tutto il diritto di arrestarti>.
<Non l'ho fatto apposta! Sul serio! Passeggiavo e mi sono allontanato un po'! Non ho fatto niente di male!>.
<Silenzio! Smetti di frignare! Non l'abbiamo detto al nostro capo, per evitare spiacevoli conseguenze alla ragazza, in quanto lei è una di noi. Ma noi ti abbiamo visto. Sei così ingenuo che potevi tornare indietro e invece hai proseguito lo stesso. Ti abbiamo seguito e abbiamo visto. Tu hai una relazione con lei!>.
<Al diavolo!> urlò lui dimenandosi. <Ci spiate ora?>.
<Solo quando entrate nel nostro territorio e interagite con alcuni di noi>.
<Siete dei pervertiti!>.
<Raccontalo al tuo Ministro. Ora ti portiamo da lui>.
Viste le condizioni, avrebbe potuto dire che gli era andata bene. Se quei selvaggi lo portavano indenne al suo campo poteva affermare che gli era andata di lusso. Però se avessero parlato col Primo Ministro e gli avessero raccontato tutto, per lui sarebbe stata la fine. Non poter più rivedere lei, o venire imprigionato dai greenrockiani e magari giustiziato, sapendo però che lei sarebbe stata al sicuro?
<Garantitemi che a lei non accadrà niente> disse più tardi, mentre incatenato lo stavano scortando a Huston.
<Stai zitto! Non sei nella condizione di parlare>.
<D'accordo, d'accordo. Sta calmo...>.
<Devi ringraziarci per non averti ammazzato, piuttosto>.
Il loro accento era ridicolo ma inquietante. Nelle prime ore serali si trovavano in prossimità di Huston. Uno di loro suonò dentro un corno tre volte. Un suono prolungato e con pause di quattro o cinque secondi.
<Ministro! Ministro!> disse una guardia correndo per il corridoio del palazzetto. <Uomini del Bosco! Sono qui>.
<Ho sentito. Prendi due guardie e andiamo al cancello>.
<Ma, Ministro... Non è il caso di...?>.
<Fa come t'ho detto!>.
Poi uscì, con la sua giacca beige e i capelli biondi pettinati all'indietro, e si recò a passo deciso verso l'entrata. Fece segno al guardiano della porta di accendere la luce soprastante, che era il segno che chiunque stesse fuori poteva avvicinarsi. Poi uscì, con tre guardie appresso. A metà strada tra gli alberi della foresta e la cittadina, i curiosi che erano usciti in strada, guardarono il loro leader confrontarsi con alcuni dei selvaggi.
<Qual è l'onore della vostra visita?> chiese Sammy in modo cordiale ai due guerrieri che aveva difronte.
Costoro lo squadravano come se avessero visto un alieno. E in qualche modo lo era.
<Siamo esploratori delle colline Yumbai. Oggi abbiamo sorpreso uno dei vostri oltre il confine> spiegò quello più alto.
<Secondo le carte di Aizhkatar ognuno è libero di andare dove vuole, purché non rechi danni alle altre tribù> spiegò con un'ammirevole ed educata fermezza il Ministro.
<Esatto. Non se recano danni alle altre tribù. Si dà il caso che il vostro uomo abbia molestato una delle nostre donne>.
Sammy non capiva, ma voleva continuare ad assumere un comportamento professionale, per non farsi sopraffare da quegli indigeni. <Cos'è successo esattamente?>.
<Stava consumando dei rapporti fisici con una cittadina del nostro popolo>.
<Capisco. Lui dov'è ora?>.
Il greenrockiano fischiò e gli altri tre suoi compagni scesero col prigioniero legato ai polsi su un bastone. Sammy guardò True inespressivo. Poi tornò a parlare con gli esploratori. <Molto bene. Processerò io stesso il ragazzo e vi assicuro che non lo vedrete mai più su quelle colline> con tono di congedo.
<Negativo. Secondo le pergamene di Aizhkatar, chiunque molesti una donna deve venire punito con la morte>.
Sammy iniziava a disperarsi, ma non lo dava a vedere. In quel momento avrebbe voluto che tutto ciò non stesse accadendo e che fosse un incubo.
True cominciò invece ad agitarsi. Sammy lo zittì con un gesto.
<Signori, con il dovuto rispetto. Io non credo che True sia una persona cattiva. Penso solo che sia un giovane un po' irresponsabile e che con questa donna abbia magari avuto una relazione. Non certo che abbia commesso un reato di stupro, o quant'altro>.
<Chi lo garantisce?>.
<Io. Conosco bene il mio cittadino e anche la sua famiglia. Non è un soggetto pericoloso>.
<Eppure la ragazza ha confessato>.
<Che cosa?! No, non è vero!> iniziò a gridare True, dimenandosi come un pazzo.
<Sta fermo!> gli urlò qualcuno, colpendolo alle gambe per farlo smettere.
<Signori. Vi garantisco che arresterò all'istante l'accusato e che non recherà più alcun disturbo alla vostra comunità. Avete la mia parola da Primo Ministro. Anzi, metterò agli atti i termini del processo e li sottoporrò al Comandante in persona>.
A quel punto i greenrockiani sembrarono convincersi. Liberarono il ragazzo, che corse subito dentro il recinto. Pochi minuti dopo fu seguito anche dal Ministro e le altre guardie.
Era tardi quando True si trovava seduto a subire un primo grado dal capitano della vigilanza di Huston. <È tardi. Ho lasciato la mia pizza a metà e vorrei andare a casa da mia moglie e a dormire. Non certo passare tutta la notte qui con te. Perciò dì tutta la verità e facciamola finita> ruggì quest'ultimo.
<Ve l'ho già detto. Io sto insieme a quella ragazza. Si chiama Yendel. È di Brucus. Ci frequentiamo da tre mesi!>.
<Perché l'hai violentata allora?>.
<Non è andata così! Lei era consenziente!>.
<Resterai sotto custodia fino a quando non avremo la versione dell'accusa>.
<Ma quegli uomini non sanno niente. È una congiura! Io...>.
<Silenzio! Ho qui un fascicolo che parla molto di te. Lo sai? Il tuo nome è già noto. Ora, se non vuoi peggiorare la situazione, ti consiglio di portare molto rispetto>.
<Capitano, io vi assicuro che non ho fatto nulla di male. Quegli indigeni si sono distaccati da coloro che hanno portato Yendel a Brucus e hanno inventato tutto!>. Pareva realmente turbato.
Il Capitano Thuras perse la pazienza. Camminava avanti e indietro. Poi all'improvviso si voltò e tirò una manata al tavolo, facendo saltare True che era lì seduto. <Perché avrebbero dovuto?!> urlò lentamente, andandogli faccia a faccia. Quando scandiva bene le parole, le rughe sulla fronte risaltavano su quel testone tondo e pelato.
<Non lo so. Forse vogliono vendicarsi di qualcosa. Forse non gli va a genio l'alleanza>.
<Fammi il piacere!> e si rialzò tornando a camminare nervosamente per la stanza. <Quando stipulammo l'alleanza coi greenrockiani tu eri ancora sporco di latte materno.
Se True non avesse avuto le braccia legate allo schienale, si sarebbe alzato e gli sarebbe andato davanti con fare minaccioso. <Quegli animali hanno ucciso mio padre!> gridò. Thuras si ammutolì, fissandolo negli occhi serioso. Poi si girò e, abbassando la tonalità della voce, disse: <È stata un'altra guerra. Le cose sono cambiate>. True stava per ribattere ma lui lo anticipò: <E mi dispiace! Per le tue perdite. Tutti noi abbiamo perso qualcuno. E non solo. Anche la nostra casa. L'unica che avessimo mai conosciuto. Ma gli indigeni allora ci credevano nemici, quando in realtà lo erano gli Uomini dell'Isola. Se non saltassi la scuola per andarti a fumare le canne lo sapresti!>.
<Lo so benissimo! Non c'è bisogno della scuola...> con disprezzo nelle parole.
<Bene. Allora saprai che ti sei messo in bel guaio infrangendo i termini della tregua>.
<Allora non vuoi capire, eh?! Io non ho molestato nessuno. Abbiamo fatto sesso perché stiamo insieme!>. esclamò dandogli del tu.
<Non importa! Accidenti, cosa ci vuole per fartelo entrare in quella testa vuota?! Loro possono dire quello che vogliono. Chi era in torto eri tu! E poi ti ricordo che Brucus appartiene alla Regione Fredda>.
<Un momento. Quindi voi mi credete e avete intenzione di far eseguire l'esecuzione per non mettere a repentaglio la pace degli ultimi anni?>.
<Non ho mai detto che ti credo. E nemmeno che gli permetterò di condannarti a morte! Sentiremo la versione di questa Yendel e poi agiremo di conseguenza>.
<No. Lei dovete tenerla fuori> e abbassò lo sguardo.
<Perché? Vuoi forse dargliela vinta? Far perdere a tua madre l'unico figlio che ha? Dopo che ha perso tuo padre!>.
<Vi ripeto> con tono incattivito. <Che loro non sanno niente. Sono questi cinque bastardi ad avermi seguito e imbrogliato!>.
<O forse è quello che t'han fatto credere?>.
<Beh, spero che ti sbagli!> tornò a dargli del tu.
<Lo spero anch'io...>.
<Quindi? Ora che succede?>.
<Tu te ne starai qui buono, buono. E noi penseremo al resto>.
<No! Non posso stare qui. Devo avvertirla. Devo...>.
<Hai perso la tua occasione! True Crowzal. Sei in arresto fino a data da definirsi per stupro e infrangimento del codice della tregua. Con questo è tutto. Buonanotte>.
<No! Fermatevi! No!!! T'ho detto di fermarti!>. Era inutile. Il Capitano, con la sua giacca blu, era uscito dalla stanza. Presto sarebbero entrati dei vigilanti e l'avrebbero portato in cella. Ma come ci era finito lì? Non era certo stato un ragazzo modello, però non era nemmeno un delinquente. Ora invece lo avevano etichettato come stupratore. E sarebbe morto con quella nomina. Tutti l'avrebbero ricordato così. Poi si calmò e rifletté. L'unica strada per evitare la morte era ascoltare la versione dell'accusa. Ma così facendo Yendel sarebbe stata condannata dalla sua gente per essersi relazionata con un Uomo dello Spazio. E quei selvaggi erano severi con le regole. L'avrebbero forse uccisa. O comunque le avrebbero reso la vita impossibile. Non poteva e non voleva permetterlo. Piuttosto sarebbe morto lui...
Fuori di lì, quand'era ormai mezzanotte passata, il Capitano Thuras incontrò Sammy, che gli chiese gli esiti dell'interrogatorio. <Il ragazzo nega tutto, signor Ministro> raccontò il Capitano.
<Immaginavo. Voi cosa ne pensate?>.
<Io? Che True non ha stuprato nessuno. Non è il tipo!>.
<Credete ad una cospirazione, dunque?>.
<È possibile. Ma non abbiamo abbastanza elementi. Dico di far parlare la ragazza e poi agire di conseguenza>.
<Capitano. Lo sapete che se lei dovesse ammettere della relazione verrebbe processata dai greenrockiani?>.
<Certo. Ma è un loro problema. Non voglio sembrare un insensibile senza cuore. Ma sono loro che se la sono cercata. Conoscevano le conseguenze. E poi, francamente, preferireste salvare una di loro o un nostro cittadino?>.
Sammy non disse niente, ma annuì cordialmente. Dopodiché si congedò e tornò al palazzetto. Anche il Capitano abbandonò la questura e tornò a casa. Non era mai accaduta una cosa del genere prima. L'indomani sarebbe stata una giornata ardua da affrontare.
4: NIENT'ALTRO CHE LA VERITA'
Il messaggero correva affannato. I cancelli di Hahjan si aprirono. Subito, il guerriero stanco, fu condotto dal Comandante. Poi gli venne data dell'acqua e fu fatto accomodare, in attesa che quest'ultimo arrivasse. Quando Johanna entrò, con molta tranquillità, come sempre, fece segno a tutti di andarsene e rimase sola col messaggero. <Che notizie porti per me?>.
<Mia Signora, il ragazzo è stato preso>.
<Come immaginavo. Gli Uomini Freddi. Se non avessero qualcosa da nascondere non agirebbero così>.
<È la prova che vi serviva>.
Johanna annuì e si girò di schiena, verso la finestra che dava sulla parete rocciosa alle spalle del Tempio. Era notte e soltanto le candele poste sul davanzale illuminavano l'esterno.
<Che cosa ne facciamo del ragazzo?> chiese ancora il soldato seduto dall'altro lato del tavolo.
<Liberatelo. Manda una squadra a salvarlo e poi permettetegli di continuare la missione che gli ho assegnato>.
<Mia Signora. Con il dovuto rispetto, ma questa missione è suicida. Per non contare il fatto che dovremmo assassinare tutti coloro che lo tengono imprigionato>.
<Non ha importanza. Sacrificare poche vite per salvarne tante. Un vecchio detto terrestre ma veritiero. Avanti, non perdere tempo con me. Rimettiti in forze e vai eseguire le mie disposizioni>.
<Agli ordini, Comandante>. Si alzò in posizione eretta, chinò la testa ed uscì dall'ufficio.
2 giorni prima:
Il Capitano Thuras era pronto. Sarebbero partiti in sei verso la città di Bahalntass e, se tutto fosse andato liscio, entro il tramonto sarebbero tornati, con una buona notizia oppure con una cattiva. Le prime luci rosa del giorno videro i sei addentrarsi nella foresta per raggiungere l'accampamento greenrockiano. Usarono la jeep per il primo pezzo. Poi dovettero proseguire a piedi per superare il canale e l'ultimo tratto impraticabile con la vettura. Finalmente intravidero il villaggio. <Bene, ragazzi. Mi raccomando. Freddezza e niente panico. Non siamo abituati a questi generi di incontri. E loro, probabilmente, farebbero di tutto per insabbiare la cosa. Perciò prudenza e professionalità. Forza!> disse Thuras ai suoi. L'accampamento era sprovvisto di qualsiasi genere di protezione e/o recinzione, anche delle più antiquate. Le persone che stendevano panni, o cucinavano all'aperto sui focolari, o sistemavano le loro capanne di legno, appena videro i sei soldati, iniziarono a urlare qualcosa, ma non in tono minaccioso, bensì per avvisare chi di dovere dell'arrivo della squadra. Furono accolti dagli stessi uomini che portarono True a Huston. Senza troppe parole, oltre a semplici saluti formali, furono accompagnati dentro un capannone, più grande degli altri e ornamentato in modo decisamente più elegante, all'interno del quale c'era il Capo Tribù e altri uomini di guardia. I cinque esploratori si fermarono all'ingresso, mentre Thuras e i suoi avanzarono lungo un tappeto arancione scuro fino al trono di Povhian. Non era altro che una sedia di legno, piuttosto grande, con una sorta di telo deposto sopra. Essa era su un livello rialzato rispetto alla pavimentazione, forse per rappresentare la gerarchia. <Saluti, Capo Tribù> disse Thuras con tono sicuro, chinando lievemente la testa. Gli altri più o meno imitarono.
<Saluti a voi, Uomini dello Spazio. Come sapete, oggi si terrà la deposizione dell'accusa. Verrà scritto tutto su una pergamena, la quale sarà poi recapitata a sua volta presso il Tempio>.
<Molto bene> rispose Thuras.
Con un gesto, dei guardiani fecero entrare la signorina Yendel. Aveva un aspetto innocente e spaventato. Chissà che lavaggio del cervello aveva subito in quei giorni? Inoltre era lontana da casa, da sola. Dovettero trattenerla lì per via dell'arresto, poiché gli esploratori che la colsero erano di Bahalntass.
<Prego, puoi procedere> disse con tono inaspettatamente cordiale Povhian alla ragazza. Il Capo Tribù di quel villaggio era grassoccio, bassino, spelacchiato in testa, ma con un'aria piuttosto autoritaria. Sembrava uno che sapeva il fatto suo.
La ragazzina parlò: <Ieri pomeriggio, prima dell'imbrunire, il signor Crowzal True è venuto all'appuntamento con me, al solito posto dove ci incontravamo di nascosto>. Esitò un attimo. Poi riprese: <Dopodiché ha usato la forza per consumare un rapporto sessuale con me>. I cinque soldati speranzesi iniziarono a borbottare. Fu il Capitano a doverli zittire con dei gesti. <Io non ho potuto resistere in quanto lui era dotato di una forza superiore alla mia> proseguì con la sua voce sottile e la pronuncia irregolare. <Poi gli esploratori, che fortunatamente passavano di là, hanno visto la scena e sono intervenuti>.
<Che cosa hanno visto esattamente?> domandò Thuras con tono severo. Doveva cercare di incastrarla.
<Noi che ci rivestivamo>.
<Quindi non hanno assistito al presunto stupro da parte del signor Crowzal?>.
<Non direttamente, no>.
<Signor Thuras! Giusto?> intervenne Povhian. <Sbaglio, o intuisco dal suo modo di parlare che non crede a quanto appena affermato dalla signorina qui presente?>.
<Nessun giudizio personale, signor Povhian. Solo che non c'è una prova concreta>.
<Ma la signorina Yendel ha appena ammesso il fatto>.
<Per quanto ne sappia, può aver agito così dalla paura di provvedimenti disciplinari nei suoi confronti. Le si legge in faccia che è impaurita. Perché dovrebbe esserlo se stesse raccontando la verità?>.
Il Capo Tribù tacque. Si udì un mormorio generale. Poi, con discrezione, si rivolse a Yendel. <Confermi di essere ancora scossa per l'atto di violenza subito?>. La ragazza annuì. I soldati di Huston iniziarono a gridarle contro. Thuras dovette usare le mani per placarli. Anche perché le guardie di Povhian si stavano già avvicinando con le lance in mano.
<Silenzio!> gridò quest'ultimo. <Mi sembra chiaro che siamo giunti a un verdetto. Il ragazzo dello Spazio deve essere processato> aggiunse poi rivolgendosi ai vigilanti.
Thuras scosse la testa e si sentì frustrato. <Signore. È palese che sta mentendo. Lei stessa era consenziente in quanto, di nascosto, frequentava True Crowzal, infrangendo le vostre regole!>.
<Certo, e verrà punita per questo. Era suo arbitrio frequentare il signor Crowzal, fino a quando egli non l'ha aggredita profanando il suo corpo!> alzò la voce nel finale.
<E non verrà uccisa, immagino?> con una punta di sarcasmo.
<Verrà fustigata e tenuta rinchiusa per una settimana. Inoltre le sarà proibito uscire dalla città a vita. Sarà condannata a lavori casalinghi per sempre>.
<Ora capisco...> borbottò Thuras.
<Continuate a mostrare scetticismo, Capitano di Huston?!>.
<Certo che no...> rispose secco e con voce rauca. <Forza, andiamo. Sarà il Comandante a decidere. E farò in modo che venga smentita questa farsa!>. Si voltò.
<State attento a come parlate o potrei arrestarvi per oltraggio al Regime>.
<Voi siete solo un Delegato...> a voce medio-bassa.
<Ritirate ciò che avete detto!> si alzò in piedi minaccioso.
<Capitano, vi supplico!> gli sussurrò uno dei suoi uomini.
Thuras si voltò nuovamente verso il trono e disse: <Chiedo scusa, Capo Tribù. Non si ripeterà> e chinò la testa. <Forza, andiamo!> disse ai suoi.
Una volta uscito da lì iniziò a maledire Povhian e tutto il suo popolo. <Quel figlio di puttana!> e prese a calci un alberello spezzandolo a metà. <Ha organizzato tutto apposta e ha tentato anche di farmi sbottare per arrestarmi e mettermi così a tacere!>.
<Fortuna che hai mantenuto la calma, Thuras> gli rispose Klus, suo collega ed amico.
<Per poco. Ho chiesto a voi di comportarvi con cautela e poi io stesso sono esploso, mettendo a repentaglio non solo la mia vita, ma anche quella di True>.
Klus gli porse un braccio per consolarlo.
<Se questa storia non avrà un lieto fine, darò le mie dimissioni> aggiunse il Capitano.
Gli altri zittirono a quella dichiarazione, e poi lo guardarono mettersi in marcia senza incrociare lo sguardo di nessuno. Era fuori di sé. <Gli passerà> disse Klus a bassa voce. <Deve solo sbollire>.
A Huston, Sammy lesse con fare pacifico tutta la pergamena lasciata a loro come copia. <Pare che dovremmo appellarci a Johanna, a quanto pare> disse poi tranquillamente. Thuras annuì, nervoso più di prima. <Stai tranquillo, amico. So come persuaderla. Non dico che da domani True tornerà a condurre una vita normale, ma almeno gli verrà risparmiata la vita>.
<Ammiro la tua fermezza Ministro>.
<Bisogna averla per fare questo lavoro, amico mio>. E gli appoggiò una mano sulla spalla. <Ora torna a casa. Domani organizzerò il viaggio per Hahjan>. L'altro assentì e uscì dal Palazzetto. Non molto dopo il chip di Jack Atson squillò. <È Sammy> disse lui stupito. Kerry lo guardò mentre schiacciava il tasto per rispondere.
<Che cosa? Sì. Ok. Mio Dio, sei sicuro? D'accordo... io... lo farò. Ok. Ciao>.
<Beh, che cosa voleva?> chiese la moglie curiosa.
Jack non la guardò. Fissava ancora il chip sul braccio contro uno sguardo allibito, mentre le rispose. <Vuole che vada dal Comandante>.
2 giorni dopo:
Sasha camminava legato, mentre gli Uomini Freddi lo portavano nel loro territorio. Non si sarebbe aspettato che fosse andata così. D'altro canto quella missione comportava dei pericoli, e lui ci si era imbattuto. Cominciava a fare freddo. Non per niente erano nella Regione Fredda, chiamata così perché situata ad un'altitudine maggiore e quindi con un clima diverso. Essa era parecchio estesa, fino ai piedi della montagna. Era facile oltrepassare il confine per sbaglio. Era la più grande Regione dopo quella Verde. Sasha si mangiava le mani al pensiero che era riuscito a scamparsela due giorni prima. E ora eccolo di nuovo lì. Aveva fallito due tentativi su due. Al primo gli permisero di tornare indietro, al secondo, sorprendendolo dentro il confine, non perdonarono. Ora l'avrebbero portato dal Delegato e probabilmente l'avrebbero giustiziato. C'era di buono che avrebbe potuto assistere in prima persona alle mosse dei Freddi, però essendo un prigioniero doveva trovare il modo poi di riferire tutto al Comandante, ammesso che avesse scoperto qualcosa. Era proprio in un bel pasticcio.
Quando iniziò la salita la fatica si sommò al freddo e fu devastante. Lui non era nemmeno vestito troppo pesante. Nei suoi piani iniziali, piuttosto arrangiati, aveva pensato di spiare magari lo stesso villaggio, quello più vicino, dove aveva visto e sentito uomini che si addestravano per una guerra imminente. Avevano inoltre menzionato la Perla Viola. Questo significava che stavano per cambiare le cose su Green Rock.
Mentre era immerso nei suoi pensieri, il gruppo si fermò. Pensò si trattasse di una pausa. Capitava a pennello perché era davvero esausto. Però vide quei guerrieri in allerta. Dovevano aver visto qualcuno o qualcosa. Provò anche lui a guardare nella medesima direzione. Ma nulla. Chissà che c'era? A un certo punto, si sentì un rumore di qualcosa che roteava. Era veloce, si avvicinava sempre più. Poi, di colpo, l'uomo affianco a lui cadde a terra. Aveva il cranio spappolato. <In guardia!> urlarono gli altri; e sguainarono le spade. Due di loro avevano anche degli archi con le frecce, per colpire a distanza. Di nuovo quel boomerang, che non faceva capire da dove arrivava. Un secondo uomo fu colpito in pieno. Ne rimanevano cinque. In pochi istanti, con degli urli da guerra, sbucarono dal nulla una decina di guerrieri Verdi, che iniziarono a lottare coi Freddi. Cogliendoli di sorpresa, dopo una dura lotta sanguinosa, li uccisero tutti. Sasha non poté far altro che restare fermo a guardare sperando di non venir coinvolto. <Ehilà, giovane guerriero di Bahalntass> lo salutò uno di loro.
<Che succede?> chiese spaventato.
<Veniamo in tuo soccorso, ovviamente>.
<Vi ha mandati il Comandante?>.
<Ordine suo, certo>.
<Cosa ci fanno degli Uomini dello Spazio, qua?> e indicò con la testa gli speranzesi vicini.
<Loro sono con noi. Si va nella Regione Fredda. Pronto a combattere?>.
1 giorno prima:
Era l'alba. La spedizione era pronta. In meno di dieci ore avrebbero raggiunto Hahjan e sarebbero stati convocati dal Comandante. Poi il resto era da definirsi.
<Sta attento, ti prego> disse premurosa Kerry al marito.
<Tranquilla, sto solo andando da una vecchia amica>.
Kerry abbassò lo sguardo con un sorriso che Jack conosceva bene.
<Ehi, tesoro. Io ti amo. Amo solo te> le disse per confortarla.
A quel punto lei lo baciò e lui raggiunse gli altri. I bambini ancora dormivano. Non gli avevano detto niente. Non appena si fossero svegliati e avessero iniziato a far domande, Kerry gli avrebbe spiegato che Papà Atson sarebbe semplicemente andato a lavorare altrove per un paio di giorni, o forse più. Nel piazzale c'erano già Sammy, Thuras e altri vigilanti. Due guardie arrivarono scortando True, l'imputato, il quale non faceva altro che lamentarsi. <Devo per forza tenerle, le manette?> chiese con tono scorbutico.
<Sei ancora in arresto. Non dimenticarlo> rispose una guardia. Poi con uno scatto lo strattonò spingendolo sul retro di una jeep. Le due macchine erano pronte. Il viaggio era lungo e l'orario della partenza fu deciso in base a quello.
<Si torna indietro, eh?> disse Sammy scherzoso all'amico, che a differenza sua era piuttosto serio.
<In realtà no. Stiamo ancora andando in avanti> disse Jack.
Sammy lo guardò senza rispondere.
<Oggi vedremo un posto che già conosciamo, ma è ciò che affrontiamo che sarà nuovo> aggiunse saggiamente Jack.
<Vedrai che andrà per il meglio>.
<Non lo so. Sei così sicuro? È per questo che hai portato me?>.
Proprio in quel momento l'autista mise in moto e interruppe la conversazione. Le jeep partirono e si lasciarono alle spalle la cittadina di Huston.
Irem correva per le colline. Era già pieno giorno. Avrebbe tanto voluto seguire le pattuglie per vedere finalmente questo Tempio di cui tutti parlavano. Non aveva mai visto niente al di fuori di Huston e qualche pezzo di bosco in gita con la scuola, e le altre due colonie un paio di volte, che comunque erano entrambe nella Regione Verde. Gli sarebbe piaciuto andare al mare, ad esempio, o in alto in montagna, vedere la neve. Erano tutte cose che gli mancavano. Lì dentro si sentiva in trappola. Non era l'unico a pensarla così. Ora che avevano addirittura imprigionato il suo amico e che probabilmente lo stavano portando a morire - in tal caso non l'avrebbe più rivisto -, gli venne un improvviso magone e un senso profondo di solitudine. Era il suo migliore amico, con tutti gli altri non aveva lo stesso rapporto confidenziale. Sì, lo trascinava spesso su brutte strade e gli faceva rischiare la libertà, ma perlomeno gli voleva bene e il sentimento era reciproco. Per lui avrebbe ucciso o si sarebbe sacrificato, ne era certo. Lo stesso il contrario probabilmente.
La sua motoretta saltava i dossi e le radici quasi automaticamente, poiché la mente di Irem era altrove. C'erano altri, più grandi di lui, che correvano per quelle colline, come tutti i giorni. Era lo sport di guida più praticato. La tentazione di allontanarsi e addentrarsi nel bosco era forte. Eppure non ebbe il coraggio di farlo. True ad esempio l'avrebbe fatto. Se era con lui, l'avrebbe seguito, come l'altra notte. Da solo invece si sentiva debole. Che poi in realtà era una debolezza soggettiva, considerando che ciò che non riusciva a fare era infrangere delle regole. Poteva sentirsi soddisfatto da quel punto di vista. Ma non lo aveva nemmeno salutato... Si fermò per pisciare, in mezzo ai primi alberi della foresta. Poi bevve dalla borraccia, mentre fissava l'oscurità dell'immenso verde che l'avrebbe condotto lontano da lì. Udì altri motori in vicinanza, dunque risalì sulla sua moto, diede un ultimo sguardo alla via della "salvezza" e accelerò per tornare indietro.
1 giorno dopo:
Jack continuava a fissare quel giovane. Johanna aveva riposto in lui ogni speranza. Dovevano dunque affidarsi e unirsi al ragazzo per poterne salvare un altro e, probabilmente, il Regno intero. Ormai aveva dimenticato cosa significasse correre nel bosco senza sapere il più delle volte che cosa si stesse inseguendo o da cosa si stesse scappando. La pace li aveva viziati. Dovevano togliere la ruggine, così, da un giorno all'altro, e rimettersi a fare cose che ormai erano ricordi remoti di un angolo del cervello.
Non mancava molto al villaggio di Rotthenask, il primo costruito sulla parete rocciosa del Grande Monte.
<Perché si chiama Grande Monte?> aveva chiesto Jack a Johanna, una volta.
<È la montagna più alta di tutta la contea. Le catene montuose a nord sono disabitate, poiché troppo fredde ed aride>.
<Capisco. Beh, buono. Almeno non siete costretti a percorrere migliaia di chilometri, per raggiungere i vostri campi. In salita, per di più...>.
<Jack. Arriverà il giorno che potrai dover partire...>.
<Ebbene?>.
<Dovrai essere pronto>.
<Lo sono da quando sono qui, Johanna. Da quando ti conosco>.
<Per questo sei speciale, così come lo sono io>.
E poi si sorrisero in complicità. Quella complicità che tra i due c'era sempre stata; e permise loro di arrivare dov'erano ora.
1 giorno prima:
<Non venivo a trovarla da quattro anni, se non ricordo male> disse Jack fissando la tomba.
<Cinque> lo corresse Johanna.
Erano entrambi, da soli, nel cimitero dove era stato sepolto anche il corpo di Renae. Vicino alla sua sacra tomba c'era anche quella degli altri comandanti. Erano tantissime, molte delle quali, ormai, coperte dalla natura selvaggia che vi si era sviluppata sopra nei secoli. Oltre ai comandanti c'erano anche grandi uomini che avevano compiuto magari dei gesti eroici o che avevano fatto la storia. Tutti i guerrieri invece, quelli che si riuscivano a recuperare dopo le guerre, venivano bruciati, o sul posto o in un'area apposita insieme a tutti gli altri.
La tomba di Renae era ornamentata di fiori e tenuta molto bene, a differenza delle altre. Era stato un grande Comandante. Jack la salutò, facendo il gesto della croce. Poi baciò il suo crocefisso che portava al collo e disse: <A presto amica mia>. Johanna lo osservò mentre tirava fuori il ciondolo religioso. Non gli aveva mai fatto molte domande. D'altronde non era altro che una vecchia religione terrestre a cui alcuni discendenti ancora credevano. Lì, su Green Rock, l'unica divinità che si invocava era lo spirito del Comandante. Egli stesso era il "Dio" per tutti i greenrockiani che volevano crederci. Johanna tuttavia era consapevole che non aveva niente di speciale. Era un essere umano come tutti gli altri. Ma non lo disse mai, per evitare sommosse religiose da parte del popolo.
<Forza, Jack dallo Spazio. È l'ora> disse poi. Era già di spalle che lo aspettava, senza che lui se ne accorse. Dunque si lasciò dietro la tomba di Renae e seguì l'amica.
<Perché?> le chiese poco dopo quand'erano nel suo ufficio.
<Perché tu e non il vostro leader?> puntualizzò lei.
Jack annuì gesticolando.
<Perché per me sei tu il leader. Mi fido di te, Jack. Niente contro Sammy. È un bravo uomo. Ma lo "spirito del Comandante", per il tuo popolo, ce l'hai tu, a mio parere. Non hai fatto altro che cedere il trono a lui, quando ricostruiste la vostra gerarchia. Tuttavia tu qui sei venerato e verrai ricordato come un grande salvatore> spiegò lei saggiamente.
Jack si sentì effettivamente onorato a quelle parole. Erano passati gli anni ma non la stima reciproca fra i due.
Più tardi si riunirono tutti, davanti al sacro Tempio. C'era anche Kashmitar ad assistere. <Il verdetto è dunque il seguente> annunciò a piena voce Johanna, mentre tutti i presenti tacevano e l'ascoltavano. <True Crowzal, accusato dal delegato Povhian per aver abusato sessualmente di Yendel di Brucus, verrà tenuto in mia custodia fino a quando il popolo dello Spazio non porterà a termine la mia missione, ovvero quella di aiutare ed accompagnare Sasha il Guerriero nella Regione Fredda, per indagare sulle presunte voci riguardanti la Perla Viola>. La gente iniziava a mormorare. <Al compimento di tali oneri...> alzò dunque la voce lei, <... il giovane dello Spazio verrà rilasciato e il Primo Ministro di Huston lo recluderà nella propria prigione a vita!>. Qui alcuni sudditi esplosero e urlarono contro la loro disapprovazione. <Silenzio!!!> dovette zittirli Johanna. Kashmitar le si avvicinò e, incredulo anche lui, esternò il suo pensiero. <Mia Signora, non è saggio. Se lo lasciate vivere perderete credibilità. Rischiate una rivoluzione>.
<Conosco i pericoli! Per ogni scelta c'è sempre qualcuno che ci rimette e qualcuno che ci guadagna>.
<Ma, mia signora... Non scordate che Brucus politicamente appartiene ai Freddi>.
<Lo capisco, mio caro e fedele Generale, che non approvi. Lo so fin da prima del processo. Ma ti prego di accettare le mie decisioni. Questa era la mia ultima parola>. Poi si congedò e sparì tra i corridoi.
1 giorno dopo/ villaggio Rotthenask:
Era buio. La Squadra stava nascosta dietro i cespugli a spiare dall'alto i movimenti all'interno dell'accampamento Freddo. Freddo, lo faceva anche fuori. Non era come giù da basso, dove la temperatura serale era sopportabile. Qui bisognava coprirsi. Jack impugnò la sua arma. Non ne maneggiava una da parecchio tempo ormai. Tuttavia, come quando si impara a pilotare una navicella o a guidare una jeep, non ci si dimentica mai come utilizzarla. Rimane nel sangue. E Jack era un soldato, anche se non praticava da più di un decennio. Se Kerry avesse saputo dove fosse ora, l'avrebbe legato nel letto. Sorrise a quel pensiero. Ma se si trovava lì, era anche per Kerry. Una volta poi constatato che era tutto a posto, ognuno sarebbe ritornato a casa propria e avrebbe persistito la pace. <Fate rapporto> disse una voce all'auricolare. Era Thuras dall'altro lato. La squadra si era divisa in due per osservare meglio. Jack capeggiava quella dal suo lato. Rispose lui: <Tutto tranquillo. Voi?>. La comunicazione del suo superiore si aprì, ma nessuno parlò. Si udì solo qualche rumore, come se cadesse qualcosa. E poi il silenzio. <È successo qualcosa> disse Jack preoccupato. <Vado a vedere>. Un suo collega posizionato affianco a lui annuì. Allora Atson si alzò e sgattaiolò tra gli arbusti per raggiungere l'altra sponda. Avrebbe dovuto fare il giro largo. La possente facciata della montagna si trovava alla loro sinistra. C'era della neve sparsa qua e là. Perlopiù congelata durante la notte. L'inverno nevoso era già finito. Passò dietro dei massi, che apparentemente sembravano precipitati dall'alto. Ripensò a quanto accaduto ad Hahjan. Il ragazzo era sincero, secondo lui. E anche secondo Johanna, credeva. Lei però, in quanto esempio per tutta la comunità del pianeta, doveva agire nell'interesse di tutti. Era stata clemente tuttavia, ma non quanto e come si aspettasse Jack, in fin dei conti. Eccolo ora là ad affrontare una missione suicida per impedire ad un suo concittadino di venir ucciso, per finire però in prigione a scontare un ergastolo. Dover accettare fu fantastico! Soprattutto in vicinanza di quegli uomini, giudicati da sempre pericolosi per i greenrockiani. Alcuni di loro camminavano armati di lance e archi lungo il perimetro dell'accampamento. Guardavano verso la montagna e rischiavano così di vederlo. Doveva stare attento. C'era un pezzetto ancora per raggiungere il bosco dall'altro lato. Lì c'erano Thuras e gli altri. Notò che le pietre erano troppe basse. Dovette abbassarsi e strisciare. Così facendo ci mise di più, oltre al dolore dovuto ai sassi sul terreno. Circa un minuto dopo si trovò finalmente tra i primi cespugli. Qui si ricompose e si scrollò di dosso la terra. Rimase una decina di secondi appoggiato di schiena al tronco di un albero. Poi sospirò e si addentrò. Laddove avrebbero dovuto esserci gli altri vigilanti, assieme ad alcuni esploratori di Hahjan, non c'era nessuno. "Strano" si disse. Restò dov'era, onde evitare di farsi scoprire. Regnava il silenzio assoluto. Provò a spiare attraverso delle foglie ma non vide nessuno. Allora avanzò un poco. Mise il piede su qualcosa. Era buio e non riconobbe cosa. Si sentì solo stringere alla caviglia e poi venne trascinato di colpo all'indietro, fino a sbattere la faccia per terra. In men che non si dica, rimase appeso a testa in giù come un allocco. Degli uomini incappucciati comparirono da ogni dove e gli misero qualcosa in testa per non fargli vedere. Poi, prima che lui potesse reagire, lo immobilizzarono e lo imbavagliarono. Non aveva neanche fatto in tempo a emettere un gemito, per allarmare magari i suoi dall'altra parte. Un fallimento totale. E probabilmente ora si sarebbe congiunto con Thuras e gli altri in qualche luogo dove l'avrebbero imprigionato. Mentre lo trasportavano in malo modo da qualche parte, si augurò che gli altri non facessero lo stesso sbaglio. La speranza era rivolta a loro, adesso, in quanto lui era diventato impotente.
2 giorni prima:
<Eccoci. Siamo arrivati al cancello> disse Sammy. Jack guardò avanti. Era già stato lì diverse volte. Il Comandante era una sua amica di vecchia data. Anche il capitano Thuras aveva già visitato quel luogo, ma una volta sola in passato. <Ebbene è questo?> chiese True, che ormai faceva scena muta da diverse ore. Tutti lo guardarono, senza rispondere. Le autovetture le avevano lasciate poche centinaia di metri più a sud. Poi avevano proseguito a piedi. La città di Hahjan, scelta come dimora del Regime - ma non capitale del Regno, tuttavia - era piuttosto piccola. Ci viveva un migliaio di persone all'incirca. Il Tempio occupava almeno un quarto del villaggio, posto di fronte all'ingresso murato, dall'altro lato del campo. Dietro di esso si innalzava la montagna. Era lungo quanto un lato di quella cittadina di forma quadrata. Tutto il perimetro era protetto da un muro, alto circa tre metri e mezzo. L'unico ingresso era il cancello, posto esattamente davanti alla scalinata del Tempio. In mezzo c'era un grande cortile, ornamentato da piante, statue e aiuole, dove la gente lavorava e vendeva la merce alle bancarelle. L'economia di Hahjan era basata principalmente sulla compravendita. Le coltivazioni e l'allevamento erano concentrati altrove. Nonostante le dimensioni modeste, era il villaggio più ricco dell'intero Regno; e anche il più sorvegliato. Il Capo Tribù Kashmitar era anche il Generale dell'esercito greenrockiano, se non che Secondo di Johanna (ruolo che in realtà spettava a un'altra persona - dall'identità ignota -, ma lui ne prendeva volentieri le veci). Pochi erano i soggetti fidati del Comandante, che comunque contava sempre e solo su sé stesso. Tenere le distanze dai sudditi era il modo migliore per farsi rispettare. Questo lo imparò da Renae. I guardiani al cancello - uno a destra e uno a sinistra - erano grossi, alti, coperti da una corazzatura e un elmo, e muniti di lancia, la quale impugnavano tenendola appoggiata a terra. Non chiesero niente appena videro gli speranzesi. Evidentemente li aspettavano. Aprirono il cancello e fecero passare la squadra di Huston. La gente al mercato non badò molto a loro. Solo qualche bambino o qualche donna li fissava, ma poi tornavano tutti a svolgere le loro faccende. Attraversarono il grande spiazzo passandoci dritti in mezzo, a parte una piccola deviazione dovuta a un'aiuola messa di traverso, con al centro una statua - di un grande comandante del passato - e una fontana. Passandoci attorno, quasi tutti gli hustonesi osservarono l'acqua che scendeva regolare in mezzo alle pietre, le quali erano disposte in modo tale da formare canali a zig zag, che partivano dal centro e raggiungevano a forma di serpente il dislivello esterno. In mezzo ad essi c'era il prato curato e dei fiori incantevoli. Qualche insetto impollinatore svolazzava tra essi, attratto anche dall'acqua. Dai portici sulla balconata arrivava della gente. Il generale Kashmitar invece era già in cima ai gradini dell'ingresso. <Benvenuti, Uomini dello Spazio. Il Comandante Johanna vi aspetta di là> si sforzò di essere cordiale (non gli riusciva molto). Kashmitar era un tipo rude, un combattente. Aveva fatto parecchie battaglie e aveva notevoli ferite da guerra per il corpo, persino in faccia. L'abbigliamento militare da graduato le nascondeva parzialmente. Tuttavia manteneva la sua espressione dura e diffidente, squadrando ogni individuo che gli passava davanti. Era alto forse quasi due metri e aveva due spalle grosse come macigni. Incuteva timore a chiunque gli si avvicinasse. Si fece da parte e allungò il braccio, col palmo della mano aperto, verso sinistra, indicando la via agli ospiti. Johanna era bellissima, come sempre. Aveva i capelli lunghi, diversamente dal solito, ma che la ringiovanivano. Con gli anni non aveva perso il suo fascino. Indossava un abito lungo e leggero, con delle cuciture a forma di petali o di uccelli. Le scarpe erano eleganti e alte, con dei lacci che passavano attraverso dei buchi sulle estremità a zig zag. <Buongiorno, Primo Ministro> salutò per primo Sammy, che era davanti a tutti. Poi passò il Capitano Thuras, con due dei suoi uomini e l'imputato, e subito dopo Jack Atson. <Jack> disse lei. <Johanna!> non riuscì a fare a meno di esternare il suo entusiasmo nel vederla. L'abbracciò, in modo formale, e lei ricambiò. Non la strinse a sé quanto avrebbe voluto, poiché i suoi uomini della sicurezza le stavano sempre addosso. Inoltre non voleva metterla a disagio. Il sorriso reciproco compensò. Poi entrarono in un'aula delle riunioni. In fondo c'era un soppalco, con una cattedra alta. Dinanzi ad esso, un lungo tavolo semiovale con tutte le sedie attorno. Johanna si mise dietro la cattedra in piedi. Tutti gli altri si accomodarono, accompagnati abbastanza frettolosamente dalle guardie, che indicarono loro le sedie. Poi quest'ultime si ritrassero all'indietro restando comunque in piedi a pochi metri. Ce ne saranno state una dozzina. L'imputato True Crowzal fu accompagnato dai due vigilanti sul soppalco, dove fu fatto accomodare su una sorta di sedia (strana e mai vista prima d'ora dai terrestri), e due guardie greenrockiane si posizionarono affianco. Poi i due vigilanti furono fatti spostare di sotto, vicino al prigioniero, restando in piedi perpendicolarmente al soppalco. <Siamo qui riuniti, quest'oggi, per processare il signor Crowzal, accusato dalla delegazione di Brucus di aver abusato sessualmente di una ragazza del villaggio in questione> iniziò a parlare Johanna. <Signor Crowzal> si rivolse poi a lui, voltando il cranio in direzione dell'imputato. <Giurate di dire la verità. Nient'altro che la verità>. (Questa pratica l'avevano imparata dagli speranzesi). Jack sorrise sentendo pronunciare la formula perfettamente dall'amica greenrockiana. Poi si ricordò che erano lì per True, e dovevano far di tutto per difenderlo. Si guardò velocemente attorno per vedere se qualcuno l'avesse visto sorridere. Pareva di no. Poi a True fu fatto raccontare, per l'ennesima volta, tutto l'accaduto. La pergamena di Povhian, che fu consegnata dal Primo Ministro al Comandante in persona, parlava chiaro. La dichiarazione di Yendel era sfavorevole. Aveva ammesso di aver intrapreso una relazione con True, ma aveva anche esplicitato che lui l'avrebbe violentata. Verso la fine del processo, una ventina di minuti dopo, qualcuno entrò dalla porta dell'aula. Johanna, che stava parlando, si interruppe e guardò in quella direzione. I due messaggeri di Hahjan le si avvicinarono e le sussurrarono qualcosa all'orecchio. Dopodiché uscirono subito. Jack osservò tutta la scena, cercando di leggere le espressioni facciali di Johanna, ma lei rimase piuttosto ferrea. <Mi ritiro a deliberare> disse poi. Mentre si girava per andar via nel retro, incrociò per un istante lo sguardo di Jack. Gli speranzesi furono lasciati lì ad aspettare. Passarono una decina di minuti. Thuras si alzò e si avvicinò a True, appoggiandogli una mano sulla spalla. I due guardiani del Bosco non fecero una mossa. <Tranquillo, amico. Riusciremo a farti avere la pena più leggera> gli bisbigliò per incoraggiarlo. True voltò lo sguardo, serioso, e disse: <Io non merito neanche quella!>. Poi distolse lo sguardo gelido e tornò a fissare a terra. Thuras non seppe che dire e si staccò, rimettendosi eretto. Proprio in quel momento arrivò un messaggero. <Chi di voi è Jack Atson?> disse. Jack si alzò, incredulo. <Seguitemi. Il Comandante vi vuole parlare>. Senza esitare troppo lasciò il tavolo, guardò Sammy, il quale rimase inespressivo, e andò di là, accompagnato dal greenrockiano. Poco dopo si trovò da solo con Johanna, in una stanza piena di scaffali e scartoffie. <Dovreste pulirla ogni tanto> disse lui osservando la polvere nell'aria, messa in rilievo da dei raggi di sole che penetravano dalla finestra alle spalle del Comandante. Jack si sedette di fronte a lei. Johanna non rispose alla sua battuta e continuò a sfogliare le pergamene sul tavolo. Poi si fermò e guardò l'amico. Con fare molto serioso, gli disse: <Jack. Nella mia posizione, come potrai immaginare, non posso favorire il ragazzo, così come sarebbe ingiusto appoggiare l'accusa>.
<Perché lo dici a me?> la interruppe lui.
<Perché ho un accordo da proporti>.
Lui esitò mezzo secondo, ma non lo diede a notare. E rispose secco: <Spara>.
Lei lo guardò incredula.
<Significa: dimmi pure> si corresse lui sorridendo.
<Io non condannerò a morte il giovane dello Spazio, usando come movente l'assenza di prove concrete, e in cambio tu farai qualcosa per me>.
<Ha a che fare con l'irruzione inaspettata di prima?> chiese indicando all'indietro col pollice.
<Esatto>.
<Sappiamo entrambi che le prove ci sono. Così come sappiamo entrambi che True è innocente. Quello che non so, supposizioni mie personali a parte, è perché qualcuno dovrebbe cospirare contro di te>.
<Vedo che sei sveglio e intelligente>.
<Ti stupisce?>.
<No, affatto. Perciò ti ho convocato>.
<Me e non il Primo Ministro?>.
<Lui non accetterebbe l'incarico che ti sto per assegnare>.
<E chi ti dice che io lo farò? E in ogni caso è sua l'ultima parola>.
<Tu saprai essere convincente. E vuoi salvare True...>.
<Cosa intendi per "salvare"?>.
<Dovrete recluderlo a vita, nella vostra prigione, secondo gli articoli della vostra legislatura, che dovrà essere poi analizzata ed approvata da me>.
<Wow! Non so come la prenderà. Magari preferirebbe la morte>.
<Non preoccupiamoci di questo, adesso>.
<Infatti. Dimmi perché ti servo...>.
Lei lo guardò sarcastica. Poi spiegò. Raccontò della cospirazione e del rapimento del suo inviato, Sasha. <Dovete salvare Sasha, così come io salverò True>.
<E andare nella Regione Fredda? Dove le loro milizie sono autorizzate ad ucciderci se attraversiamo il confine?> chiese Jack spalancando gli occhi.
<Non lo faranno. Non stavolta...> e sorrise rispondendo all'ironia. Poi allungò una pergamena a Jack. Era tutto scritto in lingua greenrockiana.
<Non avreste dovuto sostituire la vostra lingua con quella terrestre?>.
<Sì, beh, non tutti sono ancora pronti. Perdonami per la formalità>.
<Dice che non potranno toccarci?>.
<Esatto. E che se lo faranno risponderanno a me>.
<E chi mi dice che non c'è scritto di tenerci prigionieri o di ucciderci non appena ci cattureranno?>.
<Non ti fidi di me, Jack dallo Spazio?>.
Egli rise. <No, no... Mi fido. E lo sai. È che non mi aspettavo di arrivare ai compromessi>.
<Se è vero quello che mi hanno riferito, siamo ben oltre. Sta per scoppiare una guerra, mio caro amico...> e si alzò. Poi si portò verso la porta e gliel'aprì, come per invitarlo ad uscire.
<E io che speravo di aver combinato qualcosa di buono> commentò l'ex poliziotto ironicamente.
<Purtroppo la pace è come la felicità. Bisogna lottare tutta la vita per mantenerla>.
Jack strinse la mano del Comandante, sorridendo cordialmente. Ma non sapeva se stava facendo la cosa giusta oppure no. Non ancora almeno. Forse lei glielo lesse in faccia, questo disappunto. Ma tutti i comandanti del Bosco avevano l'abilità di non farsi leggere le espressioni, proprio come faceva Renae.
Quando gli speranzesi abbandonarono Hahjan, dovettero spiegare a True che lui sarebbe rimasto lì, fino al loro rientro. Lui non reagì bene e iniziò a dar di matto. Per placarlo intervennero gli uomini di Johanna e lo portarono via. Poi si trovarono fuori dal Cancello e non poterono più vederlo. <Il punto di non ritorno> disse Sammy a Jack, con tono saggio. Prima che l'amico potesse dir qualcosa, gli chiese: <Cos'è che ti turba?>.
<Lo sai>.
<Di scelte ne abbiamo fatte tante, ai nostri tempi. E come tu sai...>.
<C'è sempre qualcuno che ci rimette> terminò la frase Jack. <Forza, ora andiamo. Non voglio perdere tempo>.
<Io torno al villaggio Jack>.
Lui lo guardò senza reazioni emotive. <Non dirlo a Kerry> disse poi.
Sammy soffocò una risata. <E come faccio?>.
<Ometti i particolari>.
<D'accordo, amico> e gli sorrise, riempendo il suo faccione da parte a parte. Jack lo abbracciò col pugno sulla spalla e poi si unì agli altri. <Buona fortuna> gli disse il Ministro.
<Anche a te... Le nostre donne sono una tua responsabilità ora!> rispose salendo sulla camionetta. Tutti risero alla battuta, compreso Sammy, che poi si voltò e salì sull'altra macchina, quella diretta a Huston. Una volta accesi i motori, i due veicoli si separarono. E così ebbe inizio una nuova missione...
5: VISITA A HUSTON
Quando il cappuccio gli fu levato, Jack si trovò legato sotto un tendone, insieme agli altri prigionieri. Erano tutti inginocchiati a cerchio. Mugolò per farsi dare ascolto, in quanto possedeva l'ordinanza del Comandante. Thuras era riuscito a togliersi la benda dalla bocca. <È inutile, amico. Ascoltano solo quello che vogliono ascoltare>.
Jack era viola in faccia. Si dimenava cercando di liberare le fauci, ma gliel'avevano legata stretta. Un Freddo entrò nel tendone. Aveva una sorta di maschera in faccia, grigia chiara come la loro armatura. <Dite ai vostri amici di ripiegare o li elimineremo> disse con un accento folle, che quasi rendeva incomprensibili le parole.
Fu Thuras a parlare, per ovvi motivi. <E a noi cosa succederà?>.
<Voi morirete comunque. Ma potete salvare loro>.
<Che cosa?!> esclamò.
Jack continuava a dimenarsi.
<Lo sai che se ci tocchi il Comandante vi sterminerà, vero?!> abbaiò ancora il Capitano.
<Non è importante la sua reazione. Se siete qui, è perché sapete già che vogliamo ribaltare il Governo. Perciò da ora le dettiamo noi le regole, nel nostro territorio>.
<Vai a fare in culo>.
<E tu all'inferno> ribatté l'altro ridendo maliziosamente. Poi diede l'ultimatum. <Ultima occasione. Dite ai vostri di ritirarsi>.
Thuras guardò Jack, che annuì. Allora cedette. <D'accordo, d'accordo. Lo farò. Ma mi serve una mano libera>. Il guerriero gliela slegò.
<Avanti!> sbraitò.
Thuras si portò l'indice all'orecchio e comunicò. <Missione annullata> cercò di scandire bene le parole. <Tornate alla base. Subito>.
Come prevedibile, qualcuno obiettò.
Allora lui insistette. <È un ordine. Fai come ti dico, soldato!>.
Poi all'improvviso delle urla distrassero il guerriero. Nel campo stava succedendo qualcosa... Thuras ne approfittò e con un colpo di reni portò in avanti le gambe, unite dalla corda all'altezza delle caviglie, e gli fece lo sgambetto, facendolo cadere per terra. Poi, con i polpacci, gli afferrò la testa e gli spezzò il collo. Tutti guardarono sbalorditi. Completata l'opera si sdraiò affianco a lui, di schiena, e con le mani cercò di prendergli il coltello dal taschino. <Avvicinamelo!> urlò a un suo uomo. Questo si mise sdraiato e lo scalciò per agevolare il Capitano. <Ben fatto!> disse quest'ultimo. Afferrò la lama e si liberò i polsi e poi le gambe. Fuori c'era un baccano incontenibile. In quel mentre si precipitò all'interno un'altra guardia. Thuras gli lanciò il coltello dritto nel cuore. Questo cadde sulle ginocchia e poi si accasciò a terra. Estratto il pugnale, lo pulì addossò al cadavere e liberò tutti gli altri. <Andiamo via, forza!> disse un vigilante spostandosi verso l'uscita.
<No!> lo bloccò Jack. <I fumogeni>. Aveva capito la frase in codice di prima. "Fai come ti dico, soldato". Significava attacco immediato oppure armi pesanti, o irruzione totale, a seconda delle situazioni. <Li hai addestrati bene> si congratulò Jack. Thuras contraccambiò muovendo la testa. Poco dopo le urla cessarono. Nel tendone entrarono gli alleati, con delle maschere in volto. Ne diedero una ciascuno anche a loro, mentre del gas iniziava a infiltrarsi pure lì dentro. Usciti dalla tenda, si trovarono nel centro del Villaggio, in mezzo a corpi collassati ovunque. Chi si era lanciato sulle tende, chi scappando aveva travolto delle cianfrusaglie... Fatto sta che dovevano approfittare ora per fuggire via. Presto l'effetto narcotico sarebbe finito e i Freddi si sarebbero risvegliati.
Due giorni dopo Irem fece visita a True. Non aveva un bell'aspetto. Nell'altra stanza dei vigilanti stavano interrogando un altro ragazzo. Non aveva visto chi, anche se la voce gli era familiare. True stava seduto all'angolo della cella, tristemente vuota e metallica. C'era solo un tavolo in mezzo e una brandina dall'altra parte. Nel sollevarsi fece una smorfia e si portò le mani alla schiena, palesando i suoi dolori muscolari.
<Perché non ti metti comodo?> gli chiese Irem, appena fu fatto entrare.
<Sto impazzendo. Stavo facendo delle flessioni e appena ho terminato sono rimasto buttato lì. Fammi uscire di qui, amico> rispose stravolto. Poi si lasciò letteralmente cadere sulla sedia e si accese una sigaretta. <Ne vuoi una?> la offrì all'amico. Egli accettò.
<Come potrei? Sai che è impossibile> rispose alla supplica di prima.
<Niente lo è>.
<E poi che faresti? Anzi, che faremmo? Dovremmo vivere come latitanti? Non possiamo neanche unirci agli Uomini del Bosco perché sei sulla loro lista nera>.
<Non la vedrò mai più...> cambiò discorso True, abbattuto. E abbassò lo sguardo.
<Posso portarla qui>.
<Sei impazzito? Lei ha un'ordinanza restrittiva, se è vero quello che hanno detto quegli animali... E poi mi ha tradito!>.
<L'ha fatto per salvarsi la vita>.
<Certo, sacrificando la mia! Non ho più ragione di vivere>.
<Stai esagerando ora>.
<Ah sì, vuoi venire tu al mio posto?>.
<No, grazie. Proverò a parlare con chi di dovere. Magari ti sconteranno la pena. Ti metteranno ai servizi civili. Ti faranno un percorso di...>.
<Silenzio! Sai già che quel vigliacco non si abbasserà a tanto>.
<Parli del Primo Ministro?>.
<Chi se no? Se eravamo a Randel Town o a Crizty... Magari andava diversamente>.
<Però vivi qui>.
<Non per molto. Me ne andrò. Troverò il modo. Con o senza il tuo aiuto>.
<Cerca soltanto di ragionare, ok? Io ti starò sempre vicino. Puoi contare su di me>.
<Abbiamo finito> concluse acido True. <ABBIAMO FINITO!> sbraitò poi verso la porta per farsi sentire dalla guardia. Quest'ultima entrò e accompagnò fuori Irem, che triste guardò l'amico scivolare sulla superficie del tavolo senza neanche salutarlo. Doveva in qualche modo aiutarlo. Ma come?
Uscendo dalla questura, passò di fronte a Jimmy, il fidanzato segreto di sua sorella Ilana. Però non era lì in veste di visitatore, bensì di prigioniero! Era legato ai polsi dietro la schiena e quattro vigilanti lo stavano portando verso il corridoio delle celle. Non lo guardò nemmeno in faccia. Anche Irem fece finta di non conoscerlo. Che cavolo aveva combinato stavolta? Col viso imbronciato, fu rinchiuso anch'egli in una stanza insonorizzata affianco a quella di True.
Su Huston City splendeva il sole. Le coltivazioni producevano bene e la gente era alle prese con le solite faccende quotidiane. Però, negli ultimi giorni, si percepiva nell'aria che c'era della tensione. Gli ultimi fatti avevano impensierito visibilmente le persone. Glielo si leggeva in faccia.
Jack si ritrovò in riunione con Sammy e gli altri consiglieri. Il Ministro l'aveva reintegrato nella politica interna. Anche il Capitano Thuras partecipò.
<Signori, è evidente che le cose sono in fase di cambiamento> iniziò a dire Sammy, in piedi davanti a tutti. <Dobbiamo, tanto per cominciare, rafforzare al massimo la sorveglianza. Per quanto ne sappiamo, potremmo subire un attacco all'improvviso in qualsiasi momento, da parte della Regione Fredda. Perciò instaureremo nuovi turni di guardia. Per quanto riguarda le altre due città, ho già comunicato personalmente, come molti di voi sanno, lo stato di allarme. Anche loro provvederanno alla difesa delle loro comunità>.
<Che ne sarà degli agricoltori e dei pascoli?> chiese il responsabile dell'agricoltura e dell'allevamento, alzando la mano.
<Stiamo pensando anche a questo. È chiaro che non è più sicuro uscire dal villaggio>.
<Ma gli animali devono pascolare. E le nostre coltivazioni moriranno se non le curiamo. Ci saranno perdite senza precedenti!>.
<Calma! Troveremo una soluzione a tutto>.
<La soluzione serve subito, signor Ministro. Non posso ancora tenere i miei uomini fermi senza dar loro spiegazioni plausibili>.
Sammy, come spesso accadeva quando era in difficoltà, guardò Jack Atson e poi anche Thuras. Il primo non reagì, ancora scottato dalla lite con la moglie per averle mentito, mentre il Capitano si alzò e prese la parola.
<Posso, con vostro permesso Primo Ministro...> e guardò Sammy in modo cordiale, <... far sorvegliare i campi e i nostri contadini con delle pattuglie esterne>.
Il responsabile dell'agricoltura e dell'allevamento assentì, scocciato, e poi abbandonò la tavolata. Sammy lo guardò mentre usciva dall'aula riunioni del Palazzetto. Dopodiché la riunione proseguì.
Più tardi si ritrovò con Jack al Pub, a bere qualcosa.
<Come l'ha presa Kerry?> chiese a Jack, sorseggiando il chupito.
<Come vuoi che l'abbia presa? È una donna>.
<Già. Beh, se hai voglia di accettare un piccolo consiglio, puoi rassicurarla dicendole che qui dentro la vostra famiglia sarà al sicuro. Vedrai che si scioglierà un po'>.
<Già. Ma... Sarà veramente al sicuro?>.
Sammy tacque.
<E i lavori a Nuova Speranza?> riprese il carpentiere.
<La città può aspettare>.
<Potrebbero distruggerci tutto>.
<In tal caso ricominceremo da capo. Jack, accidenti! Serve ottimismo in questo momento>.
<Forse però il tuo è eccessivo. Non pensi?>.
Sammy zittì un'altra volta, abbassando il cranio. Era la prima volta che si affrontava una situazione come quella. Sarebbe stato difficile per tutti. Jhoan si avvicinò per chiedere se volessero un altro giro. Poi iniziò a suonare l'allarme principale. <Che cavolo succede?> disse Jack guardando in alto. Luci rosse lampeggiarono e un suono forte e ripetitivo costrinse tutte le guardie ad uscire allo scoperto.
<Papà, che succede?> chiese la vocina sottile di Alan.
<Cosa ci fai qui? Dov'è la mamma?> domandò il padre, meravigliato per esserselo trovato affianco.
<Ero in giro con Freddy!>.
<Sì, beh, ora torna a cas...>. Il suono di un corno iniziò ad echeggiare e ammutolì tutti quanti... La gente, all'unisono, arrestò ogni attività e portò lo sguardo verso la foresta, lasciando regnare il silenzio assoluto, disturbato soltanto dall'allarme generale in sottofondo, il cui suono, comunque, andava scemando.
<Non è un buon segno, Jack> disse Sammy preoccupato, facendosi strada tra la gente curiosa che era fuori a guardare. Veniva dagli alberi della montagna. Erano sicuramenti Uomini del Bosco. Il Primo Ministro, seguito da Jack e suo figlio, che non aveva ubbidito al padre e gli stava appresso curioso, si precipitò al recinto magnetico che dava sulla facciata del monte. Com'era presumibile, dei greenrockiani arrivarono dal bosco. Ma non erano i soliti indigeni, questi erano pallidi, di pelle chiara. Avevano quasi tutti delle maschere al volto, perlopiù di legno con semplici aperture agli occhi e alla bocca, di cui alcune colorate e altre marroni. <Questo è un esercito> commentò Thuras, che era arrivato affianco a loro. Jack e Sammy lo guardarono. Il gruppo di selvaggi si fermò a un paio di centinaia di metri, mentre due di loro, in sella a dei "cinghiali", come li chiamavano loro (in realtà assomigliavano solo vagamente a dei cinghiali terrestri. Erano alti almeno il doppio e senza il naso da suino, bensì con un muso allungato e ricco di denti affilati, in quanto queste creature erano onnivore), si avvicinarono al cancello. I due soldati erano vestiti diversamente dagli altri. Avevano una vestaglia da guerra lunga fino alle ginocchia e una spada legata sulla schiena. Inoltre il loro elmo era più appuntito e decorato. Forse era la divisa dei loro messaggeri...
<Chi di voi è il Delegato?> domandò ad alta voce uno dei due.
Le guardie nel frattempo si erano fatte spazio tra la folla invitandoli inutilmente a dietreggiare, ma in ben pochi le ascoltarono. Ora c'era un'intera squadra armata a difesa del cancello magnetico, munita addirittura di scudi per le loro frecce. <Credo intendano voi, signor Ministro> disse un contadino alle spalle di Sammy.
<Ma non mi dire...> rispose lui a bassa voce, ghignando i denti. Poi alzò il tono e si fece vedere. <Sono io, il Primo Ministro di Huston. Come posso esservi utile?>.
I due soldati lo fissarono restando fermi ai lati della porta da cui entravano ed uscivano gli speranzesi. Il vigilante della guardiola guardava Sammy in attesa che questo gli desse l'ordine di aprire. <Che cosa fate? Rimanete dentro!> bisbigliò Thuras, vedendolo avvicinarsi alla porta. Jack lo seguì lentamente, senza togliere un attimo gli occhi da quei due guerrieri. Alan gli andò dietro. L'esercito schierato alle spalle era rimasto immobile ad aspettare. Sammy ignorò le parole del Capitano e fece cenno a Bill di aprire. Quest'ultimo, impacciato, abbassò la leva e disinnescò la copertura magnetica del cancello. Sammy uscì, ma rimase solo un paio di passi oltre la soglia. <Eccomi> disse poi, mostrando coraggio e fermezza.
<Siamo venuti qui, suonando il corno della battaglia, per annunciarvi che, entro il tramonto di domani, vorremo prendere i vostri terreni e il vostro bestiame. Potete accettare, e non succederà nulla ai vostri contadini; se invece farete resistenza, attaccheremo per uccidere>.
<Un momento. Ho capito male o siete venuti nella mia terra a minacciarmi?>.
Jack ammirò quelle parole.
<Hai capito benissimo, rappresentante del tuo popolo. Due giorni orsono la tua gente ha invaso uno dei nostri villaggi, stordendo tutte le persone che vi dimorano con i vostri gas. Alcuni giorni prima ancora, un vostro cittadino ha osato molestare una delle nostre giovani donne. Ebbene, questa è la nostra risposta. Abbiamo ufficialmente dichiarato guerra al Regime di Hahjan, il quale ha vigliaccamente ignorato la procedura legale stabilita dalle pergamene, osando così attuare questo affronto alla Regione Fredda. Dunque, chiunque ci ostacolerà lo considereremo nemico. Spero facciate la scelta più saggia e non vi opporrete. Così facendo, permetterete al vostro popolo di vivere>.
Detto ciò, i due si voltarono all'unisono e galopparono verso il loro esercito, senza dar modo a Sammy di poter rispondere. Non che nell'immediato avesse trovato qualcosa da dire. Rimasero tutti spiazzati di fronte a tali dichiarazioni. Schioccando le dita diede l'ordine a Bill di chiudere nuovamente la porta, dopodiché, senza guardare in faccia nessuno, si diresse spedito verso il Palazzetto. Un'altra guerra stava per incombere?
<Stai bene?> quasi gridò Kerry, correndo incontro al figlio e abbracciandolo forte. Alan affermò. <Che è successo? State tutti bene?> chiese poi con voce disperata al marito.
<Sì. È... tutto a posto. Ora sarebbe meglio se tornaste dentro> e indicò casa loro muovendo la testa.
<E tu dove andrai? Non puoi stare con noi?>.
<Non ti devi preoccupare tesoro. Non ci succederà niente. Io sono stato riammesso nel Governo, lo sai. Vado a cercare di capirci meglio, ok?> e l'abbracciò per consolarla. Dopodiché guardò moglie e figli dirigersi verso il proprio appartamento. Avrebbe fatto di tutto per proteggerli. Erano la sola cosa che aveva.
In mezzo a tutto quel caos, nessuno aveva badato a un ragazzetto che si incontrava con un suo amico, nei giardini centrali. Sedettero sulle panchine di fronte ai giochi dei bambini. A quell'ora di sera non ci veniva nessuno. Faceva anche un po' freschino. Aniju era coperto bene, ma Irem, che era in giro da quel pomeriggio, non era passato a casa a prendere una giacchetta, perciò rimase in camicia leggera. <Quale altra regola mi farai infrangere questa volta?> chiese il ragazzo asiatico a Irem.
<Dobbiamo aiutare True. Glielo dobbiamo!>.
<Io devo cosa a chi?!> disse stridulo con scetticismo.
<Vorrei solo aiutare un nostro amico>.
<Forse è un TUO amico, Irem. A me cerca solo quando gli serve qualcosa. Anzi, dovresti valutare bene se varrebbe la pena esporsi per lui. True ricambierebbe a parti invertite?>.
<D'accordo, ok. Dimmi cosa vuoi in cambio>.
<Per far scarcerare un prigioniero condannato all'ergastolo? E che farebbe scatenare la guerra contro il nostro popolo se i greenrockiani lo vedessero in giro?>.
Irem inventò una risata sarcastica. <Raccontata così, in effetti... Però sai che è innocente. E poi, Aniju, siamo già in guerra!>.
<Sì, ma non contro la Regione Verde. Se ci mettiamo anche contro di loro, ci isoleranno e saremo la prima nave che la Regione Fredda affonderà>.
<Battaglia navale...> balbettò Irem. <Ci giocavano spesso i miei genitori su Speranza>.
<Perciò, cosa potrei volere in cambio di tutto questo? Considerando l'alto rischio di essere scoperto e di finire quindi al posto di True in cella... Sempre che mi vada bene come a lui. Per tradimento alla patria, in questo caso all'intero Regno, c'è la condanna a morte!>.
Irem si guardò attorno per paura che qualcuno sentisse. Poi abbassò il suo tono della voce per invitare anche l'altro a farlo. <Mi accollerò tutto io. Promesso>.
<Perché lo fai? A meno che tu non sia innamorato di lui, non ha proprio senso>.
<Perché è mio amico ed è innocente. Questo non basta?>.
<No. Per me tu lo ami> rispose scherzando, facendo saltare gli occhiali appoggiati sul naso, come ogni volta che rideva.
<Non sono innamorato di lui! È che...>
<Pensi sia l'unica cosa che tu abbia. Ma presto ti accorgerai che non è così. Cresceremo, prenderemo strade diverse. Magari ci dimenticheremo anche degli amici che avevamo da giovani>.
<Questa tua saggezza è irritante, lo sai?>.
<Lo so. Ma puoi forse affermare che mi sbaglio?>.
<No. In effetti è una roba da matti. Metterei a rischio la mia vita e la tua>.
<E quella di True>.
<E quella di True. Anche se lui preferirebbe fare il latitante piuttosto che marcire lì dentro>.
<Sono convinto che gli daranno uno sconto, vedrai> provò ad incoraggiarlo Aniju.
<Sì, ma di quanto? Passerà tutta la sua gioventù in galera>.
<Le cose succedono, Irem...>.
<Se fosse capitato a te? Non vorresti scappare?>.
<Sicuramente sì. E troverei anche il modo di farlo. Questi metodi tecnologici che usano a Huston sono arcaici. Non ci vuole niente, né a entrare, né tantomeno ad uscire. Il problema sono sempre le conseguenze giuridiche>.
Irem zittì e si lasciò scivolare con la schiena sulla panchina, allargando le gambe. <Che vita di merda!> imprecò poi.
<Meglio che su Speranza. Pensa a loro come potevano sentirsi. Rinchiusi dalla nascita. Fino alla morte. Pensa se nascevamo in una generazione centrale. Quelle di passaggio. Non avremmo mai toccato la terra di un pianeta>.
<Preferirei non pensare, se per te non è un problema. Anzi, sai che facciamo? Ci fumiamo una canna>.
<Questo già mi piace!>. Aniju, per quanto perfettino e rispettoso delle regole, non diceva mai di no alla buona erba di Green Rock.
<Oh, wow! E così anche il nostro secchione intellettuale ha i suoi difetti, eh?> non mancò di fargli notare Irem.
<Come tutti. E non sono secchione...>.
<Certo, come no>. Irem fece su lo spinello, mentre Aniju si guardava intorno in modo troppo appariscente, secondo l'amico. Così dava più nell'occhio. Avrebbe dovuto restare più sciallo. Ci andavano sempre i ragazzi a fumare, lì. Guardando le stelle, i due, si passarono la canna e smisero di fare discorsi da adulti, almeno per un po'. Come al solito, avrebbero dovuto aspettare che i "grandi" agissero per loro.
<Un giorno!> esclamò Thuras sbattendo un pugno contro il tavolo. Il Primo Ministro gli ripeté per l'ennesima volta di calmarsi, fissando il vuoto immerso nei propri pensieri.
<Ti renderai conto che dobbiamo agire, Primo Ministro?>.
<Ehi! T'ha detto di calmarti> intervenne Jack. Thuras lo squadrò e si voltò senza riuscire a star fermo.
<Una riunione> borbottò Sammy.
<Come dici?> chiese Jack.
<Dobbiamo fare una riunione> ripeté ad alta voce. <Organizzerò un incontro con le altre metropoli>.
<Per quando? Signore, abbiamo appena 24 ore> disse Thuras.
<Subito. La faremo stanotte> e si alzò dalla sedia. Poi si diresse verso il suo ufficio, probabilmente per contattare Randel Town e Crizty.
<Come, scusate?>.
<Ho detto stanotte. Qualcosa non ti convince, Capitano? Siamo qui per parlarne>.
Thuras e Jack si guardarono velocemente.
<Mi sembra una buona idea> sdrammatizzò Jack. Poi ognuno si diresse per la sua strada. La notte calò...
6: RIUNIONE IMPROVVISA
I tre comitati si trovarono riuniti nel Palazzetto di Huston. Era notte fonda. Sammy aveva le occhiaie, ma non gli importava. Ciò che era importante ora era avvertire gli altri. Il Ministro Gardy, alto, snello, autoritario, con degli occhiali portati sul naso, prese la parola per primo. <Le mie guardie stanno proteggendo Randel, mentre degli esploratori sono stati già mandati in perlustrazione per controllare se qualche battaglione greenrockiano è nelle vicinanze>.
Thuras lo interruppe. <Hai mandato dei soldati nei boschi?>. Gardy lo guardò male e con superiorità. Anche il Tenente Fryk fece un'espressione analoga. A Randel Town non si usava rispondere ad un Ministro.
Sammy dovette zittirlo per l'ennesima volta. Si schiarì la gola e lo guardò con severità. Thuras allora cambiò tono. <Perdonatemi, signor Ministro. Ma non trovate un po' pericoloso mandare delle persone lì fuori con gli Uomini del Bosco in possibile prossimità?> riformulò.
<Mi sembra sciocco dirlo ma, è a questo che serve la vigilanza, no?> rispose Gardy. Aveva un modo di fare piuttosto odioso.
<Se posso dire la mia...> intervenne il Ministro Keerson, massiccio, un po' meno alto di Gardy e sempre vestito formalmente e col sorriso in bocca. <Forse dovremmo più preoccuparci di come risolvere la questione, non credete?>.
<Per questa notte mi limiterei a tenere sorvegliate le città. Nel caso i Freddi venissero anche da voi, ci riaggiorneremo. Ma presumo che vorranno le stesse cose. Con le prime luci di Picture, poi, andrei da Johanna> disse Sammy.
<Aspettare l'alba? Ma Primo Ministro...> Thuras stava perdendo la pazienza.
<Non è saggio inoltrarsi nella loro foresta di notte, col buio> sostenne Fryk, con la sua camicia celeste e i capelli e il pizzetto biondi/rossicci, guardando il Capitano di Huston con insufficienza.
Thuras non approvò e non sopportava i modi di fare randeliani. <Certo, infatti avete mandato delle guardie in ricognizione!> controbatté con foga. Fryk rimase spiazzato, mentre il Ministro Gardy lo guardò con odio.
<È evidente che hai qualche idea migliore> intervenne Sammy per calmare la tensione.
<Signore, Signori Ministri. Partiamo ora e chiediamo l'intervento immediato del Comandante. Accidenti, è la loro guerra questa! Non la nostra... Siamo coinvolti perché si è diffusa la convinzione che siamo parte del loro popolo ormai. Ma non è così. Io non mi sento un "uomo del bosco". Io sono un terrestre. E ho intenzione di difendere la mia gente e la mia patria col massimo delle forze> spiegò. In un angolino il Tenente Loodly annuiva assecondando il discorso di Thuras. Nessuno lo notò. Era rimasto zitto e in disparte tutto il tempo.
<Suggerisci di partire adesso, dunque?> chiese il Ministro Keerson.
<Esatto. Ogni minuto sprecato qui a parlare è tempo guadagnato dai nemici per circondare le nostre terre e prepararsi all'attacco! Stiamo solo perdendo tempo. Abbiamo meno di 24 ore per aggiustare le cose e Campo Hahjan ne dista dieci. Dobbiamo sbrigarci!>.
<D'accordo. Direi che è sensato. Organizzate una spedizione> suggerì Keerson stesso.
Gardy non disse più nulla, né si fece capire tramite espressioni, mentre Sammy sembrava perplesso ma comunque favorevole. Era suo il villaggio quello minacciato. Quello degli altri, almeno finora, era rimasto tagliato fuori dai progetti dei conquistatori.
<Avremo bisogno di più uomini possibile... Ci aiutereste? Noi siamo impegnati a proteggere i nostri campi agricoli> disse infine Sammy alzandosi in piedi.
Gardy si limitò a muovere la testa lentamente da destra a sinistra, continuando a fissare il pavimento con la mano al mento, mentre Keerson apparì un po' titubante. <Beh, Ministro, sai... Crizty potrebbe venir attaccata da un momento all'altro. Credo sia più saggio che io e il Ministro Gardy ci occupassimo, almeno momentaneamente, di schierare le difese attorno alle nostre città. Non sei d'accordo? Poi, per chiamare un esercito, credo siano sufficienti poche persone. Perché allontanarsi dagli accampamenti in momenti di bisogno?>.
Sammy rimase di stucco. Non volle crederci. Non avevano intenzione di accompagnarlo da Johanna. Non seppe che dire. <Oh, beh, sì... Capisco. In effetti... Hai ragione>.
Finita la riunione, Thuras si avvicinò a Sammy. <Ministro, vi posso parlare in tutta franchezza?>.
<Che c'è? Dimmi...> rispose scocciato.
<Avrete sicuramente notato che ci hanno voltato le spalle!>.
<Come scusa?>.
<Ma sì, dai! Come potete non vederlo? Loro pensano solo a sé stessi. Se siamo in guerra, sarebbe stato giusto unire le forze. Invece ci lasciano soli!>.
<Capitano, non è altro che una trasferta ad Hahjan per aggiornare il Regime sullo stato delle cose>.
<Come puoi essere così ingenuo, maledizione?!> sbraitò Thuras, le cui vene frontali si gonfiarono. Qualcuno che passava di lì si girò udendo il Capitano della vigilanza urlare. Sammy si limitò a guardarlo, inespressivo.
<Non si tratta di una chiacchierata tra amici in un bar... Qui dobbiamo far valere gli scritti delle sacre pergamene. Il Comandante è tenuto a intervenire e a prestarci soccorso> finì il discorso.
<Rilassati ora. Il Comandante ci aiuterà. Ti ricordo che è Johanna, non uno dei loro vecchi selvaggi> rispose Sammy assumendo un tono severo.
<Certamente> si rassegnò Thuras congedandosi. Poi fece il salutò e si volatilizzò. Il Ministro rimase lì pensieroso, con una fitta all'onore che gli bruciava in petto. Non aveva la stima degli altri due ministri? Era una domanda, che si poneva, o era un'affermazione, un dato di fatto?
Mentre Thuras si recava verso la caserma, incrociò Loodly, il Tenente del villaggio Crizty. Il giovanotto non era di molte parole. Spettinato e con la camicia della divisa sbottonata sul collo, si avvicinò cautamente allo hustonese.
<Tenente>.
<Capitano> si dissero.
Poi, vedendo che stette li fermo e non si portò verso il cancello con gli altri, capì che forse lo stava aspettando. <Come posso esserti utile, Loodly?> chiese mentre cercava di sbollire.
<Io sono d'accordo con te. Ho sentito la discussione tra te e il Ministro Sammy. Credo tu abbia ragione>.
<Ebbene?> domandò l'altro senza esprimere stupore.
<Intendo aiutarti>.
<Sul serio? E come?>.
<Andando insieme a Campo Hahjan, ovvio> concluse sorridendo. Thuras, che vicino a lui sembrava almeno il doppio, ricambiò il sorriso facendosi scappare una breve risatina.
Non molto dopo i Ministri di Randel Town e Crizty abbandonarono la città di Huston. Dal cancello in poi vennero scortati dai loro uomini verso le rispettive automobili. Poi le luci delle vetture sparirono nell'oscurità. Ora Sammy era solo. O almeno così credeva. Cosa avrebbe fatto ora? L'ansia lo pervase e gli aumentò la tachicardia. Ah, sì! Ecco... Doveva cercare Thuras e avviare la spedizione. Il tempo scorreva...
Jack - come da copione - non riusciva a dormire quella notte. Aveva gli occhi spalancati e forse gli ci voleva un tranquillante da caccia per addormentarlo. Kerry gli portò una tisana alle erbe, la sua preferita. I bambini ronfavano già da un pezzo. Lui invece era preoccupato e si domandava perché anche lei non lo fosse.
<Ti ricordi quando abbiamo assistito all'incoronazione del Comandante?> gli chiese.
Lui sorrise ma non disse niente.
<Io credo in lei, Jack! Tutto si risolverà>. Fecero l'amore e si addormentarono abbracciati. Però faceva parecchio caldo e continuavano a svegliarsi e a togliersi il lenzuolo da dosso. A un certo punto il gatto salì sul letto e iniziò a far le fusa. Un altro motivo per interrompere il sonno. Ma tanto non rimase più molto tempo. Qualcuno chiamò Jack sul ricevitore personale. Era il Capitano Thuras. <Che diavolo...!?> disse con la voce assonnata.
<Atson. Vieni al piazzale dell'Orto subito. Abbiamo una missione>.
Jack si vestì in fretta, non badando alle domande paranoiche della moglie, che lo distraevano. Poi si precipitò fuori e raggiunse il punto indicato. Aveva ancora gli occhi assonnati. Insieme a Thuras c'erano Loodly e sei o sette uomini. Jack li guardò tutti, aspettando che qualcuno spiegasse il motivo dell'incontro. <Siamo riuniti qui per andare a Campo Hahjan. Si parte subito. Bill ci ha fornito le armi> iniziò a spiegare Thuras.
<Un momento. Un momento. Questa non è un'uscita non autorizzata, vero?>.
<Che problema ci sarebbe se lo fosse?>.
<Non posso voltare le spalle a Sam! È mio amico... E Bill... Cazzo! Anche lui?>.
<Rilassati Atson. È tutto sotto controllo. Il Primo Ministro è momentaneamente impossibilitato nel prendere decisioni. Io sono il Capitano della Vigilanza hustonese. So quello che faccio. Sammy capirà>.
Poi, prima di attendere la reazione di Jack, tutti si misero in moto, all'unisono, caricando le jeep di armi e munizioni. La partenza era prevista subito.
Mezzora prima:
<Fatemi uscire! Fatemi combattere! Sarà il mio riscatto! So che vi servono uomini! Ascoltami!> gridava come un matto True. Thuras lo ignorava. O almeno si sforzava di farlo. Una guardia andò vicino alla cella col bastone elettrico per invogliarlo a smettere, ma il ragazzo continuava. <Lascia stare> disse Thuras al suo uomo. <Riposo> gli ordinò, attendendo che egli si allontanasse. Poi si avvicinò alla stanza e invitò True a tacere.
<Finalmente vi degnate d'ascoltarmi>.
<Non ti esaltare. Non ho intenzione di liberarti. Ma sono d'accordo con te. Più uomini abbiamo, meglio è. C'è una guerra che sta per scoppiare. E stare rinchiuso qui dentro capisco benissimo che possa farti sentire impotente>.
Poi True iniziò ad ululare qualcosa di incomprensibile, ma Thuras, col suo vocione, gli parlò sopra: <Ma non ti libererò. Non sei abbastanza motivato. Tu vuoi solo vendetta. Noi stiamo andando dal Comandante per chiedere rinforzi e proteggere la nostra città. Comportati bene e avrai la tua chance>.
Poi di nuovo, True diede di matto.
Thuras tentò ancora una volta di farlo ragionare. <Se ti porto da Johanna, lei come reagirà vedendoti lì, libero? Non saremo credibili! Potrebbe non volerci più aiutare! Lo capisci questo?>.
A quel punto True tacque e si voltò di spalle. <Io voglio combattere> mormorò.
<Attendi il mio ritorno e non fare cazzate. Chiaro?> si raccomandò il Capitano. Dopodiché abbandonò la questura per riunirsi con gli altri.
Mezzora dopo:
Nel massimo silenzio possibile, Bill fece aprire il cancello e le due jeep uscirono. Successivamente lo richiuse e lasciarono lì un giovane apprendista, che non era al corrente di quanto stava accadendo. Giustamente, si limitò ad eseguire gli ordini del superiore. Sammy avrebbe trovato il cancello piantonato e si sarebbe arrabbiato meno che se fosse stato lasciato incustodito.
Le due jeep dei ministri speranzesi proseguivano verso il passo di Tahylan. Superata la prima collina si sarebbero poi divise. Il Ministro Keerson ancora si chiedeva perché Loodly fosse rimasto a Huston. Anche se in realtà la risposta la conosceva. Non aveva il coraggio di accettarla, però. Tuttavia, egli stesso alla riunione aveva appoggiato Thuras nella sua teoria. Forse non aveva fatto attenzione al Tenente dietro di lui che scambiava probabili sguardi di intesa col Capitano hustonese. Ma perché tradirlo così? No, forse si sbagliava. Erano solo sciocche paranoie. Prese il fazzolettino dalla camicia e si soffiò il naso. Quel dannato polline gli aveva provocato un'allergia. Non era l'unico terrestre a risentirne. L'inizio dell'estate greenrockiana aveva fatto fiorire il pianeta e così ebbe anche inizio l'impollinazione, con tutti i suoi stupendi insetti all'opera. Altrettanto fantastici erano appunto i fiori, di vari colori, dal blu elettrico al verde chiaro, al rosa, al rosso acceso, al bianco e addirittura al viola. Di notte non si poteva assistere a tale spettacolo, per via del buio, che rendeva tutto monocromatico. I fari delle auto erano puntati sulla strada per evitare di sbattere contro qualche masso o qualche cunetta. Poi, superata la prima delle colline di Yumbai, le due vetture si separarono. Gardy fece un cenno scarso verso il Ministro Keerson, che invece ricambiò più animatamente. La sua apatia era palese. Non sembrava importargli. Anzi, a volte dava l'impressione che ci provasse gusto. Gardy, ormai sulla sessantina, sopravvisse alla guerra contro gli Uomini dell'Isola di quattordici anni prima, in veste di vigilante di Speranza. Fu uno di coloro che non si trovavano nella città prima che venisse fatta esplodere dal missile. Perse tutti comunque. Moglie e fratello. Poi decise di dedicarsi alla politica e ci mise passione ed egocentrismo, fino ad arrivare dov'era ora.
Mezzora prima:
Aniju e Irem stavano ormai per tornare verso casa. Avrebbero dovuto uscire dal parco giochi e poi si sarebbero divisi. Era già tardi e la fattanza li aveva rincitrulliti un bel po'. L'indomani gli impegni scolastici sarebbero stati i medesimi degli altri giorni, nonostante lo stato d'allerta. Tutte le attività urbane si sarebbero continuate a svolgere. I due camminavano paralleli alla siepe che divideva il parchetto dalle casette dietro, quando sentirono un fruscio. Non gli diedero gran peso, considerato che spesso vi si nascondevano i gatti oppure poteva essere stata una lucertola. Era buio in quel punto. Il lampione sopra di loro, che prima forse funzionava - non si ricordavano che fosse guasto -, era spento e per una decina di metri la luce artificiale non si diffondeva come negli altri punti. Date le circostanze era inquietante andare in giro di notte, anche se erano all'interno del centro abitato. Eppure la suggestione incrementata dalle canne di quella sera faceva brutti scherzi. All'improvviso Aniju, che era rimasto un passo indietro per sistemarsi il pantalone in basso, fece un verso strozzato. Irem si girò di scatto e non lo vide più. Era sparito. <Andiamo, amico. Non fare scherzi! Non è div...> prima che potesse finire la frase, qualcosa gli avvolse la testa, annientandogli la visuale. Qualcuno l'aveva afferrato da dietro, stringendogli un sacco attorno alla faccia, e se lo stava trascinando tra i cespugli. Dimenarsi fu inutile. Chiunque fosse, l'aveva immobilizzato bene. Poi udirono una voce femminile che bisbigliava: <Tranquilli. Non siamo nemici. Vogliamo aiutarvi>. Subito dopo fu tolto il cappuccio a Irem, che guardò terrorizzato la ragazza di fronte a sé. Affianco c'era Aniju, ancora incappucciato. <Cosa volete?> chiese Irem.
<Sono Yendel, l'amica di True> disse sottovoce lei. Irem rimase paralizzato, mentre il ragazzo che lo teneva legato bloccato da dietro alleggerì la presa e scoprì anche Aniju.
<Siamo con voi, tranquilli! E non siamo armati> disse il ragazzo del Bosco. Si trovavano sotto un alberello nel parchetto, nascosti dai suoi rami nel punto in cui il lampione non illuminava.
<Come siete entrati?> domandò meravigliato Irem.
<Non ha importanza. Siamo qui per True. Dobbiamo liberarlo>.
<Che cosa?! Prima lo tradisci e poi...>.
<Non l'ho mai tradito. L'ho protetto. Ho fatto in modo che gli risparmiassero la vita>.
<Amico, mi vuoi spiegare cosa diavolo...?!> esclamò Aniju, ancora turbato.
Irem lo ignorò e continuò a parlare con la ragazza. <E perché ora lo vuoi liberare?> le chiese sospettoso.
<Perché devo portarlo via da qui>.
<Fai sul serio? Ti intrufoli nel nostro campo, aggredisci la gente e gli chiedi persino di aiutarti a far evadere un prigioniero?!>.
<Senti, bello. Vuoi aiutarmi o no?>.
Irem zittì un attimo. Poi guardò Aniju, che aveva le pupille fuori dalle orbite. <Lui chi è?> e indicò Sasha.
<È un mio amico. Vive a Bahalntass. Viveva... Poi il Comandante l'ha mandato in guerra>.
<Ovvero?> chiese Aniju.
<Sono la spia della Regione Verde. Ho avvisato io il Comandante della Perla Viola> rispose il giovane guerriero. Al buio si vedeva ben poco, ma indossava una maglia a "x" che lasciava scoperti gli addominali, i fianchi e una parte del petto. Legata ad essa, dietro, c'era la sua spada, in diagonale. Di lei invece si vedevano solo i capelli lunghi e lisci.
<Della Perla che?!> abbaiò Irem.
<Non ha importanza ora> tagliò corto Yendel. <Il punto è che se non liberiamo True, i Freddi lo uccideranno>.
<Ma di che diavolo parli?>.
<Non siete al corrente dell'imminente invasione dei Freddi?>.
<Certo che lo siamo, ma...>.
<Uccideranno tutti coloro che si opporranno! E anche i prigionieri!>.
<Come lo sai?> domandò Aniju.
<Perché è così che fanno! E poi, se vogliono prendere la Perla Viola...> disse Sasha.
<Allora, ce lo spiegate o no cos'è sta Perla Viola?>.
Qualcuno passò di lì. <Giù!> bisbigliò Yendel. Tutti e quattro si accovacciarono e aspettarono che le persone si allontanassero. Erano vigilanti di Huston.
<Merda!> disse Aniju.
<Che c'è?> chiese Irem.
<Fanno il coprifuoco. Negli stati d'allerta vanno a controllare che tutti siano dentro le proprie case. Soprattutto bambini e minorenni>.
<Dannazione! Questo significa che non sarà facile portarlo fuori da qui>.
<Tu hai davvero intenzione di... ?!>.
<Non hai sentito il ragazzo? Lo uccideranno!>.
<Chi ci garantisce che non sia una trappola?> disse Aniju guardando sospettosamente i due.
<Perché dovremmo far così? Rischiare di farci beccare... E poi noi siamo vostri alleati> spiegò perplessa Yendel.
<Hai sentito? Sono a posto> disse Irem.
<Bene. Come lo tiriamo fuori dalla cella?> domandò Aniju.
<Ho un piano. Ascoltate...> iniziò a spiegare Yendel a bassa voce.
Mezzora dopo:
La sentinella che controllava l'ingresso della questura stava seduta nel gabbiotto appena oltre le porte. Il Capitano Thuras l'avevano visto uscire poc'anzi, perciò non c'era rischio di incontrarlo. Ora dovevano solo raggirare le guardie in servizio. <Ok, vai...> sussurrò Yendel. A Irem parve una pessima idea, però ormai erano in ballo. Pensò anche che se non avesse fumato assai quella sera magari non sarebbe stato così spudorato nel presentarsi lì a quell'ora. Meglio così. <Ehi, ragazzo... Non è l'ora delle visite. E poi dovresti rientrare. C'è il coprifuoco> disse il guardiano restando seduto. In una mano teneva una rivista, che stava sfogliando per combattere la noia.
<Lo so che sono fuori orario, ma ci tenevo a salutarlo. Almeno un salutino veloce, dai> provò a implorarlo.
<È fuori discussione. Ora torna al tuo dormitorio o chiamo la vigilanza> e fece per alzarsi. Proprio in quel mentre, Sasha, che si era nascosto fuori dalla soglia, gli lanciò una frecciolina narcotizzante nel collo, scagliandola dalla sua fionda. Il guardiano, che stava per uscire dal gabbiotto, barcollò qualche secondo e poi crollò a terra, sorretto come meglio poté da Irem, per fargli attutire il colpo.
<Perfetto. Ora andiamo> disse Yendel, che entrò subito dopo con Aniju. <Noi pensiamo al corpo, voi tirate fuori il prigioniero> disse poi a Sasha e Irem.
<C'è un'altra guardia solitamente più avanti...> sussurrò Irem.
<Atteniamoci al piano> rispose secco Sasha. Visto alla luce, aveva proprio un bell'aspetto. Addominali scolpiti, belle spalle, un bel petto, un visino rotondo perfettamente proporzionato al corpo, e quella vestaglia da guerriero del bosco che gli dava un certo fascino. "Forse Yendel si è innamorata di lui..." pensò distrattamente Irem, mentre ancora cercava di spiegarsi perché quei due fossero lì insieme. Ma non c'era tempo. Nel corridoio delle celle, come previsto, c'era una guardia seduta dietro un tavolino, con un monitor davanti. Forse stava guardando altro, tant'è che non aveva osservato le telecamere, altrimenti avrebbe visto gli intrusi e l'aggressione alla prima sentinella. <Là...> indicò Irem puntando l'indice in alto. Sasha mirò con la fionda e abbatté la telecamerina nell'angolo tra i corridoi. Il guardiano però si accorse di qualcosa. Improvvisamente si era agitato e si alzò in piedi. Poi sfoderò l'arma e si portò verso di loro. Li aveva scoperti. <Tocca a te, ragazzo dello Spazio> disse Sasha senza guardarlo in faccia. Irem lo squadrò e poi si decise a proseguire la messa in scena. Camminò liberamente nel corridoio, tenendo le mani in tasca, come se fosse tutto tranquillo. <Cosa ci fai qui?!> sbraitò il vigilante appena lo vide, tenendo la pistola in mano puntata verso il basso. Irem si sforzò di non guardarla e rispose: <Sono venuto a trovare True>.
<Questo non è orario di visite. Come hai fatto a entrare?>.
<Dalla porta... Come sempre> con una punta di sarcasmo.
La guardia sorvolò sulla risposta cazzuta e si avvicinò lentamente e con prudenza. <Che è successo alla telecamera?>.
<Quale telecamera?> chiese Irem.
<È impossibile che ti abbiano fatto entrare... Cosa sta succedendo qui? Non farmi incazzare, ragazzino>.
<Senti, amico. Ho anche incontrato Thuras là fuori. M'ha dato il permesso di andare a salutare al volo il mio amico. Solo un minutino. Chiedi a lui se vuoi>.
Il guardiano prese la radio e fu allora che sbucò fuori Sasha e lo colpì alla fronte con la fionda. Il vigilante cadde all'indietro inerme.
<Ehi... Piano!> disse Irem facendo una smorfia di dolore.
<Tranquillo, sono innocui. Ma abbiamo poco tempo. Presto si sveglieranno e dovremo essere fuori di qui. Trova le chiavi e fai uscire il tuo amico>.
Mentre Irem rovistava nel cassetto gli squillò il ricevitore al polso. Portò l'auricolare all'orecchio e rispose, mentre si spostò sul corpo della guardia per cercare le chiavi delle celle nelle sue tasche. <Dimmi, Aniju> disse.
<Stanno arrivando delle guardie. Dobbiamo uscire dal retro>.
<Ok, venite via. Noi ci siamo quasi>. Si rese conto che tremava nella voce. Fare ste pazzie non era all'ordine del giorno. E per quanto potesse risultare gratificante stordire le guardie e far evadere un detenuto, era comunque una roba senza precedenti. Kellies magari l'avrebbe notato ora... pensò fra sé e sé, sorridendo all'idea.
<Che c'è? Le hai trovate?> gli chiese quindi Sasha.
<Eh? No, no... Penso che dobbiamo usare il chip> rispose distratto.
<Cos'è?>.
<Questo qui al polso> e sollevò il braccio del vigilante. <Aiutami a trasportarlo>. Insieme lo fecero strisciare fino davanti alla cella di True.
<Ehi, ma che diavolo...?!> esclamò quest'ultimo, assistendo a quello scenario nel corridoio.
<Felice di vederti, amico!> disse Irem. Sasha invece non guardò il prigioniero e sollevò il corpo mentre lo speranzese cercava d'avvicinare il chip al rivelatore sulla porta. <Maledizione! Non funziona...>.
<Prova con la chiave normale!> suggerì da dentro True. "Grazie tante!" pensò sarcasticamente Irem. Gli altri prigionieri si erano avvicinati alle finestrelle per vedere che stesse accadendo là fuori. In tutto i detenuti al momento erano quattro. Un uomo di età avanzata, una donna forse un po' più giovane e Jimmy, il fidanzato segreto di Ilana Arpell. Irem riconobbe quest'ultimo e si imbambolò un attimo.
<Sì, ma dov'è?> strillò poi esasperato, cominciando ad entrare davvero in panico.
<Guarda là dentro!> esclamò True, e indicò uno stanzino. <Apri la porta passando il chip davanti e troverai dentro le schede manuali>. True aveva osservato in quei giorni le mosse dei vigilanti, perciò ora conosceva abbastanza bene i metodi. Qualcuno arrivò dal corridoio... <Presto!> urlò bisbigliando True. Irem lo fece. La porta si aprì. Lo si sentì rovistare qua e là, spostando energicamente della roba dagli scaffali. Poi si fermò. Aveva trovato una scatola. <Ce n'è diverse. Come la riconosco?!> quasi gridò.
<Numero 3> rispose True. Allora Irem riprese a rovistare.
Sasha nel frattempo sfoderò la spada. Le persone erano vicine. Appena svoltato l'angolo, comparirono Aniju e Yendel. <Ragazzi! Dobbiamo muoverci! Stanno arrivando> squittì la ragazza.
<Che ne avete fatto del corpo?> domandò Sasha.
<È nella guardiola, appoggiato sulla sedia. Si sono già accorti che è svenuto e stanno venendo qui>.
<Corpo? Quale corpo?> domandò esterrefatto True.
<Eccola!> esclamò poi felice Irem. Avvicinò la tessera al lettore e non andò, ma fece un suono e si accese una lucina rossa. Poi vide una fessura e la ficcò dentro. A quel punto si accese una luce verde e la porta si aprì. <Forza, fuori ora!> disse Yendel. Gli altri prigionieri non dissero una parola. Solo dopo, Irem si ricordò di loro. <Un momento!> esclamò frenando. <Dobbiamo liberare anche loro>.
<Sei matto?> disse True. <Proprio ora che siamo ad un passo dalla libertà>.
<Ha ragione. Li uccideranno, se è vero quello che dice Yendel> intervenne Aniju.
<Di che state parlando?>.
<Quando un villaggio ne invade un altro, oltre ad eliminare gli oppositori, fa giustiziare tutti i prigionieri. Fanno sempre così> spiegò Yendel. True la guardò con un misto di odio ed eccitamento. Non sapeva ancora se si poteva fidare o meno.
<Voi siete tutti matti! Io domattina verrò rilasciato! Col cazzo che mi faccio coinvolgere nelle vostre stronzate!> ululò Jimmy.
In quel momento, però, arrivarono le guardie. <Ehi! Fermi!> urlarono. Erano quattro. Una si fermò ad assistere il collega svenuto sul pavimento.
<Non fargli male> sussurrò True al greenrockiano, che aveva già la spada impugnata e lo sguardo minaccioso.
<Useremo la pistola> disse Irem.
<Che cosa?!> esclamò Aniju.
<La regolo sullo stordimento, per non uccidere>.
<Ma sai farlo almeno?!>.
Troppo tardi. I vigilanti li sorpresero. <Non fate un passo o vi spariamo addosso una raffica di tranquillanti magnetici!> abbaiò uno di loro. <Alzate le braccia e lasciate le armi a terra, subito!>. Tutti ubbidirono, meno Sasha che, veloce come una saetta, scivolò a terra e fece inciampare il primo guardiano, che cadde di schiena dopo aver fatto un giro della morte. Poi, prima che potesse usare la pistola, True gliela sottrasse e sparò addosso a un'altra guardia, che cadde all'indietro. Con l'ultima sentinella, invece, Sasha dovette usare la spada e tagliarli via il polso, altrimenti questa gli avrebbe sparato. La mano con la pistola incastrata dentro volò via sulla sinistra contro la parete, facendo schizzare fuori sangue a volontà. Il vigilante urlò dal dolore e True gli sparò subito per addormentarlo. Poi arrivò la quarta sentinella, che si era fermata a soccorrere il collega tramortito. Fu facile per Sasha colpirlo con la fionda al collo. Dopo aver tremato qualche secondo per la scossa, anch'ella si accasciò sul pavimento.
<Presto! Avranno chiamato rinforzi!> disse Yendel. True e Irem, letteralmente scioccati da tale show, presero le armi dai vari corpi, tranne quella nella mano sanguinante. Non ebbero così tanto fegato. <Dobbiamo bendargliela, o morirà dissanguato> osservò Aniju. Mentre strappò un pezzo di tessuto da una divisa e iniziò a legargliela al polso, un allarme cominciò a suonare, accompagnato da una luce rossa lampeggiante, che sostituì tutte le altre all'interno della questura.
<Forza, non c'è più tempo!> gridò Sasha. Dopodiché liberarono anche gli altri tre con la stessa procedura.
<Avete sentito che ho detto? Non sono così idiota da evadere poche ore prima della mia scarcerazione!> brontolò ancora Jimmy, ma la detenuta affianco a lui, gli rispose a dovere. <Ehi, cucciolino! Forse non ti è chiara la situazione. Se non vuoi crepare qui dentro faresti bene a chiudere il becco e scappare in silenzio>. Lui la guardò imbronciato. Aniju, intanto, in quattro e quattr'otto legò stretta la benda attorno alla ferita, rallentando così l'emorragia. Poi rimase titubante a guardare preoccupato la pozza di sangue che si stava espandendo attorno a lui.
<Ehi, arriveranno le altre guardie e lo soccorreranno. Forza!> lo rassicurò Irem. Così lo sollevò per il braccio e insieme scapparono fuori. Yendel aveva già forzato la finestra sul retro ed uscirono da lì. Corsero in mezzo al giardino che portava fino ad un'inferriata, dietro la quale c'erano dei piccoli orti. Scavalcarono e, calpestando le pianticelle, corsero in mezzo alle coltivazioni.
<Ouh! Al signor Trumash non piacerà affatto...> commentò disgustato Aniju, guardando le verdure calpestate durante la fuga.
<Qualcuno ora mi spiega come usciremo da Huston?> domandò True scettico.
<Un problema alla volta> rispose gelido Aniju, che forse iniziava a pentirsi di essersi cacciato in un guaio più grosso di lui.
A pochi chilometri da lì, intanto, la jeep del Ministro Gardy si arrestò di colpo. <Che c'è ora?!> sbraitò lui da dietro. Nessuno rispose. Quando si affacciò nella cabina di guida, notò che i due soldati seduti davanti fissavano qualcosa di fronte a loro, con la bocca aperta. <Ma che diavolo...!?>. Poi guardò anche lui. Davanti alla vettura, una squadra di Uomini del Bosco si era schierata a scudo, per impedire loro di passare. <Contatta Keerson> disse Gardy, quasi senza muovere la bocca e senza smettere di guardare avanti. Fryk ubbidì, ma dall'altra parte non rispose nessuno. <Ho un brutto presentimento> disse poi il Tenente.
La jeep di Thuras aveva già raggiunto, a piena velocità, la sorgente del fiume Kcayis. Superata essa, c'era un pezzo in discesa verso Campo Hahjan. <Continuiamo a tenerla spenta, Capitano?> chiese un vigilante.
<Sì, assolutamente. Silenzio radio fino a quando non saremo di ritorno. Non devono sapere dove siamo>.
<Ma lo sanno dove stiamo andando> commentò Loodly, mentre giocherellava con la radio militare che aveva sottratto di nascosto a Keerson.
<Certo, ovviamente. Ma almeno non potranno conoscere la nostra esatta posizione. Non vorrei che tentassero di fermarci>.
<Perché, secondo te, dovrebbero farlo?> chiese Jack, che era seduto nell'angolo in penombra.
<Beh, caro Atson, come avrai notato Sammy è corrotto dalla paura. Non è più in grado di ragionare. Di prendere decisioni importanti, quando serve>.
<E tu sì?> chiese quasi per istinto, apparendo un po' scettico verso il suo metodo di lavoro.
<Certo. Io sono ferreo e lucido. So cosa è giusto. E lo sapete anche voi. Perciò mi avete seguito> rispose comunque Thuras sicuro di sé.
Nessuno più obiettò.
A Huston, quando Sammy fu informato dell'accaduto, si scatenò il caos. Gente che voleva sapere, l'intrusione da parte di due uomini del bosco, l'evasione dei detenuti... Il Primo Ministro cominciò a pensare che tutto ciò era forse troppo per un uomo comune come lui...
7: UN BEL PO' DI STRADA
La signora Tracy era una brava donna di famiglia. Poi perse il marito e i due figli, ancora piccoli. Il trauma la cambiò. Diventò ciò che non pensava mai di poter diventare. Si trovò laggiù, su un pianeta solido, concreto, a combattere contro gente che vi abitava già da molto tempo prima di loro. Guerra, sangue, perdite. Poi la distruzione di Speranza. E anche la sua speranza venne meno. Cosa poteva farci ormai? Si adeguò. Dieci anni dopo, quando un insetto punse un ragazzo e lo uccise, tra le colline Yumbai, decise di farsi giustizia da sola, convinta che c'entrassero ancora quei selvaggi di Green Rock. Sottratte un'arma ad un vigilante e andò da sola a caccia di greenrockiani. Fortunatamente venne trovata prima dagli hustonesi, che poi la arrestarono - a fatica, dato che aggredì uno di loro -. Passò i successivi quattro anni in cella, per scontare la sua pena di tradimento e cospirazione, aggravata dall'aggressione a un pubblico ufficiale. Ora la notizia di un imminente attacco l'aveva sconvolta. Lì dentro si sentiva inutile. Avrebbe voluto uscir fuori e spaccargli il culo, a quei selvaggi. Però nessuno si degnò di considerarla. Tra l'altro vide entrare ed uscire diversi detenuti nel corso di quei quattro anni. Ma lei era l'unica a non cambiare mai. Si sentiva sola, depressa. Pensò parecchie volte di uccidersi, ma poi non trovava il coraggio. Un giorno, poi, arrivò affianco a lei il signor Drowmt, un pensionato sulla sessantina, che aveva avvelenato un orto di Huston. I medici dissero che era uscito di senno e soffriva di una sociopatia, finora repressa. La causa era ignota. Egli, nel tempo, si confidò esclusivamente con Tracy, quasi coetanea ormai. Smettevano di parlare ogni qualvolta entrasse un nuovo prigioniero. Tanto poi usciva subito... Così come accadde col giovane True, che scampò la pena di morte per un soffio. <Tu sì che l'hai combinata grossa> gli disse Tracy un giorno.
<E tu invece?> rispose scorbutico il ragazzo.
<No, io abito qua. Sono amica dei vigilanti e volevo una casa vicino a loro> disse prendendolo in giro. <Ah, lascia che ti presenti il mio vicino! Drowmt, vecchio mio! Non essere scortese. Abbiamo un ospite. Presentatevi, forza. Perdonalo, è un po' maleducato a volte. Ma non lo fa apposta. Io lo conosco. È un brav'uomo>.
<Un brav'uomo che tenta di avvelenare tutta la popolazione di Huston?!> replicò sarcastico True.
<Ah! Allora lo conosci già, non è così?>.
<Sentite. Io starò qui per un po'. Ma a differenza vostra, uscirò un giorno. Perciò, non mi parlate! Io non esisto e voi non esistete. È semplice, eh?>.
<Vieni a casa mia a dettare le regole?!> abbaiò Drowmt, che nel frattempo si era alzato e non se ne erano accorti. Drowmt, ciccione e spettinato, aveva la cella ad angolo alla sinistra di quella di Tracy; mentre True era di fronte alla donna e Drowmt gli rimaneva sulla destra, leggermente in diagonale. Si vedevano solo affacciandosi. Le pareti magnetiche mostravano l'esterno come se fossero invisibili, ma da fuori non si vedeva dentro, se non dalla finestrina ad altezza uomo sulla porticina centrale.
<Suvvia, sii più garbato!> disse Tracy guardando l'amico. <Deve ancora ambientarsi nel nuovo quartiere. Imparerà le regole> e poi fulminò con lo sguardo il neoarrivato.
True, seduto sopra un tavolo ma visibile dalla porta, girò la testa scocciato, facendo un piccolo verso di disgusto.
<E comunque non ti illudere. Credi veramente che ti libereranno? Ahahah! Amico, tu sei uno stupratore. Morirai qui dentro> tuonò Tracy col suo vocione rude. Lei era magrolina e abbastanza alta. Portava una benda attorno ai capelli ed era leggermente ricurva. La depressione le aveva fatto invecchiare la pelle prima del tempo. Tuttavia non dimostrava molti più anni di quelli che aveva, soprattutto quando si atteggiava da bulla (cioè più o meno sempre).
<Perché non te ne vai al diavolo?!> gridò spazientito True.
<Guardia! Guardia! Qui qualcuno ha bisogno di un calmante> disse Drowmt, ridendo sul finale. Si scambiò un cenno di intesa con l'amica e poi scomparirono dalla finestrella.
Finite le "presentazioni", dopo quell'accoglienza in carcere, non si parlarono più per un bel po', fino a quando una notte, sussultando per un incubo, True gemette e Tracy lo sentì. Lì iniziò un dialogo confidenziale, in cui il ragazzo raccontò che nel sogno i greenrockiani lo uccidevano, bruciandolo vivo. La cosa che l'aveva scosso di più era che fu Yendel a dare l'ok per l'esecuzione, mentre gli sorrideva in faccia davanti a lui. Un tradimento. Tracy lo consolò - a modo suo - dicendogli che era normale quando si stava chiusi in gabbia. In seguito True venne a sapere che la sua ragazza aveva l'aveva accusato di tentato stupro e lì gli cadde il mondo addosso. Ci mise un bel po' prima di accettare il fatto che lei, probabilmente, l'aveva fatto perché era stata costretta dalla sua gente, che volle usare questo episodio come movente per scatenare un conflitto. Thuras stesso gli parlò. Si sedette in cella con lui e discussero faccia a faccia. Thuras sembrava aver fiducia in True, ma non poteva far niente per aiutarlo. Un altro colpo basso. Poi incontrò Irem. E gli chiese, in modo indiretto, per non farsi sentire da nessuno, di farlo evadere, ma egli inizialmente rifiutò. Lo maledisse per la vigliaccheria, infuriandosi e prendendo a calci e pugni la roba. Tracy e Drowmt guardavano affacciati mentre le guardie entrarono per placarlo. Non gli chiesero mai nulla, tuttavia. Non certo Drowmt, che ogni tanto parlava da solo e diceva robe incomprensibili, tipo cantilene noiose, a volte anche in piena notte. Capitava spesso che Tracy gli urlasse dietro di far silenzio. Ma lei gli voleva bene ormai. In qualche modo, quel genocida, si era conquistato la stima della donna. Lei perlomeno aveva una storia triste alle spalle, e un tempo era buona. Anzi, lo era ancora. Semplicemente non seppe contenere la sua emotività in momenti delicati. Per questo fu confinata. La vita sapeva essere ingiusta ancora, persino su Green Rock. Quando True chiese poi a Thuras di mandarlo a combattere e questo rifiutò, diede ancora di matto. Stavolta i due prigionieri gli parlarono. <Amico, è inutile far così. Finirai per attirare la loro attenzione e dargli quello che vogliono> suggerì Tracy.
<Ha ragione. Datti una regolata> aggiunse Drowmt.
<Che cazzo me ne frega di cosa vogliono! So cosa voglio io. E non posso averlo...>.
Poi imprecò ancora contro i suoi amici, sebbene fosse consapevole che era da pazzi - oltre che quasi impossibile - farlo evadere di galera. Come avrebbero vissuto dopo? Da latitanti? In mezzo ai boschi? Con gli Uomini del Bosco che gli avrebbero dato la caccia se scoprivano che True era libero?
Eppure, la notte successiva, accadde l'impensabile. La guardia che stava di ronda fu stordita. Arrivarono Irem, Aniju, un Uomo del Bosco e... Non ci seppe credere! Era proprio Yendel, la sua ragazza! Pensò ad un sogno, stavolta bello però. Invece era reale. Erano lì. Lo stavano facendo.
Appena libero, si accorse che gli altri tre galeotti stavano guardando la scena, senza però dire nulla. Non poteva lasciarli lì. Ormai si era affezionato, in qualche modo. Quella gente malata li avrebbe uccisi se fossero riusciti ad invadere Huston. Era giusto dargli una possibilità, perfino a Drowmt, che era ritenuto pericoloso. Tracy certamente se la meritava, la libertà. Prese la scheda della cella 2 e aprì la porta di Tracy. Poi fece lo stesso con Drowmt e con Jimmy, neoarrivato. Senza attendere un riscontro verbale, si precipitò dietro i suoi amici e corse fuori. L'allarme suonava e presto quel posto si sarebbe riempito di vigilanti. Quando i ragazzi furono in mezzo agli orti, in prossimità della fattoria, si accorsero che i due galeotti erano spariti dopo essere usciti dalla questura. Si sentì urlare e anche il rumore metallico degli spari magnetici, i cui flash verdognoli luccicavano nel buio.
<Ci troveranno. Dobbiamo uscire> disse preoccupato True, che poté finalmente soddisfare l'impulso di abbracciare Yendel. Se era lì, non si era sbagliato, non l'aveva mai tradito. Questo gli diede più gioia che la scarcerazione stessa.
<Non preoccupatevi e lasciatemi fare> disse Aniju con fierezza. Stava maneggiando su un tablet.
<Che cosa stai...?> domandò Irem.
<Apro il cancello, ovviamente. Fatto! E voilà! Che aspettate? Volete restare qui?>.
Parte del recinto magnetico era stato aperto. Un varco. Attraversandolo sarebbero stati fuori. Si trovavano a sud, verso i campi agricoli.
<Grandioso!> si congratulò True.
<Ben fatto> disse anche Yendel.
Dopodiché, tutti fuori. <Si richiuderà?> chiese Irem.
<Non lo so. Non c'è tempo in ogni caso> rispose Aniju guardando il telo semi-invisibile che copriva la città a forma di cupola. <E poi verranno in questa direzione. È il momento di correre e di sparire da qui>.
<Sanno dove siamo?> domandò Sasha.
<Proprio così. Tutti i loro lettori hanno già ricevuto il segnale d'anomalia. Due più due fa quattro>.
<E gli altri due prigionieri? Come usciranno?> chiese però True. <Non possiamo abbandonarli>.
<Avrebbero potuto seguirci. Ormai ognuno per la propria strada> rispose Sasha senza mezzi termini.
<Stanno arrivando> disse Kayl quasi con tono interrogatorio, sbagliando accento.
<Eccellente> rispose il Kap Addah.
<Kap. Siete sicuro che quelle persone siano... come dire? Adatte per questo posto?>.
<Kayl, questo è un luogo di culto. Tutti coloro che si sentano portati possono unirsi. È così che funziona>.
<Sono terrestri, signore...>.
<Avranno la loro occasione. Se al termine del percorso risulteranno non idonei, potranno tornare da dove sono venuti. Non dimenticare che ora noi parliamo la loro lingua>.
<Certamente Kap. Signore> e abbandonò l'aula.
Poi, scendendo le scale, passò per il terrazzo circolare. C'era qualcuno abbassato a pregare. Diede loro uno sguardo veloce, dopodiché scese a pianoterra e lasciò la Custodia. La natura circostante contribuiva perfettamente a nasconderla. Finora, chiunque fosse venuto lì, non conosceva la strada di ritorno. Fu soltanto così che la tennero al sicuro. La guardò da sotto e poi montò sul ciuccio. Aveva un bel po' di strada da percorrere.
Gardy scese di persona. Ne aveva abbastanza di tutta quella storia. E se pensava che molto probabilmente erano solo all'inizio, si irritava ancor di più. Accompagnato dal fedele Fryk, si portò davanti alla jeep, di fronte ai soldati del Bosco. Si fermò ed attese riscontro. Un guerriero si avvicinò. Era pallido, perciò un Freddo. Gardy non mostrò paura. In realtà ne aveva. Chiunque ne avrebbe avuta. Quegli individui erano inquietanti. Sembrava che avessero scritto morte o sangue sulla fronte. Il tizio con l'armatura si avvicinò. Aveva un'ascia in mano. La teneva bassa. Camminava lento e di sbieco, come se si aspettasse un'aggressione improvvisa. Poi arrivò a pochi passi dal Ministro, che rimase eretto immobile e impassibile. Gli occhiali bassi nascondevano parzialmente il suo sguardo, che comunque si sforzava di mantenere serio. <Voi siete gli abitanti del villaggio dello Spazio, chiamato Randel Town?> domandò con una pronuncia quasi imbarazzante, tant'è che, in un altro contesto, sarebbe venuto da ridere.
<Siamo noi> rispose secco il Ministro.
<Ottimo. Manderete un messaggio al vostro popolo stanotte>.
<Non so di cosa tu stia parlando>.
<Te lo spiego subito, Capo della tua gente. Noi, domani al tramonto, occuperemo Huston. Poi faremo lo stesso con Randel Town e l'altro villaggio dello Spazio, chiamato Crizty>.
<Sì, qualcuno me l'aveva già accennato...> con sarcasmo.
Il Freddo pronunciò qualcosa nella sua lingua e dei guerrieri si mossero all'istante verso gli speranzesi.
<Ehi, che diavolo fate?> gridò qualcuno. I Freddi stavano tramortendo alcuni dei vigilanti.
Gardy rimase fermo e girato verso il tale con cui stava parlando, senza fare una piega. <Che dovrebbe significare?> chiese tranquillo, mentre i Freddi procedevano al massacro.
<Loro restano con noi. Così capirete che facciamo sul serio. Ora tu e il tuo secondo potete tornare a casa>.
Fryk si girò verso l'automobile. Quei pazzi avevano imbavagliato tutti i membri della scorta e li tenevano immobilizzati.
<Ah! Senza macchina. Quella la teniamo noi> aggiunse poi il Freddo.
<Cioè, dobbiamo tornare a piedi?!> ribatté Fryk.
<Il tuo secondo ha qualcosa da obiettare?> chiese il Freddo rivolgendosi esclusivamente a Gardy.
<No. A presto, allora> rispose quest'ultimo. E si incamminò verso Randel, senza girarsi a dare un'ultima occhiata ai suoi uomini o alla vettura. Fryk esitò un attimo, guardò con odio il Freddo, che ricambiò, e poi seguì Gardy affrettando il passo. <Torneremo a prendervi. Non vi succederà niente!> urlò infine ai suoi uomini presi in ostaggio.
Campo Hahjan:
Il cancello venne aperto. Kashmitar attese gli ospiti al solito posto sulla scalinata. Il capitano Thuras fece da portavoce. <Necessiteremmo di un incontro con il Comandante>.
<Qual è la motivazione, Guardiano dello Spazio?> rispose il generale.
<La guerra. Le nostre città sono state minacciate. I Freddi ci hanno dato un ultimatum e abbiamo tempo solo fino al tramonto per difenderci>.
<Quali sono le condizioni?>.
<Donargli il controllo delle nostre terre, ma... Vorrei appunto parlarne con il Comandante>.
<Il Comandante non c'è>.
<In che senso non c'è?>.
<È partito. Andato in missione>.
<Quando tornerà?>.
<Non ne ho idea>.
<Ma, noi abbiamo bisogno di lei! Siamo sotto attacco. I Freddi hanno dichiarato guerra all'intero Regno>.
<Lo so, soldato dello Spazio. Ne siamo perfettamente al corrente. Ma il Comandante non è qui. Spiacente>.
Lo speranzese rimase esterrefatto senza saper più che dire. Jack gli si avvicinò. <Thuras, forse dovremmo chiedere aiuto a lui, come suo secondo> gli suggerì parlando a bassa voce.
<Quello lì ci odia. Beh, pare che non abbiamo altra scelta, perciò...> bisbigliando. <Generale Kashmitar!> e si rivolse ancora a lui. <Noi chiediamo supporto a voi, popolo della Regione Verde. Abbiamo bisogno di un esercito per combattere gli invasori>.
<Negativo> rispose l'altro, non muovendo un solo muscolo da quando erano entrati nella città. Era rimasto tutto il tempo in piedi con le mani dietro alla schiena, in cima agli scalini, mentre guardava gli speranzesi abbassando solo gli occhi ma non il mento.
<Come...?> balbettò incredulo Thuras.
<Non possiamo impiegare un esercito per difendere un unico centro abitato. Se vogliono prendersi il Regime, questa è la miglior tattica per indebolire Hahjan e attaccarlo quando è sprovvisto di uomini>.
<Sì, ma noi...>.
<Schierate le vostre forze maggiori, se non volete sottostare alle loro condizioni. O altrimenti cedetegli il controllo dei vostri terreni e avrete la pace>.
<Un momento, non potete abbandonarci...>.
<Non lo sto facendo. In mancanza del Comandante non so in che altro modo aiutarvi. È tutto> e si girò per ritirarsi nel Tempio. Thuras fece uno scatto in avanti per andargli dietro, ma delle guardie gli bloccarono il passaggio, ponendo a "x" le loro lance.
<Voglio parlare con Johanna! Ditemi dov'è!> sbraitò allora.
<È andata alla Perla Viola> disse dalla balconata Kashmitar.
<Dov'è? Dimmi dov'è e la raggiungerò> urlò quindi Thuras per farsi sentire.
Il generale si fermò e si affacciò tra le colonne. <Vi posso dare le indicazioni, se volete. Ma lei non vi darà ascolto. È lì per la sua missione. Inoltre questo posto è situato in una zona ostile. Vi uccideranno prima di oltrepassare il confine>.
<Correremo il rischio. Per favore, illustraci le coordinate> intervenne Jack con fare più gentile, per abbuonarsi il Capo Tribù. Allora quest'ultimo fece un lieve cenno con la testa e sparì tra i corridoi.
<Dove va ora?> sussurrò Thuras.
<Forse a prendere una mappa> rispose Jack guardando verso il Tempio.
Dall'altra parte della Regione Verde, intanto, i fuggitivi raggiunsero il bosco dove andavano a nascondersi True e Yendel.
<Così quella è Bahalntass?> domandò Irem al migliore amico, indicando il villaggio in fondo alla valle.
<Proprio così>.
<Ci vorrete spiegare ora?> domandò Aniju emotivamente provato.
<Dobbiamo raggiungere la Perla Viola, prima che lo facciano i Freddi. Altrimenti per tutti sarà la fine> spiegò Sasha.
<Che cos'è?> domandò True.
<Non lo sappiamo con esattezza. So soltanto che è un oggetto sacro che dovrebbe dare a chi lo possiede un'energia tale da governare il Regno> disse Yendel.
<Che cosa?! Non sapete neanche cos'è? E se non esiste? E se è una stupida leggenda a cui vi hanno fatto credere? Dovremmo inoltrarci nella Regione Fredda per cercare qualcosa che non sappiamo nemmeno che aspetto abbia?!> esplose Irem.
<Ehi, calmati> gli disse True.
<Ha ragione il tuo amico> gli rispose però Yendel. <È in effetti un azzardo. Però è l'unica soluzione per salvare tutti quanti>.
<Perché non lasciarlo fare a chi di dovere?> domandò scettico Aniju. <Perché non se ne occupa il Comandante, se questa Perla è davvero miracolosa?>.
<Perché lei ha affidato a me questa missione> disse determinato Sasha.
<Bene. Auguri allora. Spero tu possa riuscire nel tuo intento. Io me ne vado> disse Irem fuori di sé.
<Non puoi andartene!> gli urlò dietro True.
<Ah no? E perché? T'ho già salvato la vita, mi pare. E ora mi chiedete pure di intraprendere una missione suicida in nome di qualcosa che non esiste. Perché, parliamoci chiaro... Mi sembra una gran puttanata. Non esiste la magia. Solo degli sciocchi possono crederci>.
<Tu così metti in dubbio la fede del Comandante stesso?!> ribatté Sasha.
<Beh, sì! Mi aspettavo di meglio da Johanna. Non certo che una pietra magica le donasse il potere per sconfiggere i nemici. Mi sembra una favola per bambini>.
Sasha rimase esterrefatto, mentre Yendel gli prese braccio per calmarlo. <Dove andrai?> domandò la ragazza.
<Lo lasci andare?> bisbigliò True. Lei lo ignorò.
<Non lo so. Mi sono cacciato in un bel guaio per colpa vostra. Nel bosco ci sono dei selvaggi che mi vogliono morto. A Huston la mia gente mi dà la caccia. Sono nella merda>.
<Allora vieni con noi. Cos'hai da perdere?>.
<No, negativo. Troverò un modo per farmi perdonare e farmi mettere in libertà. Lascerò che i grandi se la sbrighino tra loro. Io non sono pronto per combattere una guerra. Tu che fai?> chiese poi ad Aniju. <Resti con i pazzi o vieni con me?>.
Aniju tentennò un attimino. Poi prese la parola True. <Ehi, Irem. Mi ha salvato la vita. Glielo devo!>.
<Oppure t'hanno salvato la vita per burattinarti e farti fare da cavia?>.
<Oh, al diavolo! Mi spieghi cosa dovrei fare? Huston non è più casa mia. L'unica cosa che mi rimane è lei! E vorrei anche includere il mio migliore amico...>.
<True, accidenti! Restiamo nel bosco. Arrangiamoci. Andremo a caccia e troveremo del cibo. Vivremo qui>.
<Ah sì? E per quanto pensate di sopravvivere? Voi non siete Uomini del Bosco...> disse Sasha con una punta di ribrezzo.
<Ha ragione, temo> aggiunse abbattuta Yendel. <Con i Freddi che vogliono occupare queste terre, non starete al sicuro a lungo. Non voglio obbligare nessuno, ma credo che la cosa migliore - per il bene di tutti! - sia anticipare la mossa del nemico. Pensateci>.
Irem, che era in piedi un po' più giù rispetto agli altri, camminava avanti e indietro nervoso, prendendo a sberle i rami dei cespugli che lo intralciavano.
<Vorrei saperne di più. Scusate, non sono facile alla fiducia> disse poco dopo.
<Sulla Perla Viola? Ti abbiamo detto quello che sappiamo anche noi...>.
<Perché pensate che i Freddi non la posseggano già? Oppure che i nostri non stiano già tentando di prendersela?>.
<Perché se così fosse, il Comandante sarebbe già morto. E al posto suo ce ne sarebbe già uno dei Freddi. Mentre nel caso l'avesse già trovata il Comandante, la guerra sarebbe iniziata e la Regione Fredda verrebbe facilmente schiacciata. Invece guardate là...> e indicò il suo villaggio. <Nessun segnale di guerra. I soldati sono a Bahalntass>.
<Magari dovremmo solo aspettare> intervenne timido Aniju.
<Aspettare significa darsi in pasto alle bestie. Ora basta! Chi vuole venire ci segua. Chi non vuole, può pure restare qui> concluse scocciato Sasha.
Quando finalmente il generale Kashmitar uscì dal Tempio, effettivamente, portava qualcosa in mano. Jack e gli altri stavano aspettando da basso, chi seduto, chi vicino alla fontana, chi come Jack prendeva il sole in piedi appoggiato al muro della balconata. La tensione era alta. Il tempo passava. E sembrava che Kashmitar facesse tutto con troppa calma, sopravvalutando la situazione. Questa attesa faceva irritare.
<Ebbene, Generale?> domandò cauto Thuras, dopo essersi passato un fazzoletto sulla fronte gronda di sudore.
<Johanna è andata qui> disse lui. E indicò un punto sulla mappa con l'indice.
Jack e Thuras osservarono da vicino quella pergamena vecchia e antiquata. Ormai erano abituati al cartaceo, da quando approdarono su Green Rock. <Ok, andiamo> disse Jack, tagliando corto.
Il Generale Kashmitar fece un cenno con le dita verso il fondo del cortile.
<Che succede?> domandò Loodly, che vide dei guardiani posizionarsi vicino al cancello come per bloccarne l'uscita.
<Vi ho mostrato dov'è, ma in cambio voi farete qualcosa per me>.
<Di che state parlando? La situazione è critica e non c'è tempo! Ve ne rendete conto?> obiettò Thuras surriscaldandosi come spesso faceva.
<Nessuno può accedere alla Perla Viola, tranne il Comandante e gli "illuminati"> spiegò l'indigeno guardando in alto.
<Di che cosa...?!>.
<In poche parole non ci permetterà di andare lì. Vero?> sottolineò Jack.
<Proprio così>.
<Ma come?> disse Thuras sul punto d'esplodere.
<Sarebbe un'azione suicida, però comprendo la vostra esigenza di consultare il Comandante. Perciò, in cambio di un lavoretto, potrete raggiungerla tranquillamente. Vi consiglio vivamente di attenderla ai confini, tuttavia>.
<Andiamo! Di che si tratta?> chiese scocciato Loodly.
<Mi porterete il corpo del vostro giovane uomo che chiamate True>.
<Che cosa? Di che parli? Il processo è già stato eseguito> disse Thuras.
<Ci è già giunta voce della sua scarcerazione>.
<Scarcerazione? Ma...>.
<Cristo santo...> commentò Jack abbassando lo sguardo e portandosi la mano alla fronte.
<Che cosa?> chiese impaziente Thuras.
<È evaso...>.
Thuras fece un'espressione disperata muovendo la testa all'indietro e poi voltandosi.
<Non avete rispettato gli accordi. Siete perciò ammoniti dal Regime del Regno della Regione Verde> annunciò Kashmitar, con la pergamena arrotolata ancora in mano.
<No, un momento! Noi possiamo spiegare... Non ne eravamo al corrente. È scappato di prigione. Noi non sappiamo!> provò a giustificarsi Thuras.
<Con le vostre radio non avete saputo le notizie?> chiese scettico Kashmitar, che cambiò espressione per la prima volta, corrugando leggermente le sopracciglia folte.
<Le abbiamo spente, perché...> disse Loodly interrompendosi, e poi guardò gli altri.
<Quindi - mi sembra di capire - voi siete qui senza il consenso dei vostri Ministri?> chiese Kashmitar.
<Le città di Randel Town e Crizty ci hanno negato il loro aiuto militare, mentre il Ministro Sammy ha preferito cedere alle condizioni del nemico> spiegò con un tono di rassegnazione Thuras, tornando a fissare il Capo Tribù di Campo Hahjan.
<Sapete benissimo che, secondo le pergamene...>.
<... di Aizhkatar noi non possiamo agire senza il consenso di un Delegato... Certo! Ma capirete quanto la situazione sia critica e che i nostri rappresentanti hanno perso il senno!> concluse la frase il Capitano interrompendolo.
<Non posso assumermi la responsabilità di tale decisione. Non sto nemmeno trattando con un Delegato. Perciò la conversazione è finita...> rispose secco Kashmitar, girandosi per andare via.
<Un momento, vi prego! Dateci almeno la pergamena> provò a supplicarlo Jack, che d'un tratto pensò ai suoi figli e li immaginò coinvolti in un'invasione come quella di Città di Speranza, parecchi anni prima. Morti, cadaveri, gente innocente uccisa. Assenza totale di pietà. Non poteva permetterlo. Non un'altra volta. E poi Kerry, lì da sola, senza di lui, non al corrente tra l'altro. No...
<Pensavo di essere già stato chiaro... L'avrete quando mi porterete il corpo di True. Le regole sono chiare> e stavolta se ne andò davvero.
<Abbiamo fatto tutta questa strada per niente! Lasciando il nostro villaggio privo di protezione per di più!> si inalberò Thuras.
<Non ti preoccupare. Abbiamo ancora qualche ora> provò a rassicurarlo Jack.
<E cosa conti di fare? Trovare True, che sarà già lontano dal campo, portarlo qui e poi ritornare con un battaglione per fronteggiare i Freddi? Tutto questo in meno di una dozzina di ore?!>.
Jack non rispose più. In effetti quel piano era fallito.
<Loodly. Grazie per l'appoggio. Torna pure a Crizty. Stai vicino alla tua gente e difendetela come meglio potete. Tu Jack, fa lo stesso. Vai a Huston e difendi la città. Io andrò a cercare True>.
<Un momento... Vuoi davvero consegnarglielo?> disse Jack stranito.
<Sono costretto! Accidenti, quell'irresponsabile moccioso! Io gliel'ho ripetuto più volte di non fare cazzate. E non m'ha dato ascolto. Perciò ora è un problema suo. Io non posso più difenderlo!>.
<Non ti permetterò di portare a morire un giovane innocente> disse Jack assumendo un'aria seriosa e quasi minacciosa.
Thuras lo studiò un attimo, prima di rispondere a dovere. <Agente Atson. È una mia responsabilità. Non è competenza tua. Tu devi limitarti a fare quello che ti dico io>. Poi si ammorbidì, per evitare di perdere tempo in inutili discussioni. <Francamente... Avrei preferito che non andasse così. Ma sono sicuro che comprenderai che ho le mani legate, accidenti! Non trovo divertente mandare un ragazzo a morire, sapendo tra l'altro che è innocente, molto probabilmente. Ma non abbiamo scelta. Qui c'è in gioco l'incolumità di tutto il nostro popolo>.
<Chiaro> rispose secco Jack, voltandosi e recandosi verso il cancello. Thuras restò a guardarlo un po' rammaricato per non aver trovato consenso in un suo amico, oltre che collega. Jack invece, mentre camminava a passo deciso verso l'uscita del villaggio greenrockiano, si pentì di non aver fatto valere la sua ragione. Un tempo l'avrebbe preso a pugni, pensò. Finendo in guai inutili. Ora che invece serviva non lo fece. Questo suo rammollimento dovuto agli ultimi anni di pace lo disgustava. Rivoleva quel Jack di un tempo. Pronto a infrangere la legge e andare contro ai suoi per difendere ciò che amava. I tempi erano cambiati, sì, ma forse la situazione stava addirittura peggiorando ora. Qualcuno doveva fare qualcosa...
8: UOMINI & ANIMALI
Randel Town, quando veniva illuminata dai primi raggi picturiani, plasmava quell'incantevole immagine che trasmetteva la stessa armonia di una cartolina spedita da un posto lontano, un luogo incantevole dove vorremo esserci stati noi. L'alba offuscava così la tensione quasi palpabile prodotta dal Governo Gardyano, dell'ultimo decennio. Dopo le elezioni di due anni fa, fu rieletto Primo Ministro, nonostante la sua dottrina piuttosto severa e di fondamenta monarchiche. Ciò che convinse il popolo fu la sicurezza che egli garantì, adottando misure estreme di sicurezza. Se vivere a Huston poteva sembrare come stare agli arresti domiciliari, allora non era consigliabile trasferirsi a Randel. Questione di abitudine, d'altro canto. Chi invece non sosteneva Gardy, a breve si sarebbe accorto che in realtà aveva bisogno di lui. O meglio, di un uomo come lui. Pronto a prendere decisioni crude e prive di corruzioni emotive, per salvaguardare la propria popolazione. Quando difatti lo videro rientrare in città, rimasero tutti di stucco. Aveva un aspetto orribile, lui come anche Fryk, primo. Secondo, erano a piedi, sudati e visibilmente stanchi, come se avessero camminato tanto. Dov'era la macchina? Dov'era la scorta? Mai prima d'ora il Delegato aveva girato a piedi e da solo, specialmente fuori dalla recinzione magnetica di Randel Town. Senza guardare in faccia nessuno, si recò diretto verso il Palazzo del Governo, insieme a Fryk. Alcune guardie li accerchiarono, cercando di allontanare i curiosi. Poi li accompagnarono al chiuso. Solo allora Gardy si decise di aprir bocca e convocò gli altri rappresentanti a riunione. Quando tutti i membri del consiglio erano ormai seduti ai propri posti, il Primo Ministro fece chiudere le porte. Non volle nemmeno una guardia all'interno. Fu anche questo a far capire quanto fosse preoccupante la situazione. Una cosa era certa, aveva perso le staffe per quell'affronto subito.
<Sono ore che camminiamo> brontolò Aniju, mentre a passi stanchi proseguiva in salita chiudendo la fila. Yendel si girò e lo aiutò. True invece disse: <Tu pensa che io la facevo tutti i giorni questa strada>. Era davanti a tutti, insieme a Sasha, che sembrava non esaurire mai le energie. Beh, anche True teneva bene. Poi seguiva Irem, silenzioso e visibilmente preoccupato. A diciott'anni non ancora compiuti aveva già organizzato un'associazione a delinquere e si trovava latitante con un detenuto condannato a morte dai greenrockiani. Non male per uno studente modello come lui. Poi guardò dietro. C'era Aniju con lui. Aniju sì che era un vero talento. Un futuro scienziato. Essendosi messo in quella situazione si era rovinato da solo. Irem improvvisamente si sentì in colpa per averlo trascinato, anche se furono entrambi ad accettare la proposta di Sasha e Yendel. Però avrebbe potuto opporsi anche lui e tentare una strada diversa. Invece ragionò irrazionalmente conducendo lui e il suo amico in quel bel guaio.
<Come sai che li eviteremo?> chiese Aniju a Yendel, a un certo punto.
<Gli uomini Freddi? Beh, hanno accerchiato il vostro villaggio. Noi passeremo sotto per le grotte>.
<Di quali grotte parli?>.
La risposta arrivò da sola. Yendel indicò sorridendo in avanti, dove Sasha ormai si era fermato per aspettare gli altri. Da lì partiva un tunnel sotterraneo che evidentemente portava dall'altro lato, oltre l'insediamento dei Freddi. <Sei sicura che funzionerà?> chiese anche Irem, aprendo bocca per la prima volta da quando si lasciarono alle spalle i campi agricoli.
<Non sanno che c'è gente fuori dalla città. E poco gli importa... Loro vogliono il controllo di Huston. Noi siamo pesci piccoli> rispose Sasha al posto della ragazza. Irem rimaneva sempre colpito dalle sue parole. Poi non poteva fare a meno di ammirarlo, ogni qualvolta esibisse i suoi muscoli, come ora che tolse la sacca dalle spalle e alzando le braccia mise in evidenza i pettorali. Poi distolse lo sguardo, resosi conto che l'aveva osservato forse troppo a lungo. Nessuno tuttavia ci fece caso. <Forza, di qua> disse il giovane Uomo del Bosco. Poi chinandosi si precipitò dentro il cunicolo, largo ma bassino, e invitò gli altri a seguirlo alla svelta.
Nel pieno della conversazione, delle grida e del movimento sospetto, provenienti da fuori, distrassero i membri del consiglio. Le porte tra l'altro si aprirono e degli agenti di sicurezza avvisarono il Primo Ministro che stava accadendo qualcosa in città. Subito Gardy e gli altri si precipitarono fuori e assistettero all'incredibile. La loro jeep, quella abbandonata la notte precedente, era giunta in fiamme spinta dall'alto, sulle colline, schiantandosi contro il recinto magnetico e addirittura bucandolo, fino a finire tra le prime case, calpestando delle aiuole e abbattendo delle staccionate. La rottura della recinzione continuava a scintillare, mentre l'automobile divampava infuocata, rischiando di incendiare persino la casa contro cui era finita. Se non ci fosse stato il recinto ad attutire l'impatto, a quella velocità, sarebbe finita dentro la casa degli Indeell, magari uccidendoli nel sonno, o comunque radendogliela al suolo. Alcuni corsero a prendere delle canne per spruzzare l'acqua sulle fiamme. Non erano molto preparati contro gli incendi. La cultura del fuoco, per i terrestri, si era estinta pochi anni dopo che Speranza era partita dalla Terra. Lo rividero solo i discendenti dei primi viaggiatori spaziali, su Green Rock. Tuttavia era un fuocherello piccolo e lo spensero subito, puntandogli contro degli idranti da irrigazione, fino a quando rimase solo del fumo. Un bello spavento. Gardy guardò verso la foresta circostante. Come avevano osato fargli anche questo, a proposito di affronti?
Johanna attendeva al Passo di Khaynn, con impazienza. Quelle attese la innervosivano. Poi, finalmente, l'uomo a ciuccio arrivò, trottando attraverso i cespugli che separavano il bosco fitto dal fiume. <Benvenuta, mia Signora> disse quell'uomo chinando lievemente il cranio. Lei non salutò, ma sorrise forzatamente e si fece aiutare a salire in groppa. <Conducimi dai Saggi Compagni, mio suddito> gli disse gentilmente.
<Certamente, signor Comandante. A breve accederemo al territorio della Perla Viola>.
Jack era tornato a casa, dalla moglie, distrutto e piuttosto pensieroso. Senza togliersi la divisa si stravaccò sul divano, mentre Kerry trafficava in cucina. I figli continuavano a tempestare di domande il papà; dovette intervenire la madre per far sì che lo lasciassero un po' in pace, mandandoli di sopra in camera loro. Poi si sedette affianco a lui e gli accarezzò la testa. <Vedrai che tutto si sistemerà, caro...> provò a consolarlo. Lui guardò verso la finestra, che dava sulle strade ricche di piante di Huston. <Loro stanno arrivando, Kerry. È pomeriggio avanzato. Tra poco giungerà il tramonto e a quel punto potremo solo sperare che i Freddi mantengano la loro promessa>.
<La manterranno! Voglio dire, siamo protetti da Johanna noi... Non può succederci niente. Non è così?>.
<Non ne sono più tanto sicuro ormai... Il Comandante ha deciso di andarsene, di battere in ritirata> con una punta d'odio.
<Non puoi saperlo. Magari arriverà con dei rinforzi. Magari risolverà la situazione>.
<Perché dovrebbe? Se avesse voluto avrebbe incaricato Kashmitar di affiancarci un esercito. Invece te l'ho detto che cos'ha fatto, no? È sceso a compromessi. Lui è la voce di Johanna>. Era chiaramente deluso e non lo nascondeva, seppur guardava dalla parte opposta di Kerry.
Lei tacque ed entrambi rimasero in silenzio per qualche minuto. Poi Jack riprese: <Per la seconda volta consecutiva ci troviamo in condizione di totale impotenza, a dipendere dagli altri. Siamo stati degli ingenui, Cristo santo! Come abbiamo potuto pensare che le cose si sarebbero stabilizzate? Questa gente combatte per vivere. Non avremo mai la pace qui. Ci siamo illusi in tutti questi anni... Ma sai che c'è? Non era la fine, bensì solo una fottuta tregua!> e guardò la moglie, con gli occhi provati. Lei ricambiò con uno sguardo confortevole, e appoggiò la testa sulla spalla di Jack, che ora teneva il collo sollevato dallo schienale del divano. Poi continuò: <E quel codardo! Abbandonarci adesso... Per fare cosa? Dare in pasto ai pesci uno dei nostri ragazzi, pur sapendo che non ha fatto nulla di male. Come si può essere così sciocchi? È chiaro che era tutto un pretesto per poter scatenare questa folle guerra. I Freddi non aspettavano altro. Per lo spazio, che ingenuo!> e imprecò alludendo a Thuras, che era andato alla ricerca di True, evaso di galera la notte precedente.
Kerry rispose: <Magari, così facendo, ci proteggerà tutti... Sta facendo quello che ritiene giusto> sperando di non far incendiare Jack, che era già parecchio nervoso.
<L'unica cosa che ha fatto è mancare in un momento in cui avevamo bisogno di più protezione possibile, dato che Gardy e Keerson ci hanno negato l'appoggio militare> terminò con disprezzo quella frase. <Si è preso inoltre sei uomini. Sei fottuti uomini in meno alla protezione della città!> e tirò un pugno sul materasso del divano.
<Accidenti... Non so che dire. E se andassi a cercare Johanna? Magari potresti tornare con un bell'esercito. In fondo lei è nostra amica, tua specialmente, e sono sicura che riusciresti a convincerla>.
<No, non c'è tempo a sufficienza. Non ho nemmeno una mappa... Non saprei dove cercare. E poi mai mi assenterei adesso, lasciandoti sola qui mentre quei selvaggi invadono la città. Non imiterò Thuras, mettendo a repentaglio la sicurezza della mia famiglia>.
<Sì, in effetti hai ragione. Sarebbe troppo azzardoso. Rimane solo da sperare che questi uomini della Regione Fredda si limitino a controllare il mercato di Huston, senza nuocere ai suoi abitanti>.
<Beh, poco importa ormai. È l'imbrunire... Pare che il verdetto lo avremo tra poco. È meglio che tu e i ragazzi andiate di sopra e ci restiate>.
La solita dolce melodia della sirena che annunciava la fine delle ore di luce naturale, iniziò a suonare come tutte le sere a quell'ora. Quello fu il segnale che Picture stava tramontando.
<Resta vicino, ti prego!> bisbigliò Kerry, avvicinando la bocca alla sua guancia.
<Mai permetterò che qualcuno possa farvi del male... Comunque cerca di stare tranquilla, non vorrei che i bambini percepiscano la tua angoscia. Cerca di comportarti come se nulla fosse. Lo so che non è facile... Io intanto andrò fuori a vedere che succede>. Detto ciò si sollevò e uscì di casa. Kerry lo guardò dalla soglia della porta, invitandolo con lo sguardo a restare nei paraggi, nel caso fosse stata necessaria la sua protezione. Jack le sorrise da lontano ed evitò di sparire dalla sua visuale. La gente intanto stava andando tutta verso il recinto magnetico, curiosa di quanto sarebbe accaduto a breve, senza avvicinarcisi troppo tuttavia. Nessuno si fidava dei Freddi, nemmeno i clan della Regione Verde. Jack vide Sammy e gli si avvicinò. Aveva un'espressione distrutta. <Pare che ci risiamo> gli disse. L'altro non si voltò e continuò a fissare in avanti, verso la foresta, con la medesima aria stravolta. <Già> disse soltanto.
<Novità?>.
<Attendiamo notizie dalla vedetta> e spostò lievemente la testa verso destra, per indicare la torre di vedetta a un centinaio di metri da lì. Là sopra c'era un uomo pronto a comunicare eventuali movimenti attorno alla città. Poi Jack notò che tutta la vigilanza si era già posizionata, in attesa dell'arrivo degli ospiti. <A chi hai affidato il comando?> chiese Jack trasparente.
<A nessuno. Sai, chi di dovere ha deciso di sparire... e non ho avuto il tempo di riorganizzare la gerarchia> con un pizzico d'odio. <In ogni caso ho parlato con Klus> concluse poi.
<Mi dispiace Sammy...> disse piano.
<No, non ti devi preoccupare. Hai fatto ciò che ritenevi giusto>.
<Dici sul serio? Io...>.
Sammy lo interruppe con un gesto della mano. Poi, sempre guardando in avanti, riprese: <Ora sei qui e mi aiuterai a proteggere il nostro villaggio. Questo è ciò che conta>.
Proprio in quel momento vibrò la radio. Era il vigilante di vedetta che comunicava. Sammy rispose. <Movimenti tra gli alberi, Signore>.
<Spiegati meglio> rispose il Ministro.
<Ancora nessuno in vista, ma hanno acceso dei fuochi. Probabilmente sono torce per fare luce. Nei boschi è già buio a quest'ora>.
Il sole iniziava ad affondare dietro la montagna a nord-est.
<Bene. Avvisami appena si avvicinano>.
La gente che era lì attorno udì la conversazione e allungando la testa provò a sbirciare fuori verso la fine della valle per vedere se si avvistava qualcosa. Anche Jack lo fece. Poi disse timidamente: <Si ricomincia, a quanto pare>.
<La storia lo ha sempre insegnato. Gli ospiti prima o poi puzzano e risultano scomodi. Così accadde con gli immigrati del Vecchio Regime, sulla Terra, quando emigrarono in massa verso il continente europeo; e così sta accadendo pure qua... Non ci sarà mai pace eterna. Quelle sono favole per bambini>.
<Siamo stati stupidi a poter credere che l'alleanza con i greenrockiani sarebbe potuta persistere in eterno>.
<O prima o dopo doveva succedere qualche imprevisto. Il problema è che ci siamo "accomodati", abituandoci così a una vita serena e senza complicazioni. Beh, non è così!>. Il Ministro sembrava turbato. Sul suo volto lo si leggeva. Non aveva ancora guardato Jack negli occhi nemmeno una volta, durante la loro conversazione. Si limitava ad osservare fuori, in attesa di qualche movimento. Pochi secondi dopo la radio suonò ancora. <Comunica> disse Sammy avvicinandola alla bocca.
<Uomini del Bosco, signore... Arrivano...>.
Attorno al Ministro si creò un brusio, poi quest'ultimo si diresse verso la porta principale del Recinto, piantonata ora dal ragazzo apprendista che aveva lasciato lì Thuras quando andò a Campo Hahjan. Bill era stato sollevato dall'incarico. In fondo si poté vedere un esercito numerosissimo schierarsi lungo il perimetro della vallata, mentre alcuni uomini a "cinghiale" trottavano senza troppa fretta in direzione del centro abitato. Sammy fece aprire e li attese sulla soglia. Erano una dozzina, i Freddi in sella agli animali. Ognuno di loro si posizionò attorno a Huston, alla stessa distanza l'uno dall'altro, a differenza di due di loro, i messaggeri, che come l'ultima volta si misero uno affianco all'altro vicino alla porta. Sammy non tardò all'appuntamento. <Buonasera> salutò formalmente.
Uno dei due disse, con tono profondo e inquietante: <Ebbene, Ministro di Huston, avete preso una decisione definitiva?>.
Sammy deglutì. Poi rispose, forse tremando un po' nella voce: <Accettiamo...>.
Così, i due messaggeri si voltarono e tornarono verso il resto dell'esercito. Erano davvero in tantissimi. Ora si sarebbe soltanto dovuto aspettare un riscontro da parte loro.
Finalmente quegli sporchi e infiniti cunicoli terminarono, e i ragazzi poterono uscire, respirando nuovamente a pieni polmoni. Là dentro l'ossigeno scarseggiava. Irem si scrollò della terra di dosso e disse: <Non se ne poteva più, cavolo!>. Ora si trovavano sulla via per la Regione Fredda, non molto distante da lì oramai. Jimmy disse che andava a pisciare. Fu Irem a disapprovare, dicendo impulsivamente: <Non mi sembra una buona idea. È pericoloso>.
Jimmy si voltò. <Che c'è? Sei preoccupato per me? Perché non ti fai i cazzi tuoi?! Oppure hai voglia di venire a tenermi l'uccello?>.
<Ma che diavolo di problema hai, amico?> ribatté.
<Ha ragione. Non è saggio dividersi ora. Cerca di rimanere in vista> intervenne Sasha tranquillamente.
Allora Jimmy si rivolse a lui: <Non farmi la predica, sporco selvaggio! Vuoi forse reggermelo tu l'uccello mentre piscio? Ah no, dimenticavo... Ci pensa già sua sorella>.
Irem, a quella affermazione, istintivamente gli andò contro. Fu Sasha stesso a trattenerlo, dicendogli a bassa voce: <Lascia stare. Conserva le energie per quando dovremo combattere>.
Irem allora si arrestò, senza però smettere un attimo di guardare con odio Jimmy, che si infilava tra i cespugli per imboscarsi. <Testa di cazzo...> commentò poi tra sé e sé.
Yendel nel frattempo tirò fuori una mappa dallo zaino. Poi spiegò al gruppo: <Bene. Per raggiungere la Perla Viola, pare che dovremmo andare di là... Verso il fiume di...>. Improvvisamente si fermò, sgranando gli occhi.
Una voce, alle loro spalle, disse: <Continua pure, tesoro. Qual è il nome del fiume?>.
Era Thuras! Li aveva trovati...
<Che cavolo ci fa lui qui?!> sbraitò True.
<Forse questa domanda dovrei portela io, non trovi?> rispose il Capitano della vigilanza hustonese.
Poi riprese, rivolgendosi alla ragazza del Bosco: <Ebbene, non ci sbagliavamo...> commentò quasi per sé stesso. True allora ne approfittò. <Avete visto? Sono innocente! Questa è la prova> disse scaldandosi.
<Calmati, cucciolino! Non annoiarmi con cose che sapevo già. Siamo ben oltre ormai. Sappi che con la tua "cazzata", hai fatto scatenare una maledettissima guerra!>.
<Di che parli?> disse True.
<Di che parlo? Sei davvero così sciocco? In effetti comincio a pensare di sì, a differenza di qualche giorno fa, quando avevo una migliore considerazione di te...>.
<Arriva al dunque>.
<Ma certo, piccolo, che ci arriverò! Ma non ti aspettare buone notizie... Se ti consegno al Regime, il Comandante manderà un esercito a Huston, per fronteggiare gli invasori> e quasi automaticamente girò la testa in direzione di Yendel, con un pizzico di disgusto. Lei abbassò lo sguardo intimidita. Poi Thuras continuò: <Certo, devo prima trovarla, visto che si trova nella fottuta regione della Perla Viola! Qualunque cosa sia...> e imprecò.
<Quindi... Vuoi dire che?> balbettò True.
Thuras gli fece il verso, prendendolo in giro. <Vuol dire che non accetterò lo scambio. Ritieniti fortunato ragazzino... Non mi sottometterò alle loro condizioni solo perché non c'è tempo sufficiente per attuare questo piano. No, perché sai... Il nostro caro Comandante...> e si girò ancora verso i due ragazzi del Bosco, <... ha pensato bene di darsela a gambe! Lasciandoci in questa merda di situazione!> terminò urlando. Era diventato tutto rosso in fronte, con le vene che gli pulsavano. Nel frattempo tornò Jimmy. <Merda! Oh, cazzo! Lo sapevo che ci avrebbe trovato! Ve l'avevo detto io che era un piano di merda...> ululò alla vista del Capitano.
<Oh! Guarda un po' chi abbiamo qui... Il ribelle del villaggio>.
Jimmy spostò lo sguardo altrove, imbronciato.
<Formate proprio una bella equipe, voi tutti. Sapete?> ironizzò il Capitano. <Ma torniamo alle cose importanti. Da che parte è la Perla Viola?> si incattivì nella voce e fissò Yendel.
Lei, impacciata, aprì la bocca ma senza emettere alcun suono. Così Thuras riprese: <È in quella mappa, non è vero?> e indicò la cartina che aveva in mano la ragazza. Ripiegarla mentre il terrestre parlava non servì a nasconderla o a fargli dimenticare di averla vista non appena arrivò sul posto.
<Sì> balbettò lei.
<E saresti così gentile da darmela, gioia?> disse sorridendo con sarcasmo il Capitano. E allungò un braccio con la mano aperta.
Yendel guardò frettolosamente gli altri, alla ricerca di approvazione probabilmente. True annuì debolmente, così lei la passò a Sasha, che era più vicino al vigilante, il quale la trattenne qualche istante, guardando serioso verso gli alberi della fitta foresta.
<Che c'è, cucciolotto? Qualcosa non ti convince?> gli domandò Thuras, aspettando col palmo aperto la cartina, senza muovere un passo verso il ragazzo.
<E dai! In fondo ho lasciato vivere il tuo fidanzatino...> aggiunse poi rivolto a Yendel.
A quel punto Sasha l'allungo lentamente verso Thuras, fissandolo con odio.
<Forza, non ho tutto il giorno!> guardando l'orologio del chip sul polso. <Grazie tante!> abbaiò sarcasticamente quando l'afferrò. Subito dopo mutò ancora espressione, tornando ad essere duro e a studiare uno per uno i giovani lì presenti.
<Ora che faremo?> chiese quindi True. <Cercheremo la Perla Viola? Andremo dal tuo Comandante codardo a chiedere aiuto, sperando che ce lo dia?>. Poi si scusò con Yendel e Sasha per il riferimento poco carino: <Senza offesa>.
<Questo non è un tuo problema, True Crowzal> si scaldò il Capitano. <Anzi, sai che c'è? Credo proprio che proseguirò da solo da qui in poi>.
<Ma cosa...?!>.
<Ora!> disse il Capitano avvicinando il chip alla bocca. Istantaneamente, dei vigilanti sbucarono fuori all'improvviso e accerchiarono i ragazzi, spingendoli alla resa. <Ehi, che volete fare?!> strillò True. Lo stesso fece anche Jimmy, dimenandosi. <Ma certo... è tutto chiaro...> commentò poi Irem, che senza far resistenza si fece ammanettare i polsi con gli anelli magnetici. <Noi non gli serviamo più...> aggiunse poi guardando verso Thuras, che sorrideva compiaciuto. Solo Sasha non cedette e sguainò la spada, mentre i sei vigilanti lo attorniavano con le pistole atomiche puntate contro. <Ehi, ehi! Andateci piano> ruggì il Capitano. <Il nostro amico del Bosco non conosce la nostra tecnologia, potrebbe farsi male> e lo guardò con ironia. Egli continuò a maneggiare la spada, fissando uno per uno gli speranzesi in divisa che lo invitavano a mollare giù l'arma. <Lascia perdere!> disse poi la voce sottile di Yendel. <Non puoi competere con le loro pistole>.
Fu allora che Sasha socchiuse gli occhi, sospirò e poi molto lentamente e gradualmente appoggiò l'arma da taglio per terra. Dopodiché si rimise eretto e attese che i vigilanti gli piombassero addosso per immobilizzarlo, come avevano fatto con gli altri. Tuttavia non usarono le maniere forti. Con molta delicatezza gli infilarono le manette magnetiche e lo spinsero insieme ai suoi compagni nel retro di una camionetta, dove sarebbero stati al buio e al chiuso, imprigionati. Urlare fu inutile, lo sportello venne chiuso e calò l'oscurità. Si sentì solo Thuras dire: <Fate sogni d'oro, piccolini...>. Poi il silenzio.
Remis Yatka, portavoce di quel battaglione di Freddi, entrò nel villaggio per primo. Era alto e magro, coi capelli crespi e lunghi, di colore castano scuro, tendente al grigiognolo. Con tutta quell'armatura appariscente addosso era difficile attribuire a questa gente un'età. Ipoteticamente sembrava comunque relativamente giovane, circa di mezza età. Anche Sammy andava per i cinquanta, però portati piuttosto bene. La sua chioma bionda era rimasta la stessa di quattordici anni addietro, forse ingrigiolita un poco, anch'essa a causa degli anni. <Benvenuto signor Yatka> disse il Primo Ministro. <Se volete seguirmi nel mio ufficio avremo modo di discutere degli affari>.
Il tale, decisamente poco diplomatico all'apparenza, ma, bensì, di aspetto battagliero, squadrò il terrestre con l'aria imbronciata. Probabilmente i Freddi non si sorridevano mai. Non erano freddi solo di nome, né per l'area geografica in cui dimoravano, a quanto pare. Solo dopo innumerevoli decine di secondi passate a studiare il terrestre, finalmente si espresse. <Buonasera a te, Ministro di Huston> disse. Aveva la voce bassa e tremendamente roca, come se sforzasse le tonsille a parlare. Sammy aspettò una risposta per la proposta di poc'anzi, ovvero di mettersi comodi al Palazzetto per ragionare, ma essa non arrivò. Anzi, Remis Yatka fece come per attendere che Sammy parlasse nuovamente, e quando questo si sforzò di inventarsi qualche frase da dire, parlò invece lui: <Quanti contadini avete?> domandò arido il Freddo.
<Ouh, dunque... una quarantina>.
<Quanti ortaggi producete all'anno?>.
<Parecchie tonnellate... Io ora non saprei. Dovrei chiedere a chi se ne occupa...>.
<Non mi interessa il peso, o il volume. Mi interessa il numero di persone che riuscite a soddisfare. O il numero di famiglie> lo interruppe seccamente.
Sammy rimaneva leggermente spiazzato dal modo di parlare del rappresentante dei Freddi. <Siamo una comunità di 170 famiglie, circa> spiegò dopo qualche secondo.
<Quanti abitanti in tutto?> domandò poi tranquillamente.
<Cinquecentocinquanta>.
<Anche le altre città vantano lo stesso numero anagrafico?>.
<All'incirca. Perché vi interessano le altre città? Credevo vi importasse soltanto collaborare con noi>.
<Noi non collaboriamo con nessuno, tanto per cominciare... ma ci impadroniamo del mercato. Così come faremo con le altre città dello Spazio, per rispondere alla tua domanda>.
Nonostante gli accenti discutibili, il suo terrestre era fluido. <Bene...> rispose titubante Sammy, impiccolendosi dinanzi alla fermezza di quell'uomo. <Se posso sapere almeno come gestiremo la politica interna... Tutta questa situazione ci è estranea>.
<Della politica non ci importa niente. Quella ve la sbrigate voi. Anzi, sbrigherete tutto voi. Noi sfrutteremo i vostri raccolti e ci pagherete una tassa per il terreno che occupate. Da oggi questa terra è di nostra proprietà, e voi ci state sopra. Le cose stanno così: vi diamo la possibilità di continuare ad abitare in quest'aerea, a patto che la vostra economia dia profitti consistenti a quella nostra. Chiaro?>.
<Certo... Direi di sì. Io...>.
<Tratteremo tutti i dettagli in un secondo tempo. Ora organizzate i vostri contadini affinché ci producano e ci consegnino domani stesso il primo lotto di mercanzia. Avete tutta la notte per gestire tale onere. Buon lavoro e a domani>.
Con questa secca frase finale, si girò e se ne andò. Contemporaneamente i soldati a "cinghiale" erano rimasti nella medesima postazione di prima, mentre l'esercito stava invece iniziando ad occupare la città. Quella notte sarebbero rimasti lì. Uno di loro parlò, al centro della piazza, per farsi udire da tutti. <Consegnate tutte le armi ai nostri soldati. Chi non ubbidirà verrà giustiziato e privato con la forza dei suoi possedimenti. Tanto vale che collaboriate> annunciò ad alta voce. La gente iniziò a muoversi e ad eseguire gli ordini. I vigilanti non seppero che fare. Klus si presentò dinanzi a Sammy, che era vicino a Jack ad osservare la scena. <Non possiamo dargli anche le armi. È un suicidio!> si lamentò il vigilante. Jack approvava ma non disse niente. Lasciò la parola al Ministro. <Fatelo. Fate tutto ciò che vi chiede> rispose Sammy inaspettatamente. Jack continuò a tacere. Klus però reagì male: <Che cosa?! Consegnare le armi?! Lo sapete cosa significa questo?! Equivale a consegnare la nostra stessa vita! Se decidono di attaccarci una volta in possesso di tutte le armi, come ci difenderemo?!>.
<Non lo faranno. Tu non ti preoccupare. Assicurati che tutti facciano quanto richiesto e in modo ottimale. Mostriamoci disposti a sottostare alla loro dittatura. Facciamoci furbi>.
<Se questa la chiamate furbizia...> borbottò Klus andandosene.
<Lo so cosa stai per dire, Atson> disse Sammy all'amico, prima che egli esprimesse giudizio. <Non ha tutti i torti. Anzi, non li ha affatto>.
<Allora qual è il tuo piano, Ministro?>.
<Andrai a cercare Thuras. Fa silenzio radio per non creare sospetto. Io credo che stia cercando Johanna e che voglia quindi arrivare qui con un esercito. Non possiamo permetterci di perdere quest'occasione! Scopri che intenzioni ha; trova questa Perla Viola. Insomma, non tornare senza informazioni utili>.
<E dove la cercherò?> chiese con lieve arroganza.
<Inventa qualcosa! Per favore, Jack. Sei la mia ultima carta...>.
<Come esco da qui? Mi vedranno>.
<Innanzitutto è bene che tu non dica niente a nessuno>.
<Che cosa?! Mentire a Kerry e ai miei figli?!>.
<È necessario, accidenti! Non si deve spargere notizia. Meno persone sanno, meglio è. E direi che per ora siamo solo io e te>.
<E poi? Mi mandi all'avventura così? Io non ho indizi, non ho strade da seguire>.
<True Crowzal... Irem Arpell... e un altro paio di ragazzi, assieme a quei detenuti evasi di prigione, sono in giro per i boschi. Se trovi loro prima che lo facciano i Freddi, riuscirai magari a trovare tracce necessarie. E poi c'è sempre Thuras. Trova la sua vettura tramite il lettore>.
<Ok, resta solo il problema di uscire. E di come farmi perdonare da mia moglie appena tornerò. Se mai tornerò...>.
<Sappi che non ti manderei a intraprendere questa missione suicida se non fosse l'ultima chance che abbiamo. Da un momento all'altro questi indigeni potrebbero volerci eliminare tutti. E noi, non avremmo niente con cui difenderci. Magari ci schiavizzeranno o ci porteranno altrove a lavorare per loro, senza cibo, né acqua, né riposo>.
<Ehi, sei tu che stai permettendo tutto questo. Bastava non consegnargli le armi>.
<Ah sì? E che cosa gli dicevo? "No, scusate, non mi fido di voi, preferisco tenerle io per potervi sparare nel caso aveste cattive intenzioni">. Fece una pausa di qualche secondo. <Hai detto di esserti pentito di avermi mentito e aver agito contro la legge? Bene, questa è la tua occasione per redimerti>. Con questo concluse il discorso e si allontanò a passo svelto, senza dar modo a Jack di poter dire altro. Ora poteva scegliere se dar retta al suo migliore amico, che forse aveva un po' giocato con la sua psiche; oppure rimanere lì e aspettare rinforzi che magari mai sarebbero arrivati. Per quanto ne sapesse, Thuras poteva essere già morto, mentre i ragazzi già catturati e tenuti prigionieri. Aspettare era azzardoso. Sì, forse Sammy aveva agito in maniera tale da manovrare Jack e fargli fare ciò che voleva lui. Però in effetti restava ormai l'unica strada possibile...
9: OLTRE IL FIUME
Keerson si trovò la città invasa dai Freddi. Non oppose resistenza. Comunicando con Huston ebbe modo di constatare che erano nelle medesime condizioni dei compagni terrestri. Solo Randel Town aveva agito per conto suo. Gardy non aveva accettato l'affronto subito e decise di reagire. In meno di un'ora la città era stata occupata con la forza. Poi ci fu silenzio radio e non si ebbero più notizie. Entrambi i ministri avevano un brutto presentimento a riguardo.
Raggiungere il fiume Khaynn non fu complicato, né troppo dispendioso a livello di energie. In poche ore Thuras arrivò con la sua jeep nei pressi del famoso passo di Khaynn, che dava il nome al fiume che lo caratterizzava. Lì pareva che ci fosse l'accesso a quest'aerea soprannominata Perla Viola, oppure in cui si trovava questa Perla Viola, di cui ancora non si sapeva niente. Il Capitano di Huston scese dal veicolo. I suoi scarponi picchiarono sul terreno argilloso, in riva al torrente. Qualche passo avanti e li avrebbe pucciati nell'acqua. <Signore, ora che si fa?> chiese un suo fedele. <Ce lo dirà la ragazza. Fatela scendere!> urlò poi, schioccando le dita verso l'alto. La camionetta dietro la jeep venne aperta e fecero uscire Yendel, la ragazza di Brucus. Era ancora imbavagliata come tutti gli altri. <Sei stata onesta e te ne sono riconoscente. Ora ci servirebbe che ci dessi ulteriori istruzioni>.
<Non so nient'altro io. Avete sprecato tempo. Io non sono mai stata quaggiù>.
<Perché mentirmi, principessa? Perché non aiutarmi e far sì quindi che gli amici del tuo ragazzo possano essere salvati?>.
<È quello che voglio anch'io, ma ti giuro che ne so quanto voi!>.
<Spero tu sia sincera anche adesso, bambola, perché altrimenti agiremo in un modo un po' meno formale>. Schioccò ancora le dita e tirarono giù anche Sasha. Poi lo fecero inginocchiare e gli puntarono una pistola alla tempia. <Facciamo così. Tu mi dici come fare a salvare la mia gente, e io risparmierò il tuo amico, lasciandolo vivere>.
<Incredibile! Non mi credete! Io vi ho detto la verità!>.
<Ultima occasione, signorina Yendel. Vorrei non doverlo fare, ma purtroppo, stando così le condizioni, mi trovo costretto. Ti invito pertanto a parlare. Facilita le cose. Forza, che qualcosa in più la sai... Ne sono certo. Hai vissuto qua tutta la vita. Avanti, sforza le tue meningi>.
Poi la pistola fece un rumore meccanico, per far intendere alla ragazza che era pronta a colpire. <No! Ti prego! Non lo uccidere, non è necessario!>.
<No che non lo è... È per questo che ti conviene parlare!>.
<Io non so niente, giuro. Non saprei cosa inventarmi!>.
<Molto bene. Hai avuto la tua chance ma l'hai sprecata. Dì addio al tuo amico...>. Senza troppe esitazioni premette il grilletto e una forte vibrazione avvolse tutto il corpo del ragazzo, che poi cadde a terra stecchito. <Mi dispiace> aggiunse poi. <Caricatela nel furgone!> ordinò ai suoi uomini. Yendel, dopo aver assistito alla morte del suo amico, iniziò a gridare come una pazza, dimenandosi e scalciando come una bestia appena catturata. Il suo pianto e le sue grida non commossero minimamente i vigilanti, i quali eseguirono le disposizioni dategli dal Capitano e la rigettarono nel retro della camionetta, insieme agli altri ragazzi. Da lì dentro la si sentì continuare a piangere e a disperarsi. Ora avrebbero dovuto cercare Johanna partendo da zero.
Jack lasciò Huston da solo, così come lasciò Speranza in solitudine, parecchie volte, ai tempi. E proprio come ora, abbandonò la nave con a bordo i suoi cari. Un tempo erano gli amici e il padre, ma anche Kerry, di cui si era già innamorato. Ora si trattava proprio di lei, in veste di moglie, e dalla quale aveva avuto due splendidi figli. Come dimenticare i loro cuoricini nelle ecografie? Come dimenticare i loro primi sorrisi, le loro prime parole, tutti gli spettacolari momenti che gli avevano donato? Ora, proprio come quattordici anni prima, c'era il forte rischio che tutto questo venisse cancellato via. Fu traumatico allora per Jack perdere il padre, senza neanche averlo salutato bene, e perdere due dei suoi migliori amici, esplosi nella città quando fu bombardata. Sarebbe stato molto più traumatico adesso se qualcuno avesse nuociuto alla sua famiglia, quella che lui si era creato negli ultimi anni di pace. Come disse prima alla moglie - e in seguito con Sammy - quel periodo non era stato altro che una pausa. Le insidie e le avversità su Green Rock non accennavano a terminare.
Mentre spiava la sua città dai cespugli, sulla collina più vicina, dovette combattere duramente contro il suo senso di colpa. Sia che avesse fatto una scelta giusta, sia che fosse stata sbagliata, l'obiettivo era uno solo: proteggere i suoi cari. Per farlo era sufficiente mentire ancora a Kerry e uscire dalla città senza dirglielo e senza il suo sicuro consenso? Ma sarebbe stato altrettanto producente rimanere a Huston passivamente ad attendere e dipendere dalle mosse degli altri? Lui era Jack Atson, un ex poliziotto, un ex informatico e un ex carpentiere, per poi tornare a fare il vigilante, o meglio, l'eroe anarchico. Perché questo, in fondo, era sempre stato. Perlomeno stavolta aveva l'appoggio del governo, a differenza dell'era di Garatasy, o peggio ancora, dei Raxintzy, i genitori di Kerry. Quindi un Jack Atson in carne e ossa era un tipo che agiva, che non stava fermo. Andava per il mezzo secolo, ma le energie di certo non gli mancavano. Tutti questi elementi contribuirono a dargli la determinazione necessaria per intraprendere quella folle missione. Si girò di spalle e perse di vista una Huston assediata completamente da Uomini Freddi, i quali controllavano il perimetro e girovagavano per gli appartamenti a ritirare tutte le armi dei cittadini. La vigilanza venne smantellata e ricostruita con una nuova squadra di soli Freddi! Questa fu l'ultima news che Sammy inoltrò a Jack tramite messaggio sul chip. <Fantastico...> commentò Jack alzando gli occhi. Poi riprese a concentrarsi sulla strada. Era buio. Una luce avrebbe attirato i nemici e lui era sicuro che ci fossero pattuglie di ronda in mezzo ai boschi. Per ora non ne aveva viste, ma la sensazione era quella. Tracce di True e gli altri ragazzetti incoscienti (ma coscientissimi in fin dei conti, date le circostanze) non ce n'erano. Si erano totalmente volatilizzati. Si domandava spesso se li avesse trovati Thuras, o se lo stesso Thuras non fosse ormai un cadavere in putrefazione da qualche parte per quella foresta. O addirittura se non avesse trovato i ragazzi evasori morti ammazzati. Non volle pensarci. Proseguì...
Thuras, nel frattempo, stava portando la sua squadra in ricognizione attraverso i margini di quell'aria apparentemente desolata, sì, ma con un'atmosfera stranamente inquietante. Si sentivano come perennemente osservati. Eppure a parte qualche uccello e gli insetti laggiù non c'era nessuno... Alle vetture erano rimasti due vigilanti di guardia. Essi spesso si guardavano attorno con la medesima sensazione. Ogni tanto, inoltre, i ragazzi prigionieri sbattevano coi piedi, probabilmente contro la parete del cofano, oppure mugolavano forte per essere sentiti. Il bavaglio magnetico non si poteva levare, e se ci si provava ci si ustionava per bene. L'unica a non averlo era Yendel, che fu lasciata senza dopo l'assassinio in diretta di Sasha, per piangerlo in pace. Aveva ancora gli occhi gonfi dal dolore, ma non si potevano vedere chiaramente, per via del buio all'interno della camionetta. Solo qualche spiffero entrava da alcune sottili fessure della carrozzeria, però non illuminavano granché. A un certo punto iniziò a dire qualcosa in greenrockiano. Una sorta di cantilena noiosa e ripetitiva, senza mai fare una sosta. Gli altri prigionieri avrebbero tanto voluto chiederle che stesse dicendo, ma erano impossibilitati.
<Ehi!> urlò a una certa uno dei guardiani là fuori. E sbatté un pugno contro la vettura. <Ora basta! Fa silenzio!>.
Lei continuò imperterrita. Lo stesso vigilante le urlò dietro: <Se non la smetti ti rimetto il bavaglio magnetico>. Ma Yendel continuò. Al terzo avvertimento, fece per aprire lo sportello. Fu il collega a fermarlo. <Ehi, che diavolo fai?> gli disse con tono di rimprovero.
<Voglio metterglielo davvero. Non la smette>.
<Non facciamo cose azzardate, ok? Senza il Capitano evitiamo di prendere iniziative>.
<Che male c'è a zittirla un po'?>.
<C'è che quella è una dannata selvaggia. Io ho visto come li addestrano fin da piccoli. Sono spaventosi! Potrebbe essere una trappola>.
<Cosa vuoi che ci faccia una ragazza da sola, per giunta con le manette?> abbaiò l'altro con ironia.
<Evita e basta! Chiaro? Lascia che si sfoghi. Starà pregando, o roba simile... D'altronde le abbiamo giustiziato il suo compagno davanti>.
Yendel non smise un attimo di canticchiare quella roba incomprensibile.
<D'accordo, d'accordo...> si arrese in fine il vigilante, e andò a farsi un giro. L'altro fece no con la testa, osservandolo camminare qua e là sui sassi del fiumiciattolo; e poi si rimise in posizione, col mitra tra le mani. Fu in quel momento che udì qualcosa...
<Ehi! Grei!> esclamò. Da dentro la camionetta cessarono rumori, mugolii e cantilene.
<Che c'è?> rispose scocciato il collega.
<Non hai sentito?> disse l'altro visibilmente preoccupato.
<Che diavolo avrei dovuto sentire? C'è l'acqua del fiume che scorre> e allargò le braccia.
<Se magari tu ti avvicinassi e stessi nella tua postazione!>.
<Mi ci hai mandato tu in castigo, ti ricordo> e si avvicinò disinvolto e lentamente.
L'altro stava guardando attorno alle automobili e addirittura anche sotto. Era convinto d'aver sentito qualcosa.
<Molto bene, pare che la droga di questo pianeta sia di buona qualità. Ma non dovresti farti mentre sei in servizio, rischi il licenziamento> disse Grei.
Aras ignorò la sua battuta e continuò con aria seria a guardarsi intorno. Grei ora era a pochi passi dal collega, quando questo si fermò e gli si trovò di fronte. <Eppure sono sicuro che...>. Non riuscì a terminare la frase. Una lancia gli trafisse il petto trapassandolo da parte a parte. Il vigilante rimase per qualche secondo con la bocca aperta e gli occhi sgranati, strozzando un urlo, fino a quando poi cadde in avanti spezzando la lancia sul terreno. Grei aveva schizzi di sangue sulla divisa. Non riuscì a muoversi, però percepì dei movimenti in mezzo agli alberi circostanti, come qualcuno che correva. Degli Uomini del Bosco li avevano circondati e ora stavano per attaccarli! Fulmineo come non mai, si precipitò dentro la camionetta dove stavano rinchiusi i ragazzi e, sgommando, partì all'impazzata facendo inversione. In quel momento Sasha si era alzato e Grei gli passò di fianco. <Ehi!> gridò il giovane guerriero.
<Oh, al diavolo!> imprecò il vigilante. Fece retromarcia e aprì la portiera. Sasha salì a bordo e richiuse subito. Poi finalmente ripartì, con l'adrenalina ad alti livelli. Colpì sassi e rischiò più volte di catapultarsi, ma non gli importava. Era intento solo a schizzare via da lì il più velocemente possibile. Lui non la voleva combattere questa guerra... Era stato Thuras a persuaderlo, ma ora le cose stavano andando in una piega decisamente fuori dalla sua portata. Mentre guidava sentì Yendel gridare qualcosa in greenrockiano e Sasha le rispose. Probabilmente si era accorta che era vivo.
<Perché non mi avete ucciso?> chiese il giovane del bosco.
<Non chiederlo a me, ordine del mio superiore> tagliò corto l'altro, mentre si impegnava a non schiantarsi da qualche parte, con dei gridolini di Yendel, che aveva la bocca libera, e dei mugolii degli altri prigionieri in sottofondo, i quali sbattevano qua e là per via delle curve e dei salti improvvisi. Di lì a poco intravide una cascata. Il fiume andava a finire in un laghetto giù da basso. Non erano passati da lì prima... Aveva sbagliato strada. Lanciò un paio di bestemmie e rallentò di colpo, cercando una via tra gli alberi. Qualcosa colpì ripetutamente la macchina, sicuramente opera di quegli indigeni. Allora rimise in moto e si infilò nel bosco, cercando di evitare piante, alberi o diavolerie analoghe. Doveva ritrovare il sentiero di prima e tornare poi a Huston, ma prima di tutto allontanarsi da lì! Era chiaro che non erano i benvenuti in quella zona. Kashmitar li aveva avvisati. "Che stupido! Che stupido!" si ripeteva nella mente, per aver voluto seguire il Capitano. Nessuno gli pagava un bonus per quello, anzi, rischiava pure di perdere il lavoro una volta che le cose si fossero sistemate. Ma ormai era lì e doveva solo fuggire...
Poi pensò agli altri compagni. Li stava letteralmente abbandonando. Doveva almeno avvisarli di venir via, sempre se non fossero già morti. I selvaggi lo avevo circondato, perciò probabilmente avevano già ripulito tutta l'aerea. Però doveva tentare lo stesso. Afferrò la radio sul sedile affianco a lui. Schiacciando il tasto, se la portò alla bocca e parlò: <A Thuras! A Thuras! Rispondete, maledizione!>. Niente da fare... Credette proprio di essere l'unico sopravvissuto. Doveva almeno portare in salvo quei giovani là dietro. Mentre imprecava contro la radiolina, si distrasse un attimo e rischiò di colpire in pieno un masso. Sterzò di colpo e inciampò su delle radici sporgenti, facendo pericolosamente balzare la macchina. Colpì con la testa sul soffitto. La radio gli cadde tra le gambe. Lì la strada era in pendenza, poiché si trovavano in montagna, però non riusciva a trovare nessun punto di riferimento familiare. Stava andando a casaccio... All'improvviso si trovò un uomo davanti a sé. Pensando ad un selvaggio, inizialmente era tentato di investirlo, però poi riconobbe la divisa speranzese. Frenò di colpo, col carico dietro che rotolò contro la parete che divideva la cabina di guida col cassone dei prigionieri. Pensò che si fossero fatti sicuramente male... Ma poi portò l'attenzione sul tizio davanti a sé. Teneva una pistola puntata e gli urlava di scendere con le mani in vista.
Jack Atson andava letteralmente alla deriva. Dopo aver evitato di un soffio alcune squadre di esploratori, poc'anzi, non si fermò un attimo fino ad ora, quando si ritrovò nei pressi di un laghetto. Era abbastanza piccolo e il canto degli uccellini rendeva l'atmosfera attorno ad esso piacevole. Stranamente lì si sentì in qualche modo al sicuro, ma era ovvio che non lo fosse. Nessun posto era più sicuro. Si abbassò per riposare le gambe, poi unendo le mani raccolse dell'acqua e si sciacquò la faccia. Quando alzò lo sguardò provò a vedere se intorno c'era qualcosa che magari non aveva notato prima. Nient'altro che cespugli fioriti, alberi fioriti, prato fiorito, e fittissima natura verde scura. Il solito panorama di quell'aerea del pianeta. Per un attimo gli passò per la testa il pensiero che non vedeva da tanto il mare e che gli mancava, ma un rumore lo riportò indietro subito. Si alzò e tese l'orecchio. Veniva come dall'alto, forse più su, su quella montagna. Il silenzio che regnava lì gli permise di distinguere il rumore di un motore. Doveva essere una macchina... "Cazzo, ma allora Thuras è qui!" si disse nella mente. Di colpo si rimise a correre lasciandosi alle spalle quel laghetto, e rientrando nel bosco. Corse qualche decina di metri, la strada si faceva in salita. Poi si fermò, tese ancora l'orecchio. Appena capito più o meno da dove veniva il rumore, riprese a correre in quella direzione. Lo rifece un paio di volte. Stavolta il motore era vicino. Se aveva fortuna, l'auto stava venendo verso di lui! Sentì dei rumori strani, come sgommate, inchiodate e quant'altro. Chiunque guidava quell'auto, a quanto pare, stava inseguendo o scappando da qualcosa. Per quanto ciò fosse agghiacciante, doveva trovarla assolutamente. Non ci mise molto. Iniziò a scorgerla dal basso, mentre evitando gli alberi essa veniva giù a una velocità folle. Tirò fuori la pistola e la puntò contro il parabrezza. Per quanto ne sapesse, lì dentro poteva esserci chiunque, e con le peggiori intenzioni magari. La vettura sembrò andare a sbattere contro un masso, ma sterzò all'ultimo e Jack se la ritrovò di fronte. Iniziò ad urlare: <Fermo! Fermo o sparo!>. Il conducente inchiodò, forse perché lo vide appena in tempo per non metterlo sotto. Poi di nuovo: <Scendi! E metti le mani bene in vista>. L'uomo alla guida ubbidì. Aprì la portiera e mostrò prima le mani, tenendo i palmi aperti per far vedere che non era armato. Poi lentamente scese anche lui e si mostrò per intero.
<Grei?!> esclamò Jack.
<Sì! Sì, sono io! Ma tu che cavolo ci fai qui?> era palesemente spaventato e si guardava indietro nervosamente.
<Chi ti sta inseguendo?> accorciò i tempi quindi Jack.
<Nessuno. Penso di averli seminati>.
Jack scosse la testa e fece una smorfia. <D'accordo! Chi ti inseguiva allora?> ribadì alzando la voce. Si accorse di avere ancora la pistola puntata contro il collega, e che egli aveva ancora le mani alzate. Entrambi abbassarono la guardia, ormai sicuri (o quasi) che chi avessero di fronte fosse innocuo.
<Uomini del Bosco> rispose Grei.
<Freddi?>.
<Non lo so, non li ho visti. Hanno scagliato una lancia dritta nel petto di Aras. Poi hanno iniziato a colpire la macchina e io sono scappato>.
Jack sentì mugolare e sbattere nel retro della camionetta. Istintivamente rialzò la pistola. <Chi c'è là dietro?> sbraitò.
<Ehi, perché ti agiti? Non sono io il tuo nemico!>.
<Sai, da quando avete deciso di abbandonare la città lasciandola in preda agli invasori, non ne sono più tanto sicuro> e invitò Grei a portarsi verso il cofano della vettura. <Apri> gli disse poi.
Grei eseguì e Jack poté vedere i ragazzi che avevano aiutato True a evadere più due giovani Uomini del Bosco che già conosceva. Una era la ragazza del detenuto in questione, mentre l'altro era colui che Johanna ordinò loro di proteggere in cambio dell'assoluzione del giovane Crowzal. <Li avete catturati?> domandò continuando a fissarli.
<Proprio così. Ora se non ti dispiace abbassare quell'arma...>.
<Dov'è Thuras?> cambiò discorso Jack.
<Non lo so. Forse catturato e ucciso dai selvaggi della Perla Viola...>.
<Un momento... Come?!> lo interruppe Jack animatamente.
<I selvaggi della Perla Viola?> ripeté piano Grei.
<Tu sai dov'è? Intendo dire la Perla Viola>.
<Oh, sì che lo so. Dove pensi che sia successo tutto? Ma non mi chiedere di riportarti lì; non ci tornerei nemmeno in cambio di una statua d'oro>.
<Non mi interessa che tu ci venga. Piuttosto, indicami la strada>.
<Vuoi veramente andarci? Cosa non ti è chiaro del mio discorso? Lì c'è gente che uccide!>.
<Sì, questo l'ho capito. Ma a me serve Johanna... Devo parlarle>.
<E cosa pensi che siamo andati a fare noi? Se Thuras è stato fortunato magari l'ha già fatto>.
<Non mi interessa di Thuras... Devo parlarle io!>.
<Non ti interessa di tante cose, caro Atson...> con ironia.
<Tu pensa a rispondere a quanto ti ho chiesto!>.
<Fammi capire solo una cosa... Da quando sei un mio superiore? È già tanto che io non faccia prevalere la mia anzianità su di te!> con disprezzo.
<Anzianità?> e scoppiò a ridere. <Lo sai che se tu ora hai una casa e magari una famiglia lo devi a me?>.
L'altro tacque e lo guardò con odio.
<Tranquillo> disse una voce femminile. <Ti ci porto io alla Perla Viola>. Entrambi si voltarono. Era Yendel, l'unica non imbavagliata. <Però libera i miei amici... Io sono una ragazza del Bosco. Posso chiedere udienza e verrò accolta. Se sarai con me non ti accadrà niente>.
<Non le credere! Sarà sicuramente una fottuta trappola!> sbraitò il vigilante.
<Tu fatti gli affari tuoi> rispose Jack. Poi si rivolse ancora a lei. <Sapresti condurmi esattamente dal Comandante? Lo faresti?> sembrava gonfiarsi a vista d'occhio per questa illuminazione.
Lei annuì e accennò un breve sorriso. A quel punto Jack si apprestò a liberare gli altri. <Cosa fai? Sono prigionieri. Non hai l'autorizzazione> brontolò da dietro Grei.
<Voi avete perso ogni diritto dal momento in cui avete deciso di tradire la vostra gente>.
<Ora esageri, Atson! Parla colui che ha fatto lo stesso, agendo meschinamente alle spalle del Ministro!>.
Jack sorrise con sarcasmo, senza voltarsi, mentre finì di slegare i polsi dei ragazzi. <Sì, beh... Ognuno ha avuto le sue buone ragioni> rispose poi. <Ora sta a te fare una scelta, signor Grei> e si voltò, guardandolo in faccia. L'altro era ancora nella stessa posizione con l'aria imbronciata, mentre Sasha e Yendel si erano abbracciati felici di rivedersi. Jack disse: <O vieni con me - e fai qualcosa di buono, per la tua gente, per te stesso, per chi ti pare - oppure resti qui a lagnarti su quanto ingiusta sia la vita. Fatto sta che io andrò laggiù, ora. E ti dirò di più! Chiunque voglia unirsi è il benvenuto> e si voltò sorridendo verso i ragazzi, i quali esultarono a quelle parole. <Basta con queste leggi, queste regole inutili... Quaggiù non esiste più la democrazia... L'ordine giuridico... Sono tutte favole. Fa tutto parte del passato. Per chi non se ne fosse accorto, ci troviamo a nuotare in un oceano di squali - e chi non è abbastanza abile, viene sbranato vivo! Perciò che ognuno sia libero di agire per quello in cui crede. Non sarò certo io a impedirlo>.
<Jack... Tu stai istituendo una società a delinquere, in questo preciso istante!> si scaldò l'altro.
<Ah sì? E tu invece stai intralciando la legge... Io sono stato incaricato dal Primo Ministro in persona di cercare la Perla Viola e chiedere udienza al Comandante. Perciò dovresti riflettere sulle tue parole... D'altronde, ti ricordo, non sono io che ho fatto di testa mia e ho fatto uccidere delle persone...>.
<Ne farò rapporto con Thuras> non si arrese.
<Sì, ok! Fallo pure!> ruggì Jack. Dopodiché montò sulla camionetta, che era mezza scassata ma camminava ancora, e invitò gli altri a seguirlo. <Yendel verrà con me per forza di cose... Voi potete scegliere di tornare in città oppure di stare con me... Non so, francamente, quale delle due opzioni sia la più sicura. Huston è sorvegliata dai Freddi, che uccideranno i prigionieri o gli autori di qualsiasi reato, come voi. Io parto ora, avete un secondo e mezzo per decidere>.
Senza troppe esitazioni, tutti quanti salirono sulla camionetta, stavolta senza manette magnetiche o bavagli alla bocca, passando davanti a Grei, e scambiando con lui sguardi ostili. Grei allora si incamminò verso valle, in direzione di Huston. <Buona fortuna!> borbottò di spalle. Tutti erano a bordo, tranne Sasha...
<Che fai?> gli chiese Yendel.
Lui, titubante, rispose: <Forse... Forse dovresti andare da sola>.
<Che cosa dici?!>.
<Bahalntass... Dovrei proteggere la mia gente, siamo in guerra. Non posso lasciarli>.
<Io cosa dovrei dire allora?>.
<Tu fai parte del nemico, Yendel. Senza offesa, chiaramente>.
Lei tacque osservando l'amico con disappunto e rammarico. Poi lui continuò: <Aiuta loro. Hanno bisogno di te. Se è questo ciò che ritieni giusto, cioè di schierarti dalla parte della Regione Verde, andando così contro ai Freddi, allora fai ciò che devi, ciò che ti dice il cuore>.
Sembravano entrambi commossi. <Sasha... Sta attento> concluse lei con gli occhi lucidi. Poi il ragazzo fece un cenno a Jack con la testa, che ricambiò, e si girò per andarsene.
<Vorrei tanto andare con lui> commentò da dietro Irem, a bassa voce e con lo sguardo abbattuto.
<Lui ti piace, vero?> rispose Aniju.
<No, ma che dici?!> e arrossì vistosamente.
<Nessun problema amico. Sempre uniti. Sempre e comunque> e gli diede il pugno. Irem contraccambiò e preferì non aggiungere parole all'argomento. Nel frattempo Jack aveva messo in moto e stava già spostandosi in direzione dell'area della Perla Viola, con Yendel seduta affianco davanti che gli mostrava la via.
<Loro arrivano> disse il Kap.
<Mio Signore illustro, Kap Addah. A chi vi riferite?> disse Johanna inchinandosi.
<Compagna della saggezza, amici validi, fidati, guerrieri veri. Tu sei circondata da persone positive. Sfrutta tali legami nel migliore dei modi. Il mondo può cambiare e tu potrai essere ricordata per aver riempito un pezzo importante del puzzle>.
Kayl si era avvicinato e intervenne: <Kap Addah, devo andare?>.
<Mio fedele ed amico messaggero. Il tuo lavoro è di importanza vitale. Fa quello che ti dice la tua anima. Conduci quaggiù tutti coloro che ritieni idonei. Più la famiglia si allarga, più la potenza del bene si ingrandisce>.
Kayl chinò la testa e partì. Johanna lo guardò uscire dalla Sala.
Sasha passò per il passo di Thaylan, per rientrare al suo villaggio. Era la strada più logica e forse più sicura. A breve avrebbe percorso un sentiero tangente all'area di una delle città speranzesi, Randel Town per l'esattezza. Per quanto ne sapesse, i Freddi avrebbero dovuto occupare anche quella. Ecco che vide in lontananza proprio una squadra di esploratori. Restò nascosto e attese... Di lì a breve constatò che in realtà erano Verdi, guerrieri del Regime per l'esattezza. Erano pochi, tuttavia. Strano... Nascondersi non serviva più. Lui era un missionario del Comandante, non doveva giustificarsi. Si mostrò e si identificò. Erano uomini di Brucus, concittadini di Yendel. Questo significava che appartenevano alla legione Fredda. Potevano essere amici, così come nemici. In ogni caso studiavano il ragazzo con aria sospetta e riservata. Nella lingua del Bosco, dissero: <Cosa ti fa credere che ci sia ancora un posto dove tornare, giovanotto?>.
<Niente. Perciò mi sto recando lì. Voglio salvare la mia gente>.
<E vuoi farlo da solo?> con un sorriso ironico.
<Io sono sempre solo...>.
<Beh, buona fortuna. Ma non rammaricarti troppo, ok?> e risero tutti insieme. Poi presero e si allontanarono. Sasha aveva intuito, ma volle prima vederlo coi propri occhi...
Il fiume del passo di Khaynn era largo, di forma irregolare e l'acqua era molto bassa. Se ne veniva giù a serpente dai boschi più alti fino a passare per quel punto situato in cima a una grossa vallata, laddove la sua acqua trasparente e pulitissima andava a finire in un lago, rumoreggiato per via della cascata. Quel tratto era quasi del tutto silenzioso. Jack levò gli scarponi e pucciò i piedi nudi nell'acqua. I sassolini grigi chiari sul fondo erano piccoli e piacevoli sotto ai piedi. Un letto abbastanza soffice nel quale si sprofondava di qualche centimetro. Nel centro arrivava a mezzo metro o poco più. Passando dall'altro lato iniziava un bosco molto cespuglioso. <È di là> indicò timida Yendel, e forse anche un po' preoccupata.
<Sta tranquilla; questa storia finirà presto e tutto tornerà alla normalità> la rassicurò Jack.
<A cosa è dovuto tanto ottimismo?> protestò Jimmy, che si era tolto anche lui le scarpe, un po' meno comode per quelle scampagnate. <Ahhh!> sospirò poi ad alta voce godendosi la frescura del fiume. Dopodiché si lasciò cadere all'indietro e sprofondò con l'ano nei sassolini bianchi della spiaggia, mentre tutti lo osservavano.
<È dovuto al fatto che, una volta terminata questa patetica guerra, io sarò di nuovo un vigilante e potrò arrestarti spesso!> disse Jack sorridendo.
<Sì, beh... intanto terminiamo questa guerra> rispose l'altro secco.
<Per farlo credo che dovremo inoltrarci laggiù, a cercare cosa, non lo sappiamo ancora> e guardò verso la foresta di fronte.
<Ottimo bel piano...> commentò True sarcastico.
<Sentite. È già un miracolo essere qui e che nessuno ci abbia ancora uccisi>.
<Se non vi hanno uccisi è perché ci sono io> disse Yendel seriosa. Tutti si voltarono verso di lei. Poi fece qualche passo in avanti e pronunciò una sorta di rituale a piena voce, facendola echeggiare per quei monti.
<Che cosa hai detto, se posso sapere?> le domandò cauto Irem.
<Li ho chiamati>.
<Chiamati chi, con esattezza?> chiese Aniju.
<I suoi fottuti amici della giungla!> ululò Jimmy.
<Ehi, porta un po' più di rispetto. Chiaro?> lo rimproverò True.
<Rispetto?!> e si alzò bagnandosi un po' i pantaloni. Poi, andando verso True, disse: <Tu porti rispetto a questa gente che ci ha promesso pace e vita serena e poi ha deciso all'improvviso di sterminarci tutti? Portalo tu, il rispetto a loro! Io di certo non lo farò> indicando più volte col dito Yendel.
<Senti, amico. Datti una calmata. Non tutti sono così. Lei ci sta aiutando ad esempio>.
<Oh, sì che lo sta facendo! Magari ci sta aiutando a finire dritti nella tana del lupo!>.
<State un po' zitti!> li interruppe Jack. Aveva udito qualcosa. Un trotto, come di un animale da passeggio che si avvicinava.
<Sono loro> bisbigliò eccitata Yendel.
Non molto dopo giunse sul posto un uomo in sella ad un ciuccio, di colore beige e con la criniera spelacchiata. Aveva un'aria simpatica (l'animale). Il tipo in sella era bendato in testa e portava un foulard alla gola. Un vestiario molto insolito per i terrestri. <Salve!> salutò Jack.
<Lasciate fare a me> gli suggerì però la ragazza, portandosi avanti e inchinando lievemente la testa. Tutti forse si aspettavano che avrebbero parlato in greenrockiano, ma in realtà pronunciavano un buon terrestre.
<Buon pomeriggio, signorina di Brucus>. Parve che egli la conoscesse. True e Irem si guardarono straniti per un attimo. Poi ancora: <Cosa vi conduce in queste terre lontane?>. Era cordiale e piuttosto lento nel parlare.
<Cerchiamo udienza, signore. Chiediamo umilmente di essere ammessi alla Sacra Pietra>.
<Allora un'idea ce l'aveva di cosa fosse...> commentò Aniju.
Il messaggero le sorrise dolcemente e poi, un po' meno dolcemente, osservò tutti i presenti. <Udienza per voi tutti?> domandò, forse con una punta di scetticismo.
<Sì...> rispose poco convinta la ragazza del Bosco.
Il messaggero scese dal ciuccio e camminò su una passerella di sassi, attraversando il fiume. Poi si avvicinò ad ognuno di loro, molto lentamente. Li guardò, con aria trasparente, tutti quanti, da cima a fondo. Jimmy per ultimo. Poi si girò quasi di scatto, tant'è che i ragazzi vicino a lui tesero a dietreggiare. <Non tutti loro potranno venire, signorina Yendel>.
<Ehm... ouh, ok! Io...>.
<Non ancora almeno. Non sono ancora pronti> e li riguardò in faccia uno per uno. Poi disse, tornando verso il ciuccio: <Soltanto alcuni di voi mi seguiranno, quest'oggi>. Montò sull'animale e invitò Yendel con un gesto a seguirlo.
<Sì, ma non ha detto chi...> disse Irem all'orecchio di True. Quest'altro scosse la testa rassegnato. Jack si sentì di dover prendere parola: <Signore, scusatemi. Chi di noi può venire?>. Ma il messaggero si stava già addentrando nel bosco e non rispose. <Pare che non parli con gli alieni...> commentò Jimmy.
<Io vado> disse Jack. <Devo assolutamente parlare con Johanna>. E si incamminò frettolosamente dopo aver guardato i compagni, lasciandoseli alle spalle. Anche Yendel si voltò, sorrise a True e poi proseguì.
<Bene. Seguiamo i pazzi o ce ne stiamo qui ad attendere una morte sicura?> chiese True guardando verso la sua ragazza che scompariva tra i cespugli.
<Credo che la seguiremo> rispose deciso Aniju. Fu il primo ad attraversare il fiume. Poi anche Irem, subito dopo di lui. A quel punto seguì True e, per ultimo e meno convinto di tutti, Jimmy.
La foschia che c'era lì in mezzo sapeva disorientare. Ogni cespuglio rassomigliava a un altro, era difficile basarsi su riferimenti. Pareva sempre di girare intorno. Aniju perse di vista i compagni, ma non se ne accorse subito. Anzi, dovette sforzare la mente per notarlo. Poco gli importava. Sentiva quella voce. Non capiva se era nella sua mente o se c'era realmente, fatto sta che cantava soave e gli chiedeva in qualche modo di raggiungerla, e che una volta unitosi ad essa sarebbe stato in armonia. Come rifiutare un'offerta simile? Era così docile che ricordava le sirene di Ulisse, con la differenza che chiunque la udisse e fosse arrivato fin lì, era sicuro che non conduceva alla morte, bensì alla felicità eterna. Non si chiese come avesse raggiunto questo stadio di consapevolezza; l'aveva raggiunto e basta. Era come la miglior droga, difficile da lasciar perdere. Proseguendo in quella fitta boscaglia, si imbatté in uno stagno con dei strani fiori che galleggiavano in superficie. Erano belli, ispiravano fiducia. Aniju ne accarezzò uno. Picchiando col dito sulla superficie quadrata, essa sprofondava giù e poi ritornava a galla. Aveva un gambo che non si vedeva dove andava a finire, ma molto probabilmente sul terreno sottostante. Mentre stava lì percepì una strana voglia di unirsi a quei fiori, di sbocciare, di arrivare in alto e aprirsi alla vita. Era tentato di infilarsi nello stagnetto, ma aveva un compito da svolgere, ovvero trovare la Perla Viola. Se solo tutti gli altri avessero visto e sentito quello che aveva visto e sentito lui... Che sensazione unica! Pensò: "Chi me lo fa fare di combattere, scappare, allearmi, uccidere, evadere e tutto il resto? Qui non serve niente di tutto ciò. Se solo tutti vivessero qui...". Ma purtroppo non era così. Chissà, magari un giorno avrebbe condotto laggiù i suoi cari. Ne avrebbe fatto la priorità della sua vita. Arrivare lì equivaleva a raggiungere l'ultimo e il più importante dei traguardi.
Notte fonda. Irem si svegliò di soprassalto. Non capì subito dove si trovava, ma sentì dei versi umani lì vicino. Solo voltandosi vide che c'era una tenda, con una luce fiacca dentro. Intravide anche due ombre. Date le circostanze, si sentiva in dovere di controllare... Aprì e il volume dei versi si alzò di colpo. Non fu il massimo interrompere True e Yendel sul più bello, ma, accidenti, con tutti i momenti proprio adesso dovevano far sesso?!
<Che palle, amico! Vatti a fare un giro...> brontolò il suo migliore amico alzando la testa. Yendel invece cacciò un grido e si coprì, ridendo subito dopo per l'imbarazzo.
<Ragazzi, per quanto tutto ciò sia toccante, non credete che forse dovremmo concentrarci su altro al momento?>.
<Da quando sei diventato così puntiglioso? Dacci un minuto e usciamo!>.
Allora Irem si rassegnò e scuotendo la testa richiuse la tenda, ripristinando quel sottofondo acustico di poc'anzi. Si guardò intorno per cercare di orientarsi. Solo dopo qualche passo si rese conto che la testa gli girava a mille. Ma che diavolo era successo? Non ricordava niente. E dov'erano gli altri? Poi sentì il suono di un ruscello. Forse era il fiume Khaynn. Mentre si arrostiva le meningi per cercare di ricostruire la situazione, True e Yendel uscirono dalla tenda. <Ragazzi, potreste vestirvi?> disse loro Irem, coprendosi la faccia con una mano.
<È buio! Non ci vede nessuno> ribatté l'amico. Poi si infilò i pantaloni e lei si risistemò i capelli e infilò le scarpe.
<Ma che cazzo è successo?!> si domandò True, come se avesse realizzato all'improvviso la realtà dei fatti.
<Buongiorno...> disse sarcastico Irem. <Merda, mai presa una botta così!>.
<A chi lo dici fratello!> e rise come un idiota. Yendel lo squadrò.
<Ma dove cazzo siamo?>.
<Non lo so neanch'io...> rispose Yendel. <Ma credo che non ci faccia entrare>.
<Che cosa?!> chiesero contemporaneamente i due ragazzi, che poi si guardarono velocemente.
<Avevo già sentito storie di questo tipo. Dovete sapere che non tutti possono accedere in quell'aera. C'è chi "non è pronto", come dicono loro...>.
<Per la Luna! Ma che diavolo di posto è, si può sapere?!> esclamò Irem.
<E dove sono gli altri?> aggiunse True.
<Non saprei... Probabilmente loro ce l'hanno fatta>.
<Vuoi dire che quell'idiota di Jimmy era "pronto" e io no?!> sbottò Irem.
<Per tua sfortuna, non è così!> rispose proprio Jimmy, che apparì alle loro spalle, impugnando una torcia magnetica.
<Jimmy!> strillò True.
<Io direi di tornare al campo. Fanculo a questa Perla Viola! Fanculo a tutti loro!!!> gridò poi, creando un lieve eco.
<Ma dov'eri?> gli chiese sospettoso Irem.
<Dov'ero? Addormentato in un fottuto bosco! Poi ho sentito le vostre voci e, prima di soffocare un senso di nausea, le ho seguite fin qui>.
Irem ignorò le sue frecciate. <Anch'io mi sono risvegliato all'improvviso. Ma non ricordo un cazzo!>.
<È semplice. Ci hanno drogati> intervenne True. <Ci hanno drogati per respingerci>.
<Allora ci saranno anche gli altri in giro da qualche parte> commentò Yendel.
<Molto probabile. Dobbiamo cercarli>.
<Che cosa?! Restare ancora qui? Non vi è bastato tutto questo? Per quanto ne sappiamo possono avere anche abusato di noi sti pervertiti> ruggì Jimmy.
<Non hai voglia di cercarli? Vattene a casa! Io vado a cercare Aniju!> disse Irem alzandosi.
<Per fare l'amore con lui appartati sotto le stelle?>.
Irem gli andò contro, arrivandogli faccia a faccia. L'altro non si mosse e continuò a fissarlo negli occhi con aria di sfida.
<Ehi, ragazzi! Piantatela!> gridò loro True.
<Preferisco fare l'amore con tua mamma> disse Irem.
Jimmy lo spinse, facendolo quasi cadere. Poi gli si scagliò contro. <Ripetilo!> gli urlò infuriato. Irem gli sferrò un cazzotto colpendolo alla tempia; allora Jimmy reagì e iniziò a colpirlo con calci e pugni. Sembrava avere la meglio quando True si lanciò su di lui e lo fece volare dall'altro lato, con lui sopra. <Cazzo vuoi, amico?!> gli gridò Jimmy.
<Merda, vi volete calmare tutti quanti?!> disse True rialzandosi subito. <Ma che vi prende, Cristo?! Sembrate due bambini!>.
<È lui! Non fa altro che provocarmi> rispose Irem.
<Fanculo alle vostre cazzate!> gridò l'amico. <Risolvetele quando saremo tutti a casa e sta merda sarà finita>.
Jimmy si rialzò e si passò la mano sulla tempia, dove forse aveva un piccolo livido. <Bene!> esclamò allargando le braccia. <Me ne torno a Huston, da sua sorella, a montarmela un po'!>.
Irem allora gli corse ancora incontro, con True che lo bloccò. Era nero dalla rabbia e desiderava tanto provocargli del dolore. Allora finse di cedere alla presa, ma poi si abbassò, prese un sasso e glielo lanciò in faccia. L'altro urlò come un matto, imprecando. <Ora basta!> si inalberò True. Prese Jimmy con una forza superiore alle sue stesse aspettative e lo spinse tra gli alberi. <Vai via di qua, stronzo!>. Questo tuttavia ubbidì, lanciando bestemmie mentre si allontanava e sparì nel buio con la sua torcia. Poi True guardò male Irem, che disse: <Quel figlio di puttana... Non gli permetterò di sfiorare mia sorella! Li ho sempre coperti e mi ringraziano così!>.
<Ehi!> gli disse True afferrandolo per le spalle e scuotendolo. Irem evitò il suo sguardo, ma l'amico gli disse: <Guardami!>. Allora imbronciato lo fissò e lo ascoltò. <Lascialo perdere! Chiaro? Non possiamo permetterci queste distrazioni. È solo un coglione e probabilmente morirà mentre cerca di ritornare a Huston! Forse si perderà pure... Cazzi suoi! È una sua scelta. Noi siamo qui e siamo tutti abbastanza maturi da capire che ora c'è qualcosa di più importante a cui pensare>. Irem annuì energicamente e True gli lasciò la presa. Poi sputò sangue e si passò manica sul labbro. Quel verme l'aveva colpito in faccia. Yendel guardò ammirata il suo uomo prendere le redini della situazione, e forse lui si gonfiò ulteriormente non appena se ne accorse.
<Che facciamo?> chiese quindi la ragazza.
<Credo che dovremmo ritentare... magari ci siamo imbattuti in qualche cazzo di pianta velenosa che ci ha rincitrullito il cervello> rispose Irem.
<Sono d'accordo> disse True.
<Beh, certo... Sempre se non siete troppo impegnati a scopare> aggiunse l'altro.
True si atteggiò come se volesse urlargli contro, ma Yendel lo interruppe: <Ha ragione. Ci siamo lasciati distrarre e abbiamo perso tempo prezioso. Non ricapiterà>.
Irem annuì timidamente, quasi pentito di averlo puntualizzato, in quanto non gli dispiaceva vederli in intimità. Ma represse quelle patetiche fantasie e si rimise in sesto.
<Comunque, bel colpo!> gli disse True sorridendo compiaciuto. L'altro ricambiò. <Se lo meritava proprio>.
<Puoi dirlo forte>.
<Avanti, in marcia. Cerchiamo gli altri e appena sarà l'alba riproveremo a cercare la Perla Viola>.
E così smontarono la tenda e si incamminarono.
Jack Atson vide la Custodia. <Così, è quella?> chiese. Il messaggero confermò. <È... bellissima> aggiunse ammirandola. La Custodia era un palazzo tutto ornamentato da affreschi e disegni pittoreschi probabilmente molto antichi. Era circolare, aperto tra un piano e l'altro con la scala che saliva a forma di chiocciola. La natura selvaggia ne nascondeva una buona parte, ma dava l'impressione di essere una struttura molto grande. La punta, che era l'accesso principale, sbucava dalla fittissima giungla, affacciandosi su uno spiazzo roccioso dove scorreva un fiumiciattolo. Jack si chiese se fosse lo stesso del passo di Khaynn, o se fosse magari un suo affluente. Passò oltre. Era perlopiù incuriosito dalla Custodia.
Mentre accedevano dal basso, per salire lungo la scala e andare a colloquio dal Kap, Kayl disse, col suo modo saggio di esprimersi: <Quante cose possono celarsi dietro il fiume, caro Compagno>.
Jack lo guardò e sorrise, perfettamente partecipe. <Il fiume non è un confine tuttavia> gli rispose poi.
<No, certo che non lo è. È soltanto un fiume. La saggezza sta dentro tutti noi, dobbiamo solo saperla riconoscere>.
<La missione che svolgete qui è importantissima, quindi>.
<Più di ogni altra cosa. In realtà, caro Jack, è il solo vero obiettivo che hanno gli esseri umani>.
Poi finalmente giunsero in cima. Il Kap aspettava nella Sala, seduto alla solita poltrona. Non era proprio come se lo immaginava Jack. Era grasso, vecchio e apparentemente debole. Probabilmente non si alzava mai da lì. <Sua imminenza Kap, signore> disse Kayl inchinandosi. Jack non sapeva cosa fare o cosa dire, ma ci pensò il messaggero. <Lui è Jack Atson dallo Spazio, Kap Addah> aggiunse poi indicando lo speranzese.
<Benvenuto Jack Atson dallo Spazio. Dev'essere stato un viaggio lungo arrivare fin qua, vero?>.
<Beh, dipende quale viaggio intendete> educatamente.
<Bene. Vedo che c'è predisposizione alla saggezza nella tua mente. Il viaggio che hai compiuto coi tuoi compagni nello spazio è stato soltanto progresso, così come il viaggio che hai fatto a piedi dalla città dove vivi per raggiungere questo luogo sacro. Il tuo viaggio spirituale invece ha avuto inizio da quando esiste il tutto, e finirà solo quando cesserà d'esistere, cioè mai. Kayl e i Compagni Saggi ti indirizzeranno e ti mostreranno ciò che c'è da vedere. Spero tu possa trovarti a tuo agio, quaggiù>.
<Grazie, signore>.
<Kap Addah> disse anche Kayl, congedandosi. Poi portò Jack fuori da lì.
Nel frattempo, in un atrio, una persona vestita con una tunica stramba stava leggendo da una pergamena un testo, in lingua terrestre. Jack, che passava di lì con Kayl, non appena riconobbe la sua lingua si fermò ed origliò.
L'uomo (era talmente conciato che Jack non distinse subito il genere), leggeva ad alta voce:
"Recitando davanti al gong, il sacro manoscritto penetra nella nostra vita: aprendo gli occhi e ammirando l'universo, troviamo la saggezza, mentre chiudendo gli occhi e guardando dentro di noi, vediamo la sacra scrittura. Sin dall'origine l'intero universo è la vera entità di tutti i fenomeni. È lo scritto stesso. È la saggezza che è in noi. Sin dall'origine, difatti, la nostra vita è l'entità di tutti i fenomeni, è il sacro manoscritto. Recitando davanti alla Pietra, si ha uno scambio di energia tra l'universo e la nostra vita; la nostra originale entità risplende e viene a galla come un fiore, facendo scaturire l'originale saggezza e il coraggio di agire attraverso di essa".
Andò avanti. Kayl disse: <Non c'è bisogno che spii da fuori. Puoi anche entrare e ascoltare> sorridente.
<Ma cosa sta dicendo? E perché nella mia lingua?>.
<Sta leggendo un pezzo delle sacre scritture. Avrai modo di approfondire. Mentre la tua lingua è quella compresa da tutti. Qui non esistono distinzioni. Qui siamo un'unica essenza. Ma ora proseguiamo. Dando tempo al tempo vedrai tutto ciò che c'è da vedere...>.
Così si lasciarono alle spalle quell'atrio, piuttosto luminoso e invitante, e passarono oltre...
10: IL VIAGGIO
Arrivare alla Perla Viola non fu semplice. Si dovettero affrontare insidie, nemici, ostacoli... Jack ci riuscì. Con lui c'era Aniju. Probabilmente gli altri avevano rinunciato, poiché non li avevano seguiti per il Sentiero. Jack poté vedere molte cose, belle soprattutto. Vide la gente in armonia, percepì una sensazione di pace, sia esteriore che interiore, specialmente. Non si era spiegato come mai, ma il Sentiero gli aveva mostrato quelle cose. Ora sapeva che se voleva realizzarle doveva continuare per quella strada. Era lì, nel posto giusto. Ci sarebbe rimasto e avrebbe cercato Johanna.
Giorno 1.
Jack fu accompagnato ad un dormitorio. <Questa è la tua stanza, per ora> gli disse gentilmente Kayl.
<Ehm, senti, Kayl, giusto? Io avrei una certa urgenza. Dovrei incontrare Johanna. Il Comandante> gli disse Jack.
<Compagna Johanna? Lei non è qui>.
<Come sarebbe a dire non è qui?>.
<Verrà dopo, alla Sala, quando avremo il meeting>.
<Il... cosa?>.
<È l'incontro dei Saggi Compagni, quando si riuniscono per pregare>.
<Quindi... Dovrei venirci anch'io? Non c'è modo di vederla prima?>.
<Temo di no> rispose un po' freddo l'altro. Allora Jack capì che non era il caso di insistere. Lì era ospite e doveva tenersi buona quella gente se voleva riuscire nel suo intento. <Tra quanto è?> chiese poi.
<Oh, a breve! Stasera al calare del sole. Fatti una doccia e indossa quella tunica> e indicò una vestaglia piegata e appoggiata sul letto.
<Ouh, perfetto! Grazie> si sforzò di sorridere Jack. Stava sudando sulla fronte. Tutta quella situazione iniziava a metterlo a disagio. Quella gente era strana. Si percepiva. Se Johanna si trovava là, però, doveva esserci una buona ragione. Confidava pienamente in lei...
Aniju fu accompagnato in una stanza affianco. Non era molto popolato quel corridoio. Forse era riservato soltanto ai forestieri di passaggio.
Più tardi si ritrovarono nella sala di culto, laddove si pregava tutti insieme. Jack e Aniju furono accompagnati lì da una giovane donna, carina nei modi e con indosso una tunica azzurra, dalla cucitura palesemente femminile. Quella degli uomini era arancione acceso; e sotto non si indossava niente! Era un imbarazzo totale... Tra l'altro non era stato dato ai due speranzesi nemmeno nulla da mettere ai piedi. Jack inizialmente pensò di rimettersi le sue scarpe della divisa, anche se stonavano parecchio, ma poi si era affacciato e aveva visto altri praticanti tutti scalzi. Allora capì e, facendo una smorfia, le se ritolse.
Dentro la Sala c'era già parecchia gente. Non era enorme come stanza, però essendo vuota nel centro, le persone ci stavano tranquillamente. C'era una specie di tappeto gigante sul pavimento. Molti iniziarono a mettersi lì, sedendosi a terra tutti con le gambe conserte. Ci saranno state una trentina di persone in tutto. La cosa forse un po' strana agli occhi degli speranzesi, era che nessuno li osservava. La loro presenza era vissuta in modo assolutamente normale. Jack studiò invece i presenti, tutti vestiti adeguatamente, e non poté fare a meno di notare qualcuno tra essi con l'aria familiare...
Era un uomo, barbuto, vecchio, piuttosto robusto. <Cristo Santo...> commentò Jack, forse un po' ad alta voce. Il tale era già in postazione, pronto alla preghiera. <Garatasy?!> balbettò Jack. L'uomo si girò e parve riconoscere l'ex concittadino di Speranza all'istante. Gli sorrise animatamente e poi tornò disinvolto a prepararsi per l'inizio della preghiera. <Chi è?> bisbigliò Aniju.
<Oh! Solo l'ex Presidente del nostro popolo> rispose Jack senza guardarlo, probabilmente ancora con la bocca aperta per lo stupore.
<Cosa?!>.
La preghiera iniziò. Tutti quanti unirono i palmi delle mani e li portarono all'altezza del petto. Poi chiusero gli occhi e furono abbassate delle tende per diminuire la luminosità. Tutt'attorno, sui mobili di legno, c'erano candele profumate accese, di vari gusti. La guida spirituale aveva una vestaglia marrone con disegni strani sopra, ipoteticamente dei simboli mistici, e un cappello tondo in testa. Sbatté un oggetto contro un affare di metallo appeso al muro, il quale risuonò per diversi secondi, rimbombando nella Sala. A quel punto si sedette su una sedia stramba di fronte ad esso e posizionò le mani come tutti gli altri. Jack cercò di mettersi dietro, per rimanere sullo sfondo, intimorito dalla performance. Pure Aniju si mise il più esterno possibile. Appena la guida iniziò a recitare, in lingua greenrockiana, i due ospiti quasi si spaventarono per la voce alta e il ritmo con cui pronunciava le parole. A breve tutti gli altri seguirono, in coro. Solo dopo Jack si accorse che la guida leggeva da delle pergamene, e che bene o male le frasi erano sempre le stesse. Durò quindici minuti, durante i quali i due speranzesi non riuscirono a fare a meno ogni tanto di sbirciare e guardarsi attorno. Erano tutti perfettamente sincronizzati e non muovevano neanche mezzo muscolo. Questo era buono per rilassarsi da quella postura scomoda e ridicola, poiché nessuno li avrebbe notati. Cercarono tuttavia di tenere gli occhi chiusi, o socchiusi al minimo, per restare omogenei col resto del gruppo. Ovviamente non recitarono niente, visto che non conoscevano il testo. Si limitarono a stare in silenzio e con le mani unite. Il termine della preghiera fu sancito da un altro suono del gong, simile a quello di iniziazione. A quel punto terminò la guida da sola e poi tutti ringraziarono chinando leggermente il corpo in avanti. "Wow!" si disse Jack. Molti dei presenti non potettero evitare di notare le espressioni dei nuovi arrivati, ma erano tutti sorridenti e magicamente armoniosi. Jack non resistette e si avvicinò a Garatasy. <Cosa cavolo ci fai qui?> gli chiese tenendo bassa la voce per non dare nell'occhio.
<Mi sono unito anni fa a questa gente. Lo sai, vivo meglio ora. Ho compreso i miei sbagli e sto facendo un percorso che mi sta cambiando. Vedrai, non rimarrai deluso> rispose pacifico.
Jack forse non si aspettava una risposta così esauriente e rimase inceppato. Allora Garatasy aggiunse: <Senti. Ora ti faranno qualche domanda. Non menzionare fatti personali o quant'altro... Dì solo che vuoi unirti a loro nella preghiera e tutto andrà liscio. Da retta a un vecchio "saggio"!> e rise quasi maliziosamente. Lo trovava molto cambiato. Per quanto ne sapesse, era morto quattordici anni prima in guerra. In effetti non aveva mai visto il suo corpo e Johanna, quando organizzò l'evasione, l'aveva perso di vista. Quando si alzarono per prendere posto su delle sedie, Jack riconobbe proprio Johanna. <Ehi!> bisbigliò forte. Lei lo vide e ricambiò il saluto distrattamente. Non sembrava sorpresa di vederlo lì, ma neanche entusiasta. Fu come se avesse incontrato un conoscente al bar. Normale routine. Jack rimase stranito, poi prese posto a sedere completando il cerchio che avevano formato i presenti con le sedie.
<Allora, com'è andata?> domandò inaspettatamente la stessa donna che li aveva accolti.
Jack si accorse che guardava principalmente lui. Balbettò qualcosa impacciato e poi rispose: <Beh, direi bene, sì... Per quello che ci ho capito>.
Tutti sorrisero cordialmente. Qualcuno parlava a bassa voce col compagno vicino in maniera disinvolta. Era come se fosse normale avere lì degli Uomini dello Spazio, che avevano tra l'altro rischiato la vita per trovare quel luogo. Aniju era molto intimorito e cercava di evitare gli sguardi delle persone, che comunque non mettevano a disagio gli ospiti.
<Che cosa ne pensi, compagno Jack?> chiese ancora la donna.
<È una preghiera interessante. Sulla Terra, il pianeta da cui vengo io, esistevano correnti religiose simili. Io però sono cristiano e... va beh, non importa>.
<Presentiamoci> disse l'altra. <Io mi chiamo Artijda. Sono la coordinatrice di questo gruppo di preghiera. Loro sono tutti i Compagni Saggi> e indicò con lo sguardo le persone attorno. Una a una dissero il loro nome, fino a Jack che chiuse il giro.
<Ci vuoi fare una breve presentazione, Jack? Chi sei, da dove vieni, cosa ti ha portato qui...>.
<Io, beh...> e guardò inevitabilmente Garatasy, che però rimaneva trasparente. <Vengo da un altro pianeta, come dicevo prima. Sono qui per...>. Poi ricordò cosa gli aveva suggerito l'ex Presidente poco fa. <... unirmi a voi nella preghiera>. Si sentì un idiota e quasi gli venne da ridere. <Ho sentito la necessità di intraprendere un percorso spirituale, in un momento della mia vita piuttosto delicato. Poi mi è stato consigliato questo posto e, mi son detto: perché no? Proviamoci>. Sperò di non aver parlato male.
Aniju lo guardò esterrefatto, ma lui lo evitò.
<Bene! Ottimo direi... Benvenuto Jack!> e tutti quanti gli diedero il benvenuto. Era andata liscia, pensò.
A turno, qualcuno parlò, in perfetto terrestre, raccontando qualche breve esperienza personale. Jack era immerso nei suoi pensieri paranoici. Tra l'altro notò che molti avevano sembianze e lineamenti simili agli speranzesi, oppure ai famosi Uomini dell'Isola. Evidentemente quel pianeta ospitava diverse popolazioni di esseri umani, ognuna con la propria etnia a seconda dell'area geografica originaria. Tra essi, comunque, c'erano parecchie persone mulatte, Uomini del Bosco probabilmente, tra cui Johanna (anche se era bianca). Jack si focalizzò su di lei e si infastidì all'idea che il Comandante della Regione Verde, di recente, stava trascurando le questioni politiche e preferì addirittura andare lì a perdere tempo in insulse baggianate. Non lo disse a voce alta chiaramente... Magari qualcuno l'avrebbe ucciso, per questo. Si aspettava ormai tutto da chiunque. Thuras e gli altri vigilanti che erano con lui erano scomparsi. Non ebbe nemmeno coraggio di chiedere a qualcuno, poiché magari lo riconoscevano come un soggetto ostile da allontanare o eliminare, come avevano tentato di fare con Grei. Per smaltire la confusione dal cervello, ritornò tra i presenti. Un uomo anziano stava raccontando di quando aveva una malattia che l'aveva completamente paralizzato, al punto addirittura di impedirgli di parlare normalmente, e che da quando aveva iniziato a praticare in quel posto era miracolosamente guarito. Infatti adesso, se non per i normali acciacchi dell'età, era piuttosto arzillo e riusciva ad esprimersi in modo molto più fluido. In più camminava bene, Jack credette di averlo visto prima che si faceva strada lentamente tra la folla per entrare in aula. Tutto ciò lo incuriosì e decise così di prestare più attenzione. Nessuno lo osservava più. In quella fase stavano tutti puntati sulla persona che parlava. Dopo il vecchio prese parola una donna sulla sessantina. Disse che davanti al suo negozio c'erano spesso incidenti e la gente moriva. Da quando aveva iniziato a pregare erano diminuiti gli incidenti. "Negozio?! Incidenti?!". Aniju e Jack non capirono e si scambiarono un breve sguardo. Evidentemente c'era una città da quelle parti. In effetti quelle persone non avevano l'aria di essere dei selvaggi. Erano vestiti diversamente, avevano modi di fare più civili, erano proprio diversi. Il fatto che ci fossero delle metropoli diede comunque speranza a Jack. Un giorno magari avrebbero potuto unirsi a quella popolazione. Certo, se fossero impazziti come loro o se avessero iniziato a far finta di credere a qualche assurda divinità che risolveva i problemi dei praticanti. Tutto ciò appariva folle, ma quella gente sembrava crederci veramente. E poi Johanna... Non sapeva se fosse uscita di senno, come tutti gli altri lì dentro, oppure se veramente nascondesse questo lato "spirituale" di cui non aveva però mai parlato a Jack. In entrambi i casi gli fece rabbia. Perché dedicarsi a questo, ora che serviva la sua protezione e la sua presenza?
Un ragazzo raccontò brevemente di come la storia con la sua fidanzata fosse migliorata dopo un periodo di crisi e di continue liti. Qualcuno menzionò appartamenti, impieghi che non fossero contadino, mercante o guerriero. A quel punto Jack si convinse che doveva esserci un centro abitato da quelle parti. Ma non un normale clan come nella Regione Verde. Doveva parlare con Johanna...
Finito lì, si congedarono tutti, salutandosi affettuosamente. Poi un altro paio di suonate al gong sancì la fine del rito. A quel punto la guida spirituale si ritirò e tutti i praticanti si dispersero. Con la coda dell'occhio Jack notò Artijda che lo guardava. Per ora non doveva dar nell'occhio, comportarsi normalmente, fingere che tutto ciò non lo turbasse. Johanna nel frattempo si stava incamminando nel corridoio circolare. Jack dovette accelerare il passo per raggiungerla. <Ehi> le disse.
<Ciao Jack> salutò lei in un modo strano, come mai aveva fatto.
Jack tuttavia ignorò o forse neanche ci fece caso. <Possiamo parlare?>.
<Perché parli a bassa voce? Nessuno ti giudica qui>.
<D'accordo, allora fermati e dimmi che diavolo sta succedendo!> si scaldò.
<Perché ti agiti? È tutto ok...>.
<Tutto ok? Per gli dei della galassia! C'è una guerra in corso là fuori... Kashmitar mi ha mandato qui perché non se la sente di prendere decisioni senza di te>.
<Kashmitar è un uomo saggio>.
<Johanna... Perché eviti il discorso?>.
<Jack. Io ti sto già aiutando. Sto aiutando tutti ad essere sincera. Persino me stessa. Dovresti solo lasciarmi fare... Tutto qui>.
Jack fece qualche verso di disapprovazione.
Chi si dirigeva da quella parte li guardò incuriosito, mentre i due si fermarono affacciati al balcone della struttura a chiocciola, che dava su un boschetto piuttosto bello e arricchito da cinguettii di uccellini.
<Che c'è? Ora ti importa se ti ascoltano?> ironizzò lui.
<Non essere ridicolo. Se mi trovo qua è perché è la cosa giusta da fare ora. Io so quello che faccio, Jack>. Era molto diversa. Parlava in modo più sciolto e faceva espressioni che non le appartenevano. Almeno, per quanto ne sapesse il vigilante di Huston. Ormai cominciava seriamente a credere che non la conosceva per niente. La cosa lo irritava e demoralizzava allo stesso tempo.
<D'accordo, senti. Te la metto semplice. Io sono venuto fin qui per parlarti. Per chiederti un appoggio militare alla mia città. Avrei bisogno che mandassi un esercito a liberare Huston dai Freddi. Puoi farlo?>.
<No, non da qui. Spiacente...>.
<Ti dispiace?!> con disappunto.
<Te l'ho detto, ciò che sto svolgendo quassù è di vitale rilevanza>.
<Oh, non lo metto in dubbio!>.
<Davvero, lo comprendo il tuo scetticismo. Devi solo avere fede e aspettare. Le più grandi imprese sono state compiute portando pazienza, immensa pazienza>.
Jack aprì bocca emettendo suoni senza senso. Prima di formulare una frase sensata, Johanna continuò: <Io so che tu puoi avere fede, Jack. Ti conosco...>.
<Io invece penso di non conoscere te...> rispose triste.
Johanna ignorò quella frase. <Porti ancora quel oggetto sacro al collo?>.
<Alludi al mio crocefisso? Certo, non la tolgo mai la collana> e se la toccò da sotto la tunica.
<Bene. Questa è una prova della tua fede. Inoltre sei qui e, credimi, non è casuale> e sorrise.
Cosa avrà voluto intendere?
<Ora devo andare Jack. Ma è stato un piacere vederti>.
<Andare dove?> chiese lui rassegnandosi.
<Lungo il mio cammino. Non è tutto qui come lo vedi...> disse guardando attorno. <Dovresti dare un'occhiata in giro, ma con occhi saggi. So che puoi...>.
<Tu sai troppe cose...> sarcastico.
<Ci vediamo, Jack dallo Spazio. Al prossimo incontro direi!> sorridendo.
<Certamente...> rispose imbronciato mentre la donna bionda si allontanava. Ora nella sua testa c'erano ancora più domande di prima. Si chiese se fosse stato produttivo fermarla per parlarle. Cosa avrebbe fatto adesso? Sua moglie e i suoi figli erano a Huston, probabilmente in pericolo. Quella gente dava segni di pazzia; poteva essere una perdita di tempo restare là. Oppure avrebbe dovuto fidarsi ciecamente e per l'ennesima volta del Comandante? D'altronde non l'aveva mai tradito... Magari avrebbe dovuto seguire il suo consiglio ed esplorare un po' quel posto con i suoi fottuti occhi saggi. Si sentì ridicolo e gli venne da sorridere ironicamente. Si girò e tornò al suo dormitorio, senza nemmeno aspettare Aniju o preoccuparsi di dove fosse.
Si fece una doccia e rifletté diversi minuti sul da farsi, mentre l'acqua tiepida gli scorreva addosso. Quando ormai stavano per nascergli le branchie, decise che era il caso di uscire. Kerry aveva la priorità assoluta. Kerry e i bambini. Si vestì in fretta, intento a lasciare quel luogo. Prima di uscire in corridoio controllò che non ci fosse troppa gente. "Nessuno, perfetto...". Chiuse la porta adagio e si precipitò di sotto cercando di non sbattere i piedi sul pavimento. Come aveva potuto permettersi di perdere tempo e rilassarsi sotto la doccia quando la sua famiglia era in probabile pericolo? Si odiò per questo e accelerò il passo. Uscito dall'enorme scala a chiocciola della Custodia, si precipitò oltre il giardino e si inoltrò nel bosco. Doveva solo trovare il fiume e andar via di lì. Liscio come l'olio. Finora non l'aveva visto nessuno, se non un uomo anzianotto e ricurvo che puliva le scale e manco l'aveva guardato. Quando attraversò l'aera ricca di fiori colorati, appena oltre gli stagni con le piante rotonde galleggianti, gli successe qualcosa di strano. Gli scorsero per la mente immagini sfuocate di scene da lui vissute, alcune delle quali che ricordava perfettamente e altre che invece era come se avesse rimosso. Ad esempio vide lui e i ragazzi per il sentiero e poi quei giovani dare di matto e svenire, come se fossero ubriachi. Subito dopo vide l'immagine di alcuni greenrockiani che trascinavano via quei corpi, ma lui doveva continuare, nonostante avesse assistito e provasse pena per loro. La sua missione era più importante. Tanto in qualche modo sapeva che non gli avrebbero fatto del male. Solo, non erano adatti a quel luogo, forse... Ecco! Gli si accese qualcosa. In effetti non ricordava niente del viaggio di andata tra Khaynn e la Custodia. Percepì solo la sensazione di essere "pronto" per raggiungerla, a differenza invece degli altri. Quasi in maniera automatica stava rallentando il passo, intento a tornare indietro. "No, devo salvare la mia famiglia!" si disse. Proprio quando pensò ad essa, immaginò Kerry con un bel vestito in un'abitazione moderna e lussuosa, nel centro di una città ricca e pulita. Poi vide i suoi figli un po' più grandi dell'età che avevano adesso, con una divisa elegante da scuola, sorridenti e ben istruiti. Provò un senso di sicurezza, per lui e soprattutto per loro. Ma cosa gli stava succedendo? Immagini offuscate e veloci come flash lo riportarono in sé. Vide Speranza esplodere, i suoi amici e suo padre morire. Vide il cadavere di Renae col cinghiale vicino, poi i bambini schiavizzati nelle miniere. Dopodiché si ritrovò al fiumiciattolo di fronte alla Custodia. Era l'alba. <Ma cosa diavolo...?!> disse rintontito. Con la testa che gli girava rientrò nella Custodia e si diresse verso la sua stanza. Desiderava solo riposarsi ora. Per il corridoio incontrò Artijda, che camminava sorridente. <Ciao Jack> gli disse.
<Ehilà> rispose lui sottotono, strofinandosi gli occhi ancora un po' annebbiati.
<Nottataccia?> chiese lei.
<In realtà credevo fosse ancora ieri> disse confuso.
<Hai per caso provato a tornare indietro?> con tono gentile.
Lui rifletté prima di rispondere. <Forse... Perché me lo chiedi?>.
<Perché se sei qui, Jack, è la tua energia vitale che ti fa rimanere>.
<Non capisco di cosa parli>.
<Lo capirai> sempre col sorriso.
<Credo che ora io...>.
<Oh, sì! Perdonami. Vai pure a riposare. Te lo meriti...> cordialmente. E si scostò per farlo passare. Lui, traballante, si congedò ed entrò in camera. Poche ore dopo si svegliò di soprassalto, balzando seduto sopra al materasso. Non ne fu sicuro, ma gli sembrò anche di avere urlato. Rispetto a prima era lucido e non gli girava più la testa. Con gli occhi sgranati si alzò di fretta e si guardò intorno. Era nella sua stanza. Si ricordava di esserci entrato, ma non capiva perché era tornato indietro. Eppure era sicuro di essere uscito la sera prima per tornare a Huston. E gli altri ragazzi? Che fine avevano fatto? Come aveva fatto a uscire di tardo pomeriggio e a ritrovarsi alla Custodia all'alba del giorno dopo? Tutte queste domande lo stravolsero. Doveva parlare con qualcuno, chiedere informazioni, capire meglio che cosa stava succedendo. Riprovò un senso di disprezzo nei confronti di Johanna, che con superficialità lo aveva messo a tacere convincendolo a restare lì. Decise di cercare proprio lei.
Giorno 2:
Secondo meeting. Stavolta stavano in una stanza più grande, addobbata diversamente dalla prima. Anche le tuniche erano più decorose. C'erano meno parti del corpo a nudo. Una trentina di persone si accomodò davanti al gong. La Guida suonò e iniziò la preghiera. Jack cercò con gli occhi Aniju, che si fece vedere e annuì. Finita la recitazione, si disposero nuovamente a cerchio.
Parlarono più o meno tutti. Fu lunga e noiosa quella fase. A Jack venne più volte da sbadigliare. Poi un signore arzillo di età avanzata suggerì di far parlare i nuovi arrivati. Ed ecco che tornò l'imbarazzo e la soggezione. Iniziò Aniju, che non seppe che dire e si impappinò un poco, tremando nella voce per la timidezza. Jack lo aiutò: <Credo che questo percorso aiuterà entrambi noi - e qualunque Saggio Compagno si unirà - a iniziare una nuova vita, lontana dalla violenza e dalla guerra>.
<Interessante la tua affermazione, giovanotto. Perché è proprio questo l'argomento di cui parleremo oggi> rispose il vecchio illuminandosi quasi a vista d'occhio. Poi due giovani in tunica marrone (simile a quella della Guida) fecero passare delle strane candele fino a consegnarne una ciascuno ai presenti. Uno dei due poi passò con un fiammifero e le accese tutte, disinvolto. Facevano uno strano odore, all'inizio forte, ma poi ci si abituava e diventava piacevole. Ne Jack ne Aniju chiesero cosa fossero e a cosa servivano. Probabilmente erano solo parte del rituale. Poi il vecchio riprese: <In questo mondo, purtroppo, come noi tutti sappiamo, c'è molta violenza, molta collera, avidità, egoismo, egocentrismo e ignoranza, da portare spesso a "risolvere" le cose - che poi una soluzione non è - combattendo, facendo la guerra. Noi tutti siamo qui proprio per continuare la missione che iniziò trecento anni fa Mahujida, ovvero di creare una comunità pacifica, che viva per la pace e che diffonda essa nel resto dei luoghi>. Si rivolgeva soprattutto a Jack, che dovette annuire e reprimere il rossore che gli si formava inevitabilmente sulle guance. <Raccontateci qualcosa della vostra terra> invitò poi cordialmente lo speranzese a partecipare al discorso.
<Oh, beh... Che dire? In effetti la nostra gente non è molto diversa da quella che dimora nei boschi> cercò di non essere offensivo. <Spesso vogliamo avere sempre di più e adoperiamo mezzi come guerra o utopia per conseguire tale obiettivo. Sono qui proprio perché non mi sento concorde con questi metodi> mentì spudoratamente. Poi si chiese se in effetti non lo pensasse davvero. Il vecchio chiese: <Da dove venite tu e il giovane?>.
<Huston. È una città costruita dopo l'atterraggio di Speranza sul pianeta. Siamo... Eravamo> si corresse. <... una colonia proveniente dalla Terra>.
<Oh, interessante! La Terra. Dov'è questo posto?>.
<Molto lontano> rispose Jack superficialmente inventando un sorrisino.
<Si tratta di un pianeta?> chiese un'altra donna abbastanza in là con gli anni.
Jack pensò di non aver capito la domanda, visto che era così ovvia la risposta. Però quella donna dava proprio l'idea di essere all'oscuro di tutto. Chissà quanta altra gente lì dentro come lei? <Sì, è il nostro pianeta d'origine> rispose Jack, sperando di non aver detto una banalità.
La donna, d'altro canto, parve interessata. E disse: <Che strano nome da dare a un pianeta>.
<Ouh, non saprei. Glielo attribuirono chissà quanti millenni fa>.
<Ci sono ancora persone laggiù?>.
A quella domanda, prima che Jack potesse rispondere che non lo sapeva, intervenne precipitosamente Artijda, come se volesse cambiare discorso per non toccare certi tasti. <Ne parleremo magari un'altra volta> disse in tono gentile. <Purtroppo il tempo a disposizione è terminato, e dobbiamo procedere con la preghiera di chiusura>.
Alla fine del meeting Jack trovo Artijda ad aspettarlo, laddove lui sarebbe passato e non avrebbe potuto evitare di incontrarla. <Jack, come ti trovi quaggiù? Come sono stati i primi giorni?> gli chiese mentre stava girata a preparare un tè fumeggiante.
Jack annusò l'aroma prima di rispondere. <Direi che è tutto molto strano. E vi definirei pazzi se non avessi conosciuto Johanna> ridacchiando.
Lei contraccambiò l'ironia e si voltò, offrendo una tazza allo hustonese. <Mi è giunta la conferma che hai tentato di tornare a casa l'altro giorno> aggiunse cordialmente.
<Sì... io...>. "Chi è che l'aveva visto e perché non l'aveva fermato?" si chiese. Anche se la risposta pensava di conoscerla.
<Voglio che tu sappia - e ci tengo davvero - che questa non è una prigione. Chiunque è libero di andarsene o di ritornare quando lo desidera> spiegò la coordinatrice.
<Mi è successo qualcosa di strano. Io...>.
<Probabilmente il tuo inconscio ti ha trattenuto qui. Sai, non è certo una novità per me. Sei un Saggio Compagno adesso> e sorrise. <Forse la tua interiorità ha già raggiunto la consapevolezza>.
Jack sembrò non capire.
<La consapevolezza che questo è il tuo percorso. Che questo è il tuo posto. Per questo la Saggezza non ti ha fatto andare via. Ciò non significa che tu non possa disporre di libero arbitrio> continuò.
<Vuoi dire che... è per questo che...?>.
<Non lo escludo. È capitato a molti. Chi è veramente pronto e portato ad essere qui, difficilmente poi decide di rinunciare. Perché sai, perdona la drasticità, qui è tutto. Qui è il traguardo della vita. O meglio, la vera vita è qui. Presto capirai e cesserai di essere confuso. Sei solo all'inizio>.
<Sì, direi che in effetti suona strano sentirsi dire che la mia saggezza interiore mi ha trattenuto con la forza alla Custodia, impedendomi di tornare dal mio popolo> con sarcasmo.
<Non viverlo come un impedimento, come un limite. Qui non ci sono limiti. Prendi ciò che sto per dirti come un semplicissimo e spassionato consiglio amichevole. Quando reciti, ascolta la tua anima. Le immagini che essa ti mostrerà, sono il frutto di quello che tu vuoi essere. Mi spiego meglio. Ammettiamo che tu voglia ritrovare tua moglie e i tuoi figli, ma che pregando qui nel Sacro Luogo tu riesca a vederli felici e realizzati. Al sicuro lontano da inutili guerre e barbarie. Cosa farebbe la tua mente saggia?>.
Jack ricordò le visioni che aveva avuto. Poi rispose: <Andrei a prenderli e li porterei qui. Proprio ciò che stavo per fare>.
<Non confondere istinto con saggezza. Prega. Rivolgiti alla Perla Viola. Fai sì che loro trovino questa strada così come l'hai trovata tu. È l'unico modo per accedervi>.
<È per questo che i miei compagni non sono mai arrivati qui?>.
<Esattamente. La felicità va cercata dentro sé, mai all'esterno> sorridendo.
Lo speranzese fece una pausa di pochi secondi. <Quindi dovrei aspettare qua e mettermi a pregare affinché per qualche assurda ragione a Kerry e ai bambini venga un flash e si mettano a cercare questo posto, di cui neanche sanno l'esistenza?> sbottò.
<Neanche tu conoscevi questo posto, Jack>.
<Io non posso lasciarli laggiù a morire>.
<Morte e sofferenza non sono la fine di tutto, lo sai?>.
<Questa teoria mistica dovrebbe convincermi?>.
<Ehi, non sono io che porto un fardello al collo>.
Jack si passò la mano sul crocifisso. <La mia religione è molta diversa dalla tua>.
<Nessuna religione Jack. Tu sei chiaramente libero di credere a ciò che vuoi. Ma prova a concentrarti su degli obiettivi e ad affiancare la preghiera (la nostra preghiera) alla tua energia vitale. Vedrai che otterrai obiettivi mai raggiunti prima. E li otterrai di certo. Te lo posso garantire>.
<Dammi una prova che tutto questo è reale e rimango>.
<Ma l'hai già avuta! Sei tornato indietro verso il passo di Khaynn e la tua anima ti ha ricondotto qui. Non basta questo?>.
Jack si passò la mano sul mento, facendo scivolare le dita sulla barba. <Vado a dormire. Anzi, a cercare Johanna>.
<Credo che la troverai alla Perla Viola> disse lei.
<Ovvero?>.
<Ultimo piano. Nella Sala del Kap> e indicò la scala a chiocciola.
Lui annuì e senza dire più niente vi si diresse. Arrivato in alto, in effetti, trovò Johanna affacciata su una vasca bianca posta al centro della stanza. Il soffitto era di forma ovale, ricurvo verso gli angoli delle pareti. La vasca invece, apparentemente di ceramica, era alta almeno un metro e mezzo, e conteneva qualcosa di luminoso. Le luci della stanza erano fiacche, poiché soltanto poche candele venivano tenute accese lassù. Dava proprio una sensazione piacevole, dovette riconoscere Jack. Avvicinandosi verso il centro notò che dalla vasca fuoriusciva una luce viola. Arrivò affianco a Johanna e guardò dentro. Non si vedeva quasi nulla; solo un miscuglio di sfumature viola e i raggi luminosi che quasi accecavano gli occhi, se li si fissava troppo a lungo. <Che cos'è?> chiese Jack.
<Lo sai già> rispose lei.
<Voglio dire, che cos'è per te?>.
<Sei arrabbiato?>.
<No, ma potrei diventarlo se non inizi a rispondermi in modo esauriente, evitando giri di parole>.
<Questa è la Sacra Pietra. La fonte della divinità. Noi tutti abbiamo parte di essa dentro di noi. Solo che non siamo tutti in grado di percepirla e di leggerla>.
<Insomma, una sorta di anima?>.
<Proprio così. Questa Pietra non è altro che la luce la saggezza che c'è dentro noi. Quella che, se raggiunta, ci fa vivere diversamente e armoniosamente>.
<Tu sei convinta di tutto ciò? Credi in quello che dici? Quello che fai...>.
<Assolutamente sì>.
<Quindi non hai più alcuna intenzione di tornare alla vita di prima?>.
<Si nasce e si muore, Jack. Tutto ciò che sta in mezzo è solo progresso>.
<Pare che siate tutti convinti che sia reale. O siete pazzi voi, o sono pazzo io a non crederci. E chissà perché sono più portato a credere alla prima di queste due opzioni>.
<Tutti siamo scettici all'inizio. A quante cose sei riuscito a credere da quando sei su questo pianeta, Jack?>.
Jack stette in silenzio.
<So che vuoi aiutare la tua gente, ma credimi, è proprio ora e qui che tu lo stai facendo veramente>.
<Dici sul serio?>.
<Hai detto che ti fidi di me, Jack>.
<Sì. È che ora non escludo l'eventualità che ti abbiano drogata o fatto il lavaggio del cervello. È di loro che stento a fidarmi, non di te>.
Johanna sorrise. <Nessun lavaggio del cervello. Io sono io, così come tu sei sempre tu. Aiuta Kerry e i bambini, Jack. Portali qui> e indicò la pietra luminosa dentro la vasca.
<Qui?> chiese Jack riferito alla Perla Viola.
<Certo, se entri nella concezione che "qui" non è un luogo. Questo è solo un oggetto di culto. Questa struttura è solo una costruzione dove noi ci raduniamo e preghiamo. Il "qui" è dentro ognuno di noi e allo stesso tempo in ogni dove. Siamo un tutt'uno con l'universo stesso>.
<Sei molto cambiata Johanna. Allora, dimmi come fare a portare Kerry, Alan e Kriffy "Qui">.
<Prega molto. Vieni quassù, nella sala del Kap. Medita. Passa anche tutto il tuo tempo, se necessario, a pregare con intensità dinanzi alla Saggezza>.
<Certo. Sì. Credo che farò come dici tu. Verrò qua sopra tutti i giorni, mi affaccerò in questa... vasca! Osservò questa dannata pietra lucente e mi lascerò avvolgere dal suo chiarore violaceo. È così che la mia famiglia giungerà da me, sempre se non venga uccisa dalle guardie che proteggono la Custodia, ovvio! Non ritenendoli magari "pronti", proprio come è successo agli altri miei colleghi! Certo, perché una setta religiosa che predica per il bene è tenuta ad uccidere, se qualcuno non gli va a genio. Mi sembra tutto logico! Anzi, non mi stupisco se uccideranno anche a me da un momento all'altro sentendomi parlare così>.
<Non esiste nessun guardiano, Jack...> disse lei stranamente seriosa.
<No. E chi ha lanciato le frecce verso i miei compagni? Ah, sì! Dimenticavo. È stata la Saggezza! La Saggezza che c'è dentro ognuno di noi è munita di un arco con le frecce>.
<Jack, qualsiasi cosa sia successa ai tuoi amici, è accaduta per la stessa ragione per cui le cose succedono! Per ogni effetto esiste una causa. Forse qualcuno ha saggiamente ritenuto che fossero ostili e che avrebbero assediato e inquinato questo posto. Se sono morti è stato per proteggere l'unica cosa veramente importante di quella che noi chiamiamo vita. E ti ricordo che la morte non è la fine...>.
<Già. Lo dice anche Artijda. Beh, sai che ti dico? Io ritengo invece che voi siate tutti pazzi! Che siate dei... satanici! Sì, le vostre sono fottute sette! Ne esistevano anche sulla Terra, ai tempi... E tu ti sei fatta coinvolgere. Io me ne vado> e accennò ad allontanarsi.
<Riflettici. Se vuoi andartene lo puoi fare, in qualunque momento. Ma sarebbe un peccato... Sei così vicino ormai>. La sua fermezza faceva inalberare Jack.
<Bene. Meglio così> disse lui cercando di non esplodere. <Puoi scegliere di venire con me, e salvarti veramente da questa puttanata! Oppure restare qui a farti fottere il cervello da questi psicopatici. Scegli tu. "Siamo tutti muniti di libero arbitrio">. Poi prese e se ne andò. Johanna restò a guardarlo. Mentre scendeva per la chiocciola notò con la coda dell'occhio che si era riaffacciata nella vasca luminosa. Fece un verso di disappunto e accelerò il passo. Era sera. Non gli risultò difficile tornare nel bosco che nascondeva la Custodia. Stavolta non percepì nulla di strano. Forse la sua determinazione - o la sua rabbia - era più forte della suggestione. Voleva e doveva arrivare al fiume. Una volta lì si sentiva sicuro che sarebbe stato libero.
Sasha si trovò legato contro un muro da degli anelli magnetici che gli tenevano ferme le caviglie e i polsi. Gardy si avvicinò a lui. Aveva un aspetto autoritario ma anche un po' trasandato, dando l'idea di uno che aveva appena perso tanto. Dopo che i suoi burattini l'avevano malmenato per un po', il giovane guerriero del Bosco, sputò a terra sangue, continuando la scena muta da quando l'avevano catturato. Poi guardò con odio il Ministro di Randel Town, fissandolo negli occhi. Gardy si sentiva sfidato quando qualcuno lo penetrava con lo sguardo in quel modo. Specialmente quella gente. <Allora. Ricapitoliamo, dove si trova la Perla Viola?> chiese per l'ennesima volta il Ministro facendo avanti e indietro lentamente, con le mani dietro la schiena. Fryk assisteva eretto come un robot. <Non parlerà signore> disse un soldato dall'aria rude alla sua destra.
<E invece lo faremo parlare!> urlò.
<Come?> chiese l'altro timidamente.
<Con la forza, semplice. Prima o poi cederà. Forza, agisci!> ordinò poi.
Un altro soldato, mingherlino, scagliò una frusta magnetica contro il petto di Sasha, che strinse i denti e si ritrasse per il dolore, sforzandosi comunque di rimanere impassibile. Poi di nuovo. E di nuovo ancora. Sasha pianse. Non poté trattenere le lacrime dagli occhi, mentre il sangue formava una piccola pozzanghera sotto di lui. Quando il vigilante stette per scagliare ancora la frusta, sotto ordine del Ministro, decise di aprir bocca. <Non lo so!> mugolò. Tutti si fermarono. Poi ancora: <Non so dove sia! Ho provato a raggiungerla... C'erano anche i vostri compagni. Li hanno uccisi quasi tutti, mentre altri li hanno catturati>.
Gardy si avvicinò a lui faccia a faccia. <E tu... Dov'eri diretto? Perché non sei rimasto con loro?>.
<Io tornavo dalla mia gente, per aiutarli>.
<Dopo che ti hanno fatto esiliare e intraprendere una missione suicida per il Comandante? Lo stesso Comandante che vi ha abbandonati tutti per vigliaccheria?>.
<Non ti permettere di parlare così del Comandante!> sbraitò.
<E tu di parlare così a me!> ribatté. <Bene. Se non vuoi dirci dov'è questa Perla Viola, allora non ci servi più. Uccidetelo!>.
<Io so dov'è che vi si accede. Ma non dove sia collocata esattamente. Né che aspetto abbia... Non so nient'altro>.
<Conducici laggiù>.
<No. Vi disegnerò una mappa. Ma io tornerò a Bahalntass>.
<Allo sbarbato qui piace dettare le condizioni> disse Gardy rivolgendosi agli altri dietro di lui, con un ghigno malizioso. Poi aggiunse, strillando: <A casa mia!> e si voltò ancora verso il prigioniero.
<Questo è un bunker che avete costruito illegalmente fuori dai vostri confini> puntualizzò Sasha.
<Sei sveglio, ma forse troppo sfrontato. In ogni caso è il tuo giorno fortunato, solo perché mi servi! Tu disegnerai la mappa e io non ti ucciderò. Inoltre sarai il mio ostaggio. Vedrai che ci faranno passare>.
<Ne sei convinto?> e rise. <Fai pure... Ma non ti lamentare se ci uccideranno entrambi>.
<Non bleffare. Tenti di essere furbo ma non lo sei abbastanza>.
<E se io non ti disegnassi la mappa? Tanto andrei incontro a morte sicura in ogni caso>.
<Ti uccido e mi faccio condurre laggiù da qualcun altro>.
<Chiunque preferirebbe la morte>.
<Maledizione, ma fai sul serio?! Siete davvero così ostinati?>.
<Stai avendo a che fare con l'ultimo dei Perevell, gente poco raccomandabile> concluse lui.
Il sentiero si fece di colpo buio, non buio pesto da non vedere niente, ma scuro, come la luminosità di Speranza quando veniva abbassata per l'orario notturno. Jack correva, cercando di evitare quel mix di immagini che gli offuscavano la vista. Tenne addirittura gli occhi chiusi per cacciarle via. Non voleva caderci ancora, trovandosi così nuovamente al punto di partenza, senza riuscire ad andare via da lì. Per cacciare via dei flash nel cervello, però, non si capacitò che stava avanzando velocemente con le palpebre abbassate e tenute strette per non accecarsi le pupille; così inciampò e cadde di faccia. Era un trucco di quella maledizione, pensò. Ma lui era più forte, avrebbe resistito. Si rialzò subito e scattò in avanti, però dovette arrestarsi di colpo... Sammy era lì davanti a lui, vestito di bianco come quando era scienziato. <Va via!> gli gridò Jack, credendo che fosse un'illusione. L'amico però era reale e lo bloccò con la forza, stringendolo a sé e cadendo a terra. Un attimo dopo la luce tornò come prima, proprio come doveva essere a quell'ora. Era il crepuscolo e Picture iniziava a scomparire dietro le montagne, ma certamente era meno buio che poc'anzi. Jack aveva un'espressione di terrore in volto. Inoltre tremava a vista d'occhio e Sammy lo notò. <Tranquillo, amico! Ci sono qua io... ci sono qua io>.
11: LA CITTA' DEGLI ILLUMINATI
Poco dopo erano sulla via del ritorno. <Secondo te perché succede?> chiese Jack a Sammy, descrivendo le allucinazioni in quel tratto di bosco.
<Sarà qualche fiore che rilascia una sostanza tossica... Oppure ti hanno drogato, molto più probabile>.
<Tutte e due le volte?!>.
<Perché no? È probabile che ti tengano sott'occhio e che agiscano alle tue spalle per farti fare ciò che vogliono loro. Non sarebbe la prima volta...>.
<Merda, sì!>.
<Non preoccuparti. Ora la risolveremo>.
<Dobbiamo tornare nella Regione Verde! E chiedere rinforzi! A proposito. Che mi son perso?>.
<Oh, niente di che. Huston è sotto il controllo dei Freddi. Crizty pure, mentre Randel è stata rasa al suolo>.
<Che cosa?! E lo dici così tranquillamente?>.
<Ormai è successo. Cosa dobbiamo farci?>.
<Merda! Reagire! Combattere! Perché hanno distrutto Randel?>.
<Gardy ha rifiutato la resa e loro hanno agito di conseguenza. Come dico sempre, bisognerebbe un po' tutti imparare ad usare la saggezza...>.
"Saggezza...". Quella parola echeggiò nella mente di Jack, che poco dopo entrò subito in paranoia. In effetti osservava l'amico e sembrava strano. Come se gli fosse accaduto qualcosa. Era troppo sereno date le circostanze. E se la sua presenza lì fosse solo un'altra allucinazione? "No, è impossibile. Mi sta portando a Huston...".
<Che c'è?> chiese Sammy vedendo Jack pensieroso.
<Niente! Sono ancora scombussolato... Qualsiasi cosa mi abbiano fatto ha funzionato. O meglio, funzionava! Ora sembra che stiamo avendo la meglio. Se non avessi incontrato te...>.
<Non dire così. Avresti proseguito ugualmente>.
<Ma tu perché sei qui? Cosa ci fai qui da solo?>.
<A volte il capitano deve abbandonare la nave. Huston è diventata invivibile. Regna la dittatura e chiunque osi protestare viene punito con la violenza. Non hanno pietà. Ci hanno ridotto al minimo le vivande. Tutto il denaro in circolazione l'hanno sequestrato loro. Noi lavoriamo e loro ci danno del cibo in cambio. Poco e da spartire col resto del popolo. Spesso qualcuno da di matto e finiamo per litigare tra di noi. Se scoppia il panico non saprò più come controllarlo>.
<E tu? Sei ancora in carica?>.
<Metaforicamente. Ormai si occupano di tutto loro. Io firmo qualche carta, partecipo a qualche riunione. Sono più intelligenti di quanto immaginassimo. Inoltre non mi rendono vita facile. Mi controllano, in continuazione! Non mi vogliono lasciare un minuto libero, forse per paura che io organizzi una rivoluzione. Anche se siamo senza armi... Hanno addirittura messo delle pattuglie attorno a casa mia. Mia moglie e mio figlio non escono più...>.
<E Kerry? I bambini?>.
<Loro stanno bene. I tuoi figli vanno a scuola, mentre Kerry fa le pulizie e poi si rintana subito in casa>.
<Meglio così> osservò Jack ricordando la scrupolosità della moglie. Stavolta si rilevava utile.
Poco dopo spostarono con le mani dei cespugli e si ritrovarono difronte a una costruzione bianca. <Merda! Siamo tornati indietro> esclamò Jack frustrato.
<No. È il posto giusto invece> rispose Sammy con tranquillità.
<Come?>.
<È proprio qui che volevo arrivare>.
Jack spalancò gli occhi corrugando la fronte. Poi Sammy smise di fissare la Custodia e lo guardò, sorridente. <Perché avrei fatto tutta sta strada se poi avrei dovuto tornare indietro?>.
<Sammy... Cosa ti è successo?!>.
<Non c'è di cui preoccuparsi, è tutto a posto. E noi pure siamo nel posto giusto>.
<Sammy, in nome della Terra, io stavo scappando da qui! Ma non hai ascoltato quello che ti ho detto?!> si agitò.
<Certo che ti ho ascoltato, ma ciò non significa che questa non continui ad essere la meta che mi ero prefissato di raggiungere>. Poi fece un passo avanti e iniziò a camminare disinvolto verso la struttura.
Jack non seppe che dire, né tantomeno che fare. Era completamente spiazzato. Qualcuno aveva lavato il cervello anche a Sammy, che ora si univa al nemico convinto che fosse la cosa giusta da fare...
Quando Sasha venne colto di sorpresa dai fuggiaschi di Randel Town, vide i suoi piani frantumarsi. Era così vicino a Bahalntass... Soprattutto dopo aver saputo da quegli esploratori Verdi, con giri di parole, che probabilmente il suo villaggio era stato attaccato. Non reagì, ma nemmeno collaborò. Quel Ministro era completamente accecato dall'odio e dalla vendetta. Non agiva razionalmente. Ora lo stavano addirittura riportando alla Perla Viola come ostaggio!
Ad un certo punto la loro jeep si fermò di colpo. Sasha provò a sbirciare fuori dal retro, insieme ai vigilanti che lo controllavano. Aveva polsi e caviglie legate, per paura che si ribellasse. Non si fidavano delle mosse degli Uomini del Bosco, erano molto agili e nati per combattere. I soldati scesero e andarono ad accogliere il neoarrivato. Si trattava di uno speranzese. Sasha lo riconobbe. Era presente quando evasero da Huston, anzi, era proprio uno dei detenuti! <Cosa ci fai qui?> abbaiò Gardy.
<Torno alla mia città> rispose serenamente Jimmy.
<Non c'è nessuna città, idiota. Se ti fai vedere nelle vicinanze, ti uccidono>.
<Forse è meglio così...>.
Frik prese parola: <Vieni con noi> sforzandosi di essere severo. <Sali in macchina>.
<Perché dovrei?>.
<Perché noi siamo l'autorità e tu devi ubbidire>.
<Altrimenti mi arrestate?> e rise sarcasticamente.
<Caricatelo in macchina. Un altro ostaggio potrebbe rilevarsi utile> rivolgendosi ai suoi uomini.
<Ostaggio?! Che significa? Lasciatemi!>.
Con la forza lo depositarono affianco a Sasha, che, appena incrociò il suo sguardo, si voltò dall'altro lato con superiorità. Dopodiché risalirono tutti in macchina e ripartirono.
Sammy e Jack furono gentilmente accompagnati dal Kap Addah, il quale li accolse sorridente.
<Grazie Compagni. Potete andare> disse poi ai suoi uomini, che abbandonarono la stanza. <Benvenuto, Primo Ministro di Huston> si rivolse poi a Sammy.
<Grazie Kap> rispose questo inchinandosi.
Jack continuava a notare le mosse di Sammy e a domandarsi come diavolo facesse ad essere così disinvolto. Tuttavia tacque e ascoltò la conversazione tra i due.
<Ti volevo chiedere se hai voglia di assistere il Compagno Saggio Jack Atson, nel suo percorso qui. Magari ha bisogno di prove più concrete per convincersi della nostra devozione>.
<Certamente, Signore. Sarà un piacere e un onore>.
<Di cosa diavolo...?!> borbottò Jack.
<Sammy, che mi risulta sia un tuo caro amico, sarà la tua guida per qualche giorno qui alla Perla Viola. Ti illustrerà i luoghi di culto e la Città Illuminata dove vivono tutti gli altri Compagni Saggi> gli disse Addah cordialmente.
Jack non seppe che rispondere.
<Iniziate subito. Sarà un percorso fantastico!> aggiunse il Kap esaltato dall'euforia (forse a dismisura). Ma non si osava contraddirlo, perciò Sammy, sempre col sorriso stampato in bocca, uscì dalla Sala seguito da Jack, il quale era seriamente spaesato e confuso come mai prima d'ora.
Poco dopo, mentre si recavano verso i corridoi sul retro della Custodia, dove Jack non era mai stato, lo hustonese chiese al suo Primo Ministro che cosa stesse succedendo.
<Ho semplicemente visto la luce, Jack. Ed è quello che voglio mostrare anche a te. Credimi, ne varrà la pena>.
<Sei forse impazzito? Anche tu?!>.
<No, qui non c'entra la pazzia. Si tratta semplicemente di qualcosa di diverso. Vedi, nell'intera storia dell'umanità, le cose nuove o, appunto, diverse, hanno sempre spaventato le persone, le quali poi hanno agito impulsivamente finendo per distruggerle o isolarle. Si tratta di scienza sociale, Jack>.
<Grazie per la lezioncina, professore. Ma parlami di te, piuttosto. È chiaro che qualcosa ti ha cambiato>.
<In effetti sì, non posso negarlo. Quando sono arrivato qui ho subito percepito qualcosa di infinitamente puro, innocente, privo di sofferenza. Ho sentito l'amore, ma l'amore per la vita. Qualcosa di inspiegabile a parole>.
Jack fece un'espressione contrariata, che Sammy ignorò e poi riprese: <Tutto l'odio che regna là fuori, per quei boschi, le Regione, per tutto il Regno, qui non c'è. Detto così può risultare surreale... e da pazzi!> e ridacchiò. <Ma aspetta che ti mostri la Città Illuminata. Capirai al volo che la vita quaggiù è totalmente diversa. È esattamente come tutti la vorremmo!> sembrava eccitato.
<Va bene, Sammy. Mostrami quello che devi farmi vedere. A quanto pare il Comandante, l'ex presidente di Speranza e ora perfino il mio migliore amico hanno orientato i loro interessi in questa direzione. Evidentemente deve significare qualcosa. Io sono un cittadino e ripongo la mia lealtà nel mio governo. Ma lascia che ti ricordi che tutti i nostri cari sono ancora là fuori a morire!>.
<Non ti preoccupare per loro. Fai bene a riporre in noi la tua lealtà, Jack. Perché quello che faremo qui salverà anche loro. Salverà tutti quanti!>.
Jack non riuscì a reprimere il pensiero che Sammy fosse impazzito, ma tentò di assecondarlo. D'altronde, come lui aveva detto, la gente non si fida delle cose diverse. Magari avrebbe dovuto soltanto attendere e vederne i benefici.
Giunsero in un enorme terrazzo nel retro, che si affacciava inaspettatamente su una vallata abitata e rigogliosa. C'era una città lì dietro ed era proprio come nel sogno di Jack! O nelle allucinazioni, non gli era ancora ben chiaro.
Un'immensa distesa di case, di forme e altezze diverse, si espandeva fin verso le catene montuose a sud-est, scomparendo poi tra la nebbia. Tutt'attorno c'erano boschi, come nel resto del pianeta. Secondo i suoi studi, la Terra non vantava di tutto quel verde. O meglio, gran parte della natura era stata spazzata via per far spazio alle civiltà umane. All'epoca si agiva così ingenuamente perché non si conoscevano pianeti abitabili, o comunque, in ogni caso, non esistevano i viaggi nello spazio. Si poteva soltanto orbitare nel sistema solare e raggiungere al massimo qualche pianeta vicino. Solo con l'innovazione si poté inventare il salto nell'iperspazio, grazie al quale divenne possibile annullare la distanza tra una stella e l'altra, dapprima transitando per dei "tunnel" spazio-temporali, scoperti durante il viaggio di Speranza, e in seguito percorrendo a una velocità molto superiore a quella della luce tratti di universo privi di corpi celesti. Ora che si trovavano lì, nel loro primo e molto probabilmente ultimo pianeta vivibile, non volevano certo ricommettere gli errori dei loro antenati. Avrebbero tentato di trattare quel pianeta nel miglior modo possibile. Prima, chiaramente, bisognava risolvere le avversità con la popolazione che vi dimorava. Ora parve che laggiù, in quella cosiddetta "città degli illuminati", fosse possibile in qualche modo istituire la pace, facendo vivere i vari popoli insieme e in armonia. Jack era scettico, ma chiunque lo sarebbe stato di fronte a tutto ciò. O meglio, chiunque meno Johanna, Sammy, Garatasy e chissà chi ancora... Perché loro si erano fidati così ciecamente? Erano degli incoscienti o era lui più limitato?
<Scendiamo> disse Jack quasi in tono interrogativo.
<Non è possibile. Non ancora...>.
<Cosa significa?>.
<Solo chi vi abiterà in via definitiva può accedervi>.
Jack ghignò sarcasticamente. <Ma non mi dire... E allora dove sono queste prove che mi devi mostrare? Consiste forse tutto in questo belvedere?> e allargò le braccia per indicare il terrazzo dal quale si ammirava la città.
<Ovviamente no. Il punto è che, se andrai laggiù, non potrai più far ritorno...> con voce tetra.
<Dici seriamente? Merda, amico, è qua sotto a due passi! Perché sta gente ha tutte queste assurde regole?>.
<Non si tratta di regole, Jack. Ma di leggi fisiche. Vedi, questa città non è qui...>.
<Perdonami...?>.
<La vedi qui, ma non si trova qui>.
<Cerca di spiegarti meglio, per favore, se vuoi anche solo sperare che io possa considerarti minimamente attendibile>.
Dalle loro spalle arrivò Aniju, che disse: <L'altro continente>.
Jack lo guardò scioccato. Era chiaro che anche quel ragazzo adesso era stato annesso al loro impero di smidollati.
Aniju si affacciò dal terrazzo con un modo di fare mai avuto prima. Era sicuro di sé e sorrideva come se sapesse quello che stava dicendo. <Si tratta di una proiezione. La vera città è sull'altro continente, dall'altro lato del globo>.
<Volete dire che esiste?> accorciò Jack non curandosi della conversione di Aniju.
<Si trova esattamente dove le nostre coordinate lo individuarono> rispose Sammy.
<Ma io sento i rumori. Le macchine, i cavalli, la gente che parla... E quel mercato! Accidenti, è proprio là! Vedo quello che stanno vendendo, i clienti che si avvicinano alle bancarelle...> replicò Jack stonando per l'agitazione.
<La Perla Viola può fare grandi cose, amico mio>.
<Se intendi quel minerale luminoso che c'è di sopra...>.
<Non è un minerale> lo interruppe Sammy. <È la perla della saggezza. È grazie ad essa che noi tutti siamo qui. E sarà grazie ad essa che tutte le persone potranno finalmente raggiungere tale stadio>.
Aniju annuì alle parole del Ministro e tornò dentro. Jack lo seguì con lo sguardo velocemente, poi ritornò su Sammy. <Perché a me non succede?> domandò quasi abbattuto.
<Dai tempo al tempo. Pensa a tutti quegli uomini là fuori. Non hanno ancora la minima predisposizione>.
<Vuoi dire che anche loro sono destinati ad unirsi alla Custodia? Come?>.
<Non alla Custodia. Questo è solo un tempio di meditazione. Bensì al grande Regno degli Illuminati, che poi sarà l'unico, senza rivali, senza più dover combattere per difendersi o per conquistare. Perché non ci sarà più niente o nessuno da cui difendersi, né tantomeno da conquistare. Vuoi sapere come? Con la pazienza... La stessa che stai avendo tu in questi giorni>.
Jack fissò l'amico strabiliato. Gli fecero male gli occhi per quanto li strinse dallo stupore.
Nei giorni successivi, con un'insolita tranquillità, Jack visse con tutti gli altri nella Custodia, enorme edificio contenente case, sale per la preghiera, mense e aeree relax. Ci si svegliava alla mattina, si andava a far colazione, recitando un po', poi ci si dedicava alla cultura, visitando i musei all'interno della struttura, ove c'erano quadri, o videoquadri che riproducevano ambienti dell'altro continente, di questa "Città degli Illuminati". Un paio di volte Jack incontrò Johanna. Un giorno lesse ad alta voce una scritta riportata su un quadro della città dipinta. Johanna ripeté una parola correggendogli l'accento.
<Significa: La città della luce? O qualcosa del genere?> provò a tradurla Jack appoggiandoci l'indice.
<Più precisamente, nella tua lingua, credo che sia "Città Illuminata">.
<Perché?>
<Non è ovvio? È la capitale dei Compagni Saggi, coloro che raggiungono la luce della saggezza>.
<No, dico... Perché è laggiù? E perché viene riprodotta artificialmente anche qui fuori?>.
<Laggiù è al sicuro dalla gente non convertita. Mentre la riproduzione serve a ricordare ai Compagni quanto importante sia la nostra missione. Per molti di noi vivere in queste terre equivale a rituffarsi nel passato. Un passato magari sofferente e sanguinoso. Rivedere ogni tanto quello che abbiamo costruito e progettato per il futuro dell'uomo ci risolleva e ci rifà concentrare sul nostro obiettivo>.
<È affascinante>.
<Direi proprio di sì>.
<No, dico... è affascinante che ci siate riusciti. Che siate così tanti>.
<Il vero culmine della felicità interiore lo si raggiungerà quando ci saranno tutti>.
<Cosa succederà a chi non vorrà unirsi? Lo lascerete qui? Lo ucciderete?>.
<Uccidere? E perché mai dovremmo usare la violenza per sconfiggere la violenza? Nessuno rimarrà escluso da questo grande progetto umano> rispose lei sicura di sé, come se Jack avesse detto una banalità.
Lo hustonese rifletté su quelle parole. <Ci sarà pur qualcuno che potrebbe decidere di non ascoltarvi. Guarda me quanto tempo ci sto mettendo>.
<Il tempo è solo una dimensione. Noi moriremo, forse ci rincarneremo, oppure cesseremo di esistere come persone, come mammiferi dal cervello sapiens, come dite voi terrestri. Ci mischieremo con la materia trasformandoci in polvere, in concime per nuove forme di vegetazione. Non lo so e non ha importanza. Ma il progetto, già iniziato parecchio tempo fa, andrà avanti lo stesso. Altri successori lavoreranno per far convertire ogni persona rimasta>.
<Ammiro il tuo ottimismo, ma... Continuo a chiedermi come. E non rispondere "con la pazienza"> disse ironico. <Inoltre ti rammento che ho una moglie e due figli là fuori, che vorrei tanto poter portare qui. Anche tu avrai qualcuno di caro che hai lasciato indietro. Non vorresti condurlo quaggiù?>.
<Quante volte te lo devo ripetere? Lo stiamo già facendo! Anche in questo preciso momento...> ribatté spazientita, ma sorridendo poi sul finale, prima di allontanarsi.
<Guarda! Sono di Randel!> bisbigliò Irem. <Stanno andando alla Perla Viola>.
True, nascosto affianco a lui dietro a una duna, rispose: <E chissenefrega. Non possiamo farci vedere... State giù>. Poi notò che Yendel fissava qualcosa attonita. <Che c'è piccola?> le chiese.
<Non so... C'è qualcosa di strano>.
<Altri incoscienti che vanno incontro alla morte? Lo so, ma...>.
<No, guarda il carro> lo interruppe lei indicando il retro di una camionetta. <Fumo biancastro. È un segnale! C'è qualcuno dei nostri dentro...>.
Dalle grate del cassonato fuoriusciva in effetti del fumo bianco, attraverso un taglio fatto appositamente sul telo spesso che lo ricopriva.
<Amore, non possiamo rischiare di esporci. Lo capisci? Chi potrebbe mai essere? E se fosse una trappola?>.
<No, quel segnale lo conosciamo solo noi>.
<E se è qualcuno del tuo villaggio? Sono alleati coi Freddi loro...>.
Yendel rimase ferma a pensare, ma si vedeva ad occhio che fremeva dalla voglia di rincorrere quelle jeep. Entrambi i fidanzati non si mossero, ma ci pensò Irem a fare il colpo di scena. Improvvisamente scattò in avanti, inseguendo la camionetta coperta dal telo verde scuro. <Cosa fai, stupido?!> gli urlò dietro True.
Ad un meeting, in seguito ai soliti logorroici racconti dei partecipanti, si svelò in effetti che quell'aerea era adibita al controllo accessi. Le persone che vivevano lì e che vi praticavano, svolgevano un compito importante, ovvero quello di accogliere le new entry e di indirizzarle - con un percorso orientativo - a quello che poi sarebbe stato il loro percorso definitivo, oppure potevano scegliere di rinunciare e quindi di tornare indietro. Solo chi era completamente pronto poteva proseguire e andare nella Città Illuminata. La Custodia ospitava circa trecento persone, compresi gli aspiranti Saggi. Gli altri Compagni addestravano tali esordienti e lavoravano per contribuire all'andamento della società, ad esempio coltivando o occupandosi dell'allevamento del bestiame, o della ristrutturazione della Custodia, delle pulizie, della cucina, della manutenzione del sistema idraulico, eccetera... Non c'era elettricità, la luce la si faceva solo con le candele. Era un piccolo nucleo che si autogestiva alla perfezione, seppur con uno stile di vita arcaico. Ognuno ricopriva un ruolo sociale e la gerarchia era perfettamente strutturata e rispettata. Inoltre erano in costante contatto con l'altro continente; e con la riproduzione artificiale della Città degli Illuminati, potevano assistere in qualunque momento alle attività svolte laggiù (e viceversa). Dalla Città si poteva guardare la Custodia - chiaramente solo il terrazzo - come se fosse a pochi metri; e parlare anche con chi vi si recava. Era quasi sempre Kayl a comunicare con l'altro continente. Il Kap non si faceva quasi mai vedere. Anzi, a stento usciva dalla Sala. Lui dimorava in alto, dove veniva custodita la Perla Viola. Le guide spirituali, invece, erano quattro o cinque, e gestivano i vari meeting, ognuno dei quali era composto da circa trenta persone, a volte più, a volte meno. Chiunque voleva, quando voleva, poteva parteciparvi. La preghiera era diventata ormai macchinosa anche per Jack, che stava iniziando a imparare le frasi del rituale. Quella che si ripeteva sempre per quindici minuti, o mezz'ora, la pronunciava ormai perfettamente. La parte invece in cui si leggeva il testo era chiaramente più difficile, ma iniziava a masticare un po' la lingua greenrockiana. Nel pomeriggio, spesso, quando non si andava ad aiutare con lo smisto della merce nei campi agricoli, ci si poteva recare nelle biblioteche a studiare. Jack aveva letto la traduzione della frase basilare della preghiera. Diceva, grossomodo: "Sono devoto all'illuminazione che ho dentro", in parole terrestri. Eppure, la parola finale, "ga-roum", era convinto di averla già vista o sentita da qualche parte. Sammy gli disse che sicuramente qualche parola greenrockiana poteva anche assomigliare a quelle terrestri, seppur magari con significati completamente diversi. Allora Jack smise di rimuginarci. Un giorno gli venne il pallino di voler pregare un po' in solitudine dinanzi alla Perla Viola. Sammy gli consigliò di parlarne con Artijda. Ella gli spiegò che si poteva chiedere udienza al Kap solo due volte alla settimana, e che spesso c'era una lunga attesa, in quanto altri prima di lui si erano prenotati. La Perla veniva considerata un oggetto sacro, eppure nessun libro, almeno tra quelli letti finora, aveva spiegato esattamente che cosa fosse. Se ne si parlava con qualcuno, tutto ciò che veniva rivelato era che era un oggetto sacro cresciuto dalle terre del pianeta, lì dove poi costruirono la Custodia, che sarebbe in pratica la fortezza che la contiene e la protegge. Essa, secondo la leggenda, emerse dal terreno e il primo Saggio la trovò, iniziando a pregare in solitudine. Egli vide la saggezza in forma concreta e iniziò a diffondere tale dottrina, fino a crearne una religione tramandata nelle generazioni. Ora, tale corrente mistica, stava per diventare l'unica filosofia da seguire sull'intero pianeta. Essi erano convinti che sarebbero riusciti a convertire tutti e a dimenticare tutta la crudità della vita terrena. Jack osservava gli altri, soprattutto i suoi amici, persone che conosceva da una vita e che aveva di colpo visto cambiate. Si chiedeva spesso perché ci avessero messo così poco ad accettare e a condurre proprio quello stile di vita. Poi però, in seguito a lunghe riflessioni, constatava che: Sammy aveva un figlio con la sindrome di Karlatz; Aniju aveva perso i genitori (ma si fece coinvolgere nonostante la sua mente brillante e scientifica); Johanna aveva perso il padre e, nonostante l'ostilità, tutta la sua gente, visto che era stata sterminata quasi quindici anni prima; e Garatasy, lui aveva commesso gravi errori e abominevoli atti egoistici che costarono la vita di parecchie persone, perciò magari era lì per redimersi e fu più vulnerabile alla conversione. Jack tutto sommato aveva la moglie e i due figli in ottima salute. Sì, aveva perso il padre in guerra e anche due amici. Gli stessi che aveva perso anche Sammy, tuttavia. Aveva perso la madre su Speranza e subito dopo anche il fratello. Ma forse era passato troppo tempo, oppure l'aveva accettato, a differenza degli altri. D'altro canto lui sentiva di essere cambiato e cresciuto molto negli ultimi tempi. Era con questo che giustificava la sua mancanza di approccio con questa religione. Ma era sufficiente? Si accese un sigaro e si affacciò dal balcone, osservando la distesa verde e i contadini che zappavano sotto al sole.
Le due vetture si erano fermate subito quando videro Irem Arpell sul sentiero a sbarrare loro la strada. Scesero subito, stufi di incontrare in continuazione cittadini speranzesi che intralciavano e rallentavano il loro cammino. <Un'altra volta!> sbraitò Gardy scocciato. <Maledizione, ma ce l'avete nel Dna?>.
<Chi altro?> chiese Irem.
<A parte te? Perché non vieni a scoprirlo? Sono proprio lì, nel retro della camionetta. Sei il benvenuto a proposito> ironico.
<Sì, non è una brutta idea> rispose inaspettatamente il ragazzo, che appariva un po' troppo sicuro di sé. Ma Gardy forse non ci fece caso, si limitò a fare un cenno ai suoi per catturarlo e portarlo nel cofano. Fu Irem a fare tuttavia il primo passo avanti, come se si stesse consegnando. Quando i soldati erano a un passo da lui, delle palline grosse come nocciole caddero dagli alberi e scoppiarono, creando fumo tutt'attorno. I vigilanti si disorientarono, iniziando a cadere rintronati. Fu allora che balzò fuori Yendel con la sua fionda, colpendo tutti i randeliani con degli anestetizzanti, gli stessi che furono adoperati in guerra quattordici anni prima dagli Uomini del Bosco. Frik fu l'ultimo a scendere e impugnò il suo mitra. Nel frattempo True stava liberando i prigionieri sul retro, forzando il lucchetto delle ante e liberando i polsi e le caviglie dei due ragazzi con la chiave magnetica sfilata dalla tasca di uno dei vigilanti. Frik iniziò a sparare come un dannato, in ogni direzione, ma invano. Yendel si nascose dietro un albero e lo colpì a una gamba con un sassolino anestetico. Quando anche il vice di Gardy fu messo KO, Irem, Yendel, True, Sasha e Jimmy si ritrovarono con due vetture a disposizione. <Chi sa guidarle?> chiese Sasha.
<Aspetta, ragioniamo. Cosa vorresti fare?> gli domandò però True.
<Andare a Bahalntass, prendere rinforzi e assalire la Perla Viola>.
<Ti senti davvero in grado di avviare una guerra?> chiese Irem.
Sasha non rispose, anche se il suo sguardo disse tutto.
<Noi dobbiamo andare alla Perla Viola> puntualizzò timida Yendel, rivolgendosi unicamente all'amico.
<Lo capisco. Ma fate attenzione>.
<Non verrai?> gli chiese Irem.
<No, ho ancora una missione da portare a termine. Grazie, a proposito>.
<Potremmo dividerci. Uno di noi ti condurrà laggiù e gli altri andranno alla Perla> suggerì Yendel.
<Chi si offre di guidare la macchina?>.
Tutti fecero scena muta.
Poi parlò True: <Forse non dovremmo dividerci. Insieme siamo meno vulnerabili. Propongo di andare tutti insieme al suo villaggio e poi tornare verso il passo di Khaynn>.
Jimmy bestemmiò, mentre ascoltava in disparte. <Cazzo, siete ancora fissati con questa storia? Non vi è bastato tutto ciò? Cosa ci vuole per convincervi a...>.
Non terminò mai la frase...
Una freccia gli si conficcò nel petto. Rimase qualche secondo con la bocca spalancata e gli occhi sgranati, portandosi le mani alla freccia. Poi sputò fuori del sangue e lentamente si accasciò. Tutti corsero d'istinto a soccorrerlo. Ma chi aveva lanciato la freccia?
Ecco l'attacco aereo. Una pioggia di frecce si abbatté su di loro. Fulminei scaraventarono il corpo di Jimmy nella camionetta e poi tutti quanti vi si lanciarono a bordo, sgommando, prima di partire all'impazzata facendo un'inversione a U. Era True a guidare. Affianco c'era Yendel, tutti gli altri dietro. A raffica, quelle frecce colpivano l'automobile, rimbalzando sulla sua carrozzeria. Dei Freddi, poi, di colpo, sbucarono da tutte le parti, accerchiando la vettura. Dallo specchietto retrovisore True vide che l'altra jeep aveva preso fuoco. Era terrorizzato, così come i suoi compagni. "Che faccio?" si disse. Poi osservò tutti quei selvaggi che stavano intorno con le armi puntate. Sudava come un matto. <Oh, al diavolo!>. Si decise e schiacciò il piede sul pedale. <Sta giù!> gridò alla fidanzata, ripartendo a razzo ed evitando un paio di Freddi che colpirono il parabrezza con dei sassi, scagliati da fionde. Il vetro davanti si scheggiò. True abbassò la testa e strinse i denti, pensando che con quella mossa avrebbe investito alcuni dei nemici. Tuttavia parve che essi si fossero scansati in tempo. Poi, più avanti, dopo un paio di sobbalzi dovuti alle buche del terreno, il vetro si ruppe completamente. Yendel si era sdraiata sul sedile, con le gambe in basso e le mani sopra la testa. True intanto guidava come un matto, cercando di stare abbassato per paura di venir colpito. In effetti parecchie frecce si infilzarono nei sedili della cabina di guida, mentre pietre grosse come crani di un neonato danneggiavano la carrozzeria. Con un'ultima brusca sterzata, Irem finì contro Sasha e si trovarono uno sopra all'altro distesi nel retro, con le teste vicinissime. Irem ci impiegò forse un po' più del dovuto ad alzarsi, come se non gli dispiacesse in fondo restare in quella posizione. Sasha lo guardò male, allora forse fu quello che convinse lo speranzese ad accelerare la procedura di sollevamento. Eppure non poteva non notarlo... Sasha ricambiò lo sguardo. Magari era una roba mentale e aveva visto ciò che voleva vedere, ma per un brevissimo attimo i due avevano penetrato lo sguardo dell'altro, con una certa intensità inspiegabile. Pochi minuti dopo, o forse secondi - True non ne ebbe la cognizione -, seminarono i nemici. Non si fermarono però, era troppo rischioso. Transitarono per il passo di Tahylan e fu così che si ritrovarono sulla via per Huston...
12: LUCE E ILLUMINAZIONE
Irem non riusciva a smettere di pensare a prima, a come Sasha l'aveva guardato (o a come lui sperava che l'avesse guardato). In realtà, riflettendoci bene, il ragazzo del Bosco pareva un po' schifato all'idea di avere un maschio disteso sopra di lui, ma era successo tutto troppo in fretta. Huston era già visibile. Qualcosa però non combaciava con le aspettative dei fuggiaschi.
<Per lo Spazio esplorato! Non c'è nessuno o è una mia impressione?> commentò con tono drammatico True.
Avevano parcheggiato la camionetta dietro un gruppo di alberi appena prima della fine del bosco, per spiare verso la cittadina. Yendel tentava intanto di curare la ferita di Jimmy, che sveniva in continuazione e poi si riprendeva restando in uno stato di dormiveglia. Aveva perso molto sangue e necessitava di un intervento immediato.
Fu Irem a rompere il silenzio: <Potrebbe essere una trappola... Magari ci hanno visti arrivare>.
<No, è poco probabile. I Freddi non si comportano così...> rispose però Sasha. Irem lo guardò velocemente, distogliendo poi lo sguardo per l'imbarazzo dovuto all'episodio di poc'anzi.
<Ragazzi, se non lo curiamo, morirà!> intervenne Yendel.
Così si decise di esplorare quella città fantasma, che, vista così, incuteva terrore.
Questa fu la prima volta - da quando venne popolato parecchi anni prima - che quel centro abitato rimaneva deserto. I ragazzi osservarono attentamente ogni dettaglio, mentre procedevano con estrema cautela. Sasha e Irem trasportavano il corpo di Jimmy, la cui testa spesso cadeva a penzoloni, non aiutando i due nella camminata. <Ti do il cambio> suggerì Yendel.
<No, ce la faccio> rispose Irem. Era tutto sudato e sporco in faccia. Anche gli altri non erano in condizioni migliori. Avrebbe tanto voluto farsi una doccia e cambiarsi gli abiti, anche perché affianco a lui c'era...
Le case erano state abbandonate. Molte porte erano aperte. C'erano panni stessi non ritirati, carriole con dentro ortaggi vicino ai piccoli orti, e tanti altri segni palesi di abbandono immediato, come se un allarme generale avesse obbligato i cittadini a evadere dal villaggio all'istante. Alcune automobili erano in mezzo alle strade con le portiere aperte o socchiuse. C'erano oggetti personali sui sedili, tra cui borse e marsupi. Nessuno aveva portato niente con sé.
True indicò il centro medico e ci portarono subito Jimmy. <Se dovessero tenderci una trappola?> chiese trasparentemente Irem.
<Fanculo! Ci prendano pure... Noi cureremo comunque il nostro amico>.
"Amico" si ripeté nella mente Irem con una punta di disprezzo. Non detestava nessuno quanto lui, eppure ora era lui stesso che trasportava il suo corpo ferito. Questo lo fece riflettere su quanto fosse buono e su come spesso voleva apparire duro e rude, cosa che non era. Entrarono nel pronto soccorso e non furono accolti da nessuno. Meglio così... Stesero su un lettino Jimmy e poi Yendel si mise a ragionare. <Dunque, serve un disinfettante. Lo avete?>.
<Per prima cosa dovremmo togliere la freccia> suggerì True.
<Senza disinfettante?>.
<Oh, al diavolo! Noi in guerra non possediamo medicine! Fate spazio> intervenne Sasha. Poi disse, mentre operava: <La spezziamo qui... ok! E ora piano piano la sfiliamo>.
Jimmy iniziò ad urlare come un matto, cogliendo di sorpresa tutti i presenti.
<Forse ha ragione la ragazza...> disse una voce femminile adulta alle loro spalle.
Tutti si voltarono sconvolti e videro una donna di età avanzata avvicinarsi a loro, partendo dalla soglia della sala operatoria. Era magra e trasandata, non che loro fossero da meno.
<Ma tu sei...?!> abbaiò True.
<Chi non muore si rivede> rispose trionfante Tracy, l'ex detenuta nella cella affianco a quella di True.
<Che fine avevi fatto? Come...?>.
<Posticipiamo le chiacchiere a dopo, che ne dite? Ora fatemi fare>.
Con savoir faire estrasse la freccia e medicò alla svelta la ferita di Jimmy, che ora si riprendeva piano piano.
<Da giovane avevo fatto dei corsi da infermiera. Prendere l'arte e metterla da parte. È proprio vero> spiegò audacemente.
Una decina di minuti dopo, si trovavano tutti in un appartamento vicino a mangiare quel che c'era, soprattutto crackers, brioche, o roba in scatola, seduti al tavolo in cucina. L'ambiente era spazioso e anche invitante. Nessuno però seppe riconoscere a chi apparteneva quella casa. Poco importava ora. Tracy iniziò a raccontare: <Quando siamo evasi, io e Drowmt, quel vecchio pazzo, siamo rimasti indietro, poiché aveva preso una storta alla caviglia calandosi dalla finestra, e non potevo lasciarlo lì, quell'ammasso di lardo marcito! Allora l'ho aiutato, ma una squadra di vigilanti era già sul posto, così dovemmo nasconderci>.
<Ora lui dov'è?> chiese Irem riferendosi a Drowmt.
<Lasciami finire. Dunque, dicevo, degli amici ci hanno ospitato in casa loro. Abbiamo vissuto nascosti come topi fino all'arrivo dei Freddi. Poi è successo qualcosa. La gente ha iniziato a dare di matto e tutti quanti sono andati via di colpo. Noi non abbiamo potuto vedere perché non uscivamo mai di casa, ma fu lampante che i Freddi avevano abbandonato la città e forse hanno scortato tutti i nostri compagni in qualche altro posto. La ragione mi era ignota. Ecco, fra essi venne preso anche Drowmt. Ah, quell'incosciente! Sempre a voler fare il di più! Era uscito per curiosare e si è fatto catturare. Ora lui è andato via con tutti gli altri hustonesi>.
<Ma, questi amici che vi hanno aiutato a nascondervi... Chi sono?> ridomandò curioso Irem.
<Beh, in effetti tu li conosci bene piccoletto!> tuonò lei inventandosi un accento di sarcasmo. <Oh, ecco che stanno arrivando proprio adesso... Ehilà!> ululò affacciandosi alla finestra. Gli altri ragazzi si guardarono chiedendosi se fosse una buona idea gridare così, con i Freddi magari nei paraggi. Poi uscirono in cortile. Una donna, un uomo (che sembrava suo marito), l'ex custode del cancello Bill e una ragazza deviarono e vennero incontro a Tracy.
<Per le galassie! È Ilana!> esclamò Irem eccitato. Le corse subito incontro. Sua sorella era lì, incredibile! Si abbracciarono. <Dove sono mamma e papà?> le chiese.
<Li hanno presi. Ehi, ma c'è Jimmy!>.
<Ascolta me, ora. Chi li ha presi? E dove sono andati?>.
<Non so, parlavano di una certa pietra, o perla...>.
<La Perla Viola! Era la Perla Viola, per caso?!>.
<Sì, può essere. Anzi, sì. Era proprio quella. Ma cos'è?> e poi si incamminò verso il fidanzato. Ma Irem non rispose più e restò sul posto immobile a pensare. Ora aveva l'informazione che gli serviva. Anche gli altri avevano udito e si scambiarono infatti una serie di sguardi scandalizzati.
Più tardi furono tutti a riunione, nel salone del Palazzetto, dove dimorava un tempo il Primo Ministro. C'era posto a sedere per tutti. I due coniugi, dall'aria umile e impacciata, ma palesemente buoni come il pane, raccontarono ancora la storia dell'imminente emigrazione di massa e del perché loro poterono evitarla. <I Freddi lasciarono la città il giorno prima. La gente però era già impazzita. Camminavano per strada con un'espressione svampita. Erano tutti così... diversi!> spiegò l'uomo con un gergo piuttosto semplice, non certo da intellettuale. Un classico modo di esprimersi che avevano gli appartenenti alla classe operaia. Poi continuò: <Pensammo si trattasse di un virus diffusosi via aerea, così decidemmo di non uscire di casa. Tracy è una nostra vecchia amica e ci eravamo già esposti troppo nascondendola in casa dopo la sua evasione dal carcere. Mia moglie era contrariata...> e la indicò. Lei annuì sorridendo e assecondando il marito. Lui poi riprese: <Ma in seguito si è convinta che era la cosa giusta da fare, data la situazione assurda che si stava creando in città. I Freddi ci hanno reso la vita impossibile. Quando se ne andarono fu una vittoria! Però osservammo la gente. Erano tutti assorti, come se avessero in qualche modo iniziato a controllargli il cervello. Non parlammo più con nessuno e restammo chiusi in casa. Nemmeno ventiquattro ore e tutti lasciarono la città! Noi provammo a restare a casa nostra. Nel caso fossero venuti a prenderci avremmo eseguito gli ordini senza opporci. Ma almeno un tentativo dovevamo farlo. Inoltre avevamo i due prigionieri con noi! Il vecchio grassoccio era scomparso, mentre Tracy ci suggerì di rimanere dove eravamo, senza fare niente. Nel frattempo arrivò Ilana, una ragazza fantastica!> e la indicò con lo sguardo. <Fin da piccola i suoi genitori erano amici di famiglia e lei aveva sempre frequentato la nostra casa. Non abbiamo mai avuto figli ma lei veniva volentieri a giocare qui da noi. In questi giorni ci ha gentilmente portato da mangiare, rischiando tantissimo per noi. E le siamo grati! Poi quando è successo il fatto, si trovava qui e l'abbiamo tenuta nascosta. Per lo spazio, glielo dovevamo!>. Fece una pausa e riprese fiato. Continuò la moglie: <Quando sono andati via tutti, siamo finalmente usciti allo scoperto e, con nostro stupore, ci siamo resi conto che eravamo gli unici ad essere rimasti a Huston. Discutemmo molto sul da farsi. Chi poteva escludere la possibilità che magari la città sarebbe stata bombardata, come accadde con Speranza, e che quindi era saggio andarsene? E che magari gli altri l'avevano fatto proprio per questa ragione! Tuttavia restammo qui e non accadde niente. Ci stabilimmo qua, nel Palazzetto, dove poi incontrammo Bill, anche lui nascostosi come noi>. Bill fece una smorfia veloce e poi tornò serio.
<E poi siamo arrivati noi...> disse True fissando il vuoto.
<E poi siete arrivati voi. Il cibo non manca, io vado spesso ai campi agricoli, ma molta roba sta marcendo. Da solo non posso salvare tutto il raccolto. A parte che se anche lo salvassi marcirebbe comunque visto che è troppo per sole quattro persone> disse il marito.
<Adesso siamo il doppio però!> aggiunse la moglie, che sembrava contenta di avere altre persone con cui parlare.
<E Crizty? E Randel?> chiese Irem.
<Randel è stata distrutta, mentre Crizty ha interrotto la comunicazione radio da giorni. Noi non abbiamo mai osato provare a contattarli. È il modo più stupido per farsi localizzare> spiegò la donna, bassoccia, robusta e dall'aria simpatica. Il marito era poco più alto e robustello anche lui. Entrambi davano l'idea di essere persone amorevoli ed ospitali.
Più tardi Irem andò alla sua vecchia casa per lavarsi e cambiarsi i vestiti. Ilana restò a Palazzetto con Jimmy, che ormai era tornato come nuovo, solo molto più silenzioso. Tracy nel frattempo si era procurata dell'alcol e offrì da bere a tutti. L'unico a non rifiutare fu True, che le fece compagnia. A Tracy si illuminarono improvvisamente gli occhi quando trovò il compagno di bevuta, per quel pomeriggio. Poi, mentre spiegava spiaccicando le parole di come Drowmt mentì ai Freddi riguardo la presenza di altre persone dentro la casa dalla quale era appena uscito, sacrificandosi per loro, Ilana si preoccupò per il fratello, che tardava a tornare. <Si sarà addormentato> disse Yendel. <Andresti a controllare?> chiese poi a Sasha.
Lui, non molto entusiasta all'idea di alzarsi dal sofà sul quale si era felicemente lasciato affondare, assentì. <D'accordo> disse. <Ne approfitto anche per dare una controllata in giro. Prima ci seguivano e non vorrei che li avessimo portati fino a qua>. Dopodiché uscì.
<È proprio un bravo ragazzo> commentò la signora Rosalie.
Yendel arrossì e confermò. True la guardò male per un attimo.
A pochi isolati da lì, intanto, Irem era entrato in casa sua, dopo non così tanto tempo dopotutto, ma gli pareva un'eternità. Cose lasciate a metà, tavola apparecchiata, piatti nel lavandino con la spugna insaponata. Era chiaro che qualunque cosa fosse successa, la gente aveva interrotto ogni sua attività per andare via da lì. La cosa lo preoccupava assai, ma era troppo stanco per rimuginarci adesso. Salì di sopra, si tolse i vestiti e restò completamente nudo. Accese la doccia e la regolò su una temperatura tiepida. Poi scelse dal suo armadio dei vestiti. Prese un pantalone di seta comodo e leggero, di colore beige, e una maglietta bianca col collo. Li mise in bagno. Tornò in stanza e sbirciò fuori dalla finestra. Dati gli eventi degli ultimi tempi, erano iniziate le paranoie. Inoltre voleva un po' di privacy, per qualche minuto almeno. Le ultime giornate erano state estenuanti. Fatta la doccia, si lasciò cadere sul letto, a pancia in su, allargando le braccia. Prima di vestirsi si volle godere un po' di libertà. Faceva caldo in quel periodo. Poco dopo, mentre viaggiava nei suoi pensieri, quasi involontariamente, si portò una mano in basso e iniziò a toccarsi. Era tanto che non si faceva una bella sega. Pensò inizialmente a Kellies, una sua amica di scuola a cui andava dietro. Non la nominava più molto spesso di recente. Difatti, trasportato dalla passione, arrivò inconsciamente a pensare a Sasha. Lo scandalizzava un po' questa cosa... Però era lì da solo e lo sapeva solo lui. In effetti, quando spostò l'attenzione sul ragazzo, si eccitò parecchio e raggiunse un'erezione non indifferente. Poco dopo però, sul più bello, sentì un rumore da sotto. <Merda!> esclamò. Si alzò di colpo e si mise le mutande. Poi si affacciò per la scala, camminando sulle punte dei piedi. Incredibile... Era Sasha! Il ragazzo del Bosco girovagava per casa disinvolto, esplorando dall'interno quell'abitazione terrestre, a lui assolutamente aliena. Poi forse udì un movimento e guardò verso l'alto. Irem era in imbarazzo, ma lo salutò. <Che ci fai qui, amico?>.
<Cercavo te. Tua sorella si stava preoccupando>.
<Bah! La solita impertinente...>.
Sasha salì i gradini. Irem stava per trovarsi nei pressi della sua stanza col ragazzo che gli piaceva. Una cosa così non si sarebbe più ripetuta. Rise tra sé e sé a quel pensiero e poi andò a recuperare i vestiti.
<Posso farmi una doccia anch'io?> chiese inaspettatamente il ragazzo.
<Come? Ouh, certo! Assolutamente... Il bagno è di là. Vuoi che...?> e sentì le guance surriscaldarsi paurosamente.
<Grazie> rispose secco l'altro girandosi dall'altra parte.
Irem si odiò dentro di sé per l'imbranatura. <Se vuoi ti presto dei vestiti. Avremo la stessa taglia io e te> aggiunse poi, tentando di adottare un tono fermo per rimediare.
Mentre trafugava nell'armadio, cercando di trovare cose che un Uomo del Bosco non avrebbe ridicolizzato, si accorse che Sasha era in camera dietro di lui. Si girò con delle maglie stropicciate in mano, per proporgliele, e rimase a bocca aperta... Il giovane di Bahalntass era completamente nudo, in piedi davanti a lui. Si sforzò sudando freddo di non guardarlo troppo, per non destar sospetto. L'altro sicuramente aveva già notato il suo imbarazzo, ma sembrava non darci importanza. Disse solo: <Andranno bene> e si avvicinò tranquillo afferrando una delle due magliette. Irem avrebbe tanto voluto che fosse stirata e piegata in quel momento, non seppe il perché. Detestò il suo disordine da classico adolescente. Era ancora mezzo nudo quando Sasha appoggiò la maglia sul materasso e arrivò a pochi centimetri dal suo viso. Il cuore batteva così forte che si sentiva. Forse stava anche tremando per la paura, non ci fece caso. Quando ormai aveva il giovane guerriero lì a portata di mano, divenne inevitabile tutto il susseguirsi. Si baciarono. Fu Sasha a incominciare. Nel giro di pochi attimi si ritrovarono nudi sul letto. I baci si fecero intensi. Si rotolarono su sé stessi e si esplorarono a vicenda lungo tutto il corpo. Ciò che sarebbe successo da lì a seguire, un ragazzo inesperto e timido come Irem, non sarebbe mai stato in grado di prevederlo. Eppure fecero l'amore. Si penetrarono a vicenda. Il primo a concludere fu Irem, che inondò il viso e parte del petto di Sasha. Poi toccò a quest'ultimo che terminò tra affanno, sudore e sospiri all'interno di Irem. Durò forse una quindicina di minuti. Parvero un paradiso eterno.
Una volta riprese le forze, Irem sorrise con scioltezza all'amico, il quale però ricambiò un po' freddamente, dopodiché si alzò e andò a farsi la doccia. Anche Irem entrò in bagno, la cui porta era rimasta socchiusa. Si sciacquò e si pulì. Poi Sasha uscì dalla doccia, portandosi un asciugamano alla vita. Era abbastanza serioso e Irem sperò che non si fosse pentito. Il guerriero disse: <Non raccontarlo a nessuno, per favore>.
<Te ne vergogni?> gli domandò l'altro senza rimprovero.
<Abbiamo una missione importante. La mia famiglia, la mia gente... potrebbe essere morta. Siamo in guerra!>.
"Ecco che è tornato il solito Sasha!".
<Facciamo in modo che la gente non ci guardi con certi occhi> concluse.
<Come vuoi tu... Ma sappi che per me è stato bello. E lo rifarei>.
<Pensiamo prima alla nostra gente>.
Poi scattò fuori, sempre coperto alla vita, e si vestì, abbandonando la casa abbastanza in fretta, come per evitare di dare confidenza a Irem. Quest'ultimo ci rimase chiaramente un po' male, ma solo a pensare a quanto era successo gli tornava automaticamente il sorriso. La cosa inaspettata più bella che gli fosse capitata in vita sua. Di colpo parve non avere più complessi interiori riguardo la sua personalità o i suoi gusti, o l'immagine che dava di sé. D'un tratto aveva visto la felicità e l'aveva perfino palpata. Facendo in fretta si rivestì ed uscì dalla casa. Gli altri si erano riuniti ancora nel Palazzetto.
12b.
La Città Illuminata si era popolata abbondantemente. Flotte intere di Uomini del Bosco giunsero da ogni dove, unendosi al resto del popolo già annesso all'impero degli Illuminati. Furono accolti cordialmente, e uno per uno vennero indirizzati oltre la Custodia, dove poi accederanno alla città. Jack stava con Sammy, Johanna e Aniju ad ammirare lo spettacolo dall'alto, affacciati da un terrazzo fiorito. <Come ci sono riusciti?> domandò Jack più tardi al Kap Addah.
<Grazie alla miracolosa Perla della Saggezza> rispose l'omaccione sorridendo come al solito.
<Non capisco...> si limitò a dire Jack per non mancare di rispetto. In realtà voleva risposte più chiare, esaurienti! Tutti questi aforismi lo facevano solo innervosire ulteriormente.
Il Kap spiegò: <Dalla Perla abbiamo ricavato un liquido, esso è stato diluito e suddiviso nei cari campi>.
<Insomma, li avete drogati?>.
<Che brutte parole che escono dalla tua bocca, Compagno Jack! Abbiamo soltanto accelerato i tempi. Una volta che saranno tutti qua impareranno tutto ciò che c'è da sapere>.
Jack non capiva e fece una faccia contrariata.
Addah allora riprese: <Abbiamo seminato la sostanza nei loro campi agricoli. Il cibo, l'acqua... È stato inevitabile>.
<Quindi li avete drogati senza il loro consenso e senza che ne fossero consapevoli?>.
<Puoi anche vederla in questo modo, caro Compagno, però non è stato affatto un atto meschino. La miracolosità della Perla è qualcosa da diffondere, da far conoscere a tutti e da condividere con più gente possibile. È la salvezza! Possibile che sia tanto difficile da capire?>.
<No, no. Lo capisco benissimo, vostra imminenza. Perdonatemi, sono solo un po' nervoso perché non vedo i miei cari da molto tempo> abbassando lievemente lo sguardo.
<Non ti devi scusare. Loro stanno arrivando qui>.
<Come, scusate?> e alzò il cranio pallido in faccia.
<Sì, anche i Compagni di Huston e Crizty sono in viaggio per la Città dei Saggi, amico mio> tornando a sorridere.
Jack rimase scosso. Poi però ci pensò meglio e constatò che in effetti era una buona occasione per aiutare Kerry e i bambini. Oppure, avrebbe potuto portarli alla Città e vivere serenamente con loro per il resto della vita... Ma perché ultimamente si sentiva così confuso? Perché ultimamente, soprattutto dopo i meeting, si sentiva più predisposto a costruire qualcosa di importante lì, piuttosto che tornare indietro e tentare di aggiustare le cose? Che stesse diventando anche lui come loro? Che la conversione stesse facendo effetto?
Al Palazzetto i due gruppi ora unitisi si scambiarono un po' di informazioni.
<Le cose stanno così> disse Bert, il marito di Rosalie, in seguito a un lungo discorso al quale parteciparono tutti. <La nostra gente si trova ora in un luogo dove delle persone, in qualche sconosciuta maniera, riescono a farli prigionieri controllandogli la mente. Anche Drowmt, davanti a tutti noi, ha subito lo stesso trattamento. Noi invece, miracolosamente, ci siamo salvati. Pare siamo gli unici, almeno qui a Huston. L'idea è quella di andare a salvarli, ma non possiamo da soli e con le pochissime armi che abbiamo, contro un esercito intero che probabilmente ci attaccherà non appena ci avvisteranno>.
Tracy continuò: <È per questo che ci divideremo. Un gruppo di noi andrà all'assalto e l'altro cercherà rinforzi nelle altre città. È folle probabilmente, ma non c'è altra soluzione. Se restiamo qui rintanati, o prima o dopo, ci troveranno. Tanto vale rischiare. Siamo gli unici, a quanto pare, che possono ancora far qualcosa. Non giochiamoci questa chance>.
Sasha, True, poi Irem e anche Yendel si offrirono di andare in guerra. Subito dopo Ilana Arpell disse: <Contate anche me>.
<Che cosa?! Scordatelo> obiettò Irem.
<Chiudi il becco tu!>.
<Ha ragione tuo fratello, ragazzina... È troppo pericoloso> le disse Bert, assumendo un tono protettivo.
<Al diavolo! Chi vi dice che restare qui non lo sia di più? E poi là fuori ci sono i suoi genitori. Ha tutto il diritto di voler andare a salvarli> intervenne però Tracy, che poi fece l'occhiolino alla ragazza.
<Io sto con lei> disse Jimmy, mordendo una mela.
<Sta bene... Chiunque voglia partire, dovrà mettersi in marcia adesso. Procuriamoci provviste e prendiamo tutte le armi che troviamo. Nessuno resterà scoperto e indifeso> annunciò Bert.
Al tramonto, True, Yendel, Irem, Ilana, l'incorreggibile Tracy e a breve anche Jimmy, si trovarono sul ciglio del recinto di Huston, ormai disattivato. <Ragazzi, mi raccomando! Occhi aperti...> disse Rosalie, mentre il marito le appoggiò un braccio sulle spalle.
<Ma Jimmy dove cavolo è?> chiese Ilana guardandosi attorno.
<Se la sarà data a gambe, vigliacco com'è> commentò Irem.
<Che diavolo dici?!>.
<Sono qua. E non sono vigliacco a quanto pare. Siamo pronti?> disse Jimmy arrivando all'improvviso sul posto. Era cambiato, palesemente. Fino al giorno prima, ad una frase del genere, avrebbe reagito come suo solito, usando la violenza o perlomeno rispondo male al compagno. Ora invece era tranquillo, disinvolto. Non sembrava minimamente impaurito. E tutto d'un tratto, gli interessava. Un altro Jimmy se ne sarebbe andato lasciando fare agli altri il lavoro sporco. Forse era per via di Ilana? Non voleva deluderla? Oppure semplicemente era grato con Irem per averlo aiutato quando venne ferito. Strano anche questo, non sarebbe stato da lui.
L'attesa straziante non fu poi così lunga. Centinaia di migliaia di persone arrivavano a fiumi da ogni regione abitata di Green Rock. Il popolo della Perla Viola stava subendo un aumento demografico senza precedenti. Jack vide Kerry. Era felicissimo. Corse di sotto e andò ad accoglierla. <Amore mio! Sei arrivata finalmente! Ciao ragazzi!> salutò anche i bambini. Lei rispose solo con un sorriso, e per di più forzato. Aveva un'aria stanca, così come i bambini sembravano degli zombi. Tutti i nuovi arrivati erano inespressivi e si muovevano come robot. <Ehi, ma cosa?> balbettò spiazzato.
<Ci vediamo alla Città degli Illuminati, caro> disse lei sorridendo. E poi proseguì.
<Mi aspettavo un po' più di euforia... Ma che vi prende a tutti quanti?!> le gridò dietro osservando anche le altre persone. Poi la perse in mezzo a quel torrente di esseri umani, di ogni etnia e provenienza, che avanzava imperterrito verso il retro della Custodia, ignorando chiunque si mettesse in mezzo alla traiettoria.
Niente da fare. La gente passava sotto i portici, all'altezza del terrazzo sul retro, e accedeva così alla porta spazio-temporale. Essa appariva come un muro trasparente, il quale rifletteva la luce e pareva ondulato, ma in realtà rassomigliava a un recinto magnetico made in Speranza. Tra tutte quelle persone Jack rivide Martz, il suo ex capo cantiere, la famiglia di Oshtar, il ragazzino bullo che dava fastidio ad Alan, la famiglia di Freddy, il migliore amico di Alan, e Jhoan, con la fidanzata, il barista di Huston. Speranzesi e Uomini del Bosco, sia della Regione Fredda che della Regione Verde, si mischiarono in un grande unico flusso di carne umana che andava a infiltrarsi attraverso la spazio-porta, oltre alla quale si giungeva direttamente nell'altro continente. Non lo si credeva reale se non ci si passava appositamente. Jack Atson non aveva ancora sperimentato tale mezzo di trasporto iper-moderno. Non mancò di esprimere diffidenza nei confronti di quel macchinario. Sammy e Johanna invece ci credevano ciecamente, mentre Aniju non espresse giudizio a riguardo.
Ora tutti e quattro guardavano dall'alto lo scenario. Jack si era ricongiunto agli altri tre dopo che Kerry e i figli lo sorpassarono con preoccupante indifferenza nel cortile. <Non credo ai miei occhi> disse l'ex poliziotto di Speranza, divenuto poi muratore una volta finita la guerra.
<Appena sarai pronto, andremo anche noi. Io ti aspetterò> gli disse Sammy con gli occhi illuminati appoggiandogli una mano sulla spalla amichevolmente.
<Già... Appena sarò pronto...> ripeté a bassa voce tornando a fissare la proiezione della Città.
True e gli altri ragazzi arrivarono al passo di Khaynn. Era silenzioso e temibilmente deserto come suo solito. Quel luogo riusciva sempre a trasmettere pace e inquietudine allo stesso tempo. In effetti ciò che accadeva laggiù rispecchiava tali plasmi. Un luogo abitato solo da uccellini o piccoli pesci che nuotavano a fatica nella corrente del fiumiciattolo, un venticello piacevole e una strana luce sempre invitante, anche nelle ore dell'alba o del crepuscolo. La notte non variava granché, a parte che non si vedeva assolutamente niente. Regnava la medesima tranquillità. Tutto molto affascinante, se non fosse per quella sensazione costante di essere osservati. I guardiani della Custodia erano sempre allerta? Erano al corrente della presenza di persone, ogni qualvolta esse vi giungevano?
<Ok. Siamo arrivati> disse Jimmy, che appoggiò lo zaino.
Tutti lo fissarono basiti.
Yendel gli disse: <Fin qui tutto bene...>.
<Già! Ora possiamo passare>.
<Perché non vai avanti te?>.
True guardò la fidanzata esterrefatto, ma lei gli diede una gomitata per fargli intendere che doveva reggere la recita. Anche Tracy, Irem, Sasha e Ilana tacquero e attesero.
<Certamente> rispose lui dopo qualche secondo. Poi sorrise e andò avanti, pucciando per primo i piedi nel torrente.
<Fermo!> gli gridò improvvisamente Tracy, puntandogli l'arma. Aveva visto qualcosa...
<Che c'è?> le domandò spaventata Yendel.
<Laggiù...> rispose lei indicando tra gli alberi.
Aveva visto degli uomini muoversi. Questi avrebbero attaccato non appena un non-convertito avrebbe attraversato il fiumiciattolo.
<È una trappola, non è così?> esclamò Yendel.
<Non so di che parlate. Siete forse impazziti? Forza, conviene sbrigarsi> rispose Jimmy fingendosi interdetto.
Ilana lo seguì di colpo, avanzando veloce verso il suo ragazzo.
<No, fermati!> la bloccò Irem.
<Che cavolo fai? Voi siete matti!> strillò lei, cercando di liberarsi dalla presa del fratello.
<No! Ascoltami! Ora è tutto chiaro... Se non sei uno di loro non puoi passare>.
<Che cosa?!> gridò in tono acuto True.
<Per questo l'altra volta non ce l'abbiamo fatta>.
<Quindi se Jimmy è già dall'altra parte della sponda, vuol dire che...?>.
<Ovvio! Non avete notato che ultimamente è strano?>.
<Forza, tesoro! Segui il tuo cuore. Io sono qui...> disse Jimmy rivolto a Ilana, ignorando tutti gli altri discorsi.
Lei era indecisa. Si trovò a metà strada di una decisione che avrebbe potuto costare caro per tutti.
<Non farlo> la supplicò il fratello.
<Cosa dovrebbe succederci? Fatemi capire> domandò Yendel.
<Diventeremmo come loro... Dei cazzo di zombi!> tuonò Tracy alle sue spalle, senza aver smesso un attimo di puntare il fucile verso gli alberi dove aveva avvistato degli indigeni.
<Farà buio, ragazzi. Non c'è tempo per cedere ai risentimenti> annunciò dall'altro lato Jimmy. <Sul serio, potevate pensarci prima se non eravate convinti. Abbiamo deciso tutti insieme di venire qui... e ora? Avete dei ripensamenti?!>.
<Non cascateci. Mente!> brontolò Irem.
<Oh, stupido ragazzino! Quand'è che crescerai? Tua sorella è già più matura di te. Vuoi fare l'eroe e puzzi ancora di latte materno>.
Irem si infuriò. Fu Sasha a invitarlo con un gesto a non cedere alla provocazione. Irem gli ubbidì e si calmò.
<Ebbene? Questa è la vostra decisione finale?> chiese ancora Jimmy, allargando le braccia.
<Torniamo indietro...> disse abbattuta Ilana, voltandosi verso i suoi amici. Era la più vicina al fiume.
<Sei sicura? Guarda che poi non mi vedrai più se prendi questa decisione> tentò di convincerla Jimmy.
Lei si girò parzialmente e lo guardò probabilmente rattristita, però poi continuò ad avanzare verso gli altri. A quel punto il fidanzato, senza prendersela troppo, si voltò e sparì nella foresta.
<Se c'è un sistema automatico di difesa, così a piedi nudi non possiamo certo aggirarlo. Dobbiamo trovare un altro stratagemma> disse intanto Tracy.
<Tipo un metodo veloce, per non respirare i loro aromi tossici?> chiese Yendel, facendo sembrare la domanda più un'affermazione.
<Esatto, qualcosa del genere> le rispose la donna.
Irem guardò l'ex detenuta, entrando in fissa, e gli si accese una lampadina nel cervello.
<Ti sei incantato, ragazzino?> ruggì lei, quando notò di essere puntata dal giovane.
<Le motorette!> esclamò Irem cambiando espressione.
<Dimmi che scherzi...> gli disse ironico True.
<No! Credo d'aver trovato il modo, ragazzi!> terminò entusiasta.
13: INVASIONE
Al concludersi di un meeting piuttosto piacevole, al quale anche Jack riuscì a partecipare con entusiasmo, la sera vide proprio quest'ultimo salire le scale della Custodia per raggiungere la Sala. Aveva passato tutto il pomeriggio ad osservare la Città Illuminata, mentre gli altri erano al museo, per controllare che a Kerry e i ragazzi non succedesse niente di male. Non li vide mai dal terrazzo, però le attività del centro abitato procedevano tranquillamente e poté guardare degli speranzesi aggirarsi per il mercato o passeggiare nelle strade più vicine. Pareva tutto sotto controllo. <Preoccupato?> gli chiese Aniju apparendo da dietro.
Jack non si voltò del tutto, e rispose: <Direi di sì. Mi stupisce che non lo siate anche voi... Anzi, ormai non mi stupisce più niente...>.
<Loro stanno bene, signor Atson> e si mise affianco a lui guardando nella medesima direzione.
<Sì, sembrerebbe così. Forse... Forse mi ero fatto un'idea sbagliata. Ora che so che lei è al sicuro... Potrei trasferirmi in via definitiva laggiù. E voi con me. Vi voglio tutti al mio fianco>.
<Noi ci saremo, caro Compagno> e gli appoggiò una mano sulla spalla, sorridendogli con la testa verso l'alto, in quanto era nettamente più basso. Poi andò via di buon umore. Ora anche Jack si stava convincendo. Doveva solo recarsi dal Kap, bere l'elisir della Saggezza e poi...
Le scale solitamente sembravano interminabili. Questa volta no. Quando Jack entrò nella Sala, c'era solo Sammy, affacciato sulla Perla Viola.
<Dov'è Addah?> gli domandò senza salutarlo.
<Il Kap è a cena>.
<Kap... Non ho mai capito che significa esattamente>.
<Nient'altro che capo della religione (in greenrockiano). È una sigla, composta da iniziali>.
<Vedo che sai tutto...>.
<E a breve potrai anche tu> si girò sorridendogli. <Allora, sei pronto?>.
Jack esitò un secondo. Poi però rispose, sospirando: <Credo di sì>.
<Bene. Ne sono felice>.
Negli occhi di Sammy, Jack, avrebbe giurato di aver visto un demonio soddisfatto per aver compiuto una missione maligna. Però sua moglie era lì che lo aspettava. I suoi figli probabilmente erano andati già a scuola, facendo amicizia con nuovi bambini, e ritrovando magari i vecchi compagni. Sorrise a tal pensiero e si lasciò andare, finalmente, per la prima volta.
<Ti fidi di me, Jack?> gli chiese Sammy.
<Sempre fidato, Sam>.
<Da quando siamo qui hai dato l'impressione contraria. Tranne oggi. Oggi mi sembri diverso. O meglio, mi sembri il vero Jack. Quello diverso esisteva nei giorni passati quaggiù>.
<Era solo progresso... Come disse un vecchio saggio!> e rise.
<Vecchio?!> obiettò l'altro scherzando.
<Ci siamo a quanto pare. Speranza ha raggiunto il pianeta che ospiterà la vita e permetterà l'esistenza della nostra specie>.
<Parole sante, amico mio> disse il Ministro riaffacciandosi sulla Perla.
Jack fece lo stesso. Poi mutò di colpo espressione, oscurandosi in viso...
<Che ti prende?> gli domandò Sammy.
<No, niente... ehm, guarda là> e indicò sotto l'accecante bagliore rosaceo.
<Che cosa?> chiese l'altro sogghignando.
<Lì, accidenti... L'ho vista prima!> e infilò quasi il braccio nella vasca.
Sammy guardò l'amico senza parlare, per invitarlo una volta per tutte a spiegarsi.
<Una scritta...> balbettò Jack continuando a cercare con lo sguardo nel fondo di quel recipiente.
<Sarà un effetto ottico. Anzi, ti consiglio di non fissare così intensamente il minerale, Jack. Potrebbe nuocerti alla vista>.
<No, no! Eccola! Di nuovo! Cazzo, amico... C'è una sigla. È nella nostra lingua! È terrestre!> urlò Jack agitandosi come un matto.
Sammy lo invitò a calmarsi, sorridendo a delle signore anziane che passavano vicino alla porta della Sala in quel momento, incuriosite dalle esclamazioni dello speranzese. Poi, dopo aver sbirciato un poco, andarono oltre.
<Ti vuoi calmare?!> lo sgridò quindi.
<Sam, in nome della Luna, guarda anche tu!>.
In effetti, sul fondo, si poteva scorgere a tratti dei segni che sembravano una scritta. Ma poteva essere casuale, poiché i continui movimenti dei riflessi viola creavano forme strane ogni secondo. Il Primo Ministro di Huston, tuttavia, si soffermò a guardare nel punto dove indicava Jack.
<Se non ho letto male, c'era scritto Space-Elp. Santo cielo, Sam, è una sigla speranzese!>.
<Tu degeneri> provò a sdrammatizzare l'altro, sminuendo le parole dell'amico con ironia.
<Space-Elp... Space-Elp... Dov'è che l'ho già vista? Ah, sì! Cazzo! Ora ricordo... era un'azienda che fabbricava motori. I motori per le automobili di Speranza! Sì, ne sono convinto! È la stessa marca. Trovavi la medesima scritta incisa sui motori delle nostre automobili, prima che li sostituissimo con i motori solari>.
Sammy sembrò confuso e improvvisamente nervoso. Non seppe che dire.
<Sammy, questa Perla Viola... Questo fottuto minerale, viene dalla nostra astronave!>.
<Ma no, dai... È impossibile>.
<Eppure è così! È quello che ho visto. E son sicuro che l'hai visto anche tu>.
<Jack, non lasciarti prendere dalla suggestione. Ti prego, siamo ad un passo dal...>.
<È proprio questo. Siamo tutti suggestionati dal vostro progetto umano. Voi più di me! Con questa scoperta potrebbe crollare tutto, lo capisci?>.
<Senti, se anche fosse... Come spieghi tutto ciò che hai visto? La Città Illuminata, la conversione...>.
<Non lo so! Non lo so! Cristo! Ma perché dovrebbe arrivarmi un segnale proprio adesso? Alla vigilia della mia partenza...>.
<Forse non è un segnale! Forse stai ingigantendo>.
<Oh, smettila di fare lo psicologo, per carità!>.
<E tu di fare il cristiano credente. Quella religione è estinta. Ora c'è solo...>.
<Ora c'è solo questa, eh? Dimmi una cosa. Quando hai iniziato ad essere così devoto? Tu sei uno scienziato Sammy. Eri sempre stato ateo. Ora improvvisamente credi alla prima stronzata che ti spacciano? Persone strane e di cui nemmeno sai se puoi fidarti!>.
<Non osare parlare così dei Compagni Saggi!>.
<Oh, Compagni Saggi! Ma certo... Questo non sei tu... Cerca di svegliarti perché adesso noi ce ne andiamo da qua>.
<Andiamo dove? Non c'è più un posto dove tornare; e nemmeno qualcuno che ci aspetti. Sono tutti laggiù. Vuoi fare il ribelle e restare solo nella crudità di questo pianeta selvaggio? Fa pure! Ma poi non piangere di solitudine e per i rimorsi! Hai tanto sofferto la mancanza di Kerry e dei tuoi figli e ora vuoi abbandonarli un'altra volta? Stavolta nel posto di cui hai tanto diffidato? Non ha senso>.
Jack rifletté e iniziò a fare avanti e indietro nevroticamente.
Poi disse: <Senti, dico solo che... Dovremmo avere qualche certezza in più prima di...>.
<Prima di cosa, Jack?! Per le stelle della galassia! Quante altre certezze vuoi? Cosa ci vuole per convincerti?> scattò irritato.
<Non saprei! A te cosa è servito?>.
<Vedere mia moglie e mio figlio nella Città Illuminata, felici e sistemati, lontano da guerre e violenze! Ora anche la tua famiglia è lì. Quindi per favore... Non deluderli...>. Sembrò ora commuoversi un poco.
Se prima Jack aveva intravisto un'espressione diabolica sul volto di Sammy, ora, invece, gli sembrò di rivedere il suo vecchio amico, quello che conosceva lui, realmente, ovvero dolce, comprensivo e non più così misterioso, come da quando aveva messo piede lì.
<Fidati di me, siamo così vicini... è un peccato sprecare tutto proprio adesso> aggiunse il Primo Ministro.
<No, mi dispiace... Io... Non ce la faccio, non posso...> rispose però Jack, che poi prese e si avviò verso l'uscita della Sala.
<Allora ascolta le mie parole. Ascoltami e poi decidi... Tu sei un uomo di fede, Jack. Ti conosco e so che è così. Però sei anche uno scienziato, come me. Tu eri un informatico e pertanto possiedi una mente logica e scientifica. Ora ascoltami... Come consideri reale tutto questo se non fosse per la preghiera? Mi spiego meglio. Tu, come chiunque qui, hai pregato intensamente perché Kerry riuscisse a trovare questo luogo e a venirci. E guarda un po'... è accaduto! Lo stesso i tuoi figli. E non solo questo. Hai pregato per il compimento del Progetto e ora tutta la popolazione si sta unendo a noi! È fantastico tutto questo! Ti chiedi come io abbia fatto all'improvviso a diventare un uomo di fede? Beh, la risposta è proprio qui. È proprio là fuori!> e allargò un braccio. <Mia moglie, tua moglie, i nostri bambini... Ce l'abbiamo fatta, Jack!> sorridendo a bocca spalancata. Jack lo guardava serioso senza riuscire a dire una parola. <Bevi questo, Jack. E andiamo! Loro ci aspettano> aggiunse sempre in tono amichevole.
<Analizziamolo. Sono convinto che quel liquido è tossico e che il materiale da cui viene prodotto non è quello che credete tutti>.
<Non c'è tempo per questo> disse Sammy soffocando un sogghigno.
<Allora mi dispiace, ma io ora andrò a prendere la mia donna e i miei figli e li porterò lontano da qui. Tu fa come vuoi! Francamente non mi interessa, non so come altro fare>.
<Lei non ti seguirà Jack. È una di noi...>.
<Lo farà. La porterò via con la forza se necessario. La convincerò che tutto questo non è reale>.
<Io proprio non...>.
<Tu ti chiedi perché sono così cocciuto! Bene, vi ho visti. Voi bevete quella merda, la mangiate, la annusate... Non lo so! E lo fate fare anche agli altri. È così che li convincete. La conversione non è naturale, è manovrata da voi. Merda! Ma ti rendi conto almeno un po' della situazione? Ah no, dimenticavo. Il tuo cervello è sotto il loro fottuto controllo>.
<Jack, io mi rendo conto che non è facile per te. Ma chi ti sta parlando adesso è Sammy. Il tuo migliore amico! Mi vedi cambiato, certo, ma questo cambiamento è positivo. È benefico... E in veste di tuo migliore amico e compagno d'avventure...> finse di commuoversi, <mi sento in dovere di coinvolgerti. Non è altro che un atto di fede... E tu ne hai, di fede>.
<La mia fede non è questa. La mia fede non è la tua. Anzi, la tua fede non è una fede. Siete tutti... corrotti! Manipolati! Cristo santo, non mi aspettavo mai che tu fossi così debole da caderci>.
<Dici così solo perché hai visto qualcosa che magari nemmeno esiste>.
<Ah sì? Non esiste, eh?> si stufò Jack. Andò vicino alla vasca e provò a rovesciarla, ma invano, era troppo pesante.
<Che fai?> gli chiese attonito l'amico.
<Ti dimostro che questa merda è un prodotto chimico appartenente alla nave spaziale che ci ha condotti qui>.
<Oh, e falla finita con sta storia! Come potrebbe essere vero se noi siamo arrivati solo quattordici anni fa?> con sarcasmo.
<Questo non lo so, ma sono sicuro che c'è una spiegazione a tutto> mentre cercava qualcosa per la Sala.
Sammy era rimasto fermo dov'era, invece, osservando l'amico correre di qua e di là per la sacra stanza del Kap, che a breve sarebbe rientrato dalla mensa. Poi Jack afferrò una spranga di metallo, presa da uno scaffale e tornò vicino alla vasca. <Io so che cosa ho visto. E perfino tu!>.
Poi la impugnò e colpì ripetutamente il grosso recipiente di ceramica, ammaccandolo e rompendolo in vari punti.
<Non otterrai niente così. Fermati! O non ti permetteranno di andare alla Città Illuminata>.
<Infatti non voglio andarci, non come burattino intendo!> e continuò. Dal suo lato la vasca era caduta in frantumi, liberando la fiancata di quel minerale che continuava imperterrito a brillare.
<Non puoi distruggerlo Jack. È inutile tutto quello che fai>.
<Ne sei certo? Così come sei certo che quest'affare è qui da prima che noi arrivassimo. Ebbene io ti dico che questo minerale non è altro che materiale chimico dei motori di speranza, che ne è fuoriuscito e si è seccato>.
<Non sai quello che dici> ridacchiando con superiorità.
<No, sei tu quello che non sa cosa sta facendo> lasciando cadere la mazza. <Ricordi quando ci catturarono la prima volta?>.
Sammy mosse il cranio come se non avesse compreso.
<Intendo gli Uomini del Bosco. In quelle grotte...> aggiunse Jack attendendo poi l'assenso del compagno. <Ricordi cosa ci disse Renae?> continuò. <Ebbene, te lo dirò io! Disse che tutta la sua gente dimorava su questo lato del globo, ok? Poi arrivò Johanna, in veste di prigioniera. Lei disse che proveniva invece dall'altro continente. Mi segui?>.
<Cosa stai cercando di insinuare?> chiese sospettoso.
<Io penso che quelle fossero le stesse persone che ora ci stanno manipolando!>.
<Suvvia! È impossibile... Quella gente ha cercato di sterminarci>.
<E chi ti dice che non lo stiano facendo ancora, cambiando però il sistema?>.
<Tu hai troppa fantasia amico mio>.
<Sarà... Ma sto per dimostrarti che questa cosiddetta "Perla Viola" non è ciò che tutti voi credete...>.
Poi si abbassò vicino al materiale violaceo. <Guarda qui!> disse. <È una sostanza chimica... Tu sei uno scienziato, no? Perché non la analizzi?>.
Sammy sembrò pietrificato ma non lo diede a vedere. <Dai, Jack. Ora basta... Bevi la pozione e seguimi di là>.
<Sam, vorrei che TU mi seguissi. Ho bisogno che mi aiuti a salvare la nostra gente e a salvare perfino te stesso> cambiando umore.
<Abbiamo idee diverse su come si può essere salvati>.
<Capisco. Quindi... qualunque cosa dirò, tu non mi darai retta, vero?>.
Sammy, a malincuore, scosse lievemente la testa, restando serio e senza esprimersi. A quel punto Jack riafferrò la mazza e prima che l'amico potesse capacitarsene, lo colpì alla nuca stordendolo.
<Mi dispiace, spero che mi perdonerai un giorno... Ma sappi che l'ho fatto per te>.
Poi lasciò cadere la mazza e corse di fuori, abbandonando la Sala e precipitandosi in prossima delle scale. Doveva raggiungere la spazio-porta.
<Allora, amico... Lo facciamo?> chiese Irem a True.
L'altro annuì, assumendo un'aria compiaciuta. <Facciamolo!> concluse eccitato.
Jack fece in tempo a vedere il Kap che, arrancando, stava salendo lentissimamente le scale, aiutato da quattro dei suoi fedeli, tra cui Artijda, la quale, nonostante gli sforzi disumani per sollevare quell'ammasso di ciccia, sorrideva beata. Allora Jack arretrò, tornando nella Sala di fretta. Trascinò il corpo di Sammy dietro degli scaffali, per nasconderlo. Così avrebbe guadagnato tempo, poiché, una volta che avessero scoperto il corpo, avrebbero dato l'allarme e avrebbero iniziato a dargli la caccia. Tornò fuori camminando normalmente. Con un cenno salutò Artijda, quando passò loro vicino. Poi fece un lieve inchino per salutare il Kap, il quale ricambiò muovendo l'enorme testa rotonda leggermente in avanti e sorridendo animatamente. Una volta entrati nella Sala, Jack iniziò a correre per ciò che rimaneva delle scale, giungendo al pian terreno. Passò sotto i portici e raggiunse la parte sottostante al Terrazzo. Lì avrebbe dovuto esserci il sistema di teletrasporto che l'avrebbe spedito nella Città. Però qualcosa non andava... Laddove era sicuro di aver visto quella parete trasparente, ora c'era ancora un tratto di corridoio che andava a terminare qualche metro più in là, dove c'era una tenda scura chiusa. Senza pensarci due volte acchiappò le due estremità della tenda per spalancarle e passare oltre, ma una voce lo fermò proprio in quell'istante. Era Johanna.
<Che ci fai tu qui?> le chiese brutalmente Jack.
<Sono venuto a impedirti di fare idiozie, Jack dallo Spazio>.
<Come ai vecchi tempi... Lasciami fare, Johanna. Sto cercando di aiutare pure te, anche se adesso non lo capisci>. E si voltò nuovamente verso la tenda.
<Jack, sei tu che non capisci!> esclamò lei. <Così facendo metti a repentaglio la vita dei tuoi cari>.
<Smettetela di raccontarmi stronzate! Io lo so quello che sto facendo>.
<Sei sicuro al cento per cento?>.
A questa domanda Jack si fermò un attimo. Il Comandante ne approfittò e con un paio di mosse da ninja lo mise K. o., stordendolo.
Johanna si trovava dinanzi ad alcuni uomini e aveva detto loro: <Lui non dovrà mai sapere che cosa c'è dietro quel telo, intesi?>.
Gli altri annuirono e poi si dileguarono per svolgere i propri oneri.
Quando Jack Atson si risvegliò, si trovò in una stanza che non aveva mai visto prima. Era rettangolare e scura, poiché c'era solo una finestra con una tenda davanti alla sua destra, mentre il resto rimaneva in penombra. Dall'angolo in fondo a sinistra entrò un uomo. Jack aveva ancora gli occhi annebbiati ed era rintontito dalla botta di prima. Era stato legato in piedi contro la parete, con delle catene ai polsi, le quali erano fissate in alto nel muro, per impedirgli di usare le braccia.
<Ben svegliato, Jack> disse Garatasy con tono cordiale. Aveva in mano una boccetta di vetro, di forma cilindrica, alta poco più di una spanna. Al centro c'era una lieve rientranza di forma circolare, che la divideva in due "gobbe". Il liquido contenuto all'interno era rosa. Jack capì subito...
<Tieni. Bevi questo e poi finalmente anche tu sarai uno di noi> disse l'ex Presidente contento.
<Bevila tu...> rispose arido il prigioniero.
<Io l'ho già fatto. Tocca a te ora> sorridendo. <Raggiungi tua moglie, i tuoi figli e i tuoi amici nell'unica città al mondo dove la felicità durerà in eterno. Insomma, a chi non piacerebbe vivere in un posto così?>.
Jack dissentì con una smorfia, poi lasciò penzolare il cranio in avanti, ancora debole per le botte prese da Johanna.
In quel mentre entrò Jimmy nella stanza. <Se non ti fidi di lui, fallo per la tua gente> disse con la stessa espressione ebete che avevano tutti i convertiti.
<Chi sei tu?> abbaiò Jack col fiatone.
<Niente meno che un tuo ex concittadino. Vedi, Jack. Se ti può consolare non sei solo. Altri sono scampati al grande Progetto e non sono ancora stati convertiti. Ma stanno venendo qui, convinti di poter salvare tutti quanti! Presto capiranno che sono loro quelli che devono essere salvati, così come te> spiegò di buon umore.
Garatasy si avvicinò a Jack con la boccetta in mano, ma egli si ritrasse di scatto.
<Non credo che riusciremo a fargli bere l'elisir con le buone maniere> consigliò Jimmy a Garatasy, il quale si voltò verso di lui. Poi il ragazzo di Huston schioccò le dita ed entrarono i signori Arpell, con due bambini imbavagliati e coperti in testa da un panno scuro. Jack pensò di aver capito, ma evitò di agitarsi subito.
<Che intenzione avete?> domandò cautamente ai due coniugi.
<È molto semplice> iniziò a parlare Anthon Arpell. <Tu berrai questo elisir e poi raggiungerai la tua famiglia nella Città della Saggezza. Lì avrai una bella casa, spaziosa e luminosa, con un bel giardino ricco di fiori. E potrai stare per sempre con la tua famiglia, senza dover più preoccuparti che possa accadere loro qualcosa di male>.
Jack rispose con un verso volgare.
Allora la signora Arpell tolse il telo dalle teste dei due bambini, liberando loro persino la bocca. Sia Alan che Kriffy Atson non erano minimamente spaventati, anzi attendevano inespressivi l'evolversi dei fatti. <Se non collaborerai, Jack, uccideremo i tuoi figli davanti a te> spiegò lei.
"Come immaginavo...". Jack non demorse. <Signora Erinel... Voi siete amica di mia moglie. Kerry! Ricordate? Senza dubbio la ricordate... Voi siete una mamma, proprio come lei. Non fareste mai una cosa del genere...>.
<Ti sbagli. Non siamo noi a farlo, ma tu>.
Jack rise ironicamente. <Per favore. Voi non capite... Tutto ciò che ora credete giusto, in realtà è una finzione. È una manipolazione! Io ho scoperto la verità. La Perla Viola non è ciò che voi tutti credete...>.
<Basta così!> lo interruppe bruscamente Garatasy. <Il tempo a tua disposizione sta scadendo. Accetti la conversione o continuerai a fare il difficile?>.
Jack esitò un attimo. <Se bevo quella merda non potrò mai più tornare indietro! Cazzo, dovete lasciarmi andare!> sbraitò poi.
<Signor Atson, che modo volgare di esprimersi! Suvvia, ci sono dei bambini qui...> commentò sarcasticamente Jimmy, che subito dopo tirò fuori un coltellino a scatto dalla tasca.
<Prova a toccarli e ti uccido!>.
<Ah sì? E come pensi di fare? Siamo noi che dettiamo le condizioni. Ultima chance. L'elisir o la morte sanguinosa e atrocemente lunga dei tuoi pargoli, proprio qui, davanti ai tuoi occhi?>.
<Figli di puttana!!!> gridò iniziando a dimenarsi come un folle.
<Non ascoltatelo, ragazzi. Non è un buon esempio come genitore> disse Erinel ai due piccoli Atson.
Jack si infuriò ancora di più nel sentirla parlare così realisticamente ai suoi figli. Ma poi focalizzò l'attenzione proprio su di essi. Kriffy sorrise alle parole di quella donna, divertito dalla sua battuta. Entrambi erano assolutamente tranquilli, nonostante fossero perfettamente consapevoli di quanto sarebbe accaduto loro tra poco.
<Scappate!> provò a gridargli il padre, senza sperare troppo che l'avrebbero ascoltato. Difatti, anche se non erano legati o trattenuti da qualcuno, i due restavano lì apatici, in attesa che gli tagliassero la gola. Jack era letteralmente scioccato. I polsi gli sanguinavano per via delle catene, contro le quali continuava a strofinarli violentemente. Jimmy si mise dietro Kriffy e gli punto il coltellino sul collo, in attesa del via da parte di Garatasy.
<Avanti, Jack. Non uccidere il tuo bambino> lo intimò Anthon.
<Lo state facendo voi, razza di idioti! Anzi, quei bastardi che si sono impossessati di voi. Ditemi, quale religione implica l'uso della violenza o il ricatto, come in questo caso?>.
<Questa non è una religione terrestre. Questo è un grande Progetto di salvataggio della razza umana. E tu ne fai parte>.
<Quindi o tutti o nessuno?> e guardò verso la sua prole.
<Tu ci stai portando ad adottare questo metodo>.
<Avanti, non te ne pentirai...> aggiunse dolcemente Erinel.
La tensione cresceva. Sul collo di Kriffy comparve una goccia di sangue che poi colò lentamente verso il basso. <Hai tre secondi, Atson> disse Garatasy.
<Ok! Ok... Come volete. Berrò quel fottuto liquido. Ma sappiate che stiamo facendo la cosa sbagliata. Siamo appena caduti nel loro gioco>.
Tutti ignoravano le sue parole. Garatasy si avvicinò a Jack, che aprì la bocca in attesa che quella sostanza colasse sulla sua lingua. Fu proprio in quella frazione di secondo che la porta nell'angolo venne travolta e spazzata via con violenza. Si alzò un polverone fitto e un rumore forte di motori. Quattro motorette erano piombate nella stanza di colpo, lasciando tutti a bocca aperta! Yendel e Sasha, che non sapevano guidare dei veicoli terrestri, si erano messi rispettivamente dietro a True e Irem, mentre Tracy e Ilana ne guidavano una ciascuno.
<Mamma, papà... Scusatemi se abbiamo disubbidito, sappiamo che ci è vietato guidare le moto. Ma un giorno ce ne sarete riconoscenti> annunciò Ilana a gran voce.
I due Arpell rimasero scioccati senza saper che dire. Jimmy e Garatasy provarono subito ad aggredire i nuovi entrati, ma Irem sparò su una gamba a Jimmy, mentre True accelerò e investì Garatasy, facendolo rotolare all'indietro. Quando egli tentò di rialzarsi, ci pensò Sasha a immobilizzarlo e a legarlo. Dopodiché liberarono Jack. Quest'ultimo aveva iniziato a sorridere fin da quando quei ragazzi fecero la loro entrata gloriosa. Ora era proprio al settimo cielo. Provò ad avvicinarsi ai bambini, ma questi parevano terrorizzati da lui, infatti si unirono agli Arpell nel tentativo di fuga. Anthon stava aggredendo proprio suo figlio, mettendogli le mani addosso. Lo spinse e urtarono la motoretta del figlio che cadde di lato. Jack colpì il padre con un cazzotto alla nuca, stringendo i denti per il dolore che sperava di non avergli provocato. <Mi dispiace> disse a Irem.
<Non preoccupatevi. Si rimetterà>.
La madre intanto stava fuggendo coi bambini. Ilana si mise a rincorrerla. I corridoi poco illuminati e umidi sembravano infiniti. Anche gli altri iniziarono la corsa.
<Come avete fatto?> chiese Jack a Tracy.
<Grazie a Drowmt. Fingeva...>.
<Vuoi dire che quel vecchio pazzo è qui nella Custodia?>.
<Certo, caro mio. Evidentemente hanno scoperto che non era convertito e l'hanno imprigionato qui... Che so? So solo che ci ha aiutati>.
<Ora dov'è?> chiese Jack.
<Chi lo sa? Magari se lo sono mangiato i cannibali!> ruggì lei, scoppiando in una risata caotica.
Ilana afferrò Erinel da dietro e caddero entrambe in avanti. Una volta immobilizzata lei, toccò ai bambini, che però avevano proseguito la fuga.
"Pazzesco... Stanno scappando dal loro papà!" pensò Jack con una stretta allo stomaco. Tutto questo lo fece riflettere su quanto potenti fossero gli effetti di quella sostanza chimica. Se solo Sammy gli avesse creduto...
Ma era chiaro che queste persone, dopo che venivano convertite, non ragionavano più razionalmente. Bensì, la loro mente era contorta da quanto gli inculcavano, o qualcosa del genere. Era strano pensare che la sostanza chimica facesse tutto da sola. Chissà che lavoro malato c'era stato dietro, fin dai tempi più remoti?
True e Irem con le motorette raggiunsero in fretta i due bambini, riuscendo in qualche modo a catturarli. Jack arrivò come un treno subito dopo di loro. Si lasciò scivolare con le ginocchia sul pavimento, afferrando Alan dalla camicetta all'altezza del petto. <Ragazzi! Ragazzi! Sono io! Sono papà! Risvegliatevi, vi prego!> cominciò ad urlare loro.
<È inutile... Una volta convertiti ubbidiranno soltanto ai Saggi> disse una voce maschile profonda a pochi metri davanti.
Era Drowmt. Il vecchio detenuto di Huston li aveva raggiunti.
La gente era già stata avvelenata. Tutti quanti lasciavano le proprie case e si dirigevano verso il cortile principale, Freddi compresi. In qualche modo l'elisir della Perla Viola era arrivato in città. Drowmt osservò tutta la scena da dietro la finestra. Era troppo affezionato a Tracy e non avrebbe mai permesso che qualcuno le nuocesse. Doveva proteggerla... Inoltre era l'occasione giusta per redimersi per quell'atto che compì parecchi anni prima. Aveva tentato di avvelenare le coltivazioni agricole per uccidere quante più persone possibile. Fortunatamente perirono solo una dozzina di hustonesi, mentre i medici rivelarono la presenza di una sostanza tossica, chiama Vehrz, originaria di alcune piante del bosco circostante, nel sangue delle vittime. Allora si diede l'allarme generale e si bloccò subito la vendita degli ortaggi. Dopo ripetuti controlli e analisi, l'agricoltura riprese e Drowmt venne arrestato. All'epoca era più giovane e attivo, oltre che atletico. Fu negli ultimi anni che si lasciò invecchiare ed ingrassò. Ricordava con rammarico tutte le ingiustizie dei governi precedenti, fin dai tempi di Speranza. Aveva appena quarantacinque anni quando gli speranzesi erano sbarcati su Green Rock; e circa una cinquantina quando gli fu approssimativamente diagnosticata una sociopatia. In realtà nessuno lo conosceva, era un uomo solo e incompreso. Da giovane vide morire tutta la sua famiglia, in quanto erano cospiratori e appartenenti al movimento riformatorio di Alan Atson. Restò solo e non si sposò mai. Era triste e depresso, senza più nessuno. Viveva come un vegetale, solo perché era in vita. Fosse stato per lui, avrebbe scelto di non venire al mondo. Avrebbe evitato un'esistenza di sola sofferenza. Ora forse era uscito un po' di senno, se ne rendeva conto lui stesso, ma era una conseguenza di quanto aveva accumulato dentro e mai sfogato. Quella sera aveva bevuto parecchio fino ad ubriacarsi. Fu allora che decise di compiere quell'atto. Dalla vita non aveva avuto niente, solo disgrazie, come la maggior parte di quelle generazioni d'altronde. Ma non tutti restano ferrei, alcuni cedono. A lui successe. Diede di matto e tentò di commettere un genocidio. Secondo la sua opinione, la razza umana non meritava di continuare ad esistere, bensì di venir sterminata. In galera cambiò molto, maturando e chiudendo con l'alcol, per forza di cose. Poi incontrò Tracy, con cui si confidò parecchio. Non aveva mai raggiunto una confidenza tale con nessuno negli ultimi decenni. Anche lei contribuì a cambiarlo e a renderlo un uomo migliore. Non la toccò mai, poteva solo osservarla dalla sua cella. Solo quando evasero di prigione finalmente sentì il suo odore e respirò il suo respiro. Pensò addirittura d'amarla, ma tra loro non c'era mai stato niente. Poco gli importava, tuttavia. Gli bastava l'amicizia. Per lui era già oro.
Quando arrivò il giorno della conversione riuscì a fare bene l'attore, uscendo allo scoperto e dichiarando di essere il solo abitante di quella casa. I funzionari della Perla Viola ci crebbero (mai ci avrebbe sperato). O meglio, entrarono ugualmente a controllare ma limitandosi ad un giro dell'appartamento poco approfondito. Tracy, Rosalie, Bert e, per un miracolo, anche Ilana Arpell, che si trovava casualmente lì, si nascosero in un ripostiglio costruito da Bert all'insaputa di tutti. Sopra c'era steso un tappeto che lo nascondeva. Furono attimi di panico e terrore. La tensione fece battere i loro cuori fino a sentirli in gola. Poi quegli strani uomini andarono via... e tutto finì. Venne preso solo Drowmt, che nei giorni a seguire tenterà di imitare gli altri nei movimenti e nei comportamenti vari e di passare quindi inosservato.
I giorni successivi passò gran parte del suo tempo, giorno e notte, a controllare se arrivassero Tracy e gli altri, a parte quando recitava con gli altri Compagni. Nessuno lo aveva notato o aveva avuto sospetti. Poi quelle moto... Piombarono nel cortile all'improvviso, sorprendendo tutti. Per la velocità erano riusciti ad evitare il contagio, però ora dovevano proseguire. Drowmt si era munito di un'arma. Mirò il fucile e uccise tutti i Compagni Saggi che si misero nel cammino. Quando il gruppo di Tracy riuscì ad entrare nelle Custodia, però, la vista gli si oscurò improvvisamente e perse i sensi.
Alan e Kriffy si alzarono, si ricomposero e si misero vicino al grassone. Perché avrebbero dovuto, se fuggivano dai Non Convertiti? Il pensiero agghiacciò la mente di Jack, che rimase pietrificato a guardare. Anche Tracy forse capì, però si rivolse ugualmente all'amico: <Aiutaci a uscire di qua, forza>.
<Negativo, cara. Ora voi verrete con me, oppure vi uccido> rispose lui con voce gelida.
14: DIETRO-FRONT
Coi bambini sotto tiro, non si poté far altro che ubbidire a Drowmt. Egli teneva un fucile, ma arrivarono altri nemici da ogni angolo che accerchiarono gli intrusi. Il gruppo fu scortato per i corridoi fino a raggiungere delle scale che portavano di sopra, al piano terreno. C'erano le sgommate delle moto sul pavimento. Evidentemente erano passati di lì, scendendo per quei gradini che conducevano nei sotterranei. La Custodia era più grande di quanto sembrasse, pensò Jack.
Ben presto si trovarono tutti prigionieri nella sala grande e luminosa che dava sul Terrazzo.
<Fatemi indovinare. Ora ci farete ingurgitare con la forza quella sostanza chimica speranzese, dopodiché andremo tutti felici e beati nella vostra finta città paradisiaca. Vero?> disse Jack con voce roca e sarcasmo.
<Non con la forza, no. Vorrei farvi intendere la gravità dei vostri misfatti> spiegò tranquillo Kayl, il messaggero. Rispetto al solito sembrava più autoritario.
<Scusaci tanto se abbiamo fatto irruzione nel vostro fottuto monastero> commentò True.
<No, non parlo di questo. La gravità sta nel non aver compreso il valore che possiede questo posto, o meglio, il posto dove andremo. La dottrina di Mahujida, il primo Saggio della nostra comunità, insegna che ogni individuo crea il proprio ambiente. Non conta dove ti trovi, bensì come vivi. Ora, abbiamo radunato tutti qui per trasferirci in una città lontana e voi penserete: Perché agire così se la dottrina insegna che possiamo vivere dove ci pare, una volta raggiunta e assimilata la Saggezza?>.
<Già, perché? Anzi no, vi rispondo io. Perché voi siete tutti completamente matti!> intervenne True sbraitando.
<Ti sbagli giovanotto, ma non biasimo il tuo punto di vista. Andremo laggiù, impareremo insieme e in modo completo a convivere senza odio e barbarie; dopodiché potremo nuovamente girare il mondo, o lo spazio>.
<Lo spazio...?> ripeté Jack a bassa voce, troppo per essere sentito.
<Ma credo proprio che una volta lì non vorremo più andarcene. Non sarà necessario. Quella città è perfetta. L'abbiamo ideata nei secoli per questo Progetto, che ora è quasi compiuto. Francamente, mancate solo voi> aggiunse Kayl.
<Una domanda prof> disse Jack. <Se qualcuno di noi, per caso, non volesse unirsi a voi, o non volesse apprendere gli insegnamenti di Mahujida...> sbagliando pronuncia. Kayl lo corresse e poi Jack riprese: <... perché non li lasciate indietro? Perché non li lasciate sbagliare e sbattere la testa secondo quella che è la loro volontà. Perché non fate in modo che ogni persona raggiunga lo stadio di Saggezza e di pace assoluta da solo, attraverso la propria spontaneità?>. Kayl provò a dire qualcosa ma Jack gli parlò sopra: <Voi togliete agli esseri umani il loro libero arbitrio. Se ora siete tutti pacifici, saggi e pateticamente felici e realizzati, o quello che sia... è solo perché vi siete drogati a vicenda!>.
<Mi dispiace che tu...>.
<Ti dispiace che io la pensi così? Beh, fanculo! Io posso far crollare la vostra teoria in pochi minuti, se voglio>.
<Di che parli?>.
<Di qualcosa che voi "convertiti" non potete capire o accettare, per via della sostanza che avete ingerito>.
<Stai blaterando>.
<Certo! È normale. Chiunque di voi direbbe così... Lasciami dimostrare che l'elisir è una sostanza chimica precipitata dalla nostra nave spaziale>.
<Senti. Premettendo che è impossibile, poiché voi siete qui da pochi anni e la Perla Viola esiste da due secoli, se anche fosse non è rilevante l'origine di tale sostanza. Conta che c'è! Conta che il grande Mahujida la scoprì e la utilizzò per aiutare le persone! Perché vi ostinate tanto a voler ostacolare il Progetto? Perché non permettere che la razza umana cresca e migliori?>.
<Perché non è quello che sta succedendo...>.
<Lo dici tu! Non sei cosciente> sembrò scaldarsi.
<No, dici tu il contrario, perché sei drogato!> rispose a tono il prigioniero. L'altro zittì un attimo, rosso in faccia. Jack riprese: <È chiaro che abbiamo due punti di vista diversi, anzi, opposti. Comportiamoci da persone mature, allora. Lasciatemi analizzare il materiale di cui è composta la Perla Viola>.
<A che servirebbe? Vi abbiamo spiegato che non è importante l'origine di tale oggetto sacro> disse Artijda.
<Ma non è un oggetto sacro, in nome del cielo!> sbottò Jack.
<E chi sei tu per dirlo?>.
<No, chi siete voi?!>.
<Persone che sanno ciò di cui stanno parlando. Persone che vogliono aiutarvi> con tono gentile.
<Ci aiutate minacciandoci o uccidendoci?>.
<Se abbiamo ucciso era essenziale per la salvaguardia del nostro mondo. Lo rifaremo ancora se non vi decidete a collaborare>.
<Senti, Jack!> intervenne True. <Sentite tutti!> alzò poi la voce. <Fateci andare via, ok? Noi ce ne andremo e torneremo a casa nostra...>.
<True, che cosa dici?> bisbigliò Irem.
<Ma sì! Perché no? Non vogliamo unirci a loro, bene! Torniamo indietro e non disturbiamoli più. Ce ne staremo a Huston, o dovunque sarà e li lasceremo in pace>.
<C'è mia moglie con i miei figli, laggiù> disse lentamente Jack, con tono incattivito.
<E i nostri genitori> aggiunse Ilana. Irem annuì sullo sfondo.
<Come non detto...> sospirò True e abbassò il cranio arrendendosi all'inevitabile. <Allora facciamoci uccidere tutti quanti e fanculo!> aggiunse poco dopo urlando.
<Potremmo andarcene noi> suggerì Yendel. Anche Sasha approvò.
<Sì, noi ce ne andremo. Non saremo un problema per voi. Tra l'altro vivremo in zone molto lontane, no?> disse quest'ultimo>. Irem lo guardò con disappunto, senza essere però visto dal ragazzo del Bosco.
<Spiacente. Nessuno resterà indietro. Un giorno, anzi, presto ci sarete grati> tagliò corto Kayl. <Ora bevete questo elisir e piantatela con i capricci>. Degli uomini, armati di lance e vestiti con abiti presumibilmente antichi ma in qualche modo eleganti, si avvicinarono da sinistra in fila indiana, ognuno con una boccetta in mano. Si posizionarono uno di fronte ad ogni prigioniero, mentre un altro soldato si occupava di tenerlo fermo.
<Rendeteci la cosa semplice, signori> disse Kayl. <Fatelo per i vostri cari>.
Praticamente tutti iniziarono a dimenarsi. Jack urlò: <Bevila tu!>.
<Lui lascialo a me> disse Artijda, avvicinandosi al poliziotto hustonese.
<Artijda, ascoltami. Io ti conosco. Ti ho conosciuta! Tu non sei priva di buon senso. Cerca di fare qualcosa o sarà la fine! Nessun altro potrà più salvarci dopo> le gridò implorandola.
<Jack, anch'io ho avuto modo di conoscerti e abbiamo passato molto tempo insieme. Ma ancora parli di pericolo, di essere salvati... Sei il più tosto di tutti. Convincerti col percorso spirituale è stato inutile. Con questo sistema il tuo cervello accetterà ciò che è giusto>.
<Non sarebbe più il mio cervello a ragionare...>.
<Non è vero. Sai che non è così> e si avvicinò con la boccetta.
<Artijda, ti prego. Tu eri una persona come me un tempo, solo che ora non te ne ricordi> provò a giocare con la psicologia.
<Jack, io ricordo tutto> disse lei ridendo. <E so per certo che è molto meglio adesso rispetto a prima. Voglio fare questo regalo anche a te>.
<Posso rifiutarlo?> chiese ironicamente. <Un tempo dissi che non esiste giusto e sbagliato. Ti ricordi, in quel meeting?>.
<No, non esiste, se raggiungiamo l'armonia con la nostra interiorità. L'unico modo è convertirsi> spiegò dolcemente.
Jack sembrò cedere. Non c'era modo di evitare questa congiura. Vide con la coda dell'occhio Tracy che sputò il liquido e si ribellò energicamente.
Si girò poi verso sinistra, mentre il forzuto che gli stava alle spalle gli teneva le mascelle con la forza, premendo e facendogli male. Fece in tempo a vedere alcuni dei ragazzi che sputavano e che venivano picchiati. Stavano per essere presi...
Tutto sembrò finire. Da quel momento in poi nessuno sarebbe rimasto escluso dal Progetto. Nessuno avrebbe più potuto sistemare le cose. Un'altra volta, dopo soli quattordici anni, l'umanità giunse sull'orlo della fine, ma stavolta senza apparenti possibilità di evitarlo. Si poteva solo sperare che quelle persone non mentissero, anche se Jack era certo che si trattava di una finzione. Ma ormai anche il suo cuore iniziò a sperare per il futuro...
La parete alla loro destra esplose. Successe all'improvviso. L'atrio si riempì di polvere, che offuscò completamente la visuale. Un fischio sordo nelle orecchie copriva ogni altro suono. Jack rivede per un attimo il deserto dell'isola, quella dove combatté contro il popolo del padre di Johanna. Vide gente, donne e bambini saltare in aria, terra volare ovunque e infilarsi negli occhi, in bocca e nelle orecchie... Fu tremendo. L'esplosione di adesso lo riportò per qualche istante nel passato. Non l'aveva mai superato del tutto...
Prima le moto, ora una squadra di armati speranzesi. C'era Thuras, a capo dell'equipe, poi Loodly, con la solita camicia sbottonata, e altre guardie reclutate.
<A quanto pare...> disse Jack tossendo e rompendo il silenzio, <vi era sfuggito qualcuno> con malizia.
Artijda non la prese bene. Nemmeno Kayl, il cui volto si oscurò forse per la prima volta da quando i terrestri avevano iniziato ad avere a che fare con lui. Agitandosi come non faceva d'abitudine, sbraitò contro i nuovi arrivati, ma nella lingua greenrockiana. Thuras e gli altri erano armati fino ai denti e puntarono i mitragliatori contro tutti i guardiani Saggi presenti.
<Allora, è molto semplice. Voi liberate tutti i nostri e noi vi lasceremo vivere. Se non ubbidite o provate solo a ribellarvi, spariamo per uccidere> annunciò il Capitano.
<Spero tu sia al corrente che è tutto inutile, questo...> disse Kayl calmandosi un'altra volta.
<No, non starò ad ascoltarti. Anzi, tu sarai il primo a finire nell'altro mondo!>.
<Non vuoi ascoltarmi? D'accordo. Ma neanche i tuoi amici lo faranno. Sono tutti sotto il controllo della Perla Viola> disse maligno.
<Non so che cosa sia, ma non tornerò senza la mia gente>.
Kayl spostò un attimo lo sguardo verso alcuni dei suoi, che istantaneamente attaccarono il gruppo di speranzesi. Quest'ultimi furono costretti a sparare. I corpi degli Uomini del Bosco caddero a terra inermi.
<NOOOO!!!> gridò Yendel. Forse erano alcuni dei suoi.
<Per favore, calmatevi tutti! Quella gente è innocente... Sono persone del nostro popolo> aggiunse Sasha urlando.
<Non mi importa> ululò Thuras, voltandosi per la prima volta verso i prigionieri legati al muro. <Per me siete tutti uguali. Avanti! Chi vuole raggiungere i vostri amichetti all'inferno?!>.
L'azione di poc'anzi si ripeté, dopo il via di Kayl, che fece così uccidere altri Uomini Verdi. Stavolta fu Sasha a imprecare. <Thuras, aspetta!> gridò Jack.
<Che c'è amico? Sto cercando di salvarti la vita>.
<Ci sta mettendo l'uno contro l'altro, non lo capisci?!>.
<Di che parli? Spiegati meglio!>.
E poi ancora, stavolta comparendo alle spalle e scavalcando le macerie. Altra aggressione, altri suicidi.
<Parlo proprio di questo!> disse Jack indicando i cadaveri. <Sta ordinando apposta a quella gente di attaccarvi, in modo tale che voi li uccidiate e che se dovessimo riuscire nel nostro intento, ci troveremmo gli Uomini del Bosco nemici! Un'altra volta!>.
<Maledizione, Atson! Che dovrei fare? Arrendermi? Farci fottere tutti da questi pazzi?>.
<Andrete via voi soltanto> disse Kayl. <Voi e i prigionieri> indicando Jack e gli altri. <Ogni vita tolta è preziosa. Il compromesso è dunque questo>.
<Te lo puoi scordare! L'ho già detto chiaro e non lo ripeterò. Non ce ne andiamo senza tutta la nostra gente. E se solo a uno di loro avete torciato un capello, vi sterminiamo tutti!>.
A Jack venne un brutto pensiero. Tracy, alla sua sinistra, lo guardò e i due si intesero immediatamente.
<Allora mi costringete...> disse Kayl a bassa voce con tono abbattuto, palesemente contrariato da ciò che stava per fare. Sussurrò qualcosa in greenrockiano ad Artijda, che subito fece passare parola tra tutti i Saggi lì presenti. Nonostante le morti atroci assistite in diretta, nessuno di quegli uomini robotici sembrava minimamente turbato. Jack lo sentiva che non si sbagliava. Quella non era vita vera...
Drowmt si avvicinò disinvolto al gruppo di speranzesi, che lo attendeva studiandolo attentamente. Poi si girò verso Tracy ed estrasse qualcosa dalla tasca dei pantaloni. Tracy iniziò a gridare come una matta. Nessun altro capì. Solo Jack che era affianco e vide il coltellino che impugnava l'ex detenuto. Con grande sorpresa di tutti, allungò un polso e si puntò la lama sulle vene, iniziando a premere. <Fermati!!! Che cavolo fai?!> provò a strillare Tracy, ma invano. Drowmt era sotto il completo controllo dei Saggi.
Gocce di sangue iniziarono a cadere per terra, colorando di rosso il pavimento piastrellato. <Che cazzo fa? È impazzito?> gridò Thuras. Loodly corse per fermarlo, ma Kayl lo bloccò: <Se non accettate la nostra proposta, si ucciderà. Se vi avvicinate di un solo passo, si ucciderà. In pratica, qualunque cosa facciate che non ci vada a genio, lui si toglierà la vita>.
Drowmt si era girato verso i vigilanti, sempre col coltello lievemente affondato nel braccio. <Vi prego! Fate come vi dice!> gridava Tracy disperata.
Jack e gli altri rimasero scioccati ad osservare la scena senza pronunciar parola, mentre Sasha e Yendel non riuscivano a togliere lo sguardo da alcuni del loro popolo che erano appena periti.
<Visto che non vi importa degli Uomini del Bosco, o di una loro eventuale vendetta nei vostri confronti, passeremo ai vostri concittadini. Tutto questo serve per farvi capire che loro ormai hanno fatto una scelta, e la cosa è irreversibile>.
<Ma per le stelle della Galassia, perché?!> tuonò di colpo Jack. <Perché non li lasciate scegliere? Noi non vi intralceremo una volta tornati nel nostro territorio...>.
<Non esiste il vostro territorio, voi siete sul nostro pianeta e le regole le dettiamo noi!>.
Kayl non sembrava più lui ormai. Quel bonaccione che si limitava a fare il messaggero e a trottare spensieratamente sul ciuccio... Tutto quel mondo incantevole era ormai dimenticato. Era solo un'anteprima per attirare il pesce nella rete.
<Thuras, per i pianeti gemelli! Ascoltalo!> si rivolse poi all'amico e superiore.
<No, io non posso cedere a questi ricatti... Se non ce ne andiamo via con tutti loro non li vedremo mai più! A cosa servirebbe?>.
Kayl disse qualcosa e Drowmt dimostrò che quella gente non scherzava. Schizzò sangue ovunque e il suo corpo massiccio cadde a terra pochi istanti dopo, attorniato da una pozzanghera rossa. Tracy scoppiò in lacrime. Tutti gli altri rimasero sotto shock. Alcuni dei guardiani speranzesi corsero a soccorrere Drowmt, ma era troppo tardi. Lo strillo finale di Tracy confermò l'ufficialità del decesso.
<Figli di puttana!> gridò Thuras, afferrando il fucile con due mani. Dopodiché iniziò a sparare all'impazzata colpendo più Saggi che poté. Artijda e Kayl si rifugiarono in un corridoio. <Siamo noi che abbiamo le armi e noi che dettiamo le condizioni! Bastardi!> urlò ancora. Poi mandò gli altri a rincorrere i fuggitivi, mentre lui e Loodly liberarono i prigionieri. Quando toccò a Sasha, non si sarebbe aspettato che il ragazzino l'avrebbe assaltato. Con le gambe, appena le ebbe libere, fece lo sgambetto al Capitano. Poi con delle mosse eleganti gli piombò sul petto, dopo che aveva sbattuto a terra la schiena, e gli puntò un'ascia alla gola, immobilizzandolo. <Che cosa diavolo fai, amico?!> gli urlò Loodly.
<Non lo capisci? È ovvio...> disse Jack passandosi entrambe le mani sui polsi. Avete ucciso la sua gente e ora lui ce l'ha con noi.
Thuras non poteva parlare e respirava a malapena. Poi della gente entrò nell'immensa sala. I vigilanti speranzesi erano stati uccisi. Degli abili Uomini del Bosco li avevano attesi dietro la porta e li avevano fatti a pezzi con le loro armi da taglio. Sangue si mischiava a macerie. Il posto più sacro del pianeta, quello dove non avrebbe dovuto esistere violenza, stava diventando un campo di battaglia.
Chi arrivò non fu solo gente del Bosco, bensì, con loro, c'erano parecchi speranzesi...
Jack Atson riconobbe Johanna e Kashmitar, che insieme a Kayl e Artijda scortavano Sammy, Aniju, i signori Arpell e altri nel punto X. <Bene, la faccenda si fa interessante> disse Thuras con un filo di voce. Poi si scrollò di dosso il giovane guerriero e tutti guardarono la baraonda umana entrare e riempire lo spazio calpestabile. Ricompostosi, il Capitano della vigilanza hustonese, si apprestò a parlare. <Che significa?> chiese a voce alta.
<Signori. Sarà bene che vi consapevolizziate di essere di fronte ad una scelta fatidica> disse l'ormai ex generale della Regione Fredda.
<Anche tu...> commentò Thuras.
<E non poteva capitarmi cosa migliore. Ora la consiglierei anche a voi, se non fossimo arrivati a livelli cruciali>. Sembrava anche lui parecchio cambiato. Parlava più sciolto e veloce, e il suo dizionario era molto più ricco. Ma cosa conteneva quella sostanza che ingerivano?
<Thuras, ascolta...> provò a dire Jack.
<Zitto Atson! Lasciami fare... Che intenzioni avete? Esprimetevi!> tuonò il Capitano.
<Le stesse di prima. Esistono tre possibilità, in cui possono evolversi gli eventi. La prima è che vi consegniate, e noi provvederemo ad annettervi all'impero della Saggezza; la seconda è che ve ne andiate, solo voi non-convertiti, e che non torniate mai più in questo luogo; e infine la terza... se fate resistenza, tutti i vostri cari si uccideranno davanti ai vostri occhi. È questo che volete?>.
<Ma come possono delle menti coscienti arrivare a tanto?> si chiese Jack, perlopiù a sé stesso.
Sammy l'aveva sentito e gli rispose: <Non c'è una spiegazione scientifica Jack. Si tratta semplicemente della forza della nostra fede>.
Jack lo guardò male.
<Ebbene, cos'avete deciso?> chiese poi Kashmitar.
Jack gli si avvicinò. I Compagni Saggi si misero subito in allerta puntando le loro armi. <Tranquilli. Non farò niente...> spiegò loro lo speranzese. Poi si mise dinanzi a Kashmitar e gli disse: <Voi siete un Delegato. Vi ricordate questo termine? È la descrizione dell'impiego che avete giurato di svolgere per tutta la vostra vita. Ed è sulla vostra vita che l'avete giurato. So che ve lo ricordate...>.
Kashmitar improvvisò una piccola smorfia e poi stette ad ascoltarlo.
<Non siete solo un Delegato. Siete il Capo Tribù di Campo Hahjan, la città che contiene il Tempio, niente meno che la dimora del grande Comandante. E lasciate che vi dica un'altra cosa. Siete anche il Generale dell'esercito della Regione Verde. Inoltre, ricoprite perfino la carica del Secondo, in quanto egli è assente ormai da tempo. In pratica, siete il vice del Comandante. Dunque ora vi chiedo... In cosa credete veramente? Davvero siete disposto a buttar via tutto questo onore che probabilmente mai nessuno prima di voi ha posseduto? Generale e Secondo in un'unica persona. La stessa unica persona che difenderebbe il Regno e il Comandante con la sua stessa vita. Ora invece mi state facendo credere che vi siete abbassato a questa gente? A questa stupida religione?>.
A "stupida religione" il pubblico protestò, ma poi Kayl, sbracciandosi, ripristinò il silenzio. Sembravano tutti interessati a cosa stava dicendo Jack, nonostante l'offesa finale.
<Vi siete quindi sottomesso ad una piccola comunità che ha predicato una semplice credenza che io, o qualsiasi speranzese, posso smontare all'istante?!> continuò. <Io posso dimostrare a tutti voi che questo "elisir" che voi avete bevuto contro la vostra volontà non è altro che una sostanza chimica che vi ha corrotto il cervello!> si rivolse poi a tutta la platea.
<Diffamazioni! Eresie! Sacrilegio!> urlò qualcuno dalla folla.
<Perché non mi permettete di darvi tale dimostrazione? Oh, già! È ovvio. Perché i vostri leader non vogliono che sappiate la verità. Questa gente vi sta usando! Ma niente è irreversibile. Nel giro di qualche mese probabilmente espellerete questa sostanza e ripristinerete la vostra reale personalità. A quel punto cosa farete? Ubbidirete a questi impostori?!>.
Ancora una volta alcuni gli urlarono contro per le parole pesanti.
<Ok, Atson. Allora perché non aspetti qualche mese? Tornatene pure nel tuo piccolo centro abitato, insieme a una dozzina scarsa di altri anarchici. Se ciò che dici sarà vero, la gente tornerà da te> disse Johanna.
<Non credo alle mie orecchie...> commentò infine Jack, voltandosi e tornando verso i suoi amici.
<Blasfemi!> si udì ancora dalla folla. <Uccidiamoli!>.
<Nessuno ucciderà più... Torneranno da dove sono venuti, altrimenti sapranno già che destino li aspetta. Non è così, Atson?> disse Artijda.
Jack si voltò ancora e guardò Kashmitar, che stava rimuginando fissando il vuoto. <E tu che hai da dire?> gli chiese brutalmente.
Il Generale quasi si spaventò e poi si rimise eretto, come al solito. <Noi siamo un'unica grande mente e agiamo per il bene della nostra esistenza. Perciò sparisci o guarda le persone che ami morire...> affermò infine.
Jack avrebbe giurato che nella sua voce ora c'era un po' di incertezza. Giocando psicologicamente forse poteva ancora fare qualcosa. Ma non aveva più forze. Erano esausti, affamati, feriti... Cedettero e fecero dietro-front. L'ultimo a spostarsi fu Thuras, che venne sollecitato da Loodly, il quale gli appoggiò amichevolmente una mano sul braccio, invitandolo a seguirlo. A quel punto si voltò e si unì agli anarchici. Così vennero definiti. Pochi, deboli e impotenti. E inoltre privati dei propri cari, che, a quanto pare, avevano orientato la loro fiducia altrove.
Nell'uscire dalla Custodia, dovettero passare in mezzo ad una vera trincea. Scavalcarono le macerie che erano crollate per via dei loro c4, esplosivi per far saltare in aria le pareti. Scavalcarono anche cadaveri, Uomini del Bosco e speranzesi, chiunque fosse stato di intralcio per l'invasione. Molti Saggi si scostarono e li fecero passare, in mezzo al cortile, guardandoli con un odio invisibile, poiché le loro espressioni erano incolori, ma lo si percepiva nell'atmosfera. Poi lasciarono la Custodia...
Il fiumiciattolo aldilà del bosco era sempre fresco, pulito e armonioso nel suo suono scorrevole, regalando la medesima sensazione di tranquillità, nonostante le circostanze. Tutti i non-convertiti si sedettero o riposarono un attimo. Thuras riempì la borraccia nel torrentello, chinandosi in avanti. Qualcuno appoggiò lo zaino e altri si lasciarono cadere a terra, esausti.
Mentre Thuras si rialzava e si portava la borraccia alla bocca, vide con la coda dell'occhio una sagoma avvicinarsi a lui come un treno. Si scostò appena in tempo. Era Sasha, che tentava di colpirlo con la spada! Yendel gli strillò dietro, chiaramente scioccata, nella lingua che solo loro comprendevano. Anche Jack e Loodly intervennero per fermarlo. Thuras si trovò alle strette e dovette sfoderare il fucile, puntandolo contro il giovane per costringerlo alla resa. <No!> gridò Irem, temendo il peggio. Tutti lo guardarono, forse un attimo perplessi per cotanto interesse nei confronti dell'indigeno. Ma la soggezione durò poco. Gli sguardi erano concentrati sui due litiganti, per ovvi motivi.
<Amico, che ti prende? Non sono un tuo nemico io> provò a dire il Capitano.
<Hai ucciso dozzine di persone appartenenti al mio popolo!>.
<Merda, ho ucciso anche parecchi dei miei! Ma lo capisci che era inevitabile? Se non l'avessi fatto ora non saresti qui>.
<Forse si poteva evitare. Forse è meglio vivere come loro, nella pace perenne>.
<Non crederai a queste favole...>.
Sasha gli andò contro e Thuras sobbalzò all'indietro. Fu Yendel a mettersi tra i due per evitare inconvenienti. True la seguì subito, spaventato dall'idea che potesse andarci di mezzo anche la ragazza.
<Non ha torto!> abbaiò Tracy da dietro, mentre stava in ginocchio vicino al fiume, completamente indifferente. <Ha ucciso Drowmt quel verme> aggiunse.
<Tracy, maledizione!>.
<Zitto!> gli urlò lei alzandosi. Per un attimo parve che volesse aggredirlo, ma poi, dopo qualche passo, si fermò. <Non hai scusanti. C'erano tanti modi per evitare l'assassinio> disse gelida.
Jack abbassò lo sguardo, consapevole che la donna aveva ragione. Essendo anche lui un poliziotto, in qualche modo si sentiva complice, ma nessuno se la prendeva con lui. Tuttavia non riusciva né a difendere il Capitano, né a colpevolizzarlo. Decise di restarne fuori, almeno temporaneamente.
Nel frattempo Sasha rimise la spada nella fodera e, diretto come un missile, si allontanò dal gruppo, in direzione del bosco.
<Cosa fa?> chiese Irem piano. Nessuno gli rispose e allora gli urlò: <Dove vai?>.
<Torno alla Custodia> rispose secco.
<Che cosa?! Sei impazzito? Abbiamo appena rischiato la vita per scappare via da lì> obiettò Yendel.
<Lasciami in pace! Non sei né mia sorella, né la mia ragazza. Ho deciso che mi unirò a loro> rispose voltandosi, quando era già a metà del fiumiciattolo, passando per il percorso di pietre.
<Unirti a loro? Amico, è un suicidio> aggiunse True.
<No! La morte è restare qui fuori, con tutti voi. Quella gente vive in completa armonia e io voglio fare lo stesso> concluse girandosi ancora e ripartendo a razzo verso la boscaglia.
<Lasciate che vada, ha fatto la sua scelta> commentò rauco Thuras.
<Tu chiudi il becco! È colpa tua se si comporta così> lo sgridò Yendel, andando dietro al compagno.
<Oh, certo! È colpa mia... Scusatemi tanto se sono venuto a salvarvi il culo. La prossima volta mi guarderò bene dal farlo! Brava, vai con lui. Due fottuti indigeni in meno...>.
<Ehi, quella è la mia ragazza!> gli disse True incattivito.
<Tu fatti gli affari tuoi, ragazzino! Non dovresti neanche essere qui...>.
<E dove? In galera? Ah no, decapitato per aver stuprato qualche donna, forse...>.
<La tua ironia è fuori luogo> tagliò corto.
<Ragazzi, non serve litigare. Dovremmo restare uniti in questo momento> provò a dire Jack.
Irem era partito in quarta per seguire Sasha. Anche Yendel lo fece e di conseguenza perfino True.
<Ragazzi! Ragazzi!!! Che cavolo vi salta in testa?> gli urlò dietro Jack, interrompendo il discorso. <Per favore, tornate qui. Sono il primo che dovrei tornare laggiù, per ovvie motivazioni...>.
<Perché allora stiamo fermi qui?!> si girò male Ilana Arpell, abbassando poi lo sguardo per l'imbarazzo.
<Perché siamo abbastanza intelligenti da sapere con certezza che è inutile! Cristo santo, usiamo un attimo il cervello> sbottò. Thuras annuì.
14b.
Più tardi, quando anche Sasha era tornato, consapevole che non portava a niente recarsi alla Custodia da solo e disarmato, tutti se ne stavano mogi per conto loro. Avevano già montato le tende per la notte e presto sarebbe calata l'oscurità. I vigilanti inventariavano alimenti e munizioni, i ragazzi raccoglievano legna per il fuoco (al quale ormai anche gli speranzesi si stavano abituando, ma sempre con accuratezza), Tracy preparava un sigaro, seduta su uno scoglio, e Jack se ne stava per conto suo guardando l'orario sul chip. <Cosa danno in tv?> gli chiese Loodly avvicinandosi.
Jack sorrise. <A quest'ora i miei bambini facevano i capricci tutte le sere per guardare dei cartoni animati. Era una lotta costringerli a rimanere a tavola fino a che tutti non avessimo finito di cenare. Così come era faticoso anticipare il pasto per far sì che potessero goderseli senza costringerci a scendere a compromessi>.
Loodly era un tipo riservato, pacifico e anche un po' misterioso. Tuttavia non dava l'impressione di essere una persona da temere, anzi, ispirava fiducia. Era il secondo di Keerson, ormai catturato dai nemici, e, proprio come il Ministro, era buono e ci si poteva dialogare.
Ora disse: <Quando vennero i Freddi a occupare la città...> poi si interruppe e guardò in alto con aria nostalgica. <Sembra passata un'eternità... Sentii parlare di un posto, ritenuto sacro, invalicabile, accessibile solo a determinate persone>.
<La Perla Viola?>.
<Non lo so. So solo che questo luogo era stato creato in seguito all'arrivo improvviso ed inaspettato di alcuni uomini di natura intelligente superiore a quelli che già abitavano il pianeta>.
<Extraterrestri?! Voglio dire... Umani originari di un altro mondo?>.
<Forse. Ma è solo una leggenda>.
<Chi te ne ha parlato?>.
<Nessuno... Ma io ho studiato la loro lingua e alcuni dei Freddi facevano citazioni e riferimenti, ogni tanto. Non ne so di più, purtroppo...>.
<Perché me lo racconti?>.
Loodly silenziò qualche secondo. <Perché sono un incorreggibile ottimista...> e ridacchiò. <Voglio trasmetterti un po' della mia speranza>.
<In cosa consiste tale speranza esattamente?>.
<Nel fatto che magari non siamo soli... e qualcuno può ancora aiutarci>.
<Mi hai detto poco per potermi convincere>.
<Lo so. Ma poco è quanto ne so anch'io...>.
In quel mentre passò di lì Yendel e Jack notò con la coda dell'occhio che stava origliando la conversazione.
<Perdonami, amico> disse poi a Loodly, nel modo più cordiale possibile. E si alzò...
Non molto dopo seguì Yendel tra i cespugli folti e alti di quella zona del fiume. Era già buio, non ancora pesto. <Raccogli legna?> le chiese da dietro.
Lei si voltò fingendo di non essersi accorta di lui (Jack capì che era una recitazione). <Oh, sì... Bisogna alimentare il fuoco altrimenti si spegnerà mentre noi dormiamo>.
<I nostri "fuochi" non si spengono mai>.
<I vostri fuochi artificiali non ci fanno sentire al sicuro. Niente di personale>.
<Posso capirlo, hanno una luce diversa e forse meno confortante. Lo stesso è per noi nei confronti dei vostri. Fanno ancora paura...>.
<Volevate qualcosa, signor Atson?>.
<Francamente, sì> e si fece serio. <Hai ascoltato prima e so per certo che sai di cosa stava parlando il Tenente>.
Yendel si fermò e fissò lo speranzese. <Come dice lui, è solo una leggenda>.
<Ma tu ci credi, non è così?>.
<Non credo a niente che non veda coi miei occhi>.
<D'accordo, però magari ne sai di più...>.
Lei sembrò annoiata, ma rispose per educazione: <So solo che, lungo la strada per l'Altro Continente, esiste un posto chiamato... Non mi ricordo esattamente... qualcosa come "La terra dei silenziosi". Sì, credo che questa sia la traduzione più adatta per la vostra lingua. E che laggiù, in pratica, ci viva della gente anarchica che conduce uno stile di vita alternativo. Niente regole, niente leggi...>.
<Wow! Un piccolo angolo di paradiso... Ho già sentito parlare di un posto simile. Si chiama "Perla Viola"!> con sarcasmo spiccato.
<Lo so. Vi dico infatti che è solo una leggenda e nessuno è mai stato lì, a differenza della Perla Viola di cui conoscevamo tutti l'esistenza>.
<Ma non sapevate quel che facevano all'interno>.
<Non tutti, no. Stando a quanto ci insegnavano, non era altro che un luogo di culto dove la gente si ritirava nella preghiera>.
<E in effetti è così. Peccato che la preghiera è una finzione e che la "conversione" è soltanto l'effetto collaterale di una droga. Una sostanza chimica di Speranza>.
<Questo ci ha ancora scioccati, anche se non abbiamo le prove...> rispose con accuratezza, per non sembrare contrariata all'opinione dello hustonese.
<Anche questo luogo della leggenda è originario di Speranza?>. Jack, nonostante alcune uscite sarcastiche, sembrava più dolce e sentimentale quella sera... Più disposto ad ascoltare piuttosto che a criticare. Cosa non da lui.
<Perché me lo chiedete se vi ho già detto che non ne so niente?>.
<Perché anche su Speranza c'erano delle leggende. Lo sai, abbiamo viaggiato nello spazio per 504 anni, prima di arrivare qui. Le ultime generazioni, quelle che inizialmente dovevano essere solo di passaggio, erano continuamente tormentate da certi miti creatisi nel tempo>.
<Cioè, dovevate arrivare più tardi?>.
<Sì, teoricamente erano più di sette secoli. Poi delle innovazioni hanno permesso di accorciare i tempi>.
<Mi stavate parlando di alcune leggende...> disse incuriosita, mentre si stavano già incamminando verso l'accampamento. Il buio aumentava e si vedevano le luci dei focolari brillare di arancione nel mezzo di un'infinita distesa nera.
<Sì, beh, mi sento sciocco a parlarne, ma... Pare che alcuni secoli prima che atterrassimo su Green Rock, degli scienziati collaudarono una navicella spaziale e non tornarono più. Si dice che sia scomparsa per via di un incidente e che quegli uomini siano morti. Altri dicono che siano tornati sulla Terra> e qui soffocò una risatina. <Altri ancora, invece, che abbiano anticipato l'arrivo su questo pianeta> e si rifece scuro in faccia.
<Quindi sarebbero arrivati prima di voi? Ma quanti erano?>.
<Non lo so. La leggenda stessa ha condotto il sapere ad altre fantomatiche dicerie, alcune delle quali esprimevano che le informazioni sarebbero state compromesse o addirittura nascoste fino a dimenticarsene. Ovviamente tutto ciò non compare su nessuno scritto>.
<Affascinante...>.
<Nella storia dell'umanità - o almeno la nostra razza umana - ci sono sempre state queste cose...>.
<Nella nostra invece tanti misteri e poca gente che faccia domande. Ci insegnano a non chiedere, a vivere secondo degli standard>.
<Siamo diversi e simili allo stesso tempo>.
Lei sorrise e non disse altro, quando ormai erano già alle tende.
<Non sai nient'altro quindi?> le chiese ancora lui.
<Perché vi interessa tanto?>.
<Voglio ritrovare la mia famiglia, Yendel. E penso anche tu la tua>.
<Io non ho più nessuno, ma ho la mia gente e i miei amici>.
<Siamo quindi sulla stessa barca...>.
Lei lo guardò stranita per quell'espressione.
Allora Jack si spiegò: <Significa che abbiamo tutti lo stesso obiettivo. È un vecchio detto terrestre. Dunque, tornando a noi, dimmi tutto ciò che sai, per favore. Potrebbe esserci utile. Domani dovremo agire, non possiamo certo restare qui a commiserarci>.
<So solo che dovrebbe trattarsi di un'isola... E che sia molto lontana da qui>.
<Un'isola hai detto?!>. La curiosità di Jack sembrò riaccendersi. Di colpo iniziò a maneggiare sul suo chip al polso. Poi, finalmente, trovò quello che stava cercando e lo mostrò alla ragazza. <È questa?> le chiese.
Yendel osservò la foto di un'isola, presa da un quadro del museo della Custodia. <Non saprei. Nessuno ha mai visto quel luogo, ma... c'è scritto qualcosa>.
<Esatto! Cosa? Sai tradurlo?> sembrava eccitato improvvisamente.
<È molto antico ma... dovrebbe esserci scritto...>.
Sasha giunse sul posto e tradusse per lei: <La terra dei silenziosi>.
Entrambi lo guardarono meravigliati. Poi egli andò via senza neanche guardarli in faccia.
<Un momento! Fermati...> gli disse Jack.
<Come vi ha già spiegato lei, nessuno sa dove sia quel posto, ne se esista veramente> con voce arrabbiata.
<Ma è stata fotografata. Deve esistere!>.
<Ehi, che succede qui?> chiese Thuras avvicinandosi, incuriosito dallo scaldarsi delle voci.
Sasha, appena vide il Capitano, se ne andò, mentre Yendel rimase ma continuò a guardarlo con disprezzo e diffidenza.
<Forse so dove andare> gli disse Jack, cercando di frenare l'euforia.
Meno di mezz'ora più tardi, tutti (o quasi) stavano seduti attorno al fuoco, ascoltando Jack e la sua teoria. Appena egli finì, Thuras gli chiese: <Vorresti andare sull'Altro Continente?!> sgranando gli occhi scetticamente.
<Il teletrasporto conduce lì, no?>.
<Per quanto ne sappiamo, nessun greenrockiano ha mai inventato una roba simile> spiegò Yendel riferendosi alla porta che portava dalla Custodia alla Città Illuminata.
<Quando stavo per accedervi, alcuni Saggi mi fermarono e sembravano preoccupati di quello che io potevo vedere non appena avessi spostato le tende> osservò Jack pensieroso.
<Le tende?> chiese un vigilante.
<Sì, c'erano delle tende davanti al Teletrasporto, come per nasconderlo...>.
<Dove vuoi arrivare, Jack Atson?> gli domandò Loodly.
<Forse non esiste nessun Teletrasporto>.
<Quindi la Città sarebbe qui?!> ululò Thuras.
<Non ne ho idea! Cristo! È tutto così assurdo...>.
<Noi abbiamo accerchiato il posto, Jack. Non c'è nient'altro che foresta> gli spiegò il Capitano.
<Sul serio?>.
<Già... Se vuoi rifacciamo il giro, ma sarebbe solo una perdita di tempo. Una distrazione dal nostro scopo comune, quello di ritrovare la nostra gente>.
<Quindi, ammesso che il Teletrasporto esista, sarebbero tutti sull'Altro Continente, ora?> disse Loodly, con una punta di scetticismo.
<In effetti mi era stato spiegato che una volta passati di là non si poteva tornare> rispose Jack.
<Magari funziona solo in un senso> osservò Thuras.
<Potremmo usare quel passaggio per raggiungere la Città> propose un vigilante.
<No! Ovviamente no... Non devono accorgersi di noi. E poi finiremmo dritti nella tana del lupo. Che chance avremmo? Dobbiamo agire d'astuzia>.
Jack attese che Thuras stesso lo guardasse, per mostrargli la sua espressione di assenso. Appena il Capitano incrociò il suo sguardo, infatti, intese e disse: <Forse dobbiamo davvero trovare quel posto. Intendo l'Altro Continente...>.
La folla scoppiò in un brusio che fu difficile placare. Altrettanto complicato fu convincerli tutti che era la cosa giusta - e l'unica - da fare. Si persero delle ore di sonno, ma si raggiunse un accordo finale. All'alba il gruppo si sarebbe incamminato verso la vecchia scialuppa di Speranza.
15: LA LEGGENDA DELLA TERRA DEI SILENZIOSI.
La scialuppa era ancora lì, esattamente come l'avevano abbandonata anni prima. La natura selvaggia l'aveva però avvolta, ricoprendo le pareti con piante rampicanti, terriccio e fogliame. Negli ultimi anni in cui si colonizzò il pianeta, la scialuppa era stata messa a posto da degli esperti, ma poi in seguito lasciata lì inutilizzata. Ora c'era da scoprire se avrebbe funzionato dopo un lungo lasso di tempo in cui diventò quasi un tutt'uno con la flora circostante.
<Questa> spiegò Jack con tono nostalgico. <È stata la prima astronave terrestre ad atterrare su Green Rock. Dio mio, quanto tempo è passato...>.
<Tutto molto emozionante. Ora ci sbrighiamo o restiamo qui a farci mangiare dagli insetti e dai felini?> brontolò Tracy. La gente si abituava a lei e la prendeva a ridere.
Così azionarono un pulsante e lo sportellone accennò ad aprirsi, bloccato da delle liane che l'avevano legato alla carrozzeria. Arrancava e faceva rumori metallici piuttosto preoccupanti. I vigilanti tagliarono le liane con i raggi magnetici delle loro pistole, liberando così lo sportellone. Scese un po' più veloce di quanto ci si aspettasse, facendo un bel botto e sollevando polvere dal terreno. Alcuni tossirono o si coprirono gli occhi. Una volta entrati accesero le luci, le quali ci misero un po' prima di illuminare definitivamente l'ambiente, lampeggiando in diversi punti. <I pannelli solari che abbiamo installato hanno fatto il loro sporco lavoro a quanto pare> disse Thuras soddisfatto.
La sua voce rauca aveva spezzato un silenzio che palesava ulteriormente i segni di abbandono nell'interno di quella navicella.
Senza troppe perdite di tempo, ci si mise tutti all'opera. Alcuni si dedicarono alla manutenzione e altri alla pulizia, sia interna che esterna. Irem si trovò casualmente vicino a Sasha, mentre insieme ripulivano la sala comandi dalla polvere e i rami che erano entrati sfondando il vetro davanti. <Bel segno...> commentò Irem.
<Di che parli?>.
<Sul collo. Chi te l'ha lasciato?>.
Sasha arrossì. <Senti, quello che c'è stato l'altro giorno non significa niente, ok? Te l'ho già detto. Per me sei un amico, ma non penso a niente di più per ora>.
<Tranquillo, stavo solo facendo conversazione... Una conversazione tra amici> ricalcò l'ultima parte.
<Beh, è stata una ragazza. Non mi va di dirti altro>.
<Vuoi dire che ti sei scopato Yendel?!> gridò involontariamente.
<Shhh! Sei matto?>.
<Ops... Perdonami. A me puoi dire tutto, comunque. Avanti, spara>.
<Non era lei. Non farei mai questo a True. E poi è un'amica troppo preziosa per me. Non riuscirei a vederla con altri occhi>.
Irem si pietrificò, rimanendo di stucco.
<L'ho trattata con rispetto, amico. Te lo posso garantire. Non le farei mai del male> riprese il guerriero.
Irem non riuscì a dire niente, ancora sospeso a metà con lo straccio appoggiato a dei monitor sopra la sua testa. Poi Sasha uscì dalla sala comandi e lui rimase lì con lo stesso sguardo agghiacciato, senza riuscire a fermare la tachicardia.
Non molto più tardi la navicella fu pronta. I collaudi erano stati effettuati e parve che fosse utilizzabile anche per il volo.
<Signori, saranno almeno quindici ore di volo. Non c'è carburante a sufficienza> disse Thuras.
<Crizty. Facciamo tappa a Crizty. Lì ci sarà energia atomica sufficiente per ricaricare i motori> consigliò Loodly.
<Negativo. Non c'è una zona atterrabile in un raggio di almeno tre chilometri> disse il vigilante che stava esplorando la cartina sullo schermo bidimensionale sospeso nell'aria.
<Che saranno mai tre chilometri? Li percorreremo a piedi> disse Thuras.
<Crizty è costruita in un'aerea montuosa. Ci vorrà un giorno intero> rispose Loodly.
<Maledizione!>.
<Possiamo sempre andare a Randel Town...> commentò Jack Atson.
<E cosa c'è a Randel che può aiutarci?>.
<Le loro jeep. Sono tutte ad energia atomica. Riusciremo a tirarne su a sufficienza per un viaggetto di qualche migliaio di chilometri>.
<Qualche migliaio di chilometri? Per raggiungere l'Altro Continente ce ne vorrà almeno il quadruplo. E poi dobbiamo anche tornare. Chi ci dice che laggiù...>.
<Non l'Altro Continente, no... Andremo all'Isola Ayhuras. Quella sarà la nostra meta>.
<Atson... che vai dicendo?>.
<Io credo che laggiù ci sia della gente. Gente disposa a fornirci l'aiuto necessario> annunciò conciso.
<Jack, ma di cosa...?!> esclamò Loodly.
<Sapete bene di cosa parlo. Chiedete a lei se non mi ritenete convincente...> e indicò Yendel.
True la guardò basito.
<Parla della leggenda della Terra dei Silenziosi. Ma è solo una leggenda, come gli ho già spiegato...> disse la ragazza.
<O signore! Ci risiamo...> commentò Tracy imprecando.
<Sentite. Io ho motivo di credere, anzi di sperare! Sì, io spero che laggiù esista veramente una comunità di anarchici o di pragmatici che vivono senza governo, senza commercio e senza regole. Un vero e proprio nucleo anticonformista e totalmente autonomo. E lo spero perché non ho altro a cui aggrapparmi, forse. Ma in fondo cosa ci resta? Dovremmo fare un viaggio fino all'altro lato del globo, sperando che esista qualcosa di reale nel mezzo di un immenso oceano? Quanto tempo, quanta energia? E se facciamo un buco nell'acqua? Ci finiremmo davvero nell'acqua, poi! Isla Ayhuras, invece, è più meno qua. Una di queste isolette> e indicò col dito un arcipelago a est, più vicino all'equatore.
<Non che cambi molto...> brontolò Thuras.
<Almeno è raggiungibile e non estremamente distante dalla terra ferma. È un posto ipoteticamente caldo>.
<Sì e anche sconosciuto...>.
<D'accordo, è sconosciuto. Invece il vostro fottuto continente sull'altro estremo del pianeta è una nota località turistica. Ci vanno le famiglie tutte le estati!> ironizzò alzando la voce.
<E se questa gente, ammesso che esista, non fosse ospitale e ci risultasse ostile?> chiese Loodly, rendendo volontariamente comoda la risposta dello hustonese.
<Meglio un 50% di probabilità che andare incontro a un 100 sicuro... per altro in un luogo non visibile tramite radar> rispose subito, plasmando sicurezza in ciò che sosteneva.
La discussione proseguì, non per molto tuttavia. Presto si raggiunse il verdetto. Destinazione: Isla Ayhuras.
Quando si diceva che Randel Town era stata rasa al suolo, si intendeva letteralmente rasa al suolo. Case incendiate o demolite; cancelli, giardini, automobili travolti e devastati. Quello che un tempo era un ricco centro abitato ora era diventato un ammasso di macerie in decomposizione. Tra l'altro non mancavano i cadaveri. Erano stati lasciati lì a putrefarsi. Lo scenario non fu affatto piacevole, l'odore nemmeno. Negli ultimi tempi poche erano le cose piacevoli rimaste da vedere. La scelta stava tra commiserarsi e tentare di rimediare. La forza dell'amore per tutte le persone perse aiutava a optare per la seconda, che era anche la più difficile. L'uomo si era rialzato più volte in passato, in seguito a catastrofici episodi che lo videro sull'orlo della fine. Morire o continuare a vivere...
La gente che arrivò nel centro abitato stava recuperando l'energia atomica dalle poche automobili rimaste intatte in seguito all'invasione dei Freddi. Spiandoli attraverso le fessure si potevano seguire tutte le loro mosse. Poi, con un cenno, quando uno di loro fu abbastanza vicino ed isolato, la persona che stava di vedetta mandò un suo compagno ad avvisare il resto del gruppo. Egli sgattaiolò via restando chino per non farsi vedere, mentre la persona che spiava da dietro la tapparella abbassata rimase lì per ulteriori indicazioni.
Ilana raccoglieva del cibo in scatola da alcune case semidistrutte. Qualcuno entrò lì e lei disse, senza voltarsi: <Ci sono già io qui. Passa alla prossima>. Ma il soggetto dietro di lei non ubbidì. A quel punto, con un rapido senso di panico, si girò allarmata. Era suo fratello... <Irem... Che fai? Non perdere tempo. Hai sentito Thuras? Dobbiamo recuperare più provviste possibili>.
<Fanculo a Thuras> la interruppe gelido lui.
<Che ti prende?>.
<Che mi prende?! Ti sei scopata Sasha... Dio santo, io...>.
<Come lo sai? Voglio dire... Cosa te ne fotte?! È la mia vita e sono grande abbastanza>.
Lui la guardò con un misto d'odio e di incredulità, senza pronunciare alcuna parola, ma bastò lo sguardò.
Così lei gli disse: <Lo so che sei innamorato di lui. Anzi, a dire il vero lo sanno tutti. Ma lui non è come credi tu... Fattene una ragione>.
<Cosa ne sai tu di cos'è lui?>.
<Cosa ne so?!> e rise ironica. <Per l'universo! Ci sono andata a letto... Cos'altro serve?>.
<E Jimmy? Sei fiera di averlo tradito?>.
<Jimmy è un'idiota... L'ho capito tardi>.
<Oh, certo... Buon pretesto per portarti a letto il mio... per portarti a letto un altro!> si corresse.
<Davvero non capisco... Ti piace, ok. Nessun problema... Ma perché fai la predica a me?>.
<Con tutte le volte che ti ho coperta... Così mi ripaghi>.
<Ma che c'entra? Cresci! Con tutte le volte che ti ho coperto io?!> alzando la voce sconcertata.
Irem invece manteneva un tono basso e grave, palesando il suo umore depresso. <Beh, sappi che lui ha scelto me, prima di venire a letto con te>.
<Che cosa?> paonazza.
<Hai capito bene. È passato prima da me> con fierezza.
<D'accordo, anche se fosse... Dopo ha scelto me, perciò sei tu che hai perso> ribatté confusa, abbassando poi lo sguardo, come se si fosse pentita. Infatti, cercando di addolcirsi, aggiunse: <Irem... Non mi sembra il momento di...>.
<Oh, smettila con questo finto moralismo!> la interruppe però l'altro.
<E tu smettila di dare importanza a queste stronzate! Siamo ragazzi, facciamo queste cose di continuo. Cerca di maturare, per favore...>.
<Mamma e papà sono stati fatti prigionieri, non ci riconoscono più e sarebbero pronti ad ucciderci, se non collaborassimo con loro... e tu vai in giro a scopare?! Sei sicura che sia io che devo maturare?>.
<Cosa dovrei fare? Piangermi addosso continuamente? Stiamo già facendo qualcosa, ma abbiamo tutti bisogno di distrarci, altrimenti impazziremmo>.
<E quale migliore modo di fottere il ragazzo a tuo fratello?>.
<Io non ti ho rubato niente, Irem. Lui non è mai stato tuo. Avrete avuto un'avventura, ok, ma nulla di più. Così con me. Non c'è altro. Non per ora, almeno>.
<Certo... Come no> e si girò per andarsene. Poi però si fermò, non soddisfatto, e le diede ancora contro: <Non ti credevo così, sai... Prima Jimmy, ora questo... Cosa sei diventata?>.
<Smetti di farmi la predica. Sei solo incazzato per una questione personale. Ti passerà e smetterai di pensare a queste cose. Ascolta...> e si fece di colpo comprensiva. <Lui era distrutto... Stava per compiere delle scelte sbagliate... Io sono andata da lui col solo intento di consolarlo e aiutarlo. Dopo è successo quello che è successo... Ma non era premeditato. È solo... successo! Come succedono tante cose. Non credevo fosse il mio tipo. È scattata una sorta di alchimia e siamo entrati in intimità. Ma personalmente non credo che si ripeterà. Non lo so e in ogni caso non voglio pensarci adesso. Quello a cui voglio pensare adesso è razionare il cibo per i prossimi lunghi giorni in cui saremo costantemente in viaggio>.
<Perdonami se ti ho disturbata, allora...>.
<Dovresti aiutare il gruppo e collaborare>.
<Ma certo, mammina... Che schifo!> disse poi allontanandosi. Uscì dall'appartamento e si recò in quello affianco per cercare armi o altre cose utili, anche se in quel momento non gli importava granché...
Nel frattempo i vigilanti si erano riuniti per fare rapporto. In seguito al giro di ricognizione si constatò che non c'erano più forme di vita nel sito, e che quindi avrebbero dovuto solo prendere l'energia che serviva e poi partire.
Quando ormai era quasi tutto pronto, si udì qualcuno gridare. Era una donna. Strillava come una matta e sembrava avvicinarsi verso di loro. Tutti tesero le orecchie. Poi la si sentì correre. Chiunque fosse stava fuggendo da qualcosa...
<Là!> esclamò Loodly. Una donna stava effettivamente correndo più o meno nella loro direzione, con l'aria disperata. Fu più preoccupante sapere da cosa scappava che il motivo per cui ella si trovava lì e proprio in quel momento. Non si vide niente tuttavia. Arrivò piombando tra le braccia dei vigilanti, che la raccolsero al volo, cercando di tranquillizzarla. Balbettò qualcosa di incomprensibile, palesemente scioccata. Provare a consolarla parlandole sembrò inutile. Non si calmava... Ci pensò Thuras a stabilizzare la situazione. Sparò in aria e gridò: <Silenzio!>. Tutti si voltarono a quel tuono improvviso e ammutolirono, compresa la fuggitiva. <Cerchiamo di mantenere la calma, accidenti!> riprese il Capitano. <Vuoi spiegarci chi sei?> si rivolse poi alla donna. Ella era vestita in modo strano, abiti mai visti prima d'ora. Inoltre aveva una capigliatura curiosa, distinguibile in mezzo a un mare di persone. Portava i capelli a caschetto sopra il collo, con un taglio netto e leggermente curvo verso l'alto, formando una piccola rientranza concava. Non le stava male tuttavia. Aveva un'aria umile, come se venisse da un villaggio agricolo della Regione Verde. Eppure non era una donna del Bosco...
<Ci hanno seguiti! Ci hanno presi! Loro...> era ancora agitata e parlava a tratti, stonando paurosamente.
<Chi? Chi vi insegue? Da dove vieni?> le chiese un vigilante.
<Loro! Loro!> urlò sgranando gli occhi.
Ecco che un gruppo di persone arrivò correndo da ogni punto attorno al gruppo, chiudendoli a cerchio. Non fecero nemmeno in tempo a impugnare le armi che dei fumogeni furono lanciati in mezzo alle loro gambe e, appena scoppiarono, li fecero svenire. Buio totale.
Prima o poi, anche nell'inconscio più profondo, era ovvio che ci si sarebbe risvegliati. Chissà dove stavolta? Chissà prigionieri di chi? Le sorprese su quel pianeta sembravano non finire mai...
Il primo ad aprir occhio fu Thuras. Erano al chiuso. Si trattava forse di un tendone. Un enorme gazebo che oscurava la luce del sole, lasciando una luce fiacca e giallognola all'interno, piuttosto confortevole tuttavia, in un contesto diverso. Quell'affare era chiaramente abitato. C'erano sedie, tavoli, scaffali e oggetti ornamentali di ogni tipo. Delle bocce di vetro colorate erano appoggiate qua e là e fumeggiavano. Solo dopo un po' Thuras intuì che si trattava di profumi ambientali. "Ingegnosi" pensò. Il tendone comunque non si limitava ad una stanza sola, continuava suddiviso a sua volta da tende, dietro le quali probabilmente c'erano le camere da letto. Qualcuno entrò e mosse qualcosa dietro di lui, che al momento era l'unico inginocchiato. Gli altri, legati anch'essi ai polsi e alle caviglie, erano ancora distesi rannicchiati a dormire. Thuras non si voltò, volle attendere da vero leader impavido l'arrivo della persona - o delle persone - che era entrata nella stanza. <Buongiorno> disse un uomo con un accento strano ma familiare. Thuras non lo riconobbe. <Buongiorno a voi> rispose.
<Perdonateci per l'accoglienza ma non avevamo davvero tempo di darvi spiegazioni e di convincervi a seguirci qui>.
<Oh, siamo abituati! Tranquillo... A proposito, dov'è qui?> parlò allegro.
Nel frattempo tutti gli altri si svegliavano e si mettevano in ginocchio come il Capitano.
<Tempo al tempo... Non vi terremo all'oscuro di niente. Innanzitutto...> e si rivolse a tutti gli altri, attendendo che si mettessero eretti ad ascoltarlo, <... è giusto che voi sappiate che non siamo nemici>.
Era un tipo vestito semplice, anche lui con abiti beige/marroncini come la donna di prima, i capelli neri ordinati e un'aria amichevole ma sveglia.
<Dove cavolo siamo?> brontolò Jack.
<Siamo su Isla Ayhuras> annunciò una voce femminile, prendendo posto vicino all'uomo. Era la donna di prima...
Per chi fosse scettico o di poca fantasia, Green Rock dava sempre modo di meravigliarsi scoprendo cose nuove. Per chi non credesse alle leggende, Green Rock ne era una fonte inesauribile, e quasi tutte erano reali. Isla Ayhuras era una classica isoletta esotica, circondata nel raggio di una sessantina di chilometri da altre isole simili, tutte disabitate. Le spiagge erano composte di sabbia con minuscoli granelli bianchi e immense palme ricche di cocchi. Il mare era stupendo e variava dal blu all'azzurro a seconda della profondità dell'acqua in quel determinato punto. L'interno era composto perlopiù da campi, molti dei quali coltivati dalla popolazione che dimorava lì, oppure colli, boschi, prati e ambienti analoghi. Niente di particolare, ma tanto di spettacolare. Non ci si stancava mai di ammirare tali paesaggi. Visitare Green Rock, per i terrestri, faceva riflettere su come un pianeta molto simile alla Terra potesse essere stupendo e rigoglioso, se non vi fosse l'uomo a demolirlo o intossicarlo. Ripartire da lì doveva significare non ripercorrere il medesimo percorso del pianeta madre, bensì curarlo e rispettarlo. Gli sbagli servono ad imparare, ma qui parve che l'uomo dovette subire una punizione per gli errori del passato, di entità sconosciuta, imbattendosi in pericoli non causati da lui stesso, per una volta. In ogni caso la minaccia era un'altra razza umanoide, perciò di poco cambiava alla fine. Tuttavia questi esseri umani non rassomigliavano ai terrestri, poiché non nuocevano al proprio habitat fino a renderlo inabitabile. Non ancora, almeno. Questo era il pro, il contro era che non erano ospitali e cercavano sempre di rendere la permanenza impossibile agli speranzesi. Forse era per questo che esisteva Isla Ayhuras. O meglio, che una piccola minoranza si era distaccata trasferendosi là.
<Questa dottrina nacque... dunque, abbiamo un'unità di misura diversa del tempo. Spiegandolo coi vostri termini, circa duecento anni fa, perdonami se sbaglio> spiegava Artijda a Jack Atson, nelle sale del Museo.
<No, no. È giusto> la rassicurò lui, ascoltandola incuriosito.
<Quando il primo Kap si ritirò a meditare, nella grande valle di... Perdonami, è difficile tradurre i nostri nomi propri di cose e persone...>.
<Non ti devi preoccupare. Sei ottima come guida>.
<Ti ringrazio> e gli sorrise. <Bene, la grande valle di Pashumy, nell'Altro Continente, come l'avete chiamato voi; egli costruì questa capanna che vedi qui> e indicò un quadro, <e scrisse su delle pergamene le leggi della Saggezza. È un manuale infinito, molti di noi non lo comprendono ancora pienamente. Risale a parecchio tempo fa. Tuttavia, fra le miriadi di leggi, egli dedicò un capitolo alla descrizione dell'anima umana. Ovvero spiegò che la vita terrena dell'uomo si divide in cinque fasi. La nascita - venire al mondo -, la crescita - diventare persone adulte, apprendere, imparare ed applicare -, la carnalità - cioè niente meno che la sopravvivenza stessa, quindi tutte le azioni che compiamo, dettate dal nostro istinto, per nutrirci e soddisfare tutti i nostri bisogni primari -, la vecchiaia - ovvero la fase in cui ci indeboliamo e ci ammaliamo - ed infine la morte fisica, quella del nostro corpo. Ora, queste cose chiaramente le spiega anche la scienza, a parte l'unione con la Divinità, dopo la morte fisica. Tuttavia, lui citò una sesta fase, esplicitando che non tutti sarebbero riusciti a raggiungerla>.
<La saggezza> disse Jack.
Artijda annuì. <Esattamente... che è quella che ti permette di unirti alla Divinità. Il Primo Kap raggiunse casualmente quello stadio, soltanto perché riuscì, attraverso la meditazione e il distacco dalla routine, a risvegliare il suo "io". Parlò con la sua anima, ne sfruttò le potenzialità. Tutto ciò sarebbe stato possibile leggendone le immagini. Solo in seguito, un suo discendente, scoprì che si poteva ricavare una pozione dalla Perla Viola per agevolare la riuscita del grande Progetto. Il Primo Kap aveva spassionatamente consigliato di lasciare che le persone arrivassero da sole alla meta desiderata. In ogni caso lasciò libero arbitrio ai suoi successori, i quali presero in mano il Progetto. Lui poi morì pacificamente nella sua casa sul mare, in piena armonia con sé stesso e con tutto il mondo. I seguaci, gli antenati dei Compagni Saggi, capeggiati dai vari Kap, portarono avanti l'opera divulgando le dottrine e creando una vera e propria corrente religiosa. La Perla venne protetta nei decenni e molte persone vennero annesse, ingrandendo l'esercito della saggezza che prima era composto solo da poche decine di membri!>.
<E così siamo arrivati a voi... Perché questa svolta?>.
<Perché usare l'elisir?>.
<Perché proprio adesso...>.
<Perché siete arrivati voi. Vi abbiamo sempre osservati e controllati. Ora stava per scoppiare un'ennesima grande guerra, e il sangue colato sarebbe stato parecchio. In un certo modo, anzi, nel più completo dei modi vi abbiamo salvati. Dovreste esserci grati> terminò scherzando.
Jack sorrise. Era ancora scettico, ma quella gente riusciva ad essere in qualche modo convincente. Non doveva comunque farsi sopraffare dai metodi persuasivi. Lui credeva a una cosa solo se la toccava con le sue mani.
Poi proseguirono lentamente passeggiando affianco ai quadri. C'erano anche oggetti in bacheca in mezzo alla sala. Oggettistica antica (come ad esempio attrezzi o macchinari), usata dai primi Saggi, o statue dei vari Kap, pergamene, vecchie armi, mappe, eccetera, un'infinità di roba... Per Jack non c'era nulla lì nemmeno di vagamente familiare. La sua teoria aveva bisogno di prove tangibili. Quelle facevano l'effetto contrario, allontanando egli stesso da quella credenza. Che fosse tutta una trappola per convincerlo? Eppure bastava fargli bere l'elisir, magari anche con l'inganno... No, doveva esserci dell'altro.
<Parlami di te, Artijda. Da dove vieni tu?> cambiò discorso Jack.
<Io? Sono nata qui. Ogni tanto sono uscita in missione. Il regime della Regione Verde è al corrente delle nostre mansioni. Non vi è conflitto finché non ci si ostacola. Beh, dovrei parlare al passato ora... Comunque ho poco da dire su di me>.
<Hai familiari? Un marito, dei fratelli...>.
<No, nessuno. Solo la mia fede. Quella mi basta> e si gonfiò in un sorriso caloroso. <Avevo una sorella, sì... è morta anni fa> aggiunse dopo riprendendo la direzione della mostra. Lo disse a voce più bassa e con poco interesse, senza mostrare la propria espressione al compagno. Jack non fece ulteriori domande. Era chiaro che quella giovane donna fosse riservata. Ora doveva concentrarsi su altro...
Le persone che accolsero gli speranzesi avevano tutte un aspetto umile e un'aria innocua. Sembravano proprio persone buone. La donna che aveva finto la fuga prima, per incastrare i terrestri in visita a Randel Town, iniziò a spiegare, supportata da un uomo di mezza età coi capelli tendenti al grigio, ma di aspetto giovanile. Prima si presentò: <Mi chiamo Elby. Lui è Maurz... e no, non siamo sposati> aggiunse ridendo. Gli speranzesi, ancora intontiti dallo stordimento, non captarono l'entità dell'ironia. Si limitarono a guardare le facce partecipi di tutti i loro coabitanti. Evidentemente spesso li scambiavano per coniugi. Ma perché esordire già con delle battute, se non avevano ancora giustificato il rapimento ai neoarrivati (che tra l'altro erano liberi e non legati)? Forse, anche e soprattutto per questo, volevano creare un'atmosfera serena per non allarmarli. Poi parlò Maurz: <Non è stato il massimo dell'accoglienza, possiamo immaginarlo... Ma era l'unico modo per portarvi qui subito, senza inutili perdite di tempo>.
<Sì, questo ci era chiaro> rispose Thuras, cercando di assumere il solito tono autoritario, ma con la voce strozzata per via dell'anestetizzante. <Ma volete dirci che ci troviamo già su quell'isola? Quella della leggenda?!>.
<Sì, ve l'ha già detto la mia amica...>.
<Beh, perdonaci se la tua amica ci ha costretti a farci rincitrullire per l'ennesima volta da quando siamo su questo fottuto pianeta> ribatté il Capitano.
Jack intervenne, interrompendo la conversazione. <Tu hai una sorella, vero?> chiese rivolto alla ragazza.
<Come scusa?> finse di non capire lei sorridendo forzatamente.
<Sì... Le assomigli terribilmente>.
Più tardi, mentre tutti venivano aiutati a riprendersi al 100% e gli venivano date delle provviste e dei vestiti nuovi, Jack si trovò da solo a colloquio con Elby.
<Lo sai, hai il suo stesso modo di fare... di muoverti... di esprimerti... per non parlare dei lineamenti, soprattutto qui, all'altezza degli occhi> disse lui.
<Sei sveglio, terrestre!>.
<No, non sono più un terrestre. Anzi, non lo sono mai stato. Vorrei per l'appunto impormi, questa volta, e senza buone maniere, per ottenere finalmente il mio maledetto diritto di vivere qui! Per gli dei spaziali, sono un essere umano anch'io! Non mi si può negare un posto nella società... Credevo che questo pianeta fosse ospitale... Noi non abbiamo più modo di andare da nessuna altra parte, altrimenti credimi, l'avremmo fatto già da tempo!>.
<Ti ho lasciato sfogare perché ti fa bene... Ma ora ascoltami> con la solita voce dolce. <Non sei l'unico a voler rivendicare tale diritto. Noi siamo qui apposta. Mia sorella è stata presa e...>.
<Sì, però vi siete rintanati quaggiù! Senza fare niente...>.
Elby tacque qualche secondo e abbassò lo sguardo. Poi riprese: <Cosa ti ha detto lei? Ti ha parlato di me, vero?>.
<No, ha solo accennato che aveva una sorella ma è morta>.
<Davvero?> chiese quasi divertita, nascondendo quella luce di nostalgia che le si accese negli occhi.
<Sai, Artijda è diventata un'ottima guida. Ha un lavoro non indifferente laggiù...>.
<Artijda?!> esclamò lei.
Jack quasi si spaventò e si aspettò probabilmente un altro colpo di scena. Chiese timidamente: <Sì, perché?>.
<Questo è il nome che le hanno dato?>.
<Vuoi dire che non è il suo?>.
<Jack, quella gente fa il lavaggio del cervello alle persone... Dobbiamo assolutamente intervenire!> si fece seria.
Jack palesò il suo sarcasmo. <Accidenti! Sono stufo, lo sai? Sì, sono stufo di dover essere sempre io la cavia delle vostre fottute problematiche. Tu aspettavi me per attaccare i Saggi. Johanna aspettava me per scatenare la guerra contro i Freddi. Gli Uomini dell'Isola lo stesso per distruggere gli Uomini del Bosco. Sai come andrà questa storia? Io porterò la mia gente laggiù a morire, mentre voi non vi sporcherete le mani, oppure interverrete quando sarà sicuro per la vostra incolumità>.
<Jack Atson!> lo rimproverò. <Se pensi che noi siamo come tutti gli altri, allora non ti è chiaro perché siamo qui. Isla Ayhuras esiste proprio per questo>. Poi si calmò e si rifece comprensiva, addolcendosi. <Senti, so che per voi è difficile fidarvi. Credimi, posso immaginarlo anche senza essere una di voi e aver passato quello che voi avete passato. Ma noi, se siamo qui, è per varie ragioni piuttosto valide. Considera questo incontro, tra i nostri due piccoli popoli, come una possibilità. Una nuova occasione! Potremmo allearci e vincere insieme!>.
<Un'alleanza creatasi da un incontro del tutto fortuito e casuale?> domandò sarcastico.
<L'abbiamo manovrato noi. Ma vi abbiamo cercati apposta. Sapevamo che qualcuno fosse sopravvissuto. Niente è per caso, Jack. La loro religione è una montatura, ma questo senz'altro l'avrai già capito>.
<Come facciamo a salvarli?>.
<La gente che si è fatta abbindolare e stregare possiamo riportarla indietro. Basta solo disintossicarla. D'altronde hanno ingerito una droga, no? Sarà come un percorso riabilitativo. L'unico problema è che sono tanti, troppi... E noi invece pochissimi. Un'altra ragione per cui non abbiamo agito fino adesso. E non ti nascondo che nonostante ci siate voi, ora, non nutra gli stessi timori: siamo troppo pochi>. Respirò e riprese: <Quest'isola è bellissima, ma non è sufficientemente grande per ospitare tutta l'umanità. Chi entra qui è perché ha deciso di vivere in un certo modo, e di abbandonare il proprio passato. Dobbiamo riprenderci il nostro mondo e nessuno dovrà più ostacolarci!>.
<D'accordo, belle parole... Ma non hai ancora esposto il tuo piano, ammesso che ne abbiate uno>.
<Non ce l'abbiamo in effetti>.
Jack fece una faccia contrariata.
Poi Elby disse: <Non ce l'abbiamo, ma ne discuteremo insieme. Voi siete stati lì, sapete più cose di noi. Le vostre informazioni potrebbero esserci di vitale utilità. Magari avete visto qualcosa, anche qualche semplice dettaglio, che a noi, per forza di cose, è sfuggito. E forse sarà proprio quel dettaglio a illustrarci il loro punto debole. Tutti ne hanno almeno uno...> parlava sempre velocemente e ogni tanto doveva fare una pausa - non troppo lunga - per riprendere ossigeno. <Loro sono come un alveare. C'è un'ape regina, o più di una, che costituiscono il cuore, il "governo", chiamiamolo così... Tutti gli altri sono le api operaie. Agiscono secondo un istinto (chiaramente manipolato, ma ormai non rinnegabile) per contribuire al funzionamento del loro nucleo sociale. Chi fa tessere il vestito, è il piccolo gruppo di Saggi, il Kap e gli altri principali funzionari...> si interruppe. Guardò Jack che stava facendo qualche passo indietro distogliendo lo sguardo e portandosi una mano al mento.
Camminando pensieroso disse, con voce bassa e grave: <Un alveare...>.
<Sì, sai di che parlo, vero? So che non avevate un sistema ecologico completo sulla vostra nave, ma...>.
<Ma so cos'è un alveare, sì!> sembrava illuminarsi gradualmente.
<Hai avuto un'intuizione?> le chiese Elby, cercando di agevolarlo.
Jack continuò a camminare nervosamente. <Hanno preso i nostri migliori scienziati... e forse non è stato casuale. No, loro volevano offuscarci da quello che tu hai definito poco fa "punto debole". E vuoi sapere la parte più ironica?> guardò Elby con gli occhi spalcanti.
Lei fece un'espressione simile e muovendo la testa invitò Jack a parlare.
<Tu l'hai già individuato!>.
<Il punto debole?>.
<Sì, anche se non lo sai... L'hai appena nominato! Sai, ho studiato anch'io, seppur non sono uno scienziato. E nessuno degli altri ragazzi lo è. Ma non ci vuole chissà quale laurea per sapere che un alveare di api, o insetti similari, opera come un'unica mente, anche se la mente non è altro che l'ape regina. Ecco il punto! Noi dobbiamo distruggere l'ape regina!> alzando la voce esaltato.
<Ma certo! L'ape regina! E... come?> chiese finendo la frase leggermente imbarazzata.
<Come... come... Troveremo il modo. Siamo persone in gamba noi> e sorrise amichevolmente alla giovane donna.
<Lo sai, tua moglie è fortunata ad averti...> disse poi Elby mentre si recavano verso i compagni di lei per discutere del da farsi.
<Sì, me lo dice spesso> rispose Jack scherzando. Entrambi risero e quasi si strinsero, come se fossero amici da una vita. Ci fu uno sguardo che li legò in una maniera anomala, ma decisamente piacevole e inaspettata. Forse era quello stesso istinto di sopravvivenza che li accumunava. Quella complicità creatasi per aver focalizzato l'obiettivo comune.
L'isola era bellissima, soleggiata, calda ma non troppo, bagnata da un mare stupendo e arieggiata al punto giusto. Gli insetti erano grossi, ma non aggressivi, non se non li si disturbava almeno. Tuttavia erano impegnati nelle loro attività quotidiane. Impollinavano, saltando da un fiore all'altro. Se ne stavano tutti attorno ai cespugli fioriti. Da Ayhuras si potevano vedere non molto distanti tutte le altre isole e parte del continente, seppur sbiadito per la lontananza. Dal punto in cui stavano loro si vedevano due isole, una davanti sulla destra e una più avanti che sporgeva. Su tutta la parte sinistra mare aperto e, appunto, la terra ferma a notevole distanza. Spostandosi verso dietro si potevano avvistare altre tre o quattro isole. Il posto era incantevole, ideale per i pensatori per radunarsi. Questo fecero molto tempo fa gli attuali abitanti, quelli della famosa leggenda, e da allora rimasero lì, per evitare che qualcuno interferisse nel loro grande piano.
<È chiamata la Terra del Silenzio perché quaggiù non c'è niente e nessuno che interagisce con la nostra comunità> spiegò Maurz. Così come loro non interagivano, volutamente, col resto dell'umanità.
<Perché non è mai stato trovato questo posto?> domandò Loodly.
<Perché nessuno l'ha mai cercato>.
<Non sapevano di voi?> chiese True.
<Vedete... Quando una popolazione è già suscettibile di indole, è auto-invalidante per loro andare a cercare le risposte. Specialmente se, come in questo caso, ciò che troverebbero sarebbe ostile nei loro confronti>.
<E voi siete ostili?> chiese Tracy inespressiva.
<Lo saremo tra poco> rispose il Silenzioso inaspettatamente. <Andremo a svolgere la missione più importante di sempre. È finalmente giunto il momento>.
16. SVOLTA
Le onde si infrangevano sugli scogli. C'era vento, ma non troppo. Un vento sufficiente a non far patire il caldo torrido e nello stesso tempo non fastidioso, per via del clima mitigato. Il mare era mosso al punto giusto, rimanendo invitante per la balneazione.
<Che fai?> chiese infatti Sasha a Ilana.
<Mi faccio un bagno, ovvio> rispose lei sfilandosi i vestiti. Poi li lasciò cadere sulla sabbia e corse in mare, immergendosi tra le onde. Pochi secondi dopo sbucò fuori con la testa e nuotò all'indietro, sorridendo energicamente, con l'acqua che ogni tanto rischiava di finirle in bocca. Sputò un paio di volte e riprese a sguazzare felice a pochi metri dalla riva. <Venite! È stupendo!> disse poi.
<Sai che ti dico? Sarà anche mezza matta, ma non ha tutti i torti. Penso che la seguirò...> disse True a Yendel.
<Fai sul serio?> le chiese lei.
<E perché no? Siamo tutti sotto pressione. Ci meritiamo un po' di svago. Oltre al fatto che ci farà bene. Siamo tutti troppo tesi, cara mia... Forza, spogliati!>.
Entrambi imitarono Ilana Arpell e si gettarono in mare. Sasha si limitò a levarsi le scarpe e bagnarsi i piedi, restando pucciato in acqua fino alle ginocchia.
Fu solo Irem che rimase in disparte, seduto all'ombra di un albero, mentre osservava sua sorella e Sasha. Come potevano fargli questo? Parlarsi in quel modo, sorridersi... Far tutto ciò davanti a lui come se non esistesse. Anzi, pensandoci lo stavano tutti ignorando! O era solo nella sua mente? Forse avrebbe dovuto distrarsi un po' anche lui. "No, un'altra volta" si disse. Poi accese una sigaretta e andò via. Non voleva vedere altro.
Ilana a un certo punto uscì e schizzò a Sasha, che si riparò con le braccia. Poi si sedette sul bagnomaria, lasciandosi affondare nella sabbia, mentre le onde che andavano e venivano la rinfrescavano. <E dai! Sciogliti un po', guerriero del bosco> le disse lei. <Non muori di caldo?>.
<Noi siamo abituati a sopportare qualsiasi temperatura. Non siamo delicati come voi...>.
<Non siamo delicati come voi> ripeté Ilana facendogli il verso.
Poi Sasha si abbassò e mi mise vicino a lei, continuando a fissare il mare, senza poter evitare di guardare True che faceva il matto e giocava con Yendel.
<Sono proprio fuori di melone> commentò Ilana.
<Il tuo amico è matto... Yendel era sana prima di incontrarlo> scherzò lui.
Lei ridacchiò e poi zittì qualche secondo. Lo guardò e, con aria seria, gli disse: <Avresti potuto evitare di dirglielo>.
Sasha intese subito. <L'ha capito da solo>.
<Beh, lui pensa che siamo finiti a letto! Lo capisci? L'abbiamo umiliato>.
<Perché non gli hai detto la verità allora?>.
<Cosa cambia? Ci siamo solo baciati, ok. Ma è stato un bacio appassionato. Guarda lì che segno che ti ho lasciato...>.
Lui si passò la mano sul collo e sorrise. Poi disse: <Ti sei pentita?>.
Lei si lasciò cadere all'indietro allargando le braccia, mentre un'onda la bagnava fino alla vita. Per via del sole dovette socchiudere gli occhi. Poi sospirò e, di buon umore, disse: <No! Fanculo a Jimmy. Se l'è meritato. Avrei dovuto capirlo prima. Penso di non provare più lo stesso sentimento per lui. Anzi, di non averlo mai provato in fondo...>.
<Spero di non essere solo un'arma per la tua vendetta allora... O un oggetto di sfogo>.
Lei si alzò sui gomiti e lo guardò. <Non pensarlo neanche!> lo rimproverò. <Io non ti ho usato. Quel che ho fatto, l'ho fatto perché lo volevo>.
<Ma non ci sarà niente di più, vero?>.
Lei tacque e si lasciò cadere ancora sulla sabbia. <Non lo so. Tu stavi male e io sono confusa. Ha ragione True. Siamo tutti stressati. Dovremmo pensare al presente>.
<Questo è il presente> puntualizzò lui. Poi si alzò.
Lei ci rimase un po' male. Temette di averlo ferito. <Dove vai?> gli chiese.
<Da nessuna parte. Sta cambiando il tempo ed è meglio ripararci. Faresti bene a dire anche a loro due di uscire dal mare> spiegò allontanandosi.
<Ehi, ma che dici? C'è un sole allucinante...>. Si interruppe di colpo. Il cielo tuonò all'improvviso, e anche piuttosto forte. <Ma come diavolo fa?> si disse da sola guardando in alto.
True e Yendel uscirono. Non molto dopo le nuvole offuscarono il sole e iniziò a cadere qualche goccia. <Ottimo tempismo> disse True.
<Torniamo al loro villaggio, gira voce che qui gli acquazzoni siano devastanti, seppur di breve durata> spiegò Yendel alzando gli occhi al cielo.
<Affascinante> rispose True sarcastico. Poi tutti e tre si addentrarono nella boscaglia per tornare dagli altri.
Una campana (o qualcosa di simile) iniziò a suonare. Era una melodia disconnessa e ripetuta, come se fosse un campanile. <Cos'è?> domandò Tracy svegliandosi di soprassalto. Si era appisolata su un prato, sdraiata su un telo a prendere il sole.
<È il segnale> rispose qualcuno alle sue spalle.
Lei si girò di colpo, non aspettandosi di avere compagnia. <Tu chi sei? Segnale di cosa?> domandò grattando la gola.
Un giovane uomo, ipoteticamente tra i venti e i trent'anni (considerando però che quella gente aveva una longevità diversa da quella dei terrestri), se ne stava educatamente fermo, in piedi, con le mani in tasca, come se stesse aspettando proprio Tracy, ma senza volerla disturbare interrompendole il sonno. Vestito anch'egli con varie tonalità di marrone, portava addosso una strana tunica, che gli univa gambe e spalle. Sotto portava una camicetta rosa chiaro (molto chiaro, quasi bianco), con le maniche arrotolate fino ai gomiti e il colletto quasi del tutto abbottonato. Tracy, di primo impatto, si chiese come faceva a stare vestito così con quel caldo che faceva. Poi il ragazzo parlò: <Mi chiamo Iveh>.
<Ive... che?!> abbaiò lei.
Il giovane ridacchiò. <Lo so, è difficile da pronunciare. Iveh... Fa fatica persino la mia gente, perciò non vi biasimo>.
<Oh, grazie tante! Che fai? Sei un campagnolo? O semplicemente un guardone?>.
Iveh non capì la parola "guardone", ma si limitò a rispondere che faceva il contadino. <Ora sono in pausa e passeggiavo di qua, quando poi vi ho vista...> aggiunse.
<Ehi, sei carino ma sei troppo giovane. Non sei il mio tipo>.
Lui rise imbarazzato, ma era ammirevole il modo in cui reggeva le aggressioni verbali di Tracy. Quella gente doveva proprio essere speciale, pensò lei divertita. Poi rispose: <No, non sono venuto qui per questo. Io ce l'ho già una compagna>.
<Buon per te. E allora che vuoi da me? Cos'era quell'orribile campana?>.
<Quello era il segnale. Significa che l'Anziano riceve visite>.
<Ti aspetti che io ti capisca?!>.
<Avete ragione. Domando scusa. L'Anziano non è altro che un capo, se così si può definire... Egli è considerato il saggio del villaggio e tutti chiedono udienza a lui per ricevere consigli profondi>.
<Wow! Ammirata... E che tipo di risposte ti da, costui?>.
<Risposte sulla vita. Sul passato, sulla storia, sulla nostra filosofia di vita. In effetti, potreste approfittare e andare da lui. Magari potrà darvi qualche ulteriore certezza concreta, su quanto svolgiamo qui...>.
Tracy ci rifletté su qualche istante e non la trovò una pessima idea. <Dove hai detto che si trova?> chiese poi.
<Vi ci posso condurre> rispose lui cordialmente e sempre sorridente.
<Fantastico! Andiamo allora...>.
A poche centinaia di metri dalla spiaggia, intanto, Jack Atson passeggiava con la sorella di Artijda, Elby.
<In seguito alla nostra ultima chiacchierata avevamo raggiunto in comune accordo che il piano sarebbe stato quello di nuocere al nucleo dell'organismo per annientare tutte le sue parti> disse lei.
<Già. Ma non sapevamo come...>.
<In realtà un modo ci sarebbe>.
<Sul serio? E intendi parlarmene a rate?>.
<No, però devo prima mostrarti una cosa. Può essere che tu cambi idea>.
<Cosa può esserci ancora di tanto sconvolgente da farmi addirittura decidere di lasciare mia moglie e i miei figli nelle grinfie di quelle persone malvagie?>.
<Appena svoltato lì dietro potrai vederlo>. Si era fatta di colpo seria. La sua aria di pura bontà venne sostituita da un modo di fare premuroso che si vedeva che non le apparteneva. Tuttavia destò preoccupazione.
Appena girato dietro uno scoglio, con una folta pianta incastrata sopra, si trovarono dinanzi a una discesa.
<Dove porta?> chiese Jack.
<Da nessuna parte. È solo un nascondiglio, o... più specificamente un ripostiglio, visto che nessuno ha mai trovato quest'isola> e iniziò a scendere i gradini.
La scala era coperta di sabbia e di tanto in tanto di calpestavano arbusti o pigne cadute dagli alberi alti circostanti. Non veniva mai pulita ma forse perché era bella da vedere così, oppure perché si mimetizzava bene, anche se in fondo c'erano delle porte di metallo.
Passati oltre a quelle, Elby accese una luce e si trovarono in uno stanzone pieno di scaffali e scatoloni. Sembrava un ufficio. Un po' di sabbia era arrivata perfino là dentro, infiltrandosi per le fessure delle ante dell'ingresso.
<Ehi! Grell! Vai fuori! Monello...> strillò all'improvviso la giovane donna, facendo spaventare Jack, che non se lo aspettava, così come non si aspettava di veder un cane di media taglia schizzare fuori spaventato.
<Avete anche animali domestici?> domandò trasparentemente.
<Già. È proprio di questo che ti devo parlare>.
<Dei vostri animali domestici? Li galopperemo fino al territorio nemico muniti di lance e spade?>.
<Smettila di fare lo sciocco... e siediti lì>. Indicò una sedia vicino a un'enorme scrivania, non proprio ordinata ma neanche troppo poco invitante.
Tuttavia, Jack disse: <Se volevi mettermi sotto pressione non potevi scegliere un posto migliore. Perché siamo qui da soli?>.
<Perché ciò che sto per raccontarti potrebbe creare un alto clima di tensione fra la tua gente>.
<Ok, signorina. E perché hai scelto me?>.
<Perché mi sembri il più profondo fra tutti loro. Colui che sa essere più razionale nei momenti in cui serve, ma anche più emotivo quando si necessita di un atto di fede. Insomma, il più saggio. Nulla da togliere a quel vostro capitano, ma è troppo rude, troppo professionale. Sembra un robot invece che un soldato addestrato>.
Jack sorrise.
Poi Elby riprese: <E Loodly... Giusto? Ecco, lui è simile a te, ma non credo possieda la tua stessa profondità>.
<Wow! Sono davvero affascinato. Questo sì che mi fa onore>.
<Metti da parte il sarcasmo, almeno per un po'. Come ti dicevo, i ragazzi sono troppo giovani e vulnerabili, mentre quella donna coi capelli corti e l'aria dura, onestamente mi spaventa un po'>.
<Ahahah! Sì, posso comprendere benissimo. E i vigilanti? Che mi dici di loro?>.
<Loro ubbidiscono a Thuras. E per finire, se vuoi proprio toglierti ogni dubbio, i ragazzi del Bosco, oltre ad essere troppo giovani come i vostri, sono limitati, in quanto appunto appartengono a quella parte di Green Rock in cui la guerra è l'unico motivo che li mantiene vivi>.
Jack ridacchiò con disappunto. <Ma loro sono diversi. Sono molto svegli e intelligenti. Ci stanno aiutando>.
<Non lo metto in dubbio e non volevo né offenderli né sminuirli, credimi... Solo che, ecco... Diciamo che tu mi hai colpito subito>.
<Devo interpretarla come un'avance?>.
<Tua moglie sa che parli così alle altre donne?>.
<Direi di no. Anzi, a proposito, ho fretta di rivederla e portarla via da lì. Arriva al dunque>.
<D'accordo. Le premesse le abbiamo fatte, perciò niente più ormai mi impedisce di concludere questo discorso e mostrarti la parte soda del contenuto>.
<Mi affascina il tuo modo di parlare>.
<Era un'avance?> scherzò lei.
Lui fece un verso divertito e poi si mise ad ascoltarla.
<Allora, Jack...> sembrava nervosa e che non sapesse da dove iniziare.
<Mia cara e nuova amica. Io ho davvero visto tutto ormai. Credo che niente possa più scandalizzarmi. Forse volevi darmi qualche informazione in più riguardante la Perla Viola?>.
<Bene, visto che hai toccato il punto, partirò da lì. La Perla Viola, mi sembra d'aver capito, avete già scoperto che viene da Speranza, la vostra astronave...>.
<Esatto>.
<Se ti dicessi che noi conosciamo perfettamente la sostanza chimica che loro hanno usato per drogare la vostra gente, che mi risponderesti?>.
<Ti chiederei come fai, visto che appartiene alla nostra astronave. Sei una scienziata? Oppure c'è qualcuno dei nostri qui? O avete interrogato uno speranzese che ne sapeva più di me?>.
<Una domanda alla volta, Jack. Non abbiamo interrogato nessuno. Non l'abbiamo fatto perché, in effetti, non ce n'era bisogno...> con tono misterioso.
Lui la guardò invitandola a continuare, senza tenerlo sulle spine.
<E tra noi c'è qualche scienziato, certo. Altrimenti non conosceremmo le componenti chimiche e gli effetti che causerebbero sull'uomo. Eviterò di stare qui a spiegarti cose che ti annoierebbero e che forse nemmeno capiresti. Anche perché non le ho capite pienamente neanch'io. Posso solo confermarti che quella sostanza, effettivamente, può danneggiare il cervello in modo permanente, o quasi...> proseguì Elby.
<E immagino che qui arriveremo al punto...>.
<E qui siamo proprio al punto. Noi abbiamo creato un... chiamiamolo vaccino. Anzi no, il termine più appropriato è: medicinale>.
<Vuoi dire che potete curarli?> si scaldò Jack.
<Sì, forse. Dovremmo prima testarlo su delle cavie. E non credo che nessuno di loro si candiderebbe>.
<Già... Direi di no. Quindi che intenzioni hai?>.
<Usarlo dopo che abbiamo eliminato l'ape regina...>.
<Non avevi detto che poi loro tornerebbero normali?>.
<La mia è una teoria>.
<Beh, teoria o non teoria, abbiamo la soluzione. È fantastico!>.
<Un momento però...>.
<Ecco, lo sapevo! C'è un "però". Quanto li odio i "però"...>.
<Noi possiamo anche colpire l'ape regina, ma per farlo occorrerebbero tanti uomini. Siamo pochi contro un esercito intero>.
<Sì, questa è la complicazione principale>.
<E poi dovremmo arrivare di là>.
<Vuoi usare un missile, vero?> disse Jack sorridendo compiaciuto.
Lei lo guardò meravigliata. <Sei sveglio, Jack dallo spazio>.
<Ti ringrazio. Esperienza... Ma abbiamo abbastanza vaccino per sistemare tutti? Voglio dire, sono parecchi...>.
<Direi di no. Direi anche che lanciare un missile così alla cieca su intero continente potrebbe non portare a niente. Magari loro sono raccolti in una sola area che noi forse nemmeno sfioreremo. Oppure sono rintanati sotto terra>.
<Ebbene?>.
<Ebbene qualcuno di noi dovrà andare laggiù, individuare il bersaglio e comunicarcelo>.
<Eccoci!> gridò Jack scoppiando in una rumorosa risata. <Ci sei arrivata finalmente! Ora ho capito perché hai scelto me>.
<Non è necessario che vada tu, anche se avendo vissuto parecchio tempo con loro potresti conoscere più dettagli rispetto a tutti gli altri>.
<È un modo indiretto per dirmi che hai scelto me>.
Lei sorrise. Poi disse: <Ammettiamo che vada tu - e chiunque deciderai di portare con te - dovrai risolvere un altro problema laggiù>.
<Ancora problemi...?> si lamentò.
<Le comunicazioni. Un tempo erano bloccate con Speranza>.
Jack voleva chiederle già da un po' perché sapesse così tanto su Speranza, ma rimandò per dare la priorità alla stesura del piano. <Merda! Me ne ero dimenticato...> esclamò portandosi le mani alla fronte. <Quei figli di puttana hanno isolato la zona. Come farò a contattarti?>.
<Qui siamo giunti al vero punto di questo colloquio amico mio>.
<Ho paura di conoscere il resto...> ironizzò.
Elby prese una sedia e si sedette di fronte a Jack. Poi lo guardò seriosa. <Io so come distruggere il muro>.
Lui avvicinò la testa in direzione della donna, staccandosi dallo schienale. <Intendi dire che sai come neutralizzare la barriera artificiale che loro usano per bloccare le comunicazioni?>.
<Qualcosa del genere, sì. Ricordi quando arrivaste qui, quattordici anni fa? Ormai quasi quindici...>.
<Perfettamente>.
<Non riusciste a visionare l'Altro Continente, che è sempre rimasto quindi all'oscuro>.
<Sì...>.
<Però non erano i Saggi ad abitare laggiù>.
<Appunto! C'erano quelli che noi chiamavamo Uomini dell'Isola. Persone più simili a noi rispetto agli indigeni. Una civiltà tecnologicamente avanzata e direi quasi uguale alla nostra, se non addirittura superiore>.
<Non ti sei mai chiesto perché, una volta estirpata la razza che viveva su quell'isola a nord-ovest, nessun altro di loro sia più intervenuto?>.
<Un sacco di volte. E la mia conclusione - che è in comune accordo con quasi tutti i miei concittadini, a parte qualche anticonformista - è che loro si trovavano tutti lì. Che forse questo continente neanche esiste. O che esiste ma è disabitato. Insomma, che fosse tutto un tranello per far sì che noi agissimo come risultava comodo a loro, affinché riuscissero poi a schiacciarci come noccioline>.
<E non ti sei mai chiesto perché una popolazione con un numero anagrafico così basso vivesse su un'isola piccola da circa due secoli, data che corrisponde più o meno all'inizio della comunicazione radio segreta che il vostro governo intraprese con quella gente stessa?>.
<Aspetta... Dove vuoi...?>.
<E non ti sei mai domandato se quella famosa leggenda di Speranza non avesse un fondo di verità?>.
<Un momento. Tu come fai a...?>.
<Te l'ho detto. Vi osserviamo da sempre. Non preoccuparti di noi adesso. Rispondi alla domanda>.
<Mi stai dicendo che...>.
<Proprio così, Jack dallo Spazio. Gli Uomini dell'Isola erano speranzesi...>.
Jack sussultò e si alzò senza quasi accorgersene dalla sedia, iniziando a camminare nervosamente. Senza volerlo pensò subito a Johanna, che era figlia di uno speranzese a quanto pare. La stessa cosa anche Renae, con la quale lei era persino imparentata. Ecco perché si assomigliavano così tanto le due razze! Ma come aveva fatto per tutti quegli anni a non arrivarci da solo?
Una volta calmato, si fermò e accettò una tazza di tisana offertagli da Elby. Dopodiché tornò a sedere.
Lei gli sorrise amichevolmente, cercando di non farlo sembrare uno stupido. Era questa l'umiliazione a cui aveva alluso prima di iniziare il racconto? Pensò lui. <Ora si spiega perché non li vedevamo... Sapevano come rendersi invisibili dal radar principale della colonia spaziale!> mormorò Jack fra sé e sé.
<Va bene, ok... Fantastico! Una notizia incredibile. Ma ora torniamo a noi. Cosa farò quando sarò laggiù?> chiese poi, sudando e parlando in maniera disconnessa.
Elby trafugò fra delle carte e tirò fuori un foglio plasticato, a prova di strappo e di umidità.
<Cos'è?> chiese lui.
<Qui ci sono scritte le istruzioni. Saprai dove andare e come disattivare la barriera. Una volta fatto ciò, noi finalmente colpiremo il nemico!> spiegò con tono trionfante.
Jack restò qualche secondo a rimuginare, senza guardare in faccia la donna di Ayhuras. Mentre teneva in mano quel foglio cercò di riordinare le idee e tornare nel mondo dei vivi. Voleva dire tante cose, ma si limitò a fare l'unica domanda di cui gli importava veramente la risposta. <Come fate voi a sapere come disattivare la barriera?>. Fece una pausa e tornò a fissare serioso la donna. <Non mi hai fatto tutto questo ragionamento per dirmi che gli Uomini Saggi sono originari di Speranza, vero?>.
Lei trattenne una risatina. <No, loro non sono di Speranza. Non tutti almeno. I cosiddetti Uomini dell'Isola li avete sterminati tutti quattordici anni fa. O quasi...>.
<E loro chi sono? Questi "saggi"...> chiese Jack, ignorando quel "quasi", in quanto era sicuro che alludesse a Renae e poi a Johanna.
<Loro sono tante cose. Persone provenienti da varie civiltà. Gente come noi che si è lasciata abbindolare e manovrare da quel loro rituale che spacciano come religione>.
Jack era confuso come poche altre volte in passato. Così tanto confuso che rifiutava inconsciamente di afferrare la realtà. Così domandò: <Ma allora come fate tu e la tua gente a conoscere il sistema tecnologico che utilizzava questo nucleo distaccato di Speranza per isolare le comunicazioni e per rendersi invisibili dai radar?>.
<Ma è semplice! Lo conosciamo perché siamo noi quel nucleo distaccato di Speranza...>.
16b.
Capitano Thuras e Tenente Loodly camminavano non troppo frettolosamente, ma comunque con l'intento di cercare Jack, in quanto non lo vedevano più. Era sparito con quella donna e Maurz aveva detto che si erano ritirati a parlare, senza spiegare niente di più. Né Thuras né Loodly si fidavano ancora al cento per cento di questa gente, perciò decisero di fare un giretto di perlustrazione nei dintorni, in modo abbastanza disinvolto per non dare nell'occhio. Finora stava andando tutto liscio, se avessero inteso che non si fidavano, magari saltava tutto. In ogni caso dipendevano ormai solo ed esclusivamente da questo popolo di Ayhuras, in quanto avevano ultimato le risorse e pareva che solo loro conoscessero il modo di arrivare nella terra colonizzata dai Saggi. Se anche fossero caduti in trappola, perlomeno sarebbero arrivati laggiù, dai loro cari. Non potevano più farci nulla, restava solo la speranza... Strana come parola. La stessa parola che venne scelta parecchi secoli prima per dare un nome alla colonia terrestre che avrebbe lasciato l'orbita in direzione del nuovo pianeta abitabile. Allora la speranza era appunto di trovare tale mondo ospitale e di ricominciare la vita da lì. Adesso le cose erano un po' diverse, ma chi poteva prevederle a quei tempi?
Jack Atson si piegò sulle gambe. Poi tornò eretto e si portò le mani alla testa, stringendo i pugni e gli occhi, come per trattenere una voglia incontrollabile di gridare. Oppure di piangere, non lo sapeva neanche lui. Cosa sarebbe cambiato in fondo? Elby stava radunando le scorte di quel medicinale che avrebbe contrastato l'effetto indesiderato della sostanza chimica del motore di Speranza. Lui preferì prendere una boccata d'aria prima di aiutarla. Sentiva che gli mancava il respiro. L'agitazione per quella notizia lo devastò. Passò di lì in quel momento Irem, con la sigaretta in bocca e un'aria sconvolta, ma che forse Jack non notò, visto che era sconvolto anche lui. <Ehilà> si salutarono distrattamente.
<Tutto bene?> chiese Irem timido.
<E tu ragazzo?>.
<Non saprei rispondere. Ho solo tanta voglia di spaccare il culo a qualcuno>.
Jack esternò un qualcosa di vagamente simile ad un sorriso breve e rispose: <Ti capisco. Avrai la tua occasione>.
<Che fate là dentro?> cambiando umore.
<Già...> con voce rauca. Guardò velocemente verso le ante del seminterrato. <Stipiamo della roba. Ti va di aiutarci?>.
Irem accettò. Tanto il suo umore era già depresso. Si sentiva solo, debole e senza destinazione. Un insieme di sensazioni terribili. Così aiutò Jack ed Elby a preparare i vaccini, senza nemmeno sapere - inizialmente - che cosa fossero.
L'Anziano dimorava in una costruzione a forma di cupola, ma dalle mura piuttosto rustiche e con un tetto triangolare appuntito. Uno strano edificio così come strano era l'arredamento interno. Una lunga fila - più lunga di quanto si aspettasse Tracy - si era già formata dinanzi alla stanza dove probabilmente stava quest'uomo. Munita di immensa pazienza, ella attese, studiando nel frattempo tutta la gente che c'era davanti e, successivamente, che arrivò dietro di lei. Erano tutti Silenziosi, e non c'era uno solo di loro che non avesse anche una punta di marrone nel proprio abbigliamento. Nonostante tutto, quel colore gli donava, riusciva in qualche modo a caratterizzarli. C'erano sia giovani che vecchi, sia donne che uomini. Scorse perfino dei bambini. Tutta gente che forse abitualmente andava a colloquio con questa persona saggia e colta, per approfondire il proprio sapere. Quelle persone in effetti erano illuminate e si presentavano agli ospiti come "pensatori", un popolo pacifico che agiva in base al pensiero. Niente di mistico, soltanto tanto tempo per sé stessi, per riflettere, per trovare l'armonia interiore e per imparare a disporre di essa, facendone l'arma personale migliore.
Quando finalmente Tracy entrò nel piccolo palazzo, poté ammirare gli ornamenti interni. Tutto molto simile al gazebo dove erano stati portati una volta catturati. Mobili e divani antiquati (o almeno, a lei davano quest'impressione, magari erano all'ultima moda!), tante candele colorate fumeggianti e diversi quadri. Tra quest'ultimi, molti contenevano foto di persone "bianche", che effettivamente potevano essere i loro antenati. Tracy notò che tutti avevano uno o più tatuaggi all'altezza del braccio, dove lei aveva il chip. Esso veniva impiantato al ventunesimo anno di età, ovvero quando il corpo cessava di crescere e si era definitivamente formato. Ormai comunque non si usava più, infatti i nuovi ventenni ne erano sprovvisti.
Mentre era assorta nelle sue riflessioni, arrivò il suo turno. Fu una donna bassina e leggermente robusta a chiamarla. Poi entrò...
Si fece sera. Jack comparì davanti ai due armati. Con lui c'era Elby. <Che incontro fortuito> disse Thuras. <Facevate un tour?> e strinse l'occhiolino.
<Perdona l'ironia del mio collega, Elby...> tentò di giustificarlo Jack, ma la ragazza lo bloccò, sorridendo.
<Non ti preoccupare. Nessun tour amico mio. E voi due invece?> si rivolse al Capitano.
Loodly abbassò lo sguardo imbarazzato e Thuras dovette complimentarsi per la risposta pronta. <Touché>.
<Ragazzi, ora che ne dite di riunirci a tavolino? Dovremmo parlare> li interruppe però Jack, al quale usciva difficile scherzare in quel momento.
<Certamente. Dobbiamo organizzare la missione mio caro amico> gli disse Thuras. Sembrava di buon umore e insolitamente sereno. Strano, date le circostanze e quello che era il suo carattere, di fronte a tali circostanze.
<Sì, perché ciò che sto per raccontarvi vi stupirà>.
<Che gli abitanti di Ayhuras sono terrestri? Che sono discendenti di coloro che lasciarono l'astronave tre secoli fa e arrivarono qui prima di tutti, mantenendo segreta la cosa? Sappiamo già tutto bello!>.
Jack restò di stucco. "Maurz", pensò. Sorrise dentro di sé. Si sarebbe risparmiato la fatica di raccontare tutto ai compagni, dato che era ancora scosso. Il tempo delle parole era terminato. Ora bisognava solo agire...
L'Anziano si presentò. <Buongiorno, cara Donna proveniente dallo Spazio> disse con voce debole e rauca. Sedeva su una specie di sofà rialzato da terra, che rassomigliava vagamente ad un trono. In effetti anche quella sala spaziosa dava l'idea di un castello; e la gente che chiedeva udienza all'Anziano sembrava un gruppo di sudditi dinanzi al proprio re. Mancava solo il tappeto rosso e l'inchino formale. Tracy certamente non era un tipo da formalità, difatti non fece una piega (anche perché non sapeva come ci si rivolgeva a quell'uomo) e ricambiò il saluto in modo semplice. <Buongiorno a voi> disse.
<Cosa vi conduce su queste terre isolate?>.
<Credo che voi lo sappiate. Insomma, sarete al corrente di quanto accade sul resto del pianeta, no?>.
<Sì, ne sono al corrente. Volevate chiedermi qualcosa nello specifico, cara?>.
<Non saprei... Più che altro, io...>.
<Siete un po' smarrita interiormente e non riconoscete più qual è la vostra retta via. Mi sbaglio?>.
<In effetti no... Non trovavo le parole adeguate>.
<Beh, siete giunta fin qui. Tutto il resto non potrà che essere proficuo>.
<Cosa vi da tanta certezza? Chi siete voi, veramente?>. Poi, vedendo che l'altro esitava qualche istante, aggiunse: <Sono vostri antenati quelli sui quadri?>.
<Ci sono anche gli antenati di coloro che dimorano su questa terra, sì>.
<Perché il tatuaggio?>.
<Perché un tempo quelle persone possedevano un marchingegno artificiale, impiantatogli nel braccio e, una volta levato, andava in qualche modo coperta la ferita. Così pensammo di nascondere i segni di un turbolento passato così, con dei disegni...>.
<Ah... Wow!>. Non riuscì a dire altro.
<Venite, avvicinatevi cara. Tranquilla, qui nessuno fa del male a nessuno> sorridendo. Aveva gli occhi vecchi e inumiditi. Probabilmente neanche riusciva a muoversi da solo. A stento spostava il collo in avanti o sollevava leggermente le braccia, dando l'impressione di fare un'enorme fatica.
Tracy salì un gradino e arrivò dinanzi all'Anziano, un attimino spaesata e forse imbarazzata.
Lui mosse il dito per invitarla ad avvicinarsi. Poi, con un filo di voce, sussurrò: <Voi siete diversa, mia cara. Non lasciatevi assuefare da tutto ciò che è esterno o che è legato col passato. Ogni persona può rigenerarsi e ricominciare da capo, in qualsiasi momento>. Prima che lei potesse dire qualcosa, continuò: <Io lo so perché siete qui. Voi avete bisogno di qualcuno che vi consigli cosa fare; e siccome non siete abituata, non riuscite ad ammettere a voi stessa di avere questa necessità. Dunque, siete arrivata nel posto giusto>. Poi tossì più volte, portandosi il pugno alla bocca, mentre Tracy lo guardava allucinata, iniziando a credere che quel vecchio pazzo le leggesse nella mente. <Scusatemi... Sono molto vecchio ormai. Qualcuno dovrà prendere il mio posto a breve. Sapete, io un tempo ero il secondo del Comandante...> continuò.
Tracy fece un passo all'indietro - rischiando di inciampare - e sussultò dallo stupore. <Il... il Secondo avete detto? Quello che è partito in missione e non è più tornato?>.
<Esatto. Ma solo perché sono ancora in missione. La mia missione mi ha condotto qui, a diventare quello che sono adesso>. Fece una piccola pausa. <Aiutate quei ragazzi, mia cara... Necessitano di qualcuno come voi, audace e coraggiosa, che li sproni a compiere un atto di fiducia che magari da soli non riuscirebbero a svolgere>.
Tracy lì per lì non capì a chi si riferiva, ma il vecchio continuò: <Tra loro c'è un discendente dei Perevell. Avete mai sentito nominare i Perevell?>.
<Non... non mi sembra> rispose lei confusa.
<I Perevell erano una famiglia anarchica che voleva ribaltare il Regime e portare la pace nelle terre della Regione Verde, ma furono fermati e sterminati. Io li appoggiavo un tempo... Fu anche per questo che venni esiliato. La scusante di trovare questo posto, che si vociferava fosse stato fondato da loro, era per allontanarmi e non creargli più complicazioni>.
<Da quanto tempo siete qui?>.
<Due decenni ormai>.
<Ed era vero? Voglio dire... Era vero che erano stati i Perevell a fondare questa comunità? È per questo che volete che aiuti Sasha?>.
<No, non erano stati loro. Questo luogo esisteva già da parecchio tempo. I loro discendenti - intendo dei Perevell - erano comuni Uomini del Bosco. Questa società l'hanno istituita gli Uomini proveniente dallo Spazio, coloro che possedevano il chip. Fu per questo che se lo levarono: per mischiarsi in mezzo agli abitanti di questo pianeta>.
Tracy stavolta quasi saltò in aria per la notizia. <Che cosa?!> strillò.
<Sconvolgente vero? In effetti sì, erano proprio i vostri discendenti, cara...>.
La donna di Huston non seppe che dire. Balbettò senza emettere suoni. Poi il suo turno dall'Anziano finì e dovette abbandonare l'edificio. Ma ora sapeva cosa fare. Ora, finalmente, aveva una direzione...
16c.
Loodly mise piede sulla scogliera rocciosa. La parete era alta e pendente a novanta gradi. Loro ora stavano su una striscia di terra che divideva il mare impetuoso ed agitato dall'imponente scalata ripida che li aspettava. Anche Jack Atson raggiunse la scogliera. Il sommergibile ideato dagli abitanti di Ayhuras aveva svolto il suo nobile compito. Ovvero arrivare senza essere avvistati. Già giungere lì fu il miglior traguardo della storia greenrockiana. Il dispositivo inventato da quegli scienziati funzionava! La prova concreta si ebbe quando i primi inviati toccarono con mano il grande e misterioso Continente.
<Sai cosa pensavo?> disse Loodly, ultimamente più socievole e meno riservato.
<Spara> rispose Jack da sotto, mentre ficcava il suo piccone nell'anello posizionato tra le pietre.
Loodly legò la sua corda all'anello più in alto, tenendo momentaneamente il suo piccone in bocca, stretto tra i denti. Appena lo riprese in mano continuò: <Che se io mi fossi fatto i cazzi miei - e non mi fossi unito a Thuras in questa follia da anarchici - ora sarei bello beato là sopra, ad attendere che voi mi veniate a salvare>.
Jack ridacchiò con lieve forzatura. <Non sarebbe male... Sai che pensavo io, invece?>.
<No>.
<Che questi fottuti Saggi non sono poi così saggi come dovrebbero! Sul serio, chi costruirebbe un'intera civiltà in cima a questa dannata parete rocciosa?>.
<Sicuramente ci sono accessi più agevoli> rispose l'altro sorridendo.
<Ma certo! Perché passare di lì, in fondo? Troppo semplice...> disse con sarcasmo. <Perché sei qui, Loodly?> chiese poi cambiando tono.
L'altro lo guardò e senza dir niente lasciò ancora la parola a Jack, che si spiegò meglio: <Perché fare tutto questo? Cosa ti ha spinto veramente?>.
<La lealtà verso la mia specie. E a te?>.
<La voglia irrefrenabile di fare l'eroe, per la seconda volta!>.
Entrambi risero.
<Ma sai cosa succede a chi ritenta l'impresa due volte, no?> disse Loodly con ironia.
<Muore>.
L'altro tacque e proseguì verso l'alto, fra sudore e qualche smorfia dovuta alla fatica.
<A parte le nostre manie di grandezza, la cui lussuria per uomini come noi è impossibile da contrastare... Perché hai accettato quella volta?> disse Jack.
<Intendi quando il Ministro Keerson si è ritirato e ha negato il supporto alla vostra città? Beh, dato che potrei scivolare giù da un momento all'altro e quindi morire... preferisco essere ricordato per chi sono realmente, e non per chi mostravo all'apparenza>.
<Allora è vero che non sei devoto al tuo popolo?>.
<Ahahah! Sì che lo sono... Sai Jack, io ho perso tutto quando Città di Speranza venne rasa al suolo. Avevo solo ventitré anni e non prevedevo minimamente di fare la carriera che poi ho fatto. Rimasi senza famiglia. Addirittura senza la mia ragazza dalla quale aspettavo già un figlio, se lo vuoi sapere>.
Jack zittì e ascoltò interessato.
<Sì, lei è mancata e sono rimasto solo, come la maggior parte di noi. Tu sei fortunato, amico>.
<Beh, io ho costruito la mia nuova vita solo dopo quella guerra>.
<Già, però Kerry esisteva anche prima. Si chiama così, vero?>.
<Sì> e sorrise inevitabilmente pensando a lei. Questo gli diede grinta e si impegnò a salire più velocemente. Ogni secondo sprecato poteva essere fatale. Lassù, in cima a quella scogliera alta un centinaio di metri, iniziava finalmente la svolta...
17. NELL'IGNOTO.
Alcuni granelli di terra si erano appiccicati al sudore, mentre le mani erano sporche e leggermente graffiate. Tutto ciò passò in secondo piano quando finalmente si affacciarono sull'immensa distesa che si presentò davanti ai loro occhi. Era bellissimo... Colline, boschi e vallate si espandevano fin dove l'occhio poteva vedere. Varie sfumature di verde contraddistinguevano la flora di quella regione, calda ma non secca e nemmeno tropicale. Sembrò per un attimo di ammirare un'enorme cartolina di qualche posto che, se si è fortunati, lo si vede una volta nella vita... Invece era reale! Lì, davanti a loro.
<Va bene. Non perdiamoci in frivolezze. Abbiamo un lavoro da svolgere> disse Loodly.
<Sai, ultimamente mi manca il mio di lavoro... Quello in cantiere ad ubbidire ad un certo nichilista>.
<Pensavo trovassi più bello essere qui>.
<Consideriamola una vacanza aziendale>.
Superati metri di sassi ardui da scavalcare, giunsero presso un golfo.
<Incantevole...> commentò Jack a bassa voce.
Nella baita c'erano degli isolotti, tutti rocciosi, di cui due piuttosto alti e non eccessivamente larghi, collegati da una striscia di scoglio che formava un piccolo ponte naturale, in cima ad essi; e un altro (stando a quanto si vedeva da lì) molto più basso, costantemente bagnato dalle onde. Il mare aveva un bellissimo colore, così come lo era il paesaggio. Sulla riva, sempre abbastanza in alto rispetto alla superficie del mare, ma comunque almeno alla metà dell'altezza in cui si trovavano gli speranzesi, iniziava la pianura sulla quale potenzialmente avrebbe dovuto esserci un'area abitata. Laggiù, fortunatamente, per scendere era sufficiente percorrere a zig zag la parete rocciosa, che non era ripida come dall'altro lato. Seguirono un piccolo sentiero naturale, stretto quanto due spanne circa (quando andava bene), e aiutandosi con le mani, iniziarono ad avvicinarsi al punto dal quale poi avrebbero attraversato la baia. Notarono con disappunto che tra i sassi spuntavano piante munite di spine, alcune talmente piccole che erano invisibili ad occhio nudo, e andavano a conficcarsi nella pelle delle mani. Altre invece erano piante grasse, tipiche di quella zona. Alcune foglie erano appuntite e lunghe anche un paio di metri, partendo dal nucleo centrale e formando un "riccio". Jack era sicuro di aver intravisto inoltre dei piccoli serpentelli o dei crostacei, tipo scorpioni o granchi, o roba simile. Non disse niente per evitare di suggestionare il compagno. Non sapeva a quanto ammontava il suo grado di fifa difronte alla fauna selvaggia. Qualche decina di minuti dopo, passate in silenzio a faticare come dannati per scendere, tra l'altro sotto il sole cuocente, si fermarono ad una ventina di metri dal mare, o forse poco più.
<Ok, secondo la mappa, dovremmo attraversarla a nuoto> spiegò Loodly.
<Non vedo l'ora!> esclamò l'altro. E si tuffò di testa nel blu.
Loodly dapprima rimase scioccato; poi trovò il coraggio di sporgersi per guardare giù e vide Jack nuotare felice. La tachicardia gli diminuì drasticamente. <Questo è pazzo...> commentò. Vedendo che l'altro non lo aspettava, prese coraggio e si lanciò nell'acqua, chiudendo gli occhi e premendo il naso con le dita. Per qualche istante, a lui parso infinito, percepì il vuoto e gli mancò il respiro. Poi ci fu l'impatto con l'acqua, non troppo morbido come aveva immaginato, e si trovò parecchi metri sotto la superficie. Riaprì gli occhi e vide blu scuro attorno a sé. Il fondo era a malapena visibile e andava scendendo proprio a pochi metri da dov'era lui. Decise che era il caso di tornare all'aria aperta. Guardò verso l'alto e vide il bianco della luce, ondeggiato dal movimento del mare. Sbracciando arrivò in superficie proprio quando il fiato iniziava a mancargli. Constatò che non ne aveva preso abbastanza prima di lanciarsi. Ma d'altronde per uomini vissuti sempre in un'astronave - e in seguito in piccoli centri abitati, senza uscire mai nella natura - tutto ciò era nuovo. Vide Jack più avanti e iniziò a nuotare. Chissà se anche lui si stava minimamente preoccupando di cosa poteva esserci sotto, mentre avanzava verso gli isolotti? Stabilì che non doveva pensarci e accelerò l'andatura.
Jack raggiunse l'arco che formava un passaggio in mezzo ai due scogli quasi cilindrici che spuntavano imponenti dal mare. Quella che prima era semplice e pura goduria, per la sensazione di freschezza che compensò la faticaccia della scalata, ora stava tornando ad essere qualcosa di impegnativo. Visto dall'alto non sembrava un pezzo assai lungo, ma quando ci si trovava in mare ad applicarsi nello stile libero, qualcosa cambiava. Affannato non vide l'ora di riappoggiare i palmi su una superficie solida. Infilò gli occhiali subacquei e controllò sotto. Quasi si spaventò nel vedere così vicine le forme scure degli scogli... Si rese conto che fu saggio guardare il fondale prima di avvicinarsi troppo al passaggio. Si girò e vide Loodly che indossava gli occhiali. L'aveva già raggiunto. A quanto pare lo aveva sottovalutato a livello di prestazioni fisiche. Il tenente magrolino timido e amante delle camice gli stette dietro senza troppe difficoltà. Meglio così... Non per niente era stato scelto come secondo per quella missione, pensò Jack. Poi, tenendo la testa sotto e respirando tramite un apposito erogatore di ossigeno agganciato in una narice, arrivò su degli scogli lisci e ricoperti parzialmente di alghe e vi si appoggiò sopra, recuperando le energie. Attese l'amico e insieme si posizionarono lì. <Attento, è scivoloso> gli disse. Gli isolotti facevano ombra in quel punto e avvertirono qualche piccolo brivido di freddo dovuto all'umidità (o forse all'ansia della traversata). Non gli diedero importanza e si guardarono intorno curiosi. Era proprio affascinante quell'habitat. C'era appunto da chiedersi, sempre, come avevano fatto fino a pochi anni prima a vivere rinchiusi in una scatola grigia e tristemente artificiale. Loro erano stati fortunati perché appartenevano alle generazioni finali, quelle che avrebbero percepito il calore della luce solare sulla pelle, ma tutti gli altri avevano vissuto l'intera loro vita sull'astronave. Ragionandoci adesso appariva spaventoso. Non solo questo; negli ultimi decenni gli esseri umani provenienti dalla Terra si erano comunque isolati nel centro di qualche vallata, ma rimanendo all'interno dei propri nidi. L'abitudine della "scatola" non si era perduta. Solo in seguito alle varie catastrofi poterono ficcare il naso fuori... e assistere a quel paradiso, di cui spesso si ignorava l'esistenza o ci si dimenticava. Jack annusò la salsedine, ammirò dei ricci attaccati agli scogli - stando attendo a non calpestarli - e i granchietti che si nascondevano tra le fessure delle rocce. C'era un'ecosistema similare a quello della Terra, prima che venisse devastata dalle radiazioni. Al pensiero che per opera di qualche stupida guerra tutto quel meraviglioso scenario poteva essere andato distrutto, sul pianeta madre, fece rabbrividire Jack, che si ostinò maggiormente a non far ripetere il medesimo errore anche lì. Deciso, si rituffò in acqua e nuotò verso l'altra costa. Stavolta tenne gli occhiali addosso. Durante la nuotata, Thuras parlò alla radio: <Ragazzi, fate attenzione. C'è una fonte di energia termica piuttosto grande in avvicinamento. Anzi, sembra un gruppo di fonti termiche>.
<Forse grossi pesci> rispose Jack.
<Forse squali... Fareste bene a tenere gli occhi aperti>.
<Squa - squali...?!> balbettò impaurito Loodly.
<Mantieni la calma. Era prevedibile> gli disse Jack.
<Ma certo! Che vuoi che siano? Solo dei grossi pesci rossi in un grosso acquario>.
Jack andò sotto e puntò il suo fucile subacqueo. Con la coda dell'occhio vide il Tenente fare lo stesso. D'altronde era stato quest'ultimo a fornirgli tutte le indicazioni sull'utilizzo di quegli aggeggi tecnologici, coi quali aveva già preso confidenza. Anzi, sembrava più esperto del maestro.
<Quanti metri?> domandò Atson.
<Una quindicina, ci siamo!> rispose Thuras al microfono.
<Tieniti pronto> disse a bassa voce a Loodly.
Delle sagome nere iniziarono a intravedersi verso il mare aperto. Ovviamente entrambi si erano guardati anche attorno per non farsi cogliere di sorpresa in un eventuale attacco combinato, elaborato dai mammiferi per accerchiarli e coglierli impreparati. Si studiava che quegli animali erano tra i più intelligenti del pianeta. Il primo comparve.
<Oh, cazzo!> esclamò Jack. <L'hai visto? È... gigantesco!>. Sembrava quasi contento.
L'altro non rispose. Il pesciolone si diresse proprio verso Loodly, ma poi cambiò direzione e scomparve alla loro destra.
<Ne conto cinque> annunciò intanto il Capitano.
<Dicci dove sono. Si comportano in modo strano> rispose Jack.
Anche il secondo aveva fatto lo stesso percorso, però passando vicino a Jack e allontanandosi sulla sinistra.
<Vi stanno studiando, credo. Non conoscono gli esseri umani probabilmente. Oppure li conoscono, ma non vestiti come voi e con quelle apparecchiature in mano>.
<Fantastico...> commentò sarcastico Loodly.
Un terzo squalo arrivò dritto verso i due. Jack mirò e gli sparò una scarica elettrica, colpendolo tra il musone appuntito e le file di branchie. Si vide un piccolo raggio partire dal fucile dello speranzese, attraversare il mare in linea ondulata fino a colpire il mammifero, il quale vibrò all'impatto e, scodinzolando bruscamente, schizzò verso il fondale, facendo parecchia schiuma nei pressi dei due sub.
<Merda! Non si vede niente> sembrò andare in panico Loodly.
<Tranquillo, attento alle tue spalle>.
Loodly si girò e fece la stessa operazione con lo squalo che gli si stava avvicinando. Questo reagì diversamente. Sembrò come svenire; fermò le pinne e si lasciò scivolare nella direzione in cui era diretto, tenendo però gli occhi socchiusi. Il bestione arrivò lentamente vicino al Tenente, che addirittura lo accarezzò, sempre pronto a sparargli una seconda volta. Quando lo squalo sprofondava ormai verso il fondo, si riprese e, impacciato, andò via. Jack colpì un terzo squalo che tentava di sopraffarlo alle spalle, mentre contemporaneamente ne arrivava un quarto di fronte. Prima di colpire quest'ultimo aspettò, e difatti esso modificò la sua traiettoria e posticipò l'attacco (ammesso che stessero attaccando). Sembravano effettivamente meno aggressivi di come venivano descritti sui libri di scienze terrestri. Ma magari questi erano diversi. Pochi minuti dopo Thuras annunciò che si erano allontanati tutti e che c'era via libera. I due non ci pensarono più volte e velocemente si portarono verso la riva. Fu inevitabile guardarsi intorno, nonostante la supervisione del Capitano tramite il radar. Era stata un'esperienza unica e incredibile. A entrambi la schiena si trasformò in un'autostrada percorsa da brividi. Poi raggiunsero i caldi scogli e uscirono dall'acqua.
<Wow...> commentò Jack, sfilandosi gli occhiali e levando l'erogatore di ossigeno dal naso.
<Ti diverti, eh?>.
<Per me questo è il vero vivere>.
<Non scordarti la priorità, però>.
<Assolutamente. Anzi, è ora di fare piazza pulita e di far sì che finalmente potremo essere pienamente liberi su questo pianeta. Abbiamo già sprecato fin troppo tempo>.
<Ok, ragazzi. Ora proseguirete secondo la mappa. Da qui in poi non possiamo aiutarvi, per via dello scudo. Mi raccomando. Tutto il piano - e quindi il destino dell'umanità - è nelle vostre mani. In ogni caso la seconda squadra vi starà dietro come da programma. Buona fortuna> disse Thuras.
Poi spense la radio e guardò Elby e Maurz, i quali gli annuirono confortevolmente. Se avesse funzionato, quell'incubo sarebbe finito. Il sommergibile in cui si trovavano era rimasto prudentemente a circa mezzo miglio dalla costa, per evitare che i Saggi in qualche modo potessero avvistarlo. La tecnologia che c'era su quel continente era stata ideata dai Silenziosi, perciò la conoscevano e sapevano come aggirarla, ma erano ormai anni che non vivevano in quel luogo. Anzi, ci vivevano i loro antenati. Coloro che attualmente stavano sull'isola Ayhuras non erano mai stati sull'Altro Continente. I Saggi potevano aver ideato qualche nuova tecnologia, con la quale avrebbero sopraffatto quella dei Silenziosi. Era decisamente un rischio, ma non avevano altri piani. Finora, comunque, sembrò andare tutto liscio.
Irem era pronto. Aveva seguito un veloce addestramento con gli uomini di Thuras e ora si sarebbe unito a loro. Convincere il Capitano non era stato facile. Dapprima egli rifiutò soprattutto per via dell'età. Irem era ancora minorenne. Poi però, quest'ultimo, gli ricordò che la legge non contava più in quella circostanza, e che ogni aiuto sarebbe stato valoroso. <E tu contribuiresti o ci rallenteresti, secondo te?> gli chiese il Capitano.
<Io contribuirò. Ve lo assicuro> rispose Irem sicuro di sé.
<Oh, certo che lo farà!> disse qualcuno irrompendo nella stanza. <Perché io andrò con lui> affermò True.
<Stavi origliando?!> lo sgridò Thuras.
<Sì. È proprio quello che facevo. Reclutatemi, Capitano. Non ve ne pentirete>.
<True, che cazzo dici...?> gli sussurrò Irem.
<Che cazzo faccio? Che cazzo fai tu? Io perlomeno ho diciannove anni>.
<Ma sei un ex detenuto> aggiunse Thuras con un pizzico di ironia.
<Bene. Questa allora sarà la mia occasione per redimermi>.
<Ragazzi... Quello che faremo non sarà un giochetto, è chiaro? Non stiamo andando a fare una semplice ricognizione nei boschi/gli stessi boschi che tutti ormai conosciamo. Qui siamo in un luogo sconosciuto, con gente ostile che probabilmente si aspetta una nostra invasione improvvisa, e che forse possiede tecnologie che noi non comprendiamo. Qui, si muore...>.
<Siamo perfettamente consapevoli. Conosciamo il piano a memoria. Non c'è bisogno che ci ripeta tutto> disse True con convinzione.
Irem lo guardava spaesato. Più tardi poi si ritrovarono da soli. <Mi vuoi spiegare?> gli disse.
<Semplice, amico mio. So perché lo stai facendo. Credi sia la cosa giusta... E, conoscendoti, so per certo che nessuno potrà farti cambiare idea. Così ho deciso di unirmi a te. Siamo amici e: si vive insieme e si muore insieme!>.
Dunque, si raggiunse un accordo. Thuras li avrebbe mandati in missione, a patto che entrambi seguissero un addestramento accelerato e molto severo, in seguito al quale, se avessero superato le prove, avrebbero potuto entrare in squadra.
<Più o meno come il football!> commentò scherzando True. Irem continuava a fare espressioni poco convinte. Avrebbe preferito andare solo, forse. Però, riflettendoci, la presenza di un complice non avrebbe fatto per niente male...
Alla fine entrambi furono annessi. <Ultimo test, signori> disse ad alta voce Thuras. I due si misero sull'attenti, come insegnatogli. <Se volete partire per questa missione suicida, ok. Non sarò io a fermarvi. Ma siccome sarò io a coordinarla, voi mi direte la ragione - e intendo quella vera - per cui avete deciso di partecipare. Dovrete essere convincenti, altrimenti vi declasserò nelle retroguardie, e potrete seguire l'andamento della spedizione solo tramite un radar; finché sarà possibile, è chiaro>.
True iniziò a parlare per primo, ma Irem gli coprì la voce, dicendo: <Non ho più nulla da perdere, signore. Ho perso i genitori, la fiducia in mia sorella e persino nei miei amici. Quasi tutti, almeno...> e guardò velocemente verso il compagno alla sua destra.
<Continua>.
<Se rimango passivamente qui ad aspettare che qualcuno risolva i problemi della vita e poi dovesse fallire... Non me lo perdonerei mai. Almeno potrò dire di averci provato>.
<Bene. Non manchi di motivazione, giovanotto. Questo è importante. E tu, ragazzo?> si rivolse poi a True, che era stato interrotto e ora riformulò la risposta.
<Io sono molto ferito dalle parole di Irem, signore, ma non posso dargli torto> e lo guardò per qualche istante. <In passato l'ho condotto su cattive strade, facendogli rischiare il collo in più occasioni. Sono molto pentito di questo. Ma non è tutto. Io sento di essere cresciuto e ora la motivazione non è solo quella di rimediare agli errori del passato e quindi di mettermi a fare l'eroe per essere ricordato bene... Intendo stare affianco al mio migliore amico! Dimostrare - a me stesso - di essergli fedele, al contrario di come forse ho palesato finora>.
Thuras sembrò soddisfatto di questo discorso.
Poi True guardò Irem. <Ti accompagnerò fino alla fine. E lo farò per te, per me e per tutti noi! Per la vita stessa... perché essa continui. E solo noi possiamo far sì che accada...>.
Irem aveva gli occhi un po' lucidi, per quanto si sforzasse (e sperasse) di mantenerli asciutti e restare ferreo mentre ascoltava l'amico. Non voleva forse mostrare debolezze proprio ora che sembrava aver convinto Thuras, ma in fondo lui era un ragazzo sensibile, non certo un soldato che sapeva mettere da parte le emozioni. Tuttavia ciò non influì sulla decisione finale del Capitano, il quale applaudì.
<Complimenti a tutti e due. Direi che un posto nella seconda squadra di supporto ve lo siete guadagnato entrambi. In effetti... se qualcosa dovesse andare male... qui avrò bisogno di soldati preparati per difendere la base. E voi non lo siete. Perciò direi che posso permettervi di mandarvi a rischiare il collo> concluse con un ghigno di complicità.
I due furono contenti e si sciolsero. Poi, appena il Capitano si voltò, sorrisero e si diedero il cinque, uscendo dall'armeria.
Irem fumava da solo nel bosco, come sempre negli ultimi giorni. Qualcuno si avvicinò, rumoreggiando mentre calpestava i sassolini sul terreno serrato che divideva il giardino dalla struttura.
<Ciao Irem> lo salutò il giovane.
<Ciao a te, Sasha> con tono acido.
<Capisco che tu ce l'abbia con me, ma... Credo che dovremmo essere più adulti, ora, di fronte a queste cose>.
<Sei venuto a darmi lezioni di vita?>.
<No, io...>.
<Beh, allora ascolta. Io ho diciassette anni e non sono un adulto. Non ragiono in modo maturo come un adulto! E sono innamorato di te... sì, te l'ho detto! Sono innamorato di te e tu mi hai ferito. Cosa vuoi che ti dica io? Abbiamo altre priorità e lo so perfettamente. Mi passerà. Continuerò come tutti a concentrarmi sui problemi reali, e non queste stronzate inutili... Ma al momento mi fa ancora male. Perciò, perché non mi lasciate in pace? Ho soltanto bisogno di stare solo...>.
Sasha lo guardò con compassione, ma Irem si era voltato dall'altra parte e non lo notò. Comunque disse: <Sai, io forse sono cresciuto più in fretta del dovuto. Ma noi tutti del Bosco cresciamo prima del tempo... Non sono venuto a insegnarti niente. Solo, ci terrei a dirti che... Non stare solo! Non è necessario... Stando soli ci si indebolisce e il nemico poi sa come colpirti>.
<Wow!> commentò Irem rigirandosi verso il compagno.
<Lo so che paragono sempre tutto alla guerra, ma è l'unica realtà che ho visto io. E comunque, ammetti che ti eccita l'uomo rude...>.
Irem non riuscì a trattenere una risata e distolse lo sguardo per evitare di cedere alla tenerezza. Fare il duro non gli riusciva...
<Lascia perdere. Non cercare di essere chi non sei> gli disse Sasha, come se gli avesse letto nella mente. Poi gli chiese se poteva fumare.
<Questa roba è forte... Fai piano> gli suggerì lo speranzese. <Ah già, dimenticavo. È l'erba del tuo pianeta...>.
<Oh, non pensare che io sia esperto. Non fumo mai. Per i guerrieri non è un toccasana>.
Ripassò la canna a Irem e, tornando ad assumere un tono confortevole, disse: <Tu sei una persona fantastica e anche molto coraggiosa... ma non fare di tutto per nuocerti da solo>. Poi tossì e alzò la sigaretta verso l'alto, tenendola da sotto e fissandola. <Forte questa merda...> scherzò, con la gola che ancora gli grattava.
Entrambi risero e cambiarono argomento. Più tardi Sasha si alzò e salutò l'amico appoggiandogli una mano sulla spalla. <Mi raccomando! Ci servi forte...>.
<Io non servo a nessuno... Ho deluso i miei genitori. Vado male a scuola. Non sono riuscito a conquistare una secchiona della scuola che non si caga nessuno...>.
<Merda, Irem! Hai salvato i tuoi amici nella terra della Perla Viola! Cos'altro ti serve?>.
<Non dicevi che non dovevo fare il duro?>.
<Dico solo di essere te stesso... Senza dar conto a nessuno. Voleva essere un aiuto, non un insulto>.
<Beh, grazie tante allora... Sai che ti dico? Mi hai illuminato. Ora so come trovare un senso alla mia mediocre esistenza>. Si alzò e andò via, lasciando Sasha basito ad osservarlo.
La seconda squadra partì. Era piccola, non come la prima, la quale era composta solo da due persone, ma neanche troppo grande, poiché gli uomini erano pochissimi e servivano comunque delle difese in caso di fallimento. Dunque, Irem e True poterono unirsi a due soldati e a Thuras, che avrebbe coordinato il gruppo, mentre i vigilanti rimanenti rimasero nelle retrovie con tutti gli altri.
Sasha e Yendel litigavano tra loro, lievemente in disparte, ma non abbastanza da non sentirli alzare le voci. La ragazza se la prese con l'amico per la sua folle idea di seguire di nascosto la seconda squadra. <Non puoi farlo! È da matti! Non lasciarmi almeno tu...>.
<Non ce la faranno mai da soli>.
<E con te invece sì? È questo che pensi? Tu non conosci quel territorio. Sei un guerriero, sì, ma della Regione Verde! Ti faresti ammazzare>.
<È la stessa cosa che hai detto al tuo ragazzo?>.
Lei zittì, lo guardò con odio e poi schizzò via infuriata. Lui invece fece dietrofront e si avvicinò agli altri. Era il momento... Maurz e Elby avrebbero aiutato Thuras (a distanza) nel guidare la sua spedizione.
Era tutto pronto. True avrebbe voluto salutare meglio la sua fidanzata, ma non si erano lasciati proprio con armonia. Yendel non accettò questa sua scelta improvvisa di partire senza di lei in quella missione suicida. Ma quante missioni suicida avevano già compiuto di recente? Ormai non tenevano il conto...
Quando i cinque si girarono, non poterono fare a meno di osservare gli sguardi abbattuti o spaventati, oppure delusi dei propri compagni. Quello di Sasha invece era incazzoso. Irem sperava che gli dispiacesse un po' per la sua partenza, invece non mostrò segni inerenti. Dunque sia True che Irem partirono rammaricati, per ciò che lasciavano e per come lo lasciavano. Forse avevano fatto bene a mollare tutto e andare a combinare qualcosa di buono. Forse ne avevano bisogno, e gli serviva...
A pochi chilometri dal campo base - allestito su un'isoletta deserta nei pressi del Continente - Jack e Loodly proseguivano nella loro camminata stremante. Ci si metteva anche il caldo, dato che si trovavano su per giù sulla linea dell'equatore. A breve, seguendo il sentiero descrittogli dai Silenziosi, sarebbero giunti nella centrale operativa del centro abitato, passandoci però da sotto. Sarebbe stato ovviamente impossibile attraversare la città; fortunatamente i Saggi non erano gli unici a conoscere quel luogo.
Le divise dei due armati strisciavano contro i rovi appuntiti che invadevano il percorso. Poi a un certo punto Loodly si fermò. <Eccolo> disse, indicando avanti. Si inoltrarono nella vegetazione e giunsero dinanzi a una vecchia costruzione abbandonata. Entrambi rimasero di stucco nel leggere la stessa sigla che Jack aveva visto nella vasca dov'era contenuta la Perla Viola. La stessa sigla che rappresentava la marca della fabbrica principale di Speranza. Le case "del futuro" erano tutte progettate da quell'azienda. Quella capanna era arrugginita e ricoperta da piante rampicanti e pezzi di rami spezzati. Probabilmente c'erano state tempeste ed erano caduti sul tetto e tutt'intorno. <Bel posto...> commentò Jack sarcastico.
<Già, non è un incanto?> disse una voce pimpante dal nulla.
Entrambi sussultarono e si guardarono intorno. Poi uscì allo scoperto un tale, vestito in un modo piuttosto bizzarro e coi capelli lunghini e crespi, come se non se li lavasse da parecchio tempo. Eppure, per essere un infiltrato che viveva nelle foreste come un barbone, era decisamente arzillo. Il suo viso risaltava su quell'ammasso di vestaglie di vari colori che gli ricopriva il corpo.
<Voi siete...?> domandò Loodly, squadrandolo da testa a piedi.
<Sono Pint. Chiamatemi così> lo interruppe.
<Sì, in effetti è l'unico nome che conosciamo. Un nome in codice presumo>.
<Già! Ed è anche il mio soprannome preferito>.
Jack e il Tenente si guardarono per un attimo allibiti, mentre l'altro aprì in modo irruento le ante plastificate di quel piccolo silos. I due quasi si spaventarono e si chiesero preoccupati se fosse saggio fare tutto quel baccano. Dopo essersi guardati intorno furtivamente, seguirono quel tale dentro quella piccola costruzione quadrata e tutta buia all'interno. Pint ci mise un po' per accenderla, abbassando di forza delle grosse leve poste su una parete. Pian piano arrivò la luce, lampeggiando inizialmente. Dentro era tutto disordinato e impolverato. <Scusate i metodi arcaici... Ma ho dovuto adattare l'elettricità in questa maniera, visto che è tanto tempo che non usiamo l'energia magnetica>.
<Tu vivi qua?> domandò il Tenente, senza riuscire a smettere di osservare gli scatoloni e gli scaffali malandati pieni di cianfrusaglie.
<Ovviamente no! Siete pazzo? Questa è una vecchia centrale elettrica del primo centro abitato d'origine speranzese e tale deve rimanere... Se loro passano di qui mi scoprirebbero. No, vengo qua solo a sbrigare delle diavolerie... e a incontrare i membri del nostro clan, chiaro!>.
<E non è rischioso?> chiese Jack lentamente.
<Un po' sì, ma... Siete i primi che vengo a prelevare!> e scoppiò a ridere goffamente.
Loodly e Atson si riscambiarono un'occhiata scettica.
Jack gli chiese: <Sei arrivato qui tramite la porta della Custodia? Il teletrasporto>.
<No!> squittì con aria divertita. <Quella passa-porta è attraversabile solo con l'elisir>.
<Che intendi dire?>. Non capì.
<Che solo se hai la loro sostanza nel corpo puoi accedervi. È una complessa equazione fisica che mi asterrò dallo spiegarvi. Ora, se permettete...> e ricominciò a trafficare tra la robaccia.
Jack rimuginò e forse ora capì perché ci tenevano così tanto a nascondergli quel passaggio, quando si trovava alla Perla Viola. Poi Pint mostrò loro delle carte. <Perdonatemi ancora per l'antiquato... Questa è la mappa della centrale operativa. Voi dovete arrivare qui, in questa stanza, e disattivare determinati interruttori. Così facendo, lo scudo magnetico sparirà e questo posto sarà nuovamente visibile, così come le comunicazioni, che saranno ripristinate. Ecco, la complicazione è questa. Quel sistema è stato progettato (ahimè dai nostri comuni antenati) per ripristinarsi automaticamente dopo quindici minuti, in caso di black-out o robe del genere... Quindi dovrete attendere un quarto d'ora prima di abbandonare la struttura>.
<La complicazione qual è?> chiese Loodly.
<Che loro si accorgeranno della mancanza dello scudo magnetico proprio dopo quindici minuti!>.
<Fantastico...> commentò Jack. <Ehm... Ottimo... E quindi noi cosa dovremmo fare?>.
Pint zittì qualche istante, cambiando improvvisamente espressione. <Ah... Non ve l'hanno detto?>.
<Dirci cosa?> disse Loodly oscurandosi in viso.
<Beh, ecco... Dovrete fronteggiare i nemici e contemporaneamente rispegnere gli interruttori. Tutto ciò mentre la seconda squadra diffonderà i vaccini>.
<Un momento... Come potremmo noi due fermare un esercito intero di Saggi?!> sbottò Jack.
<Beh, per questo ci sono io... Io bloccherò le porte stagne da qui. Lavoro a questo progetto da una vita intera... Li terrò lontani e il più occupati possibile...> terminò la frase con lieve incertezza.
Jack si voltò e imprecò. <Davvero eccezionale! Grazie tante, Elby!>.
Loodly invece si portò le mani al volto, sospirando e sorridendo nervosamente.
<Pensavo che lei vi avesse spiegato tutto> balbettò distrattamente Pint, mentre riprese a sfogliare le carte su un tavolo al centro dello stanzino, illuminato da una lampada elettrica da scrivania.
<No, aveva omesso il particolare in cui noi avremmo dovuto restare lì una volta disattivata la loro fottuta barriera invisibile!> disse Jack.
Loodly nel frattempo rimuginava fra sé e sé, con le mani al mento e lo sguardo rivolto verso il basso. Aveva un'espressione scioccata. Almeno così sembrava in penombra e vedendolo di profilo.
<Tutto bene, amico?> gli domandò Jack. <Vedrai, ce la faremo>.
Loodly ridacchiò. Poi disse: <Certo Jack, che ce la faremo... è per questo che siamo stati mandati lì> con una punta di sarcasmo.
<Che cosa vuoi dire?>.
<Non l'hai capito, vero?> sorridendo ironicamente. Poi sospirò e iniziò a passeggiare lentamente.
<Non so di che parli>.
Il Tenente si fermò e fissò Jack negli occhi. <Ci hanno mandati in una missione suicida>.
<Intendi proprio... letteralmente?>.
<Già... Letteralmente>.
<Davvero... Io non capisco. Spiegami...>.
<È molto semplice... Loro sapevano già che avremmo dovuto rimanere lì, una volta messo fuori uso il sistema. Solo, non ce l'hanno detto perché... Beh, è chiaro! Chi è che accetterebbe una morte sicura?>.
Jack lo fissava imbambolato.
Poi l'altro riprese, guardando altrove: <Ora è tutto chiaro...> e ridacchiò nuovamente. <Sapevano fin dall'inizio che quel sistema si riattivava automaticamente. E che quindi qualcuno sarebbe dovuto rimanere lì a spegnerlo costantemente, per far sì che la seconda squadra potesse agire e introdurre i medicinali nel sito. Già... e siccome non avevano uomini a sufficienza... solo chi partiva per primo poteva fermarsi. Quindici minuti! Il tempo che i Saggi se ne accorgessero e venissero ad ammazzarci>.
<Ma... Perché tenerci all'oscuro? Non ha senso... Voglio dire, c'è Pint che li terrà a bada a distanza. E poi, l'abbiamo scoperto adesso! Potremmo anche decidere di rinunciare!>.
<È vero. Io non ero al corrente. Dicendovelo avrei svelato il loro piano> si intromise Pint.
<Tutto vero. Peccato che è troppo tardi per rinunciare! Avevano calcolato tutto...> rispose Loodly.
<Non è tardi...> disse timidamente Pint.
<Non lo è? La seconda squadra sarà già partita! E poi siamo qui... Abbiamo i nostri cari laggiù. Sapevano già che non ci saremmo tirati indietro!>.
Jack si mise a riflettere e in effetti tutto quel ragionamento aveva senso. "Ma certo... è logico!", pensò.
Poi si rivolse al compagno. <Non è detto che moriremo... Magari Thuras farà in tempo a...>.
<A iniettare il medicinale nel sangue di tutti i Saggi?! Ahahah! Non essere ridicolo... Una volta che la seconda squadra farà irruzione, non importerà più niente a nessuno di tenere lo scudo disattivo. Ragiona, Jack! Anzi... Avere una grossa parte di guardiani concentrati nella centrale operativa li agevolerà nell'invasione. Hanno fatto di noi un'ottima esca!>.
Jack non seppe più che rispondere. Anche Pint si fece piccolo e restò zitto in disparte, per non infierire. Poi Jack uscì da lì e prese aria, piegandosi sulle ginocchia e fissando verso il cielo. Mentre guardava le punte degli alberi muoversi col vento, si trovò sommerso da una cascata di pensieri. La rabbia verso i Silenziosi per quell'inganno. L'ansia per non poter sapere se gli altri avrebbero ottenuto l'esito desiderato; e di conseguenza l'angoscia di non poter fare in tempo a scoprire se Kerry e i bambini fossero stati salvati. Inoltre gli rodeva il fatto di non poter essere lui in prima persona a portarli via da lì e metterli al sicuro. In più gli venne da piangere non appena realizzò che non li avrebbe mai più rivisti, comunque fossero andate le cose. Tutto quell'ignoto, sommato al senso di impotenza, lo distrussero interiormente. Prima la notizia del viaggio interstellare ideato dagli speranzesi che raggiunsero due secoli prima quel pianeta, ora questo... Non sapeva neanche lui come sentirsi... Forse doveva solo mettere da parte i pensieri e agire. Soltanto agire, in nome della sua famiglia e della sua razza.
18. LA FINE E L'INIZIO (parte 1)
Thuras e il suo gruppo avevano raggiunto il Continente. Avevano chilometri da percorrere per raggiungere il punto X, il punto dai cui tutto poi sarebbe partito. L'inizio della fine, o la fine di quell'inizio caotico che stava mettendo a repentaglio l'esistenza della razza umana. L'era dei grandi filosofi o dei pensatori era terminata. Ora c'era l'era degli uomini, quegli uomini comuni, combattenti, umili, le cui azioni erano dettate dall'istinto; tutti con un solo obiettivo: salvare ciò che gli era caro e sopravvivere in quella trincea.
Il Capitano fece segno di fare pausa, l'ennesima di quell'infinito tragitto. Irem ne approfittò per pisciare dietro un albero. Era stato silenzioso quasi tutto il tempo, non aveva nemmeno rivolto la parola a True. Ecco che proprio il suo migliore amico gli comparve alle spalle. <Cazzo, amico, ma mi spii?!> gli disse ricomponendosi.
<Oh, certo! Non te l'ho mai detto che sei il mio tipo?>.
<Fanculo, True! Che cosa fai qua, a parte guardarmi l'uccello?>.
<Ti ricordi quando ci siamo strafatti e ti avevo proposto di andare a fotterci Yendel insieme?>.
Irem si girò e lo guardò serioso.
Poi anche True cambiò espressione e tonalità. <Pensi che io sia una cattiva persona?> chiese con l'aria da cucciolo impaurito.
Irem non l'aveva mai visto così. True era sempre sicuro di sé, sfrontato e coraggioso. Ora sembrava davvero un cagnolino che aveva perso il padrone. <No, eri solo fatto...>.
<Sai, degli studi psicologici dicono che alla nostra età si definisce la personalità. E che quindi ogni cosa che facciamo palesa chi siamo veramente, o chi si nasconde dentro noi>.
<Al diavolo gli studi psicologici! Tu eri solo fatto... e io con te... Anzi, sai che ti dico? Non avrei combinato niente una volta laggiù>.
<Ah no?>.
<No! Io sono gay... ma non solo questo. Non sono capace di fare certe cose>.
<Ecco, è proprio questo che intendevo! Io forse sì. Io ne sono capace. D'altronde sono stato io a trascinarti nel bosco quella sera...>.
<True, cosa vuoi sentirti dire esattamente?>.
<Solo un tuo parere. Quello del mio migliore amico...>.
Entrambi si guardarono un attimo in silenzio. Poi il vocione di Thuras li interruppe. <Si parte!> tuonò. E così presero su la loro roba e si incamminarono, dovendo rimandare quel discorso a un'altra volta, ammesso che ci fosse stata un'altra volta... Ormai si iniziava a pensare che se si aveva qualcosa da dire, quello era il momento, poiché non si poteva sapere cosa riservava il futuro, o peggio, se ci fosse stato un futuro...
Yendel e True se ne stavano seduti a riva con le gambe pucciate nel mare, a godersi il tramonto. Era proprio bello lì... e anche romantico. Ideale per loro due. Però True da qualche giorno aveva qualcosa e lei lo capiva, tant'è che non ce la fece più e glielo disse. <True, parlami per favore... Sono la tua ragazza>.
<Ti ho detto che non ho niente>.
<E dai... Ti conosco!>.
<Ok, ok. Basta che la smetti di farmi quella faccia da furbetta. Sai che non resisto...>.
<Apposta la faccio!>.
<Già... Beh, comunque sono solo preoccupato>.
<Devo cavarti le parole di bocca? Preoccupato per cosa?>.
<Irem. È il mio migliore amico. Percepisco che è solo e io non gli sto vicino>.
<Ehi, vuoi che mi stacchi un po'? Magari è per via della mia presenza...>.
<No, so che stai cercando di dire. Non è perché sto troppo tempo con te. Non ha niente a che fare... è solo che, vedi, io l'ho spesso condotto su cattive strade. Non sono proprio un modello da seguire>.
<Oh, al diavolo True! Sono ragazzate! Le hanno fatte tutti>.
<Ma lui non è così!>.
<Maledizione! È anche più piccolo... Crescerà. Capirà da solo. Per il Bosco! Non voglio dire che non sia onorevole questo tuo senso di fratellanza nei suoi confronti. Davvero, è amorevole il fatto che tu sia così protettivo. Ma è un ragazzo! Saprà scegliere per conto suo...>.
<Sono sempre ammirato dalla tua intelligenza. A volte mi chiedo se mi merito di stare con te>.
Yendel vedeva True diverso dal solito, ma preferì non dirglielo. <Non dire sciocchezze. Io so che persona sei>.
<Ne sei sicura?>.
<Che cavolo vuoi dire? Non essere misterioso>.
<È che, vedi... Non è solo questo>.
<Intendi che c'è dell'altro a turbarti?>.
<Sai, ci sto riflettendo. E credo che tutto ciò che ci accade sia una sorta di punizione per tutti i nostri peccati, i nostri segreti... Noi viviamo di segreti e di continui sbagli. Non siamo puri... E credimi, nessuno si salva>.
<Wow, che saggezza oggi!>.
<Non sto scherzando. Penso che andrò con lui>.
<Come scusa?>.
<Sì, farò l'addestramento col Capitano Thuras e partirò in missione>.
<Vuoi andare sull'Altro Continente?! Ma sei forse impazzito?>.
<Direi di no>.
<Ti ho appena detto che sei un bravo ragazzo e che ho stima di te e tu agisci in questo modo immaturo...?>.
<Non sono immaturo! È solo la cosa giusta da fare...> e si alzò, dandole le spalle.
<Giusta per chi? Per te o per qualcun altro?> disse lei rimanendo seduta.
Lui non rispose, così Yendel parlò ancora: <Hai già deciso di farlo, vero? Stai andando da Thuras, non è così?>.
<Sì, perdonami se non ne ho parlato con te> con tono aspro.
<Perdonarti per...?! Merda, True, non si tratta di questo>.
<E di cosa allora?!> sbottò girandosi verso di lei, che si alzò in piedi e gli andò di fronte.
<Perché lo stai facendo? La verità, per favore>.
<Non ci sono ragioni. Lo faccio perché lo dice il mio senso morale>.
Lei rise nervosamente e gli fece il verso. <Senso morale...>.
<Yendel, io ti amo. E ti amerò sempre> le disse dolcemente afferrandola per le braccia.
<Lo dici perché stai andando a morire?> chiese lei con gli occhi già lucidi.
<Lo dico perché lo penso>.
<Non è necessario che tu lo faccia> con un lieve singhiozzo.
<Sì, invece...>.
<Perché? Dammi solo una buona ragione. Cos'è che ti sta succedendo? È perché vuoi proteggere Irem?>.
<Non solo. C'è dell'altro...> e si staccò, abbassando lo sguardo.
<Dell'altro cosa, True...?>.
<Vedi. La sera che abbiamo visto i Freddi avvicinarsi a Huston, io e Irem stavano venendo da te, al tuo villaggio>.
<Sul serio? E perché mai?>.
<Perché siamo ragazzi immaturi...> con ironia. <O lo eravamo. Adesso tutto questo ci sta facendo crescere. Comunque: eravamo fatti. Avevamo fumato e bevuto parecchio. Quindi mi era venuto lo schizzo di venire a trovarti>.
Lei ridacchiò. <È tutto qua? Ok, ci sta... Poi fortunatamente siete tornati indietro. Era solo una bravata>.
<Sì, ma... ecco. È difficile da dire, senza che io passi per un pervertito>.
<Pervertito? Ma di cosa diavolo...?!>.
<Avevo proposto a Irem di venire da te per scopare. Ecco, l'ho detto! Dovevo togliermi questo peso. Ma ripeto, eravamo in condizioni pietose. Non sapevo quello che dicevo>.
<Wow...> commentò lei distogliendo lo sguardo dal fidanzato.
<Sì, gli avevo proposto di inoltrarci nella giungla di notte per farci una scopata insieme con te>.
<Beh, io...> fece una pausa. <Io non so che dire. Forse devo ringraziare quei Freddi che transitavano per le colline Yumbai, se non avete fatto irruzione nel mio villaggio creando un caos che poi sarebbe stato impossibile da placare>.
<Il caos è scoppiato lo stesso. E sai che ti dico? Era una punizione per quello che ho fatto! O quello che avevo intenzione di fare, almeno... Infatti, quando mi hanno processato a Campo Hahjan e poi mi hanno sbattuto in cella, non riuscivo a pensare ad altro. Me lo meritavo, cazzo! Quindi ora capisci cos'è che mi motiva? Io devo partire per riprendermi il mio onore!> concluse alzando la voce.
<Non è necessario. Io ti perdono...>.
<Non mi basta. Te ne sono grato, sì, ma non è sufficiente. Devo rimediare ai miei errori e non c'è modo più adatto di questo. Scusami tanto!> piangendo. <Ma...> non terminò la frase.
Lei lo guardò seriosa e disse: <Qualunque cosa io ti dica, non cambierai idea, vero?>.
Lui riuscì solo a fare no con la testa. Yendel non l'aveva mai visto in lacrime.
<Allora sappi che io ti aspetterò! Ti amo anch'io True. E ti aspetterò sempre...>.
Jack e Loodly stavano in un condotto aereo, vecchio almeno quanto i loro tris nonni, dove l'aria mancava e faceva un caldo insopportabile. Purtroppo era l'unica strada sicura per arrivare nella sala degli interruttori. Fecero una pausa per riprendersi un attimo. Loodly bevve dalla borraccia e poi la passò a Jack. Mentre anche il compagno faceva un sorso, continuò a guardarlo e gli disse: <Sembra che non ti abbia turbato molto il tradimento di Elby e Maurz>.
<Sono abituato ormai>. Gli ripassò la borraccia. <Sono abituato ad essere tradito, usato, manipolato e ingannato in qualunque modo si possa fare. Sono nato e cresciuto in mezzo ai complotti e alle ingiurie. Per me non è nulla di nuovo>.
<Meglio così da una parte. Ci serve fermezza. Forse è anche per questo che hanno scelto noi. Sapevano che non avremmo ceduto>.
<Bene! Almeno moriremo consapevoli che la gente ci ammirava e aveva fiducia in noi>.
<Già...> e rise.
Dopodiché proseguirono. Il tempo era prezioso. Ancora una ventina di minuti e, stando alle indicazioni di Pint, sarebbero arrivati nel punto di non ritorno.
Sammy vide Jack vicino a un gruppo di alberi e, passeggiando, gli andò incontro. Quando arrivò, Jack stava facendo work out su un ramo solido e non troppo spesso, che formava un angolo di novanta gradi col tronco. Ideale per gli esercizi.
<Non dovresti sforzarti tanto alla tua età> gli disse scherzando.
<Tu non preoccuparti...> gli rispose col fiatone. Poi scese e si passò la manica sulla fronte sudata. <In effetti, gli anni iniziano a sentirsi. Ma niente mi fermerà. Questo pianeta mi dà la forza e l'energia sufficienti. Penso che stiamo diventando un tutt'uno>.
<Ne sono felice. Questo significa che ormai ne hai fatto la tua casa. Spesso penso a te, Jack. E a quanto le cose siano cambiate in fretta. Quello che abbiamo passato, sai... Non è facile da dimenticare>.
<Non lo dimenticheremo infatti. Ma abbiamo deciso di andare avanti, no? Insieme...>.
<Già. Hai assolutamente ragione>.
<E tu Ministro? Come stai?>.
<Oh, io me la cavo. Ho la mia famigliola, le mie piccole responsabilità. Ormai mi sono perfettamente integrato>.
<Non ti sei mai pentito?>.
<No. E tu?>.
<Nah... Non mi piace comandare!>.
L'altro sorrise, mentre Jack iniziò una serie di piegamenti sulle braccia, respirando rumorosamente ad ognuno di essi.
<Ti lascio ai tuoi esercizi. Ehi Jack, qualunque volta tu abbia voglia di parlare...>.
<Non esiterò a venire a citofonarti, tranquillo> finì la frase con la voce strozzata.
<Eccellente! Allora a presto...> si congedò Sammy di buon umore, tornando verso Huston alle sue faccende quotidiane.
Trovarselo lì davanti fu ovviamente scioccante. Ma ci si doveva saper aspettare tutto ormai, specialmente in quel luogo, la tana del lupo. Ecco Sammy avvicinarsi con le mani in tasca, vestito di bianco come un tempo, quando faceva lo scienziato e non il Primo Ministro di una città. Il tunnel era finito e si era allargato diventando una galleria sotterranea, illuminata artificialmente. L'impianto elettrico di quella centrale operativa era antico come tutto il resto lì intorno.
<Merda, ci hanno trovati!> esclamò Loodly.
<Sei qui da solo Sammy?> domandò Jack mantenendo lo calma (o almeno sforzandosi di farlo).
<A dir la verità sì> rispose fermandosi a pochi passi dai due.
<Come ci hai trovati?>.
<Diciamo che sapevo dove cercare... Pensavate veramente di riuscire a intrufolarvi qui senza essere scoperti?>.
<A dir la verità: no!> rispose acidamente Jack.
<Ebbene, ora ci fermerete? Ci attende un'imboscata?> aggiunse Loodly.
<No. Sarebbe un'inutile perdita tempo e un dispendio di energie. Voi e la vostra gente sapete già dove siamo. Ciò che mi stupisce è che vi siate fatti abbindolare così facilmente da quelle persone. Non lo capite che vi stanno usando? Specialmente tu, Jack! Mi deludi>.
<Tu non mi conosci. Non sei Sammy! Quindi non parlarmi in questo modo. Non cadrò nel tuo tranello psicologico. Sono consapevole di essere un loro burattino e guarda un po'... Ho scelto io di farlo!>.
<Hai scelto di ucciderci tutti con quei veleni che vi spacciano per medicinali?>.
<Ahahah! Certo, come no... Continua pure! Io ho una missione da portare a termine> e fece per proseguire di colpo. Ma Sammy lo bloccò appoggiandogli il palmo della mano sul petto.
Con molta tranquillità e trasparenza, disse: <Non sto bleffando, Jack Atson. Voi, così facendo, farete estinguere la razza umana. Vorrei tanto poter approfondire questo discorso con te, ma non credo che mi starai a sentire>.
<No, Sammy! Non ti starò a sentire... Ho già ascoltato abbastanza. E siete come un disco incantato>.
<Perché non vuoi crederci?>.
<Che se non agiamo in questo modo finiremo per ucciderci tra di noi? È una teoria priva di fondo!>.
<È un dato di fatto. E vorrei non voler esserne la causa>.
<Allora fermami!> con odio. Aveva il sangue negli occhi. Sammy invece rimaneva tranquillo e inespressivo.
<Non è per questo che sono venuto. La violenza non serve e non è la nostra arma. Non qui. Sono venuto solo con la sciocca speranza di poterti convincere. Ma credo che sia stato inutile>.
<Esatto, è stato inutile. Quindi ora, se non ti dispiace...>.
Sammy ritrasse la mano e Jack passò oltre, seguito da Loodly, che si limitò a guardarlo velocemente prima di proseguire.
<Lei è felice, Jack!> disse Sammy da dietro mentre i due si allontanavano.
Atson si fermò. Poi piano si voltò, senza girarsi del tutto.
<Lei è felice...> ripeté. <Perché negarle questo, se l'ami?>.
<Perché non è lei in questo momento> rispose Jack più a bassa voce di quanto volesse.
Sam comunque lo sentì. <C'è anche mio figlio... Sai, sta guarendo. Come dire? Il potere della religione. Strano detto da me, eh? Però mi sono ricreduto. Nella vita non si smette mai di apprendere> continuò poi, addolcendosi.
Jack appoggiò lo zaino e prese la borraccia per bere. Poi rilassò la sua muscolatura tesa e si rivolse al suo ex migliore amico. <Sono felice per tuo figlio, Sammy. Io non credevo che potesse...>. Gli vennero addirittura le lacrime agli occhi.
Loodly lo guardò basito. Anzi, sicuramente impaurito dall'idea che ora Jack potesse voler rinunciare. Sarebbe rimasto solo e con due persone intente a fermarlo da affrontare.
Jack Atson non lo degnò di uno sguardo. Loodly intuì le sue intenzioni (forse). Era un Tenente addestrato, eppure le persone erano mondi e bisognava sempre aspettarsi di tutto. L'addestramento in effetti consisteva perlopiù in questo. Stare sempre allerta e non fidarsi mai pienamente di nessuno. Chiunque, in qualunque momento, poteva voltarti le spalle. E le ragioni potevano essere molteplici.
Jack arrivò faccia a faccia con l'ex Primo Ministro, il quale non si mosse. <Mi dispiace tanto> e lo abbracciò.
Sammy dapprima rimase sbalordito, ma poi ricambiò l'abbraccio. <Non ti preoccupare. È stato un periodo difficile. Possiamo smettere di soffrire, Jack. Possiamo smettere di soffrire...>.
<Già, ma per ora faremo a modo mio>. Senza che l'altro se ne accorgesse, impugnò la pistola atomica dalla parte della canna. Poi, con un colpo secco alla nuca, stordì Sammy, il quale perse i sensi e scivolò tra le braccia di Jack, accasciandosi a terra.
<Ma che diavolo...?!> esclamò Loodly.
<Non potevamo rischiare che chiamasse aiuto. Lui viene con noi!> concluse Jack.
Vista da lì, la Città Illuminata sembrava davvero emanasse della luce. Il gruppo di Thuras poté ammirarla di fronte, costruita fino ai margini del promontorio, al termine del quale la parete rocciosa andava a infilzarsi nel mare verticalmente. Alle spalle di quella punta di città, il favoloso tramonto di Picture creava un miscuglio di colori tendenti al rosso, che era difficile smettere di ammirare. Inoltre si intravedevano già le forme delle stelle nel cielo, anche se non era ancora notte, e il pianeta visibile ad occhio nudo di quel sistema solare, piccolo e di colore giallo, a metà nel cielo.
<Uno spettacolo della natura! Peccato doverlo distruggere> commentò True.
Alcuni lo guardarono.
<Già, davvero incantevole! Ma nulla ci vieterà un giorno di abitare qui... Ora però andiamo a far sì che questo possa accadere> disse Thuras.
<Ci siamo appena fermati!>.
<Non sarai stanco, ragazzino? Io alla tua età non facevo mai le pause>.
<Non chiamarmi ragazzino>.
<E tu non rivolgerti a me senza usare il mio titolo. Sono il tuo superiore e devi portarmi rispetto!>.
<Ok, basta litigare... Forza. Abbiamo un lavoro importante da svolgere> provò a sdrammatizzare Irem, mentre i due ancora si lanciavano occhiate di fuoco.
Avevano sempre bisticciato, ma in fondo provavano stima l'uno per l'altro, reciprocamente. Non per niente Thuras accettò di portarlo con sé. Era severo e con un carattere difficile, ma lui lo riteneva essenziale per formare una personalità solida e non morire quindi in battaglia. Questo era uno dei tanti insegnamenti che diede alle due giovani reclute.
Jack Atson e Loodly giunsero finalmente nella sala principale. Sammy si era ripreso dalla botta e camminava dietro di loro, con i polsi legati a una corda, tenuta saggiamente da Jack.
<Tu! Vieni davanti. Voglio averti sott'occhio> gli disse proprio quest'ultimo, che si aspettava di tutto da quella gente.
<Stai parlando con me, Jack. Non sono uno sconosciuto. Ci conosciamo da quasi mezzo secolo> brontolò il prigioniero, aprendo bocca per la prima volta da quando era stato catturato.
Jack lo ignorò e non gli rivolse la parola. Nel frattempo Loodly - che aveva un minimo di esperienza nel campo dell'elettronica e dell'informatica - stava osservando con attenzione tutta quella parete ricoperta di schermi, pulsanti, tastiere e leve (interruttori). Le pareti della sala erano grigie e in alcuni punti anche screpolate, se non ricoperte di muffa e umidità negli angolini. Quella parete, invece, era nera e dai vari schermi o da sotto i comandi fuoriusciva un lieve luccichio verde, quasi a creare una sorta di atmosfera magica.
<Non ho mai visto nulla del genere, Jack. Una tecnologia come questa, su Speranza, sarebbe stata roba extraterrestre> disse cupo e con voce bassa e roca.
<Non dimenticarti che viene da Speranza anche questa roba...>.
<Sì, ma queste persone hanno evidentemente sviluppato una tecnologia a sé, una volta arrivati qui. Forse sono più avanti di noi perché hanno avuto più spazio e più tempo a disposizione. Non dovevano preoccuparsi delle faccende dell'astronave. Erano qui, belli tranquilli e isolati, e hanno avuto tutta la calma necessaria per creare lo scudo invisibile>.
<Sento preoccupazione nella tua voce, Tenente. Anch'io ero un informatico, un tempo. Vedrai che in due riusciremo a cavarcela>.
Sammy ridacchiò da dietro.
<Che cavolo c'hai tu da ridere?!> sbraitò Jack.
<Senza di me non riuscirete mai a disattivare quello scudo> con accento palesemente ironico.
<Ah sì?> disse Jack. Poi mollò la corda, lo afferrò, e gli sbatté la testa contro i comandi, con forza. <Allora fallo! Avanti!> gli ordinò, tenendolo da dietro.
<Non otterrai niente con le cattive maniere, Jack> rispose l'altro tranquillo.
<E con le buone sì invece? Dovevo chiedertelo per favore?>.
<Ti ho già spiegato che questo scudo protettivo non serve. Voi sapete già dove siamo. Siete qui sul Continente. E a breve sicuramente ci saranno anche i vostri amici>.
<Gli stessi amici che hanno bisogno di poter comunicare via radio. E ciò non è possibile senza il nostro intervento qui. Perciò, per favore, ci aiuti o devo mandarti nel mondo dei sogni un'altra volta?>.
Sammy rise. <Va bene, va bene. Lo farò... Tanto non servirà a niente. Voi non uscirete mai da qui. Una volta spenti quegli interruttori, un allarme arriverà a chi di dovere, e questo posto si riempirà di uomini in meno di quindici minuti>.
<Sappiamo benissimo cosa accadrà. A noi basta solo questo...>.
<Siete diventati buoi da sacrificio?!>.
<Non ti deve interessare! Ora agisci!>.
Sammy iniziò a maneggiare su quei comandi, mentre Jack e Loodly cercavano di memorizzare gli spostamenti, in modo da poterlo rifare tra quindici minuti.
<Tutto questo non ha senso, Jack. Se Pint è prigioniero, perché non ci hanno già arrestati? E se lui fosse esattamente dove voleva essere?> bisbigliò il Tenente all'orecchio di Jack.
<Ti prego, non iniziamo con le paranoie. Comunque vadano le cose, noi resteremo bloccati qui. E poi, guarda tu stesso. Senza l'aiuto di Sammy riusciresti a disattivare lo scudo? Abbiamo per forza bisogno di lui>.
<Speriamo di non commettere un errore madornale allora...>.
Come da programma, la seconda squadra arrivò nel punto X.
<Ora non ci resta che attendere il segnale...> disse Thuras.
<Nervosi?> domandò Klus, rimasto tutto il tempo fedelmente vicino al Capitano.
<No! Neanche un po', e voi?> rispose sarcastico True.
Thuras ridacchiò. <Ehi! Vedrai che ce la caveremo. Restiamo uniti e riusciremo nel nostro intento. In casi come questi ci vuole fede. Perché arrivare fino a qui, se poi dobbiamo fallire miseramente?>.
<Forse perché siamo destinati a diventare parte del popolo della Perla Viola> commentò Irem guardando in avanti, verso il promontorio dove iniziava la città, le cui luci artificiali iniziavano a sostituire quella del sole. Ormai stava calando il buio. Loodly e Atson dovevano muoversi...
<Non fare scherzi, mi raccomando!> disse Jack minaccioso.
<Altrimenti mi mandi all'altro mondo? Ne saresti capace?> replicò Sammy. Prima che l'altro potesse controbattere, aggiunse: <Comunque ho fatto. Il vostro scudo è disattivato. Contenti?>.
<Come ne siamo certi?> chiese diffidente Loodly.
<Beh, provate a comunicare coi vostri, no?>.
<Giusto! Forza, prova!> disse Jack nervoso, senza togliere mai un attimo gli occhi dal prigioniero.
Loodly tirò fuori una radio, datagli dai Silenziosi, i quali si erano raccomandati di non provare a comunicare tramite il chip che avevano impiantato nel polso, poiché così i Saggi così potevano scoprirli.
<Tenente Loodly a seconda squadra. Comunicare...> disse. Nessun esito.
<Forza, di nuovo!> lo incoraggiò Jack.
<Tenente Loodly a...>. La radio rumoreggiò. Poi, come un'oasi in mezzo al deserto, si udì la voce inconfondibile del Capitano Thuras.
<Qui, seconda squadra. In ascolto!>.
Sia che Jack che Loodly non riuscirono a contenere un ampio sorriso e un'espressione di contentezza.
<Sì, siamo noi! Scudo disattivo!> disse Loodly quasi urlando.
<Ricevuto!> rispose dall'altra parte.
<Ce l'abbiamo fatta!> esclamò Jack felice, abbracciando l'amico e sbattendogli il pugno chiuso sulla schiena.
<Ottimo! Ora non distraiamoci. Da un momento all'altro arriveranno un fiume di guardie a tentare di ucciderci. Prepariamo le armi>.
<Armi già pronte, bello! Con chi pensi di parlare?> rispose Jack euforico.
<Allora, amico, sei pronto a morire?>.
<Non se non sei disposto a morire con me!> ridendo come un ebete.
<Voi due siete matti...> commentò Sammy divertito.
<Sì ed è grazie a noi, alla nostra unicità e quindi al nostro libero arbitrio, che potremo salvare il mondo> spiegò Jack.
<Anche noi siamo minuti di libero arbitrio; e non possediamo di certo una mente unica. Altrimenti tutti saprebbero dove mi trovo e cosa sta succedendo>.
<Sì, ma agite corrotti da quella sostanza che vi fa far le cose senza seguire l'istinto. Ricordati - anzi, già lo sai - che tutte le più grandi imprese storiche sono state compiute da singoli individui, che si sono distaccati dal conformismo. Così come feci io quattordici anni fa. E così come sto per rifare>.
<Sei troppo sicuro di te, Jack. E se i tuoi amici falliscono?>.
<Lotteremo fino alla fine. Il destino deciderà per noi... Se dovremo soccombere e diventare degli zombi come voi, allora andrà così. E fanculo all'umanità! Magari questa è una punizione per come si è comportato l'uomo fino adesso>.
<Già. E l'accanimento che hanno quei pochi singoli di cui fai parte, non è altro che un intralcio>.
<Pensala come vuoi. Ma lo vedremo solo alla fine>.
<Tu tra poco morirai, Jack. Come saprai come andrà a finire? Per cosa muori esattamente?> con malizia.
<Non ascoltarlo!> gli suggerì Loodly, vedendo già il sangue andargli al cervello. <Arrivano...> disse poi.
19. LA FINE E L'INIZIO (parte 2)
Le porte si spalancarono, alzandosi e scomparendo verso l'altro, attraverso una fessura. Per via del fallimento di Pint, in quanto era stato sorpreso e catturato, tutti i nemici poterono arrivare insieme, senza essere rallentati dalle porte stagne. Jack Atson e il Tenente Loodly si scambiarono un ultimo breve sguardo di consapevolezza. Tra pochi secondi sarebbero stati probabilmente travolti da una pioggia di proiettili. Tuttavia si barricarono dietro della robaccia buttata a terra, in due punti diversi della stanza, per ripararsi e nascondersi, pronti a sparare a loro volta. Usarono scaffali, scatoloni, sedie e scrivanie. Le porte, allo stesso modo, tentarono di barricarle con altri scaffali e roba analoga. Inoltre avevano piazzato degli esplosivi sulla soglia di tutti gli ingressi, che sarebbero esplosi solo al loro comando.
Alcuni uomini si intravidero già dietro la ferraglia messa lì, in mezzo al passaggio. Jack e Loodly erano tentati di sparare, ma potevano esserci alcuni dei loro là dietro. Magari addirittura Kerry, o la moglie di Sammy e via dicendo...
Prima di mettersi in posizione, Jack aveva detto: <Regoliamo i mitragliatori ad un livello narcotizzante. Così non uccideremo nessuno>.
<Jack, potrà essere necessario farlo, invece>.
<Allora piazziamo il c4 lungo il perimetro e usiamolo solo come ultima risorsa. Per favore, occhi aperti. Potrebbero esserci i miei familiari lì in mezzo. Conoscendoli, potrebbero mandarli avanti apposta per farmi esitare a colpire>.
<Non preoccuparti. Starò attento. Ci sono pure i miei amici in mezzo a loro>.
<Ottimo. Si parte allora>.
Sammy fu legato contro uno scaffale sulla parete posteriore, impossibilitato a muoversi, a meno che non si fosse trascinato lo scaffale dietro, ma così facendo sarebbe caduto di faccia sul pavimento e sarebbe rimasto schiacciato dal peso.
<Si comincia...> bisbigliò Loodly, guardando nel mirino e seguendo i movimenti dei Saggi.
<Mi raccomando. I due interruttori sono quelli> disse Jack indicando alle loro spalle. Si erano messi strategicamente vicini al punto della parete nera interessato, in modo tale da poter spegnere gli interruttori ogni quindici minuti, ammesso che avrebbero resistito tanto. In ogni caso ci avrebbero provato e avrebbero tentato il tutto per tutto.
<Per Speranza!> disse Loodly, senza tenere il tono della voce basso.
<Per la Terra!> rispose Jack ancora più forte.
Poi iniziò la trincea...
Una raffica di spari magnetici verdi colpirono le persone dietro le barriere di cianfrusaglie che avevano posto tra i telai delle porte di metallo. Molti caddero, svenendo all'istante. Nonostante le armi fossero state regolate su un livello non fatale, se colpivano qualcuno al viso o in testa o magari troppo vicino al cuore, potevano ucciderlo lo stesso, o comunque creargli grossi danni. D'altronde non avevano scelta. Era l'unico sistema per salvare l'umanità.
I Saggi risposero al fuoco, iniziando a sparare proiettili veri verso i due, che si tennero bassi e strinsero i denti per un eventuale imminente dolore. Nessuno dei due venne colpito, per fortuna.
<Ora!> gridò Loodly. Il primo turno era di Jack, che si alzò, il più rapidamente possibile, e abbassò contemporaneamente le due leve, allo scadere dei quindici minuti. Poi si rigettò letteralmente dietro il suo nascondiglio, mentre un'altra scarica di proiettili arrivava già nella sua direzione.
<È andata?> domandò Loodly, che copriva le spalle all'amico sparando a sua volta.
<Andata...> rispose Jack, un po' troppo debolmente e strozzando la voce.
Loodly si voltò e lo vide dolorante, che premeva sul braccio con la mano. Vide anche del sangue gocciolato lungo il percorso che aveva fatto, oltre che vicino a sé. <Merda, amico! Ti hanno colpito>.
<Non preoccuparti. Non è niente!>.
Entrambi ripresero a sparare. Jack dovette usare la mano sinistra e chiaramente non poteva impugnare l'arma con entrambe le mani, difatti non riusciva a mirare bene. Il rimpallo del raggio magnetico gli faceva tremare la mano finendo per sparare contro la parete o altrove. Loodly lo notò ma non volle infierire. L'amico non doveva scoraggiarsi o lui avrebbe rischiato di rimanere da solo.
La sparatoria continuò. Una vera lotta contro il tempo...
Non molto distante di lì, le cose non sembravano poi così diverse. Thuras era stato avvertito da Loodly che li avevano scoperti, ma questi non poté mandargli rinforzi. Erano già in numero ridotto ad affrontare un esercito di Saggi. Fortunatamente le nuove armi speranzesi vennero inventate solo dopo che la famosa astronave lasciò la colonia per raggiungere prima il pianeta. Quindi solo coloro che atterrarono su Green Rock quattordici anni prima le possedevano, ed esse erano molto potenti e distruttive. Lo scopo di tale progresso era: più effetti e meno uomini. Poche armi per sconfiggere grandi battaglioni. A collaudarle furono proprio gli Uomini dello Spazio, che ora lottavano contro la loro stessa gente!
La città era stata invasa. I sei soldati spazzavano via chiunque attorno a loro - in un raggio di venti metri circa - neutralizzandogli la coscienza. Le vittime svenivano sul colpo e rimanevano inermi per svariati minuti. Così facendo si facevano strada, lentamente, mentre con uno scudo intorno proseguivano verso il grande castello in cima alla duna, in fondo alla via principale del centro abitato. Visto dall'alto, quello scenario, sembrava una festa di quartiere con tanto di fuochi d'artificio, tutti tendenti al verde, dato che quando lo scudo trasparente veniva colpito emetteva dei piccoli lampi verdognoli.
<25, 26!> esclamava Irem ogni volta che colpiva un uomo.
<Solo? Io sono già a 28> rispose True. Poi sparò e ne colpì un altro. <Scusa, 29!> si corresse.
<Ragazzi, al posto di giocare cercate di rimanere concentrati...> tuonò Thuras, che apriva la fila. <Siamo arrivati all'ape regina...>.
<Merda! Sono troppi! Non ce la faremo!> urlava Loodly.
<Mantieni la calma! Stanno per scadere i quindici minuti. Se riusciamo ad abbassare le due leve almeno un'altra volta...>.
<Almeno? Questo significa morire!>.
<Lo sapevi>.
<Già... Beh, fanculo! Se proprio devo...>. Poi lanciò un grido e si scagliò verso i Saggi che stavano entrando nella sala.
<Che cazzo fai?!> gli urlò Jack, spiazzato da quella mossa improvvisa.
Mentre Loodly lottava con ogni mezzo possibile, cazzotti e calci compresi, contro i Saggi, Jack da dietro sparava per colpire coloro che si avvicinavano. Con la coda dell'occhio vide uno dei nemici andare verso il punto in cui era legato Sammy per liberarlo. Inizialmente puntò il fucile verso di là, ma prima di premere il grilletto dovette nuovamente difendere la sua postazione. Mentre spazzò via tre Saggi, qualcuno gli sparò sulla gamba, colpendolo poco sotto al ginocchio. Cacciò un urlo strozzato, ma non si fermò. Doveva sopportare il dolore e continuare. Fece in tempo a colpire l'addetto che stava tentando di slegare Sammy, dopodiché riprese a coprire le spalle al Tenente. Ecco che poi terminò la seconda pausa di quindici minuti. <Loodly! È il momento!> tuonò.
Il tenente lo sentì e si voltò, mentre in due o tre lo afferravano da dietro, o da sotto, o da ogni parte possibile, tentando di abbatterlo a terra. Il giovane però non demordeva e dimostrò una resistenza incredibile. <Usa il c4!> rispose gridando.
<Che cosa? Sei matto?! Rimarrai coinvolto nell'esplosione!>.
<Tu non preoccuparti... Fallo Jack, ti prego!>.
Jack titubò e non disse più niente, paralizzandosi completamente.
Allora Loodly riprese parola: <Atson, in nome del cielo! Se devo morire voglio farlo sapendo che abbiamo almeno contribuito, cazzoooo!!!>. Poi si liberò e stese una donna con un pugno sul naso. La guardò cadere e notò che aveva un'età piuttosto avanzata. Quella gente stava mandando a combattere chiunque. Non avevano una gerarchia e dei ruoli sociali. I cittadini stessi scendevano a battersi. A Loodly venne da sorridere, ma dovette subito difendersi da altri attacchi. La pistola gli cadde e prima di recuperarla fu assaltato fisicamente. Poi, mentre Jack ancora pensava a come voleva il caffè, qualcuno gli sparò, colpendolo a una gamba e in pancia, lateralmente. A quel punto il Tenente si afflosciò e cadde con le ginocchia sul pavimento, sempre con un tre o quattro individui che lo tenevano fermo. Non aveva più forze... Guardò ancora verso Jack e trovò l'energia per dire: <Amico... Ti prego...>.
<È troppo vicino, cazzo... è troppo vicino!> imprecò l'altro, parlando da solo. Aveva nelle mani già il pulsante che avrebbe fatto saltare in aria tutti i dispositivi piazzati. Le pareti sarebbero crollate e forse avrebbe guadagnato tempo. Era tutto molto azzardoso. Una cosa era certa: Loodly, in un modo o nell'altro, sarebbe rimasto coinvolto nell'esplosione. <Troppo vicino... Troppo vicino...> ripeté Jack quasi singhiozzando. Poi guardò un'ultima volta Loodly, che stringeva i denti dal dolore, mentre perdeva sangue e si indeboliva sempre più. <Ora o mai più... Tanto morirò comunque!> disse ancora il Tenente di Crizty.
A quel punto Jack chiuse gli occhi e per qualche frazione di secondo gli sembrò che tutto si fermasse e che i suoni si spegnessero. Giurò di vedere una luce bianca intensa invece che il buio, eppure aveva gli occhi chiusi. Un'onda d'urto piuttosto potente lo scaraventò contro la parete nera, facendogli volare addosso una sedia e un piccolo scaffalino con dei cassetti di metallo, tutto ciò prima che si rendesse conto che l'aveva fatto... Aveva premuto il pulsante e tutti i c4 erano appena esplosi. Le immagini a seguire furono molto confuse. Gli passò per la mente un'altra volta la scena del deserto, quella della guerra contro gli Uomini dell'Isola. Sentì lo stesso fischio nelle orecchie. Fu tremendo... Provò subito a vedere se Loodly si era salvato, ma la polvere lo costrinse a richiudere gli occhi, e inoltre tossì per quella che gli finì in bocca. I rumori erano sordi, proprio come l'altra volta. Ci volle un po' prima che l'udito gli si ripristinasse del tutto. Poi aprì ancora gli occhi e provò a vedere meglio l'esito della sua opera...
Il palazzo dei Saggi era più o meno come ce lo si poteva aspettare, se si usava un po' la fantasia. Una specie di castello strambo, non troppo eccentrico, neanche troppo lussuoso, ma piuttosto rustico e comunque bello da vedere. Se ne stava in cima a una duna che segnava l'inizio della città - se si veniva dall'entroterra - o la fine, se, come la seconda squadra, si veniva dal mare. Decine di guardie tentarono di fermare gli intrusi. Tra tutta quella gente c'erano speranzesi, Uomini del Bosco e chiunque già dimorasse in quella città, costruita dai primi Uomini dello Spazio atterrati sul pianeta. Ora che il reclutamento era finalmente completo, un piccolo nucleo di anarchici invase il centro abitato e creò scompiglio.
<Potremmo non farcela> disse Thuras.
<Quest'eventualità esiste sempre> gli rispose Klus.
<Hanno cancelli magnetici. Dobbiamo agire col piano B>.
<È necessario?!> polemizzò Irem.
<Purtroppo sì, ragazzo. Avanti, procedere!> ordinò il Capitano.
Tutti, meno Irem, iniziarono a sparare proiettili esplosivi, coi quali avrebbero abbattuto le barriere nemiche. Anche True dovette farlo, guardando prima Irem con rammarico. Purtroppo in guerra non si poteva rimanere vittime di sentimentalismi. Ogni ordine di un superiore era indispensabile eseguirlo.
Fecero piazza pulita attorno a loro. Con enorme dispiacere, videro che molti della loro gente erano rimasti uccisi. Irem continuava disperatamente a guardare se tra loro c'erano i suoi genitori. A un certo punto si distrasse, e mentre osservava tra la folla, qualcuno tentò di colpirlo con una spranga. Il loro piccolo scudo magnetico era trapassabile ogni qualvolta dall'interno partivano dei colpi, lasciandoli quindi momentaneamente scoperti. Thuras lo prese di forza e gli urlò contro, facendogli prendere un colpo: <Maledizione! Cerca di essere lucido o ci farai ammazzare tutti!>.
<Sì, sì... Cazzo, sì!> rispose l'altro scosso.
<Forza ragazzi! Entriamo> disse poi.
Il recinto magnetico era stato abbattuto. C'erano fuoco e scintille nel punto in cui era stato "bucato", perciò puntarono lì per accedere nel castello. Una volta iniettato il vaccino nell'ape regina, sarebbe stata solo questione di tempo prima che le operaie si lasciassero subire il medesimo trattamento, tornando così nel mondo reale.
Laddove c'erano le ante di metallo, che poi erano state risucchiate verso l'alto quando la prima squadra - con l'aiuto di Pint - le fece aprire, ora c'erano dei buchi attorniati da macerie e cadaveri. Quasi tutti nel raggio di tre metri erano stati uccisi e giacevano a terra sanguinanti. Jack dovette tralasciare un attimo i sensi di colpa e persino la disperazione per il suo lutto. Altre di quelle persone stavano arrivando. Sentiva i passi nei corridoi. Si alzò e attese l'inevitabile, con la faccia ricoperta di nero e di graffi. Mancava troppo al prossimo scadere dei quindici minuti, e dalla seconda squadra non aveva ancora avuto le notizie desiderate. Non poteva far altro che lottare con tutte le sue forze e resistere finché ci fosse riuscito. Poi, una volta morto anche lui, poco avrebbe importato lo svolgersi del suo compito lì, nella centrale operativa. Ormai la seconda squadra era dove doveva essere e questo bastava. Jack non poteva contribuire in alcun modo...
Caricò il mitra e lo puntò verso uno dei tunnel creatisi nella parete in seguito alle esplosioni. Per fortuna non sparò subito... Chi si presentò lì dietro era Kerry.
Aveva una pistola in mano e la teneva puntata verso il marito.
<Che fai, amore?> le chiese lui tremando.
<Ti costringo alla resa. Dopodiché ti uccido se non collabori> rispose gelida lei.
<Kerry, non sei tu...> provò a dirle lui, ancora frastornato dall'onda d'urto.
<Non conta chi sono io, ma chi vuoi essere tu. Non permettermi di farlo, Jack... Rimani affianco a tua moglie. Non lasciare i tuoi figli orfani>.
<Loro dove sono?> domandò lui.
<Non è importante>.
<Loro dove sono?!> gridò fortissimo, tant'è che lei fece un piccolo sussulto e un passetto all'indietro. Tuttavia rimase sul posto, continuando a puntare l'arma contro il cranio di Jack, con una fermezza che non le apparteneva.
<Al sicuro. Ora hai dieci secondi. Molla giù le armi e mettiti in ginocchio. Non scherzo... Io ti sparerò se non ubbidirai>.
<No, Kerry. Io non farò come dici tu... Perché non sei tu a dirlo. Tutto questo non è reale!>.
<5 secondi!>.
<E neanche tu lo farai! Perché mi ami e non mi uccideresti mai> alzando la voce.
<Ultima occasione, Jack Atson>.
<Mi dispiace... Ma io devo salvarti...>.
<Allora addio...> concluse lei.
Jack chiuse gli occhi e sentì lo sparo. Si aspettava il buio totale improvviso o comunque di ritrovarsi un buco in pancia e una pozzanghera di sangue intorno ai suoi piedi. Tutto ciò prima di accasciarsi e perdere conoscenza. Ci mise un po' - non seppe quanto, poiché gli parve che il tempo si fosse fermato - per realizzare che il colpo era finito alle sue spalle, bucando la parete nera e distruggendo degli schermi. Ciò che non aveva assolutamente visto era Sasha che l'afferrò dal collo con una corda e le fece sbagliare mira nel momento in cui sparò. Dopodiché la immobilizzò e le spazzò via la pistola dalle mani.
<Basta così!> disse Jack avvicinandosi. <È sufficiente...>.
Sasha lasciò la presa e Kerry provò a strisciare verso il punto in cui era scivolata la pistola. Fu Jack a raccogliere l'arma e a puntarla verso Kerry.
<Avanti, sparami Jack> disse lei rimanendo a terra e sollevando lo sguardo. <Continua la tua battaglia. Agisci in nome di ciò che credi. Il mio compito è finito...>.
Jack regolò col dito la potenza del raggio magnetico. <La sai usare almeno una di queste?> le chiese.
Lei non rispose.
Poi lui fece ciò che nessuno si sarebbe aspettato. Le sparò, colpendola sulla schiena. Kerry cacciò un piccolo gridolino soffocato e poi rimase inerme stesa a terra.
<Che diavolo?!> esclamò Sasha sgranando gli occhi.
<Tranquillo. L'ho solo addormentata. Come siete entrati?> disse guardando sia il ragazzo che la sua amica Yendel.
<Siamo Uomini del Bosco. Possiamo andare ovunque. Questo pianeta è nostro, non dimenticarlo...>.
<Eccellente. Allora puoi portarmi in un determinato posto?>.
<Certamente. Dove?>.
<Dall'ape regina...> rispose lui rauco, girandosi poi verso Sammy, ancora legato contro lo scaffale che faceva da spettatore.
Salendo dovettero farsi strada tra centinaia di Saggi che arrivavano a fiume da ogni dove. Col raggio magnetico spazzò via tutti narcotizzandoli, proprio come faceva la prima squadra. Solo che lui non aveva lo scudo. I Silenziosi ne avevano ideato uno solo e trovarono più sensato darlo a coloro che dovevano introdurre il medicinale nel cuore del nemico. Tuttavia riuscì a cavarsela senza troppe complicazioni. Forse i Saggi avevano subito troppe perdite e avevano ripiegato. Prima di uscire da quella struttura sotterranea, Jack si era chinato sul corpo di Loodly e gli aveva abbassato le palpebre col palmo della mano. Era stato l'ennesimo sacrificio necessario per salvare il loro popolo. A dire il vero, pensò Jack, si era sacrificato per permettergli di ricongiungersi con sua moglie, nonostante la percentuale di possibilità che riuscisse a farlo fosse bassissima. Fu lei a trovare lui, poi, anche se con la divisa dei nemici. Lui dovette lasciarla lì, almeno per adesso, così come fece con Sammy, che decise di non slegare. Se l'avesse usato come ostaggio, era sicuro che quei pazzi lo avrebbero ucciso, pur di annientare Jack. Fu una fortuna che arrivarono Sasha e Yendel, proprio nel momento giusto. Jack poteva morire e non li aveva nemmeno ringraziati. Si pentì di questo, ma certamente ci avrebbe pensato dopo una volta finito tutto quanto.
Tracy incontrò i due ragazzi esattamente dove si erano accordati. <Siete venuti... Ce l'avete fatta finalmente> con tono scocciato.
<Perdonaci. È stato più complicato del previsto liberarci di loro> rispose Yendel.
<Maurz e Elby non sospettano niente, vero?>.
<No> rispose Sasha. <Abbiamo guadagnato qualche ora, spero>.
<Qualche ora? Ci basteranno pochi minuti! Vi ho preparato tutto il kit laggiù, alla capanna sulla riva, dove troverete anche l'imbarcazione per attraversare il mare. Ci metterete un po' e sarà una traversata faticosa, ma è il massimo che ho potuto fare>.
<Wow, direi che è anche fin troppo!> rispose Yendel soddisfatta. <Ma come hai fatto?>.
Tracy non rispose, ma le si lesse in faccia la risposta.
<Quindi ti scopriranno?> domandò Sasha.
<Sì, ovvio che risaliranno a me! Non sono mica degli sciocchi... Ma non preoccupatevi. Pensate a fare ciò che dovete>.
<Tracy, questa gente ti punirà>.
<E io subirò le conseguenze! È stata una mia scelta aiutarvi... E sono sicura che ne varrà la pena>.
<Beh, grazie!> esclamò la ragazza euforica. <Mi dispiace tanto...> aggiunse poi cambiando espressione.
<Ti ho detto di non preoccuparti. Avrò qualche minuto di vantaggio su di loro...> rispose sorridendo audacemente. Poi, gesticolando, li invitò a muoversi. <Forza, andate ora! O sarà stato tutto inutile... Buona fortuna!>. Si congedò con loro e sparì nel boschetto. Pochi minuti dopo Sasha e Yendel erano in mezzo al mare a bordo di una barchetta di legno munita di motore a scoppio, in direzione del Continente.
La città era stata trasformata in un campo minato. C'erano cadaveri e macerie ovunque. Quando l'unico sopravvissuto della prima squadra mise piede sulla duna, affiancato dai due giovanissimi eroi che facendo di testa loro lo aiutarono ad arrivare fin lì, vide della gente uscire dal castello. Si fermò e aspettò. I due ragazzi fecero lo stesso, restando leggermente dietro rispetto a lui.
I primi che riconobbe furono i due ragazzi che Thuras aveva arruolato: Irem e True. Il primo sorrise, non appena vide Sasha. Il secondo invece corse subito verso Yendel e l'abbracciò.
<Che cazzo ci fai qui?> le chiese.
<Sono venuta a salvarti il culo, bello> rispose scherzosa.
<Che è successo lì dentro?> chiese Jack.
Fu Irem a rispondere. <Ce l'abbiamo fatta. L'ape regina è stata colpita. A breve l'antidoto farà effetto e torneranno in sé. Dopodiché daranno ordine a tutti gli altri di assumere quella sostanza>. Non era molto euforico, nonostante la vittoria. Aveva inoltre un aspetto orribile, proprio come True. Entrambi erano stati bravissimi e coraggiosissimi. Jack era fiero di loro.
<Dov'è il Capitano?> chiese ai due.
<Non ce l'ha fatta> rispose abbattuto True, abbassando lo sguardo.
<Nemmeno Klus... Direi che siamo gli unici sopravvissuti> aggiunse Irem.
Quattro giorni dopo Jack Atson passeggiava affianco a Johanna. <Sai, è incredibile che tu sia qui> gli disse lei.
<Che cosa intendi?> chiese Jack.
<Voglio dire... Tu! Un semplice guardiano di Speranza... Sopravvissuto per la seconda volta a una guerra tra uomini di questo pianeta>.
<Tanto per cominciare si dice "poliziotto", o vigilante se preferisci... E poi una buona fetta de "gli uomini di questo pianeta" erano terrestri!>.
<Beh, ciò non toglie che siete dei respiratori di aria artificiale cresciuti dentro una triste scatola, incapaci di camminare in un bosco senza inciampare>.
<Ehi, sarò anche invecchiato, ma non c'è bisogno di essere così crudele!>.
Johanna si fermò, lo guardò... e scoppio a ridere, all'unisono con l'amico! Subito dopo si abbracciarono.
<Come sta Sammy?> gli chiese poi.
<Alla grande! Chi lo ammazza a quello?>.
<Ma è vero che suo figlio è guarito?>.
<No, non del tutto almeno. Ma effettivamente ha fatto dei progressi>.
<E questo non ti inquieta?>.
Jack aspettò qualche secondo prima di rispondere. <No> disse poi. <Credo sia per l'aria di mare. Qui si respira bene e il bambino era comunque già predisposto a migliorare>.
<Quindi niente misticismo?> disse divertita.
<Niente misticismo>.
Poco più tardi arrivarono in un punto alto in cui si vedeva il panorama. Era quasi l'ora dell'imbrunire e, come sempre, i colori erano stupendi.
<Certo che è bellissimo qui...> commentò Jack.
<Lo hai detto anche quattordici anni fa>.
<Già, ma non eravamo sull'Altro Continente allora>.
<"Altro Continente"... Non credi sia meglio trovare un altro nome? Magari... più appropriato>.
<Sono sicuro che la storia penserà anche a questo> sorridendo.
<Basta che la storia non scelga un nome ridicolo come quello che avete dato al mio povero pianeta> ridacchiando.
<"Green Rock" non è poi così male, dai... E ti ricordo che tu - onorevole Comandante - lo hai approvato!>.
<Sì, beh... Era giovane e ingenua>.
Entrambi risero. Erano di buon umore. Come si poteva non esserlo? Ancora una volta era stato permesso al genere umano di continuare ad esistere.
<Che se ne farà della Perla viola?> domandò ancora la donna del Bosco.
<La distruggeremo, ma solo dopo che i nostri abilissimi scienziati la analizzeranno per studiarne le componenti chimiche>.
<Basta che non sia pericoloso tenerla in giro... Non mi fido molto>.
<Già, dev'essere stata dura per il tuo orgoglio, cedere al potere di un semplice oggetto intorno al quale era stato creato un falso mito>.
<Umiliante... Parecchio umiliante> sorridendo nonostante la frecciatina dell'amico. <Così come lo è stato sapere che vengo dalla Terra. Non mi sono mai sentita così debole...>.
<Beh, fortuna che non lo sei! Sei forte. E, sì... sei forte anche se discendi dalla mia razza!>. E risero entrambi.
Poi zittirono un poco, lasciandosi coinvolgere dall'atmosfera lì presente. La brezza, i colori, gli odori... Tutti fattori che li portarono momentaneamente in uno stato di totale armonia.
<Che succederà adesso?> chiese inaspettatamente Johanna.
Jack la guardò incredulo. <Solitamente sono io che faccio questa domanda>.
<È che... non penso francamente che le cose torneranno come prima. Ci sarà da re-istituire tutta la gerarchia; e poi questo posto... Ci sono un mucchio di novità e di cose da gestire...>.
<Ehi! Calmati...> la interruppe lui, prendendole una mano. <Lascia che sia la vita a far evolvere gli eventi>.
<Parli facile tu...>.
<Accidenti! Non dimenticarti che il più grande Comandante di tutti i tempi ha e avrà sempre affianco il più grande eroe di tutti i tempi! Ti aiuterò a prendere le decisioni importanti. Io starò al tuo fianco>.
Lei rise per la battuta e poi si fece di nuovo seria. <All'epoca avevo paura. Però ero davvero inesperta. Stavo per prendere il comando di un'intera popolazione che a malapena conoscevo. Ora che invece so come gestire un Regno... non so perché... ho gli stessi timori di un tempo>.
<Anch'io. La mia gente forse vorrà vivere qui. E poi ci sarà tanta cultura da scambiarsi, coi nostri co-planetari. Neanche per noi sarà facile>.
<Già... Ma loro hanno te> disse commossa.
<E la tua gente ha te, Johanna> rispose lui guardandola ammirato.
Jack appoggiò la testa sulla spalla dell'amica e insieme attesero che il rossore di Picture sovrastasse l'immensa Città Illuminata, ma per "illuminata" stavolta si intendeva dal sole, prima che esso lasciasse posto all'incantevole cielo stellato.
Kerry si svegliò. I bambini le saltarono letteralmente addosso, strillando contenti come dei matti. Fu Jack a impedire che la schiacciassero o la stordissero per l'euforia. Poi la donna a fatica si mise seduta e sorrise alla sua famiglia, visibilmente affannata. Però era felice di vederli tutti lì, sani e salvi. Non poteva esistere sollievo maggiore. Poco dopo chiese gentilmente ai bambini di lasciarla sola con Jack. Entrambi corsero fuori rincorrendosi e giocando come loro solito. Jack sorrise mentre li seguiva con lo sguardo.
Poi Kerry chiese al marito: <Davvero ti ho sparato?> con aria divertita.
<Già. Ma come al solito hai una pessima mira> rispose lui scherzando.
<Ehi, c'è differenza tra lanciare dei capi nel cesto della biancheria e sparare in testa ad un uomo che ami>.
Jack accennò a ridere, ma poi di colpo abbassò la testa e si fece serio. Kerry, che aveva entrambe le sue mani strette in quelle di Jack, gli si fece vicino - come meglio poteva - e gli disse: <Ehi, ma stai piangendo?>.
A quel punto Jack smise di trattenersi e si sfogò, scoppiando a piangere sul petto di Kerry.
<Un uomo così forte e così audace che mi crolla così?> gli disse lei scherzando.
<È che, vedi Kerry... È stata la seconda volta che ho avuto paura di perderti. E averti qui davanti a me ora è qualcosa di inspiegabile a parole>. Si asciugò il volto e smise di singhiozzare, tornando invece a sorridere. Poi continuò: <La vita, grazie a noi, continuerà a vivere... E noi saremo i protagonisti di questa pagina di storia!>.
<Grazie a te, Jack. Non grazie a noi... Io ho tentato di ostacolarti>.
<No, ti sbagli! Non pensarlo nemmeno... Se tu non mi avessi elargito il tuo amore, ogni giorno di questa vita, io non sarei riuscito a trovare le energie per compiere quest'impresa. Perciò direi proprio che l'abbiamo fatto insieme>.
<Per la seconda volta!> precisò lei ridendo.
<Per la seconda volta...> ripeté Jack.
INDICE:
1) ORA TU LAVORI PER ME
2) DENTRO O FUORI?
3) SOTTO CUSTODIA
4) NIENT'ALTRO CHE LA VERITA'
5) VISITA A HUSTON
6) RIUNIONE IMPROVVISA
7) UN BEL PO' DI STRADA
8) UOMINI & ANIMALI
9) OLTRE IL FIUME
10) IL VIAGGIO
11) LA CITTA' DEGLI ILLUMINATI
12) LUCE E ILLUMINAZIONE
13) INVASIONE
14) DIETRO-FRONT
15) LA LEGGENDA DELLA TERRA DEI SILENZIOSI
16) SVOLTA
17) NELL'IGNOTO
18) LA FINE E L'INIZIO pt. 1
19) LA FINE E L'INIZIO pt. 2
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